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L'EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA SULL'ESTINZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO
Le ipotesi o cause dell'estinzione sono:
- Il recesso del datore di lavoro e il recesso del lavoratore (dimissioni). Il recesso unilaterale è espressione del potere di ciascuna parte di sciogliere il rapporto di lavoro con la comunicazione all'altra parte. Il recesso è un diritto potestativo riconosciuto dall'ordinamento in deroga al principio per cui il contratto si può risolvere solo per mutuo consenso. Il recesso del datore di lavoro e del lavoratore sono disciplinati in maniera diversa; il potere di licenziare trova limiti mentre il potere di dimettersi non prevede particolari limiti e rimane ai principi originari. Ci può essere anche la risoluzione consensuale del contratto, quindi tramite un accordo, ma opera con la disciplina del licenziamento e l'ordinamento prende in considerazione le ipotesi che la risoluzione consensuale nasconda in realtà le
2) Un'altra ipotesi è la scadenza del termine, morte del lavoratore ma non quella del datore di lavoro al quale subentra un altro soggetto per la continuazione del rapporto contrattuale.
Il licenziamento
Dal punto di vista giuridico il recesso del datore di lavoro è un negozio unilaterale ricettizio e quindi produce effetto quando viene portato a conoscenza dell'altra parte. La prima disciplina giuridica del licenziamento è contenuta nel codice civile, le norme molto importanti sono l'Artt.2118-2119.
L'art.2118 disciplina il recesso ordinario (normale) e prevede che ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato dando preavviso nel termine e nei modi stabiliti dal contratto collettivo. In mancanza di preavviso il recedente è tenuto verso l'altra parte ad un'indennità di un importo
equivalente allaretribuzione che gli sarebbe spettata durante il periodo di preavviso. Quindi l'Art.2218 disciplina il recesso con preavviso; inizialmente il datore e il lavoratore venivano messi sullo stesso piano e il preavviso poteva essere sostituito con in indennizzo. A questo recesso ordinario si affianca il recesso straordinario in condizioni particolari, l'Art.2119, il quale dice che ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine se il contratto è a tempo determinato o senza preavviso se il contratto è a tempo indeterminato qualora si verifichi una causa che non consente la prosecuzione provvisoria del rapporto (recesso per giusta causa). La norma dice anche che se il contratto è a tempo indeterminato il prestatore che recede per giusta causa ha diritto all'indennità indicata nel secondo comma dell'articolo precedente, cioè l'indennità sostitutiva del preavviso.Con l'introduzione Legge 300/1970 si avrà una tutela ancora maggiore del lavoratore per il licenziamento illegittimo e l'introduzione dello statuto dei lavoratori e infine con il decreto n°23 del 4 marzo 2015 si è rivitalizzata la tutela sul piano economico.
Tornando alla legge 604 che disciplina il licenziamento sotto il profilo dei requisiti formali e sostanziali, esso deve essere
intimato per iscritto e devono essere indicati i motivi (Art.2). Quando abbiamo però un licenziamento disciplinare non basta rispettare i requisiti formali della legge 604 ma bisogna rispettare i requisiti formali e procedurali previsti dall'Art.7 della legge 300 del 1970 e quindi seguire tutto l'iter, quello già visto per le sanzioni disciplinari come le contestazioni dell'addebito e le giustificazioni.IL LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO E LE ALTRE IPOTESI DI NULLITÀ DEL LICENZIAMENTO
I requisiti formali
Vengono sempre in rilievo le disposizioni della Legge 604/66. Il licenziamento è un negozio unilaterale recettizio che deve essere necessariamente a forma scritta perché richiesto dall'Art.2 della Legge 604. In passato tale articolo prevedeva che non dovessero essere comunicati contestualmente i motivi ma il lavoratore potesse chiederli entro 7 giorni e il datore di lavoro era naturalmente obbligato a comunicarglieli. Ora la Leggeè cambiata perché il datore di lavoro è tenuto necessariamente a comunicare i motivi contestualmente al licenziamento. Quindi: atto scritto e comunicazione contestuale dei motivi. Questo per quanto riguarda il licenziamento "non disciplinare" cioè il licenziamento che non è dovuto a un inadempimento del lavoratore: stiamo parlando soprattutto del licenziamento per giustificato motivo oggettivo relativo a ragioni dell'impresa. Il licenziamento disciplinare ha una procedura formale più articolata, ed è volto a sanzionare il comportamento colposo e inadempiente del lavoratore e non è collegato alle oggettive esigenze organizzative produttive dell'azienda. Il licenziamento disciplinare è espressione dell'esercizio del potere disciplinare del datore di lavoro e, come tale, come tutte le altre forme, è sottoposto alle regole procedurali proprie dell'esercizio del potere disciplinare. Quindi inquesto caso non basta solo la forma scritta e la comunicazione dei motivi, ma occorre rispettare gli oneri procedurali (previsti dall'Art.7 dello Statuto dei Lavoratori) che sono previsti in generale per le sanzioni disciplinari, ma devono essere applicati anche al licenziamento disciplinare. Gli elementi fondamentali della procedura del licenziamento disciplinare sono quelli che abbiamo già visto, cioè: - l'affissione del codice disciplinare, in un luogo accessibile a tutti i lavoratori (Art. 7 Legge 300/70); - la preventiva contestazione per iscritto degli addebiti specifici che sono mossi al lavoratore, con il rispetto dei principi della contestazione (e cioè: immediatezza, specificità e immutabilità); - la concessione di un termine al dipendente per la presentazione delle sue giustificazioni. Questo termine non deve essere inferiore ai 5 giorni. Questa procedura deve essere rispettata sempre. Requisiti sostanziali Ovviamente, c'è il
Divieto di licenziare il lavoratore per motivi discriminatori: il cosiddetto licenziamento discriminatorio. Il licenziamento discriminatorio è disciplinato da una serie di disposizioni che concorrono tutte a regolarlo:
Art.4 della Legge 604/66. Art.4: "Il licenziamento determinato da ragioni di credo politico o fede religiosa, dall'appartenenza ad un sindacato e dalla partecipazione ad attività sindacali è nullo, indipendentemente dalla motivazione adottata".
A questa norma se ne affianca un'altra, cioè l'Art.15 della Legge 300/70 che è lo Statuto dei Lavoratori che prevede in generale il divieto di atti discriminatori e nell'ambito di questo divieto è compreso anche il licenziamento. Questo è stato modificato da una disciplina specifica in materia di atti discriminatori, cioè l'Art.4 del D.lgs. 216/2003 che stabilisce la nullità di qualsiasi fatto o atto diretto a licenziare il lavoratore.
Per una serie di ragioni. In più, si è aggiunto anche l'importante Art.3 della Legge 108/90 che ribadisce la nullità dei licenziamenti discriminatori. Il licenziamento discriminatorio, come vedremo, è tutelato a prescindere dalle dimensioni dell'impresa, a prescindere dalle qualità soggettive del lavoratore ed è sempre tutelato con la sanzione più grave della reintegrazione al posto di lavoro e al risarcimento del danno.
31 IL LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA E PER GIUSTIFICATO MOTIVO SOGGETTIVO.
Il licenziamento per giusta causa. Per quanto riguarda i requisiti sostanziali ricordiamo che il licenziamento deve essere giustificato, ma come? Viene definito dall'Art.3 della legge 604 secondo il quale il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro, ovvero da ragioni inerenti all'attività produttiva.
All'organizzazione del lavoro e il regolare funzionamento di essi. Questa disposizione dell'Art.3 va letta insieme all'Art.1 che fissa appunto il principio di giustificazione del licenziamento dicendo che il licenziamento del prestatore di lavoro non può avvenire se non per giusta causa (Art.2119) o per giustificato motivo (Art.3 della legge 604).
I due concetti fondamentali intorno ai quali ruotano il principio di giustificazione del licenziamento sono quindi la nozione di giusta causa e la nozione di giustificato motivo, quest'ultimo deve essere poi diviso in altre due nozioni: giustificato motivo soggettivo e giustificato motivo oggettivo (presupposti sostanziali). Se manca uno dei due il licenziamento è privo di giustificazione e quindi sottoposto a una disciplina di tutela del lavoratore.
Per quanto riguarda la nozione di giusta causa essa è contenuta nell'Art.2119, secondo il quale ciascuna parte del contratto può recedere qualora si
verifichi una causa che non consente la prosecuzione anche provvisoria del rapporto. La norma è strutturata secondo la tecnica della clausola generale e quindi la dottrina della giurisprudenza ravvisa nella giusta causa non soltanto un gravissimo inadempimento degli obblighi contrattuali ma anche una certa circostanza esterna al contratto, che però si verifica nella sfera del lavoratore che sia idonea a ledere il vincolo di fiducia tra le parti e quindi impedire la prosecuzione del rapporto. Esempi possono essere una guardia giurata che svolge determinate mansioni e che viene sorpresa a rubare fuori dal rapporto di lavoro, una cassiera che viene sorpresa a rubare in un altro supermercato. Occorre che venga meno anche la fiducia del datore di lavoro nella puntualità dei successivi adempimenti e collegare quindi la lesione del vincolo fiduciario all'esatto adempimento delle prestazioni future. È molto importante sempre riguardo alla giusta causa che i contratti.collettivi svolgono un ruolo fondamentale perché sono loro stessi che spesso classificano i vari comportamenti del lavoratore individuando quelli che possono dar luogo al licenziamento per giusta causa. L'elencazione di questi comportamenti non è vincolante per il giudice anche se adesso sull