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2.4 IL LAVORO INTERMITTENTE (C.D. JOB ON CALL)

Questa forma di lavoro è incentrata sulla disponibilità a rispondere, volta per volta, alla chiamata del datore di

lavoro. Elemento distintivo è che l’attività lavorativa è caratterizzata dalla discontinuità della prestazione per

cui non è possibile individuare a priori la durata, in quanto la stessa risponde a esigenze non necessariamente

programmate: da contratto, il datore di lavoro ha infatti la facoltà di chiamare una o più volte il lavoratore, per

lo svolgimento della prestazione, nel rispetto di un termine minimo di preavviso (non inferiore a un giorno

lavorativo). Il lavoro intermittente è definito come contratto subordinato, anche a tempo determinato. Il

datore di lavoro può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente in una delle

seguenti ipotesi: a) esigenze individuate dai contratti collettivi; b) in ogni caso, se il contratto è concluso con

causali soggettive).

soggetti con meno di 22 anni di età o con soggetti con più di 55 anni di età (c.d. Il contratto

è ammesso con un preciso limite quantitativo, quantificato in un periodo complessivamente non superiore alle

400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di 3 anni solari. Il superamento di questo limite è sanzionato con la

conversione in contratto a tempo pieno e indeterminato. Il contratto di lavoro intermittente deve essere

stipulato in forma scritta. Il lavoratore intermittente può assumere una delle seguenti categorie: a) lavoro

intermittente con obbligo di disponibilità (in questo caso l’eventuale rifiuto ingiustificato di eseguire la

prestazione può comportare la risoluzione del contratto); b) lavoro intermittente senza obbligo di disponibilità.

Anche il lavoratore intermittente non deve ricevere un trattamento economico e normativo meno favorevole

rispetto a quello previsto dai contratti collettivi di settore per lavoratore comparabile. Nel caso (a) il lavoratore

indennità di disponibilità.

ha anche diritto a una specifica

2.5 I CONTRATTI CON FINALITA’ FORMATIVE E DI INSERIMENTO

2.5.1 IL CONTRATTO DI APPRENDISTATO

E’ definito dalla legge come un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla promozione e

2130 del

all’occupazione dei giovani. L’apprendistato è anche denominato tirocinio ed è disciplinato all’art.

cod. civ. Il tipo contrattuale è caratterizzato da una causa mista in quanto, a fronte della prestazione lavorativa,

il datore di lavoro si obbliga a corrispondere all’apprendista, non solo la controprestazione retributiva, ma

anche gli insegnamenti necessari per il conseguimento di una qualifica professionale, di titoli di studio di livello

apprendistato per la

secondario o universitario, o di specializzazioni. L’art. 41 distingue le seguenti tipologie: 1)

qualifica e per il diploma professionale, con il quale possono essere assunti giovani dai 15 anni di età compiuti

fino al compimento dei 25 anni di età, con una durata per la formazione che varia a seconda della qualifica; 2)

apprendistato professionalizzante, con cui possono essere assunti i giovani di età compresa dai 18 ai 29 anni,

apprendistato di alta

finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale a fini contrattuali; 3)

formazione e di ricerca, di terzo livello,

c.d. riservato ai giovani di età compresa dai 18 ai 29 anni, già in

possesso di un diploma di istruzione secondaria superiore, finalizzato al conseguimento di titoli di studio

universitari e dell’alta formazione. piano

Il contratto di apprendistato deve essere stipulato in forma scritta e deve indicare per iscritto il

formativo tutor

da garantire all’apprendista, alla presenza del o referente aziendale. Nel primo e nel terzo

caso, la redazione del piano formativo spetta direttamente all’istituto di formazione.

Il legislatore prevede che il contratto di apprendistato abbia non solo una durata massima della parte formativa

durata minima

ma anche una che indipendentemente dalla tipologia non può essere inferiore a 6 mesi. Viene

rapporto di contingentamento:

fissato un il numero di apprendisti che un datore di lavoro può assumere non

può superare il rapporto di due a tre rispetto alle maestranze specializzate e in servizio presso lo stesso datore

di lavoro. La legge stabilisce a carico delle aziende con più di 50 dipendenti e solo per la 2 tipologia di

clausole di stabilizzazione,

apprendistato, le c.d. per mezzo delle quali è possibile l’assunzione di ulteriori

apprendisti solo se si è proceduto alla prosecuzione del rapporto a tempo indeterminato di almeno il 20% degli

apprendisti assunti nei 36 mesi precedenti l’assunzione del nuovo apprendista.

recesso,

Viene dettata una particolare disciplina normativa per il a seconda che esso intervenga durante il

periodo formativo oppure al termine del periodo di addestramento e di formazione. Nel primo caso, al datore

di lavoro è di fatto vietato di recedere dal contratto, fatta salva una giusta causa o un giustificato motivo. Al

termine del periodo di formazione le parti possono recedere liberamente dal contratto dandone preavviso; se

automaticamente ordinario

nessuna delle parti esercita la facoltà di recesso il rapporto prosegue come

contratto a tempo indeterminato. La disciplina del rapporto di lavoro del contratto di apprendistato è definita

dai contratti collettivi nazionali di lavoro. L’apprendistato rappresenta il principale canale per la transazione

dalla scuola al lavoro e per un ingresso qualificato dei giovani nel sistema produttivo.

2.5.2 I TIROCINI FORMATIVI E DI ORIENTAMENTO (C.D. STAGE)

Un altro canale di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro è il tirocinio formativo o di orientamento che per

forma di inserimento temporanea

legge non costituisce un rapporto di lavoro. Si sostanzia in una all’interno

dell’azienda, così da permettere ai soggetti coinvolti di conoscere e di sperimentare la realtà lavorativa. Lo

stage si risolve in un rapporto in cui l’oggetto è rappresentato dall’inserimento dello stagista in un contesto

aziendale preordinato alla sua formazione professionale. Il rapporto di tirocinio coinvolge 3 soggetti: il soggetto

promotore ospitante tirocinante,

che procede all’attivazione dello stage, l’azienda e il il quale per mezzo di una

convenzione progetto

(stipulata tra soggetto promotore ed ente ospitante) è chiamato a realizzare un c.d.

formativo che, sottoscritto dal tirocinante stesso definisce l’area di riferimento dell’attività, la sede, la durata e

il periodo di svolgimento. L’effettiva regolamentazione è affidata alla competenza legislativa di ciascuna

Regione, fatte salve le linee guida approvate in sede di Conferenza Stato-regioni che definiscono i principi

tirocinio extracurriculare,

standard. Sono possibili 3 forme di che si differenziano in base alla durata massima:

tirocini formativi e di orientamento:

1) rivolto a quei soggetti che hanno conseguito un titolo di studio non

oltre i 12 mesi precedenti all’attivazione dello stage, la cui durata massima non può eccedere i 6 mesi; 2)

tirocini di inserimento o di reinserimento al lavoro: a favore di inoccupati, disoccupati o lavoratori in regime di

tirocini a favore di disabili o gruppi

cassa integrazione, la cui durata massima non può eccedere 12 mesi; 3)

svantaggiati (extracomunitari, richiedenti asilo) la cui durata massima non può eccedere i 12 mesi.

tutor

Garanti della realizzazione del piano formativo previsto dalla convenzione sono i c.d. o referenti di stage:

uno è nominato dal soggetto promotore e collabora alla stesura del progetto formativo, l’altro è scelto dal

soggetto ospitante ed è chiamato ad inserire ed affiancare il tirocinante secondo le previsioni del piano

formativo. Il tirocinante deve attenersi a quanto previsto nel progetto formativo e deve svolgere le attività

un’indennità di partecipazione

concordate con il tutor; ha diritto a la cui determinazione è rimessa alle

Regioni. La violazione dell’obbligo di corresponsione dell’indennità al tirocinante comporta l’applicazione di una

sanzione amministrativa.

2.6 IL LAVORO AGILE (C.D. SMART WORKING): UNA LETTURA A CALDO DELLE DISPOSIONI DELLA L. N.

81/2017, CAPO II, ARTT. 18-25

Gli ultimi anni sono stati ricchi di nuove invenzioni di altissimo livello tecnologico, le quali hanno avuto forte

incidenza sui sistemi produttivi. Possiamo parlare in questo senso di Cyber-physical Systems, il quale comporta

l’auto-controllo della produzione e rappresenta la chiave dell’Industry 4.0. Lo stesso è alla base di inevitabili

cambiamenti del lavoro. Il nuovo modo di produrre e di lavorare, destinato a caratterizzare questa nuova fase

(quarta) della rivoluzione industriale, comporterà mutamenti rivoluzionari anche di carattere pratico, a

iniziare dai tempi e dai luoghi di lavoro. Nell’ultimo decennio le imprese italiane, imitando esperienze estere

(statunitensi e tedesche), hanno avviato esperienze di smart working. A queste prime sperimentazioni, la cui

diffusione è cresciuta soprattutto nelle grandi imprese fa seguito l’intervento legislativo con cui si è regolato il

lavoro agile. Si tratta di una fattispecie ulteriore introdotta con riferimento a tutte (e sole) quelle prestazioni

lavorative di tipo subordinato che siano svolte, almeno in parte al di fuori dei locali aziendali e, di regola,

mediante il ricorso a strumenti telematici ed informatici. Secondo la definizione contenuta nell’art. 18 della

legge 22 Maggio 2017, n.81 il lavoro agile è rintracciabile nelle modalità di esecuzione del rapporto di lavoro

subordinato stabilita mediante accordo tra le parti che si svolge con le seguenti modalità: a) in parte all’interno

dei locali aziendali e in parte all’esterno, ed entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero

e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva; b) con possibile utilizzo di strumenti

tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa; c) con assenza di una postazione fissa durante i periodi di

lavoro svolti all’esterno dei locali aziendali.

Queste modalità di svolgimento del rapporto sono vantaggiose non solo per i dipendenti e per i datori di

lavoro, ma anche per la collettività nel suo complesso: miglior bilanciamento tra vita privata e lavorativa,

riduzione del tempo necessario per recarsi a lavoro e quindi dell’inquinamento, migliori performance

individuali ecc. Si tratta comunque non di un nuovo tipo contrattuale, bensì di una modalità di esecuzione del

rapporto di lavoro subordinato, privato o pubblico, a tempo determinato o indeterminato, che scaturisce da un

accordo indiv

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A.A. 2017-2018
25 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher trovich di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto dei rapporti di lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Cassar Sabrina.