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A partire dal 1730 in Europa si diffuse un grandioso movimento intellettuale che in omaggio al ruolo
rischiaratore assegnato alla ragione prese il nome di Illuminismo. Nonostante siano presenti nell'Illuminismo
orientamenti molto diversi, si possono individuare alcune caratteristiche unificanti: l'esaltazione di un
impiego spregiudicato della ragione, che appartiene a tutti gli uomini indistintamente ed è in grado di
vagliare criticamente la realtà con il proposito si assicurare la felicità e il benessere degli uomini; la critica al
principio di autorità e alle istituzioni politiche e religiose; l'analisi empirica della società legata a un'esigenza
riformatrice; la fiducia nel progresso, che nasceva da una riflessioni sulla storia intesa come faticoso
processo di incivilimento e come liberazione della tutela del sacro e dell’irrazionale; l'adesione a una
religione naturale e razionale, prevalse l’adesione al deismo e a una religione naturale e razionale, anche se
tra gli illuministi non mancarono correnti atee e materialistiche. Protagonista dell’illuminismo fu una nuova
figura di intellettuale, distaccata dalla figura di un mecenate e quindi indipendente di esprimere le sue idee.
Tali idee poterono circolare grazie anche alla moltiplicazione dei luoghi e degli strumenti di comunicazione.
L'impronta razionalista dell'Illuminismo non deve far dimenticare il parallelo interesse per le componenti
affettive ed emotive.
Ma perché proprio in Francia si sviluppò l’illuminismo? La Francia del ‘700 era il paese più popoloso e ricco
d’Europa, la sua influenza si estendeva su tutto il continente l’ampiezza e la ricchezza dei ceti privilegiati
alimentava un numeroso strato intellettuale. Da non dimenticare è un'ampia cultura di opposizione dovuta
all’assolutismo di Luigi XIV.
Da questo insolito intreccio di cause nacquero le prime opere dell’Illuminismo, che usava a volte, tramite un
artificio letterario, viaggiatori di altre civiltà per descrivere criticamente il sistema politico dell’epoca. Un
esempio di questo tipo furono le Lettere persiane di Charles de Secondat barone de Montesquieu. Ma la sua
opera più importante fu Lo Spirito delle leggi, pubblica nel 1748. In questo saggio Montesquieu dopo aver
descritto i tre sistemi politici dell’epoca (repubblica, monarchia, dispotismo) e i tre principi che li regolano
(virtù, onore, paura), sottolineò l’importanza di parlamenti come elementi intermedi per evitare il degenerare
della monarchia in dispotismo. Dall’esame del sistema politico inglese trasse la convinzione di quanto fosse
importante la separazione dei poteri: legislativo, esecutivo, giudiziario. La difesa del principio di divisione
dei poteri sarà il maggiore contributo di Montesquieu alla nascita dei futuri stato costituzionalisti.
L’esperienza del viaggio sollecitò la curiosità e la comparazione dei caratteri dei diversi Stati. E in questo
contesto che si può mettere l’opera di Voltaire. Di estrazione borghese Voltaire fu uno dei più importanti
filosofi francesi del ‘700. Nelle sue opere fu divulgatore della filosofia inglese e del deismo, difensore della
tolleranza, nemico dell’oscurantismo e teorico di una monarchia assoluta illuminata dall’opera dei filosofi.
Esemplare fu la sua amicizia con Federico II di Prussia che lo volle alla sua corte da dove però di ritirò per
vivere vicino a Ginevra, per conservare cosi la sua indipendenza.
La più significativa realizzazione culturale dell'Illuminismo fu l'Enciclopedia. Pensata inizialmente come la
traduzione di un’opera enciclopedica inglese divenne ben presto un progetto autonomo. Principale curatore
dell’Enciclopedia fu il filosofo Diderot che venne affiancato da d’Alembert e dal barone di Holbach. La
prima edizione per la sua imponenza e per il costo molto elevato si diffuse solo tra i ceti più abbienti ma una
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seconda ristampa più maneggevole e piccola ne assicurò una maggiore distribuzione. Lo sforzo per la
divulgazione investì ogni settore e fu accompagnato dalla lotta contro l’oscurantismo e i pregiudizi della
cultura tradizionale. Negli stessi anni e nello stesso ambiente maturò il pensiero di Rousseau, che entrato in
contatto con gli ambienti illuministi aveva partecipato alla stesura dell’Enciclopedia. Le sue prime opere che
suscitarono l’attenzione del pubblico furono il Discorso sulle scienze sociali e il Discorso sull’origine e i
fondamenti dell’ineguaglianza tra gli uomini. Rousseau diceva che la storia era stata un progressivo decadere
rispetto ad uno stato originario in cui gli uomini erano innocenti e uguali. Fondamento di questa
ineguaglianza era stata l’introduzione della proprietà privata. Tuttavia egli non si fece promotore di un
ritorno ad un mitico stato di natura, ma elaborò una prospettiva di rifondazione della società e dell’uomo: al
progetto politico del Contratto sociale affiancò infatti nell’Emilio un progetto pedagogico.
Un nuovo ordine politico poteva scaturir dall’alienazione da parte di ciascun individuo di tutto sè stesso e di
tutti i suoi diritti in favore delle comunità. Questo modello sociale ha la possibilità di realizzarsi solo in un
regime di democrazia diretta, però nonostante questo diventerà una delle più importati opere ispiratrici del
pensiero politico dopo la rivoluzione francese.
Nell’Emilio, Rousseau, aveva delineato un modello educativo naturale, che rovesciava le tradizioni del
passato e promuoveva una nuova pedagogia, fondata sul principio del libero sviluppo della personalità del
bambino.
Accanto a queste correnti vanno ricordate le correnti utopistiche, favorevoli alla repressione totale della
proprietà privata considerata causa principale di ogni male sociale.
Nel corso del XVIII secolo nacque una nuova scienza, l'economia politica, grazie all'opera dei fisiocratici
francesi e di Adam Smith.
Il maggior teorico della fisiocrazia, Quesnay, individuò nell'agricoltura l'attività economica fondamentale. È
l’agricoltura che grazie alla fertilità del terreno produce quel sovrappiù basilare per l’allargamento del
sistema. Secondo Quesnay, i mercanti e gli artigiani sono una classe sterile, non di produttori, ma di
trasformatori e distributori di ricchezza. Poiché l’attività esprimesse tutte le sue potenzialità era necessario
assecondarla e favori lo sviluppo di un’economia di tipo capitalistico incentrata sulla libertà di commercio,
abolizione dei dazi doganali, soppressione dei monopoli e introduzione di un’imposta unica sulla rendita
fondiaria. Al centro dell'analisi di Smith sta il concetto di lavoro produttivo e la convinzione che il libero
agire dell'individuo, teso al proprio interesse particolare, contribuisca in realtà al benessere collettivo. Il
pensiero illuminista fecondò molti campi di indagine: si gettarono le basi dell'antropologia culturale e
dell'etnologia; si affermò una concezione della storia attenta alla società e ai modi di vita; fu rifondata - con
Hume - una teoria della conoscenza su basi empiristiche; grandi progressi si ebbero infine anche nel campo
delle scienze naturali (con Lavoisier nacque la chimica moderna).
Pur caratterizzato da un'egemonia degli intellettuali francesi, il movimento illuminista interessò tutti i paesi
europei. Nel mondo tedesco esso fu legato alla lotta contro il dogmatismo e autoritarismo della Chiesa
luterana; Kant, il suo esponente di maggior rilievo, interpretò l'Illuminismo come il coraggio di far uso del
proprio intelletto senza sottostare alla guida di altri. In Italia si era già avuto un rinnovamento culturale
precedente all'Illuminismo con Muratori, Vico e Giannone. I due principali centri del pensiero illuminista
nella penisola furono Napoli (con Genovesi e Galiani) e Milano: qui, attorno alla rivista «II Caffè», si
raccolsero Beccaria (propugnatore di una nuova visione della giustizia e della pena) e i fratelli Verri. La
circolazione internazionale delle idee, caratteristica del movimento illuminista, fu favorita dalla massoneria,
setta segreta nata in Inghilterra all'inizio del ’700 e subito diffusasi in tutta Europa.
Il movimento illuminista elaborò anche un disegno politico riformatore che si incontrò con la reazione dei
sovrani assoluti. Protagonisti di questo periodo furono i sovrani Maria Teresa d’Austria, Federico II di
Prussia, Caterina II di Russia, Carlo III di Napoli e Pietro Leopoldo di Toscana. Accanto ai principi, gli altri
protagonisti di questo periodo furono gli illuministi e tutti quei burocrati e funzionari illuminati che furono di
volta in volta loro consiglieri. L’assolutismo illuminato fu di costantemente sotto il controllo dell’opinione
pubblica, o meglio di una ristretta élites preparatissima e cosmopolita che si esprimeva attraverso la stampa.
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Il più deciso intervento riformatore investi, nei paesi cattolici, i poteri della Chiesa e degli ordini religiosi. Fu
avviata una politica ecclesiastica tendente ad estendere la volontà dello Stato sulla vita o l’organizzazione
delle Chiese nazionali e a ridurre quella sorta di parallela struttura giuridica ecclesiastica rappresentata da
diritti e privilegi. Vennero messi in discussione l’autorità dell’Inquisizione e il monopolio religioso
dell’istruzione. Uno dei risultati di questa azione fu l'espulsione dei gesuiti da vari paesi europei, che portò
infine allo scioglimento della Compagnia di Gesù. L'altro settore dell’attività riformatrice fu quello
amministrativo, dove si mirò a rendere più razionale la macchina statale, si venne cosi a formare una
macchina organizzata di dipartimenti e ministeri con cui ancora oggi identifichiamo la pubblica
amministrazione. Sul piano finanziario venne introdotto, soprattutto in Austria, il catasto che mirava a
migliorare e differenziare l’imposizione fiscale, a renderla quindi se non più equa almeno più certa. In
politica economica una maggiore attenzione venne rivolta all’agricoltura con il tentativo di ridurre, nelle
terre demaniali, la servitù personale.
L'azione riformatrice si esercitò soprattutto in Austria e Prussia. Nell'Impero asburgico Maria Teresa
riorganizzò l'apparato statale centralizzando le funzioni amministrative. Tale funzioni vennero date a sei
consiglieri che formavano il Consiglio di Stato che era presieduto da un cancelliere. La centralizzazione fece
di Vienna una capitale cosmopolita meta di intellettuali e artisti da tutta Europa. Grazie al catasto si poterono
tassare anche le terre dei nobili, anche se in maniera inferiore rispetto a quelle dei contadini. Inoltre, prese