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Estratto del documento

Dalla metà degli anni ’90 l’enfasi sulla conoscenza e sulle competenze ha fatto affermare il ruolo

strategico del capitale intellettuale, inteso come insieme di beni intangibili, che opportunamente

valorizzati, consentono di incrementare il valore dell’impresa e l’efficacia della sua manovra

strategica.

La rapida affermazione di imprese che anticipano i cambiamenti, la partecipazione di clienti e

fornitori alla progettazione e produzione di beni e servizi ecc.., hanno portato al ripensamento del

concetto tradizionale di asset.

La comunità finanziaria ricorre da tempo ad indicatori che colgono la sensibilità degli investitori nei

confronti del patrimonio di idee, capacità ed esperienza nelle organizzazioni tra questi vi sono:

price to book value o market to book ratio Tobin’s q

È dato dal rapporto tra il valore di un’impresa in Pone a confronto il valore di mercato di un asset

termini di capitalizzazione (market value= prezzo con il suo costo di sostituzione. Se il valore di

per azione x numero di azioni) e quanto colto mercato è più alto l’impresa stia beneficiando di

dalle rilevazioni contabili (book value). rendite monopolistiche o rendimenti

sull’investimento più elevati rispetto a quelli

normali.

Un alto valore dell’indice evidenzia che l’azienda

ha qualcosa in più rispetto ai concorrenti.

Nel corso degli anni ’90 le imprese, data l’importanza di un monitoraggio attento, hanno affiancato

alla contabilità tradizionale, sistemi di reporting. Il gruppo svedese Skandia, fornitore di servizi

finanziari ed assicurativi, ha affrontato il problema arrivando a rendere pubblico il rapporto sul

capitale intellettuale come parte integrante dei propri bilanci e della relazione annuale. Vedi

schema pagina 10.

Per Simon l’impresa è un sistema adattativo formato da componenti fisiche, personali, e sociali,

tenute insieme da reti di comunicazione. Egli va contro la teoria classica dell’imprenditore

razionale che tende alla massimizzazione del profitto,sostituendolo con un numero di decisori

cooperanti, che cercano soluzione ai problemi che si presentano.

Grant riconosce che il capitale umano ha accresciuto la sua importanza insieme all’affermazione

della conoscenza come fattore chiave di successo del nuovo contesto competitivo.

Le componenti del capitale umano, in aggiunta a quelle del modello Skandia, sono:attitudini,

motivazioni, comportamenti, e l’agilità intellettuale, intendendo quest’ultima la capacità di saper

collegare le diverse informazioni, di sapere trasferire la conoscenza da un contesto ad un altro.

Le competenze individuali per essere vero capitale e fonte di valore devono inserirsi in un piano di

interventi che consentano lo sviluppo delle conoscenze dei singoli e la loro traduzione ad uso

organizzativo.

Sviluppare competenze richiede tempo e risorse, per questo per fare sciò si coinvolgono sempre di

più attori esterni come clienti, addetti e partners strategici, contesti lavorativi che generano alti

livelli di creatività e soddisfazione. La necessità di accedere a nuovi mercati o a nuove opportunità

tecnologiche, di frazionare i rischi e i costi di ricerca, ha contribuito ad un ispessimento del tessuto

relazionale delle organizzazioni.

Tali relazioni intessute dall’azienda diventano “capitale” quando vengono impiegate come mezzo

per sostenere la formazione di conoscenza collettiva. Ciò ha avuto un’accelerazione a seguito

della diffusione di esperienze di partnership con altre imprese, dell’attuazione di politiche di

outsourcing e con la diffusa riorganizzazione dei processi tramite la re-ingegnerizzazione.

La gestione del capitale relazionale, in particolare clienti e fornitori, può essere agevolata dal

capitale strutturale e dalle reti informatiche volte ad una connessione in funzione di una maggiore

efficienza della relazione. Le tecnologie relazionali connettono capitale relazionale con l’impresa, e

la tecnologia non è più strumento di gestione delle informazioni, ma veicolo di relazioni aventi un

maggiore contenuto innovativo. Esse hanno contribuito ad affermare un modello d’impresa

virtuale, nella quale si realizza una combinazione ottimale tra alta tecnologia e lavoratori esperti

per modificare la propria configurazione in base ai bisogni del mercato.

Il capitale strutturale è l’infrastruttura che, essendo legata al capitale umano da interdipendenza

dinamica, consente a quest’ultimo di esprimere il suo potenziale. Esso è costituito da:

capitale clienti Capitale organizzativo

È l’insieme degli investimenti effettuati dall’azienda in strumenti e

sistemi che consentono alla conoscenza di circolare con facilità

sia all’interno dell’organizzazione, sia nei confronti dei canali di

vendita e di approvvigionamento. Ne fanno parte, oltre che la

cultura aziendale, anche:

Il capitale innovazione Il capitale processo

Si identifica nelle forme È rappresentato dalle tecniche,

codificate di conoscenza di dalle procedure di lavorazione e

proprietà dell’impresa quali dai programmi che aumentano

brevetti, database, software l’efficacia della produzione di

applicativi ecc. beni e servizi.

La conoscenza si traduce in vantaggio competitivo solo se è accessibile, riutilizzabile e vendibile.

Per cui l’azienda deve disporre di forme codificate idonee di conoscenza e di cultura di impresa e

queste assumono importanza fondamentale nelle aziende moderne, soprattutto quelle

caratterizzate da alti livelli di turnover. In queste aziende possono prodursi effetti negativi se non

vengono presi adeguati accorgimenti, e per fronteggiare tali situazioni si adottano soluzioni

organizzative che consentano di convogliare tutta una serie di conoscenze meno strutturate, e di

accelerare il loro flusso.

Il capitale strutturale e relazionale evolvono quando l’impresa e i suoi partner apprendono insieme,

e quindi il capitale umano progredisce quando la conoscenza individuale trova nel capitale

strutturale un contesto idoneo per il suo sviluppo e per la sua condivisione.

Le nuove tendenze delle aziende moderne hanno enfatizzato il capitale relazionale tanto da

chiamarlo “capitale sociale”. Esso si riferisce sia alle risorse disponibili nel circuito di relazione

dell’azienda, sia a quelle alle quali è possibile accedere mediante contatti e conoscenze. Permette

di collegare l’azienda con l’esterno e contribuisce positivamente al processo di creazione di valore

in quanto permette l’accrescimento del potenziale innovativo e del patrimonio informativo.

La creazione del capitale sociale e l’adeguata gestione dello stesso costituiscono competenze

distintive che servono all’impresa che vuole ottenere performances significative e sostenibili.

Il problema principale delle aziende è come gestire le relazioni interne ed esterne, e alcune

dispongono di relazioni ad alto potenziale di informazioni, idee ed innovazione, ma non le sfruttano

adeguatamente per la mancata o scarsa conoscenza del loro valore. Quindi sono evidenti i

rapporti di complementarietà tra capitale umano e sociale. Il primo fa riferimento alle abilità

individuali dei componenti dell’organizzazione,il secondo esprime un insieme di opportunità che

consentono di creare valore attraverso le relazioni.

Quindi le aziende devono mirare alla creazione del capitale sociale e svolgere azioni tendenti al

suo mantenimento e sviluppo. Il capitale sociale non è di proprietà di specifici individui, ma

appartiene a tutti i soggetti partecipanti ad una relazione, ad una rete. Per cui l’uscita di uno o più

individui da un’azienda, anche se non implica il dissolvimento del network o dell’organizzazione,

comporta la perdita del capitale sociale relativa al componente uscito.

Il sistema socio economico attuale è sempre meno governabile a priori. La complessità dei sistemi

industriali richiede nelle aziende elevate capacità di adattamento alle situazioni esterne e

conseguentemente strutture snelle e flessibili che consentano, non solo di fronteggiare rapidi

cambiamenti della domanda, ma d’anticipare il loro divenire. Da qui la necessità delle aziende di

accedere a risorse esterne per sviluppare le relazioni con altri soggetti e altre strutture, creando

accordi di collaborazione che danno luogo alle diverse forme organizzative di imprese a rete dette

network.

La complessità e l’incertezza del contesto ambientale hanno consentito la creazione del network,

ma hanno prodotto al tempo stesso conseguenze nella sfera economica della produzione.

Le imprese dopo il periodo del consumatore di massa, hanno avuto bisogno di rapporti diretti con i

diversi attori collocati nei vari stadi della domanda, per poter acquisire dirette informazioni

sull’evoluzione dei gusti, sui bisogni indotti dall’innovazione tecnologica e distributiva.

L’aumento della complessità e dell’incertezza va ricercata anche nell’economia della flessibilità

ovvero il fenomeno per il quale i processi produttivi subiscono frazionamenti in segmenti di

prodotto-mercato. Conseguentemente le funzioni che prima erano svolte all’interno dell’impresa,

sono diventate oggetto specifico di aziende autonome.

Un altro fattore che ha determinato la complessità e l’incertezza è la globalizzazione del

contesto di riferimento, ovvero un allargamento dell’orizzonte competitivo interessando tutta la

gamma di risorse, mercati, sapere tecnologico ecc.. a livello mondiale. Operare in una prospettiva

globale significa misurarsi con altre imprese che adottano differenti strategie basate

sull’innovazione tecnologica. Ciò comporta una riduzione della durata del ciclo di vita

dell’innovazione e la ricerca di collaborazioni con attori già in grado di muoversi in ambito

internazionale.

Quando un’azienda fa alleanze con un’altra azienda che detiene capacità ad mancanti, essa può

accedere al mercato in tempi più brevi e ridurre o eliminare alcuni investimenti che sarebbero

necessari realizzando economie di scala, raggiungere con minori rischi gli stessi obiettivi, riduzione

dei costi,potere di mercato ecc

Uno dei vantaggi invece può essere la rapidità di manovra, ossia la possibilità di raggiungere

determinati obiettivi strategici ritenuti prioritari in tempi più brevi.

La maggiore elasticità conseguita dall’impresa a rete, a seguito della disintegrazione verticale e

della riduzione degli investimenti fissi, consentono un riorientamento più rapido e quindi la

possibilità di attuare convenienti piani strategici utilizzando le sinergie che il collegamento assicura.

La rete organizzativa ha una capacità di generare informazioni superiori a

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
17 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/07 Economia aziendale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher hj988 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Contabilità e bilanci delle imprese e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Cricchio Salvatore.