Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
H
ciascuno dei quali produce combinazioni uniche di citochine che reclutano cellule e effettrici come
H1 H2
e T
i macrofagi, i lifociti B che producono anticorpi e i neutrofili. Le cellule dei sottogruppi T
hanno un ruolo nell’immunità adattativa, promuovendo l’infiammazione e la produzione di
H17 amplificano la risposta immunitaria innata, e le cellule Treg
anticorpi mentre le cellule T
sopprimono l’immunità quando questa non è necessaria.
I macrofagi svolgono un ruolo centrale come
APC nell’immunità adattiva cellulo-mediata
(figura accanto): i macrofagi inglobano,
processano, e espongono l’antigene alle cellule
H1 che a loro volta producono IL-2
T
(interleuchina-2), una citochina che promuove
la crescita e l’attivazione di altre cellule T e
attiva i macrofagi attraverso altre citochine.
Come regola generale, anche i macrofagi
inattivi fagocitano e uccidono la gran parte dei
batteri, ma alcuni agenti patogeni sopravvivono
e si moltiplicano nel fagolisosoma e tra questi
agenti patogeni intracellulari troviamo
Mycobacterium tuberculosis, Mycobacterium
leprae e Listeria monocytogenes, batteri che
causano rispettivamente la tubercolosi, la
Gli animali inoculati con una dose moderata di lebbra e la listeriosi.
M. tuberculosis sono in grado di superare
l’infezione e immunizzarsi grazie allo sviluppo di una risposta immunitaria mediata dalle cellule T-
H1 che attraverso la secrezione di citochine quali l’interferone gamma
infiammatorie ovvero le T
(IFN-JJ D
), il fattore di necrosi tumorale (TNF-ɲͿ e fattore stimolante le colonie di granulociti-
monociti (GM-CSF) sono capaci di attivare i macrofagi e altri fagociti non specifici. I macrofagi
H1
attivati da T inglobano e distruggono le cellule estranee in modo più efficiente rispetto ai
macrofagi inattivi; sorprendentemente, i macrofagi attivati e immunizzati contro M. tuberculosis
fagocitano e distruggono anche microrganismi non correlati alla loro immunizzazione, come
H1 e l’effettore dell’attivazione dei macrofagi
Listeria. La specificità risiede al livello delle cellule T
agisce in modo non specifico e così i macrofagi attivi uccidono più velocemente tutti quei batteri
intracellulari che normalmente si moltiplicherebbero in cellule di macrofagi non attivi o in altri tipi
H1 non solo uccidono le cellule infettate dal patogeno ma
di cellule. I macrofagi attivati con T
aiutano anche nella distruzione delle cellule tumorali in quanto queste spesso producono antigeni
specifici non presenti nelle cellule normali. Le cellule tumorali possono essere distrutte dai
H1 che reagiscono con l’antigene specifico del tumore; il rigetto del
macrofagi attivati dalle cellule T
trapianto, uno dei maggiori problemi riscontrati dopo il trapianto di organi o tessuti da un
H1 H1
: in questo caso, le cellule T
individuo all’altro, è anche mediato dai macrofagi attivati da T
riconoscono le proteine MHC del trapianto, innescando l’attivazione dei macrofagi e il rigetto.
H2
Le cellule T svolgono un ruolo fondamentale nell’attivazione delle cellule B e nella produzione
di anticorpi: le cellule B mature sono rivestite di anticorpi che fungono da recettori per l’antigene.
415
Università di Catania LUIGI FIORENTINO Facoltà di Scienze Biologiche, L-13
Quando un antigene si lega a questi recettori,
la cellula B non produce immediatamente
anticorpi, ma dapprima ingerisce per
endocitosi l’antigene legato all’anticorpo e poi
lo degrada in peptidi di più piccole dimensioni;
gli antigeni peptidici così formatisi sono poi
presentati in superficie dalle proteine MHC II
delle cellule B (Figura A accanto). Le cellule B,
funzionando sia da APC che da cellule
produttrici di anticorpi, svolgono un duplice
ruolo: infatti come APC, la cellula B ingerisce e
processa l’antigene in peptidi che, dopo il
legame alle proteine MHC II, sono presentati
H2
alle cellule T che rispondono con la
produzione di IL-4 (interieuchina-4) e IL-5,
citochine che, attivano la cellula B a
differenziarsi in una plasmacellula che
produce e secerne anticorpi.
H17
Le cellule T , che derivano da cellule T indifferenziate o naive, (figura 21) possono essere
H
indotte a differenziarsi dalle citochine IL-6 e TNF-13 prodotte dalle cellule dendritiche quando
si
incontrano microrganismi patogeni. Sotto l’influenza di queste citochine, le cellule T H
H17 che a loro volta producono IL-17 e altre citochine capaci di attirare i
differenziano in cellule T H17
neutrofili nel sito d’infezione; questa è la loro funzione principale e, dato che le cellule T
svolgono tale funzione indipendentemente dal contatto con l’antigene, si comportano come
amplificatori dell’immunità innata.
Abbiamo parlato dei linfociti B descrivendoli come caratterizzati alla loro superficie da recettori
formati da immunoglobuline che, dopo aver presentato gli antigeni alle cellule T, si differenziano
in plasmacellule secernenti anticorpi. L’immunità anticorpo-mediata risulta dall’attività degli 416
Università di Catania LUIGI FIORENTINO Facoltà di Scienze Biologiche, L-13
anticorpi, proteine solubili che si trovano nei liquidi corporei. Gli anticorpi (o immunoglobuline, Ig)
provvedono un’immunità protettiva antigene-specifica nei riguardi di patogeni extracellulari e di
pericolose proteine solubili, come le tossine. Le Ig sono molecole proteiche capaci di combinarsi
in modo specifico con epitopi antigenici, sono presenti nel siero e in altri liquidi corporei, come le
secrezioni delle mucose e il latte: il siero contenente anticorpi specifici per un antigene è chiamato
antisiero. Sulla base delle loro proprietà fisiche, chimiche e immunologiche, le immunoglobuline
possono essere distinte in cinque classi principali: IgG, IgA, IgM, IgD e IgE.
a) La maggior parte degli anticorpi circolanti è rappresentata dalle IgG, che costituiscono
circa l’80% delle immunoglobuline sieriche: ogni IgG è formata da quattro catene
polipeptidiche (figura sotto) legate tra loro da ponti disolfuro (legami S-S) intercatena. Una
singola proteina IgG è costituita da due identiche catene leggere, ciascuna formata da 220
aminoacidi e di peso molecolare 25.000 Da, accoppiate a due identiche catene pesanti,
ciascuna costituita da 440 aminoacidi e di peso molecolare 50.000 Da; il totale del peso
molecolare è 150.000 Da. Un anticorpo IgG funzionante contiene due siti di
legame per l’antigene, alla cui formazione partecipano
sia la catena leggera sia quella pesante; in altre parole,
questo tipo di anticorpo è bivalente e può legare due
identici epitopi. Ogni catena pesante delle IgG è formata
da più distinti domini proteici: un dominio variabile e tre
domini costanti di circa 110 aminoacidi (Figura accanto).
Il dominio variabile, la cui sequenza aminoacidica è
diversa per ogni differente anticorpo, è coinvolto nel
legame con l’antigene; i tre domini costanti sono invece
identici in tutte le molecole di IgG. Ogni catena leggera
consiste di due parti di uguale grandezza, un dominio
variabile (V) e un dominio costante (C): il dominio
variabile di questa catena interagisce con il dominio
variabile della catena pesante per legare l’antigene.
La sequenza aminoacidica del dominio costante è la stessa nelle catene leggere di anticorpi
dello stesso tipo e generalmente si occupa del legame con le proteine del complemento.
Il sito di legame dell’antigene alle IgG, come anche quello di tutte le altre classi di
immunoglobuline, è formato dall’interazione cooperativa tra il dominio variabile della
catena pesante e di quella leggera (Figura sopra dx: interazione tra i domini variabili in
giallo della catena leggera e in blu della catena pesante). Infatti, tali porzioni interagiscono
a formare un sito molecolare capace di legare in maniera forte, ma non covalente,
l’antigene: la forza del legame dell’antigene all’anticorpo è definita affinità di legame; un
anticorpo possiede un’alta affinità se interagisce fortemente con un antigene. Il sistema
417
Università di Catania LUIGI FIORENTINO Facoltà di Scienze Biologiche, L-13
immunitario ha la capacità di riconoscere, o legare, innumerevoli antigeni, ognuno dei quali
è riconosciuto da un unico sito di legame: per fornire protezione nei riguardi di ogni
possibile antigene, ciascun individuo è in grado di produrre anticorpi con miliardi di
differenti siti di legame. I nuovi anticorpi sono costantemente generati in virtù di processi
di ricombinazione e di eventi mutazionali a carico dei 300 geni che codificano i domini
variabili: i geni della catena pesante e di quella leggera codificano insieme quell’unico tipo
di anticorpo che sarà espresso sulla superficie di ogni cellula B prima del suo incontro con
l’antigene. L’interazione dell’antigene con gli anticorpi presenti sulla cellula B stimola
quest’ultima a produrre e secernere copie dell’anticorpo preformato.
Gli anticorpi delle altre classi di
immunoglobuline differiscono dalle
IgG. Il dominio costante della
catena pesante di una data
immunoglobulina definisce la sua
classe e può avere una delle
seguenti cinque sequenze
(JJ ) che
aminoacidiche: gamma
che definisce le IgA, mu (μ,) che definisce le IgM, delta (G) che definisce le
definisce le IgG, alfa (D)
che definisce le IgE. Le sequenze del dominio costante costituiscono i tre quarti
IgD ed epsilon (H)
delle catene pesanti delle immunoglobuline delle classi IgG, IgA, IgD e i quattro quinti delle catene
pesanti delle IgM e delle IgE (Figura sopra).
b) Le IgM si presentano, in genere, come un aggregato di cinque molecole di
immunoglobuline unite l’una all’altra per mezzo di almeno un corto peptide, chiamato
catena J. Circa il 10% degli anticorpi ritrovati nel siero
sono IgM; in una tipica risposta immunitaria
indotta da un’infezione batterica, le IgM sono
le prime immunoglobuline a essere prodotte:
pur trattandosi di immunoglobuline dotate di
bassa affinità, questo problema è compensato
dall’alta valenza di una molecola di IgM che,
essendo pentamerica, presenta fino a 10 siti di
legame disponibili per l’interazione con
l’antigene (figura accanto). Il termine avidità è
usato per descrivere la forza di legame
risultante dai molteplici siti di legame presenti
in una IgM: perciò, nei riguardi dell’antigene,
una IgM ha una bassa affinità, ma un’alta
avidità. Sotto forma di monomeri le IgM sono
anche presenti alla superficie delle cellule B,
dove possono legare l’an