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MARCATORI DI MALATTIA:
- sono indicatori misurabili di un evento biologico o biochimico o
preclinico
molecolare che rappresenta uno stadio della malattia o una sua manifestazione.
I marcatori tumorali vengono utilizzati per rilevare e misurare la presenza di proteine,
seguire l’andamento clinico verificando
ormoni o altre sostanze, per di un tumore,
l’efficacia della terapia o la fase di ripresa della malattia.
Il trasferimento di tali acquisizioni della ricerca in termini di classificazione molecolare dei
delle
tumori amplia la possibilità di prevenzione, consentendo l’individuazione
associazioni eziologiche personalizzare
e di nuovi target di intervento, permette inoltre di
le terapie sulla base del profilo individuale di espressione genica e di predirne l’efficacia
e/o il rischio di eventi avversi.
MARCATORI DI SUSCETTIBILITA’:
- sono degli indicatori della presenza di fattori genetici
preesistenti all’esposizione e da questa indipendenti influenzare la
ma che possono
probabilità che la malattia si sviluppi a seguito dell’esposizione. Rappresentano un gruppo
di marcatori tumorali che possono conferire predisposizione al cancro, possono essere
ereditati (mutazioni nelle cellule germinali), geneticamente determinati o acquisiti. Sono
suscettibilità genetica
indipendenti dall’esposizione ambientale. Per si intende una
determinata condizione genetica che può essere riferita ad uno o più specifici marcatori
genetici di un sistema biallelico o multiallelico in cui è possibile individuare un genotipo o
un aplotipo associato ad una particolare condizione patologica. In questo contesto,
l’ambiente interagendo con i geni e la loro capacità di esprimersi, gioca un ruolo decisivo.
Si parla perciò di interazione gene-ambiente: le varianti genetiche assumono il significato di
modificatori di effetto: data una relazione causa-effetto tra esposizione ambientale e una
terzo fattore
definita patologia, al variare di un si osserva un incremento (suscettibilità) o
decremento (protezione) della forza di associazione studiata. Pertanto la popolazione
esposta risulta suddivisa in due gruppi distinti, l’uno a più elevato rischio genetico e l’altro
a minor rischio genetico di sviluppare la malattia a seguito degli stessi livelli di esposizione
polimorfismi genetici.
ambientale. Quel “terzo fattore” di cui prima, prende il nome di Il
genoma umano contiene approssimativamente 3.5 miliardi di coppie di basi e di queste, 10
milioni sono probabilmente differenti tra individui diversi, costituendo i cosiddetti
polimorfismi genetici. Dunque non sono altro che variazioni nella sequenza del DNA che
includono delezioni, inserzioni, sostituzioni o mutazioni diverse e generalmente sono
presenti nella popolazione con una frequenza di almeno l’1%. Le varianti genetiche, sia allo
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Università di Catania Facoltà di Scienze Biologiche, L-13
stato omozigote che eterozigote, nei geni di suscettibilità possono conferire differenti
caratteristiche fenotipiche rispetto al wild type. Alcune varianti di singole paia di basi sono
definite single nucleotide Polymorphisms (SNPs) e sono potenzialmente responsabili della
suscettibilità alle malattie. Riguardo all’origine genetica “franca” nell’interazione gene
ambiente nel cancro, si è individuato che il 5/10% dei tumori alla mammella si verificano
gene BRCA1 o BRCA2
nelle donne portatrici delle mutazioni nel che conferisce ai portatori
un rischio di cancro alla mammella di circa 50/60%. Si tratta di una sindrome famigliare
ereditaria (le mutazioni sono germinali), a insorgenza precoce e che può interessare anche
il sesso maschile. I geni sopraindicati, sono dei tumor soppressor genes ad altra penetranza
ma a bassa frequenza. Esistono altresì alcuni tipi di cancro dovuti interamente a cause
ambientali senza alcun tipo di predisposizione genetica. 15 lavoratori esposti alla beta-
naftilamina in una industria chimica inglese nel 1950: tutti hanno sviluppato un cancro alle
cellule di transizione della vescica. La maggior parte dei tipi di cancro comunque, sono
probabilmente collocati a metà in questa scala: è vero che saranno dovuti ad una
interazione tra esposizione esogena e predisposizione genetica causata da geni a bassa
penetranza ma ad alta frequenza. I geni di suscettibilità possono modulare tutte le fasi del
sono molto diffusi
processo di cancerogenesi. Di solito, o nella popolazione ma
scarsamente correlati con il rischio di insorgenza e manifestazione clinica o sono
relativamente rari altamente correlati
ma con il rischio di insorgenza della manifestazione
clinica. È competenza di questo tipo di studi, quantificare e misurare i fattori di
suscettibilità. Questi vengono infatti suddivisi in:
FATTORI AD ALTA PENETRANZA E BASSA FREQUENZA: si ritrovano nello 0,1% della
• popolazione e son associati a geni deputati al controllo del differenziamento, del ciclo
cellulare e della riparazione del DNA.
FATTORI A BASSA PENETRANZA E ALTA FREQUENZA: sono determinati da geni coinvolti
• nella produzione di enzimi implicati nel metabolismo di sostanze cancerogene. Tali enzimi
vengono distinti in:
a) ENZIMI DI FASE I: p450
quali, ad esempio, gli enzimi della superfamiglia dei coinvolti
nell’attivazione (usualmente tramite ossidazione) degli agenti endogeni o esogeni: sono
fattori di rischio per il cancro.
b) ENZIMI DI FASE II: glutatione S-transferasi (GST)
come, ad esempio, il e sono coinvolti
nella inattivazione degli intermedi ossigenati mediante un processo di coniugazione:
fattori protettivi
sono per il cancro. I polimorfismi da delezione dei geni GSTM1 e
GSTT1, in caso di omozigosi con genotipo nullo, portano all’assenza di attività
enzimatica e sarebbero capaci di rendere gli individui più suscettibili allo sviluppo del
cancro.
Oltre ai polimorfismi nei geni deputati al metabolismo dei cancerogeni, una fonte di
variabilità potenzialmente importante è costituita dai geni coinvolti nei processi di
Atassia-
riparazione del DNA che determinano le sindromi da instabilità cromosomica:
teleangectasia Xeroderma pigmentosum.
e Grande suscettibilità al cancro è indotta dai
raggi UV. Un esempio di suscettibilità genetica è quello relativo al cervico-carcinoma. Oggi
riconosciuto come il quarto tumore più frequente fra le donne nel mondo. La malattia
colpisce principalmente le giovani donne, con un’età compresa tra i 30 e i 50 anni.
human papilloma virus
L’infezione sostenuta da alcuni tipi di (HPV). Esso è infatti il fattore
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causa
di rischio principale nello sviluppo del cervico-carcinoma. È riconosciuto come
necessaria ma non sufficiente per lo sviluppo del cancro. Come sostiene l’IARC e la WHO
tra le varianti certamente cancerogene del virus vi sono la HPV 16 e la 18, mentre la 31 e la
33 sono probabilmente cancerogene. Solo la 6 e la 11 sono possibili cancerogeni. Solo una
parte delle donne con infezione da HPV contraggono il cervico-carcinoma. I fattori di
rischio come il fumo della sigaretta, altre infezioni genitali, le caratteristiche del virus e le
caratteristiche biologiche dell’individuo infetto sono concomitanti allo sviluppo della
neoplasia.
Polimorfismi del p53: nella popolazione umana sono stati individuati numerosi
polimorfismi del gene p53, molti di questi sono localizzati in introni, al di fuori di sequenze
residuo 47
di siti di splicing. Solo due polimorfismi, da serina a prolina nel e da arginina a
posizione 72,
prolina in alterano la sequenza amminoacidica della p53. La variante Pro47 è
raro polimorfismo che colpisce un codone altamente conservato. Per il residuo 72 sono
state individuate precise differenze etniche. La suscettibilità genetica alla infezione da HPV
è determinata da: due principali forme polimorfiche al codone 72, ove vi può essere
l’arginina o la prolina; le proteine contenenti residui di arginina in posizione 72
costituiscono un target ottimale per la degradazione da parte della proteina E6 dell’HPV
16; l’omozigosi per l’allele codificante l’arginina può provocare una maggiore suscettibilità
al cancro da infezione di HPV.
Alcuni studi mostrano che non esiste una relazione tra il polimorfismo del codone 72 del
sovra-espressione dell’omozigosi p53Arg
p53 e il CC. Altri studi mostrano una nel CC
confrontata con l’eterozigosi o l’omozigosi del p53Pro, suggerendo che questi individui
omozigoti p53Arg sono geneticamente suscettibili al CC. molti fattori genetici e
Lo sviluppo del cancro alla cervice è un processo multistadio, in cui
fattori ambientali possono essere coinvolti, ciò potrebbe spiegare la discrepanza dei
risultati dei vari studi condotti sull’argomento. È possibile che in presenza di fattori di
rischio addizionali, il contributo dei polimorfismi diventi irrilevante per lo sviluppo del
cancro.
L’utilizzo di agenti chimici per la prevenzione degli eventi di iniziazione e/o di promozione
nel processo di cancerogenesi, costituisce una strategia preventiva innovativa per il
controllo del cancro, che potrebbe integrare gli interventi di contenimento dell’esposizione
ad agenti cancerogeni ambientali (HPV) ed i programmi di screening per la diagnosi
dell’acido folico
precoce. Il ruolo nella prevenzione di malformazioni congenite è
ampiamente riconosciuto. L’acido folico svolge un importante ruolo nel metabolismo degli
aminoacidi, nella sintesi degli acidi nucleici e nella metilazione del DNA in diversi tipi di
tumori. Un elevato livello di folati plasmatici è inversamente associato all’inizio della
positività dell’infezione da HPV ad alto rischio, positivamente associato all’eliminazione del
virus della mucosa infetta e ad un rischio più basso di lesione intraepiteliale (CIN2+). Il gene
che codifica per l’enzima 5.10-metilenetetraidrofolato reduttasi (MTHFR) presenta
C677T
numerosi Single Nucleotide Polymorphisms (SNPs) cui i più frequenti sono che
A1298C.
sembra interagire con i folati nel modulare il rischio di cancro e 44
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Due studi, l’uno condotto dal il 2009 al 2019 e l’altro dal 2010 al 2020 si propongono di
definire il quadro epidemiologico dell’infezione da HPV in termini di prevalenza dei
genotipi virali ad alto e a basso rischio e la suscettibilità genetica all’infezione e al cervico-
carcinoma nella popolazione femminile di Catania. Nello studio sono state reclutate 232
donne afferenti ad un servizio di colposcopia. Lo studio prevedeva: ricerca e tipizzazione
molecolar