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FCS = (ROCE G) X CISiniz
c.d. effetto di leva di cassa può essere così definita: evidenzia come il flusso di
cassa generato/assorbito da una SBU (FCS) in un periodo è pari al prodotto tra 2 grandezze: 1) il divario tra
redditività del capitale investito nella SBU (ROCE) e il tasso di crescita del so capitale investito (G) nel periodo
considerato; 2) l’ammontare del capitale investito nella SBU all’inizio del periodo considerato (CISiniz).
Nei 4 quadranti che compongono la matrice BCG il divario tra ROCE e G muta sia come ampiezza sia come
segno, conseguentemente agli assunti di base visti. Il profilo economico (terzo profilo) viene considerato in
modo implicito. Individuando il punto in cui ogni business si posiziona nella matrice, si ottiene un quadro dei
flussi di risorse finanziarie nell’impresa. Nel primo quadrante si collocano i business stella (star), caratterizzati
da una domanda in forte espansione e da un’alta quota di mercato relativa. Nel secondo, sono collocati i
business dilemma (question mark) a causa delle incerte prestazioni future. Essi sono attraenti perché la
domanda è caratterizzata da un alto tasso di sviluppo, tuttavia l’impresa detiene una bassa quota di mercato
relativa. Queste SBU di norma assorbono liquidità in quanto necessitano di investimenti volti sia a migliorare la
posizione competitiva sia a tenere il passo con i ritmi di crescita del mercato. Nel terzo, si posizionano i
business denominati vacche da mungere (cash cow), che generano, accanto all’alta redditività indotta dagli
effetti dell’esperienza, ampi flussi di cassa positivi. Nel quarto si collocano infine i business che, oltre a operare
in settori in fase di avanzata maturità o di declino, vedono l’impresa detenere una quota di mercato relativa
contenuta. Questi business sono denominati cani (dog) e hanno risultati reddituali negativi. I flussi di cassa
netti possono essere invece vicini a 0. Questi, hanno scarse probabilità di migliorare la propria posizione, a
causa sia della debole posizione competitiva sia del basso tasso di crescita del settore. Le 2 alternative
strategiche che si presentano per i cani sembrano essere la cessione immediata o la realizzazione di profitti di
BT prima di abbandonare il settore. L’impiego della matrice BCG pone quindi in primo piano l’esigenza di
mantenere un soddisfacente equilibrio finanziario generale, determinato dal comporsi armonico dei contributi
e dei fabbisogni monetari propri di ogni SBU. A questo problema risponde il terzo assunto; in un portafoglio
SBU equilibrato sono presenti: star, cash cow e question mark. Per contro, nel portafoglio ideale secondo la
matrice BCG non vi è posto per i dog. Sono comunque diverse le critiche che sono state mosse alla matrice
BCG: 1) non sempre si riscontra una correlazione diretta fra quota di mercato relativa e reddito spendibile
prodotto dalla SBU (NON applicabilità in tutti i tipi di settori); 2) spesso i settori maturi non entrano nella fase di
declino, ma sono ricchi di potenzialità innovative e possono perciò essere riutilizzati (limiti della teoria del ciclo
di vita del settore); 3) talvolta nel portafoglio di SBU non c’è la presenza di cash cow che possano alimentare
con i propri flussi di cassa la crescita delle altre SBU (limite strutturale del modello, conseguente alla sua data
e luogo di nascita). D’altra parte non si possono disconoscere le doti della matrice BCG: a) modello di sintesi
che stimola la riflessione sulle strategie a livello di SBU e incorpora grande proprie di linguaggi funzionali
diversi; b) chiarezza analitica ed espositiva.
b) matrici basate sulle quantità economiche: concentrano l’attenzione sulle grande economiche, con
particolare riferimento a quelle connesse alla logica del valore: 1) matrice di creazione del valore; 2) matrice
crescita del valore e sviluppo.
1) la matrice di creazione del valore consente di valutare il posizionamento relativo delle diverse SBU in
portafoglio sulla base di parametri di natura economica che illustrano il contributo del singolo business alla
creazione di valore per l’azionista. Tali parametri sono: a) il capitale investito relativo di SBU (determinato dal
rapporto tra capitale investito specifico nella SBU e capitale investito specifico medio per SBU nel portafoglio);
b) la redditività della SBU al netto dell’effetto fiscale (ROCE*) confrontata con il costo medio ponderato del
capitale investito in quella SBU (CMPC). Le 2 dimensioni rappresentano le determinanti del c.d. effetto di leva
del valore, che può essere esplicitato nella seguente forma: RRS = (ROCE*- CMPCsbu) X CISiniz , dove: RRS è il
reddito residuale specifico di SBU , CMPCsbu è il costo medio ponderato del capitale investito nella specifica
SBU o WACC , CISiniz è il capitale investito nella specifica SBU a inizio periodo e ROCE* è la redditività del
capitale investito nella specifica SBU al netto dell’effetto fiscale.
L’impiego della matrice consente di posizionare i singoli business in 4 aree: 1) i pilastri del valore rappresentano
quelle SBU che assorbono una quota rilevante del capitale investito e che producono un flusso di valore per
l’azionista positivo. A queste SBU l’impresa dovrebbe dedicare le risorse di maggior pregio. Queste SBU
costituiscono il core business di un’impresa e le strategie perseguibili sono quelle dello sviluppo o della difesa
della redditività attraverso un continuo consolidamento della posizione competitiva; 2) i complementi del
valore sono quelle SBU che concorrono positivamente alla creazione del valore per l’azionista, ma che hanno
dimensioni strutturali contenute. Possono essere di grande importanza quando supportano il posizionamento
di successo del core business; 3) i demolitori del valore sono SBU che dissipano valore e assorbono quote
significative del capitale investito. In questi casi è opportuno procedere velocemente a un rafforzamento della
posizione competitiva, se vi sono adeguati margini di manovra, oppure valutare opzioni di ridimensionamento,
se non di uscita dal settore; 4) i distrattori del valore corrispondono a business marginali per i quali si dovrebbe
procedere velocemente al disinvestimento.
2) la matrice crescita del valore e sviluppo: i due assi della matrice sono costituiti dalle grandezze (in punti %)
delle 2 variabili che determinano il segno della leva di cassa: 1) ROCE; 2) G. Ciò permette di individuare 2 zone
della matrice delimitate da una diagonale: la zona nord dove la leva di cassa è positiva e la zona sud , dove è
negativa. Nella prima area si posizionano le SBU che generano cassa e quindi, offrono un contributo positivo al
miglioramento della posizione finanziaria netta (PFN) dell’azienda. L’opposto si verifica nella zona sud.
Esaminato il contributo dei diversi business in termini di cassa, sorge la domanda relativa alla loro capacità di
generare valore. A questo proposito viene individuato come spartiacque sull’asse delle ordinate il CMPC.
c) matrice della compatibilità: pone in nesso il lato business con le risorse e il contesto organizzativo. L’idea
centrale è che l’impresa multibusiness dovrebbe avere un portafoglio dotato di SBU in sintonia con il profilo
delle unità centrali e quindi con le risorse che tali unità possono apportarvi. Questo modello, definito anche
matrice del vantaggio parentale, adotta 2 dimensioni: 1) il grado di compatibilità tra opportunità parentali e
caratteristiche parentali; 2) il grado di compatibilità fra fattori critici di successo e caratteristiche parentali. Il
termine opportunità parentali indica una potenzialità di miglioramento delle performance di business grazie ad
un intervento della direzione aziendale. Le caratteristiche parentali sono ricondotte a 5 elementi che
caratterizzano il contesto organizzativo (struttura, sistemi e processi) delle unità centrali: 1) mappe mentali che
guidano il vertice aziendale; 2) struttura aziendale del vertice; 3) funzioni centralizzate; 4) competenze e valori
che orientano l’azione manageriale; 5) grado di delega ai responsabili di SBU nei processi di gestione strategica.
Infine, i fattori critici di successo devono intendersi come gli elementi da soddisfare per competere con
successo in un business, ovvero per conseguire un vantaggio competitivo. L’intreccio di queste categorie
consente di posizionare i business attuali e potenziali della matrice, individuando così: a) business core; b)
business alieni che sono quei business nei quali vi è bassa compatibilità con le opportunità parentali; c)
business zavorra: a essi la casa madre non fornisce un contributo significativo per la creazione di valore, ma per
essi, tuttavia, non esistono incompatibilità con i fattori critici di successo nell’ambito competitivo; d) business
trappola, perché attirano l’entusiasmo ma nascondono forti potenziali distruttori di valore; e) business
periferici, dove il potenziale di creazione di valore è solo leggermente superiore al potenziale di distruzione di
valore. Sono quindi SBU che generano ricchezza, ma in misura ridotta e piuttosto incerta.
Capitolo 8: integrazione della CSR nella corporate strategy
I comportamenti delle grandi imprese esercitano un profondo influsso sulla configurazione del contesto
economico e sociale. L’ambito di responsabilità delle imprese si è allargato e si parla in questo senso di
Corporate Sociale Responsibility (CSR). Per CSR si intende la tensione dell’impresa a soddisfare in misura
crescente, andando anche al di là degli obiettivi di legge, le attese sociali e ambientali, oltre che economiche,
dei vari portatori di interesse (stakeholder) interni ed esterni, mediante lo svolgimento delle attività aziendali.
L’altra forza trainante la CSR è costituita dalla tensione morale che connota gli esponenti del top management.
Le forze che rappresentano il motore della CSR sono le seguenti: 1) macro fenomeni sociali ed economici: a)
globalizzazione: questo processo, se da un lato ha aperto grandi opportunità di creazione di nuova ricchezza,
dall’altro ha contribuito ad allargare il divario tra aree ricche e povere del mondo; b) problema ecologico che
porta alla necessità di creare nuove fonti di energia; c) diritti umani e dei lavoratori; d) crisi dei sistemi di
welfare pubblici; e) rapido processo di integrazione dei mercati finanziari; 2) regolamentazioni: Global Compact
promosso dal segretario delle Nazioni Unite, Libro Verde della UE, linee guida dell’OXE ecc; 3) certificazioni e
standard: mirano ad avere, o hanno un raggio d’azione internazionale, anche se non mancano di progetti di
respiro nazionale o settoriale; 4) socially responsible investing (SRI): fondi che investono solo in imprese
responsabili sotto il profilo sociale e/o ambientale; 5) i centri propulsori della CSR: enti non profit in nesso tra
loro che hanno come missione quella di sviluppare