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Estratto del documento

D. E D

Perciò in questo caso l'impresa dovrebbe emettere debito e non equity. Il reddito è soggetto a una

doppia tassazione, una a livello societario e una a livello personale. Per contro, il reddito è tassato

solo una volta, a livello personale, se corrisposto agli obbligazionisti. L'impresa sarà indifferente tra

emettere equity ed emettere debito se il flusso di cassa per gli azionisti è uguale al flusso di cassa

t t

per gli obbligazionisti. Ossia, l'impresa è indifferente quando: (1-tc) x (1- = 1-

E) D

La scelta della struttura finanziaria per la massimizzazione del valore per gli stakeholder è guidata

dalla minimizzazione dell'imposizione fiscale.

Conclusioni: nel modello di Modigliani e Miller il valore di un'impresa non è influenzato dalle

scelte di indebitamento. Il costo delle diverse forme di finanziamento è funzione della leva e non

esistono vantaggi derivanti dalla pianificazione del livello di debito. Le imposte influenzano la

convenienza del debito e possono esistere opportunità di arbitraggio tra tassazione individuale e a

livello di impresa.

Capitolo 16: struttura finanziaria: i limiti all'uso del debito

Benché l'uso del debito comporti vantaggi sotto forma di benefici fiscali, per un'impresa

eccessivamente indebitata esistono anche dei pericoli. Come insegna il caso Alitalia, la leva

finanziaria può presentare diversi inconvenienti, per cui esiste un limite al debito sopportabile da

un'impresa. Il rischio di una leva eccessiva consiste nel fallimento. In questo capitolo discuteremo i

costi associati al fallimento e il modo in cui le imprese cercano di evitare di giungere a quel punto.

L'impresa può massimizzare il valore per gli stakeholder aziendali utilizzando uno dei seguenti

approcci: 1) teoria del trade-off: confronto costi-benefici legati all'utilizzo del debito; 2) pecking

order: valutare i possibili segnali forniti al mercato attraverso la politica di indebitamento; 3)

market timing: definizione della struttura finanziaria sulla base delle imperfezioni del mercato dei

capitali.

1) nella teoria del trade-off le scelte di finanziamento (livello di indebitamento) sono basate sui

seguenti profili. a) costi del dissesto, b) costi di agenzia, c) clausole di salvaguardia.

I costi del dissesto finanziario: il debito pone sotto pressione l'impresa, la quale è tenuta (dalla

legge) al pagamento degli interessi e al rimborso del capitale. Se tali impegni non fossero

rispettati, l'impresa rischierebbe di andare incontro a un dissesto finanziario e alla fine, se non

riuscisse a invertire il processo, al fallimento vero e proprio; in quest'ultimo caso, la proprietà delle

sue attività sarebbe legalmente trasferita dagli azionisti agli obbligazionisti. Gli impegni originati dal

debito sono fondamentalmente differenti da quelli originati dall'equity. Gli azionisti desiderano e si

aspettano i dividendi, ma non vantano legalmente diritto a riceverli negli stessi termini in cui gli

obbligazionisti hanno legalmente diritto a ricevere i pagamenti degli interessi e il rimborso del

capitale. La possibilità di fallimento ha un effetto negativo sul valore dell'impresa. Tuttavia, la

riduzione del valore non è determinata dal rischio del fallimento in se stesso, bensì dei costi

associati al fallimento. I costi del fallimento, o più in generale i costi del dissesto finanziario,

tendono a controbilanciare i vantaggi del debito.

Costi diretti del dissesto finanziario, sono ad esempio le parcelle degli avvocati, le spese

amministrative e contabili, che possono far lievitare sensibilmente il costo totale. Se poi l'epilogo

riguarderà una decisione giudiziaria, non andrebbero trascurate le competenze dovute

all'intervento degli esperti. Diversi studi accademici hanno misurato i costi diretti del dissesto

finanziario. Sebbene di importo ingente in termini assoluti, questi costi rappresentano in realtà una

piccola percentuale del valore complessivo dell'impresa. Warner e White, Altman e Weiss stimano

che i costi diretti del dissesto costituiscano circa il 3% del valore di mercato dell'impresa, Bris,

Welch e Zhu ritengono che i suddetti costi siano pari a circa l'8% delle attività prefallimento.

Tuttavia, poiché si tratta di spese avulse dalle dimensioni dell'impresa, nel caso di aziende più

piccole i costi proporzionali possono raggiungere anche il 20-25%.

Molto importanti sono anche i costi indiretti del dissesto finanziario, in quanto, anche solo l'ipotesi

di un fallimento incombente può far calare le vendite e pregiudicare quelle che sono le relazioni

con i clienti e i fornitori. Tuttavia, è molto più difficile stimare quelli che sono i costi indiretti, rispetto

a quelli diretti.

Quando un'impresa è indebitata, possono prospettarsi conflitti di interesse fra azionisti e

obbligazionisti. A causa di ciò gli azionisti sono indotti a perseguire strategie “egoistiche”. Questi

conflitti di interesse, amplificati nel caso di dissesto finanziario, impongono dei costi di agenzia

all'impresa. Le strategie adottate dagli azionisti (risk shifting, under-investing e milking the

property) per danneggiare gli obbligazionisti e favorire se stessi sono costose, poiché riducono il

valore di mercato dell'intera impresa. In realtà il costo di queste strategie “egoistiche” di

investimento viene pagato dagli azionisti; gli obbligazionisti razionali sanno che in prossimità di un

dissesto, non possono attendersi il supporto degli azionisti, sanno in sostanza che molto

probabilmente questi sceglieranno strategie di investimento idonee a ridurre il valore dei titoli

obbligazionari. I detentori del debito, di conseguenza si proteggeranno aumentando il tasso di

interesse che richiedono sulle obbligazioni. Dal momento che gli azionisti devono pagare tale tasso

aumentato, su di loro ricadono i costi delle strategie “egoistiche”. Ne discende che le imprese che

adottano politiche di investimento distorsive otterranno i prestiti con maggior difficoltà e a un costo

più elevato, e avranno bassi rapporti di indebitamento. Gli azionisti sono quindi soliti stipulare

accordi specifici con i finanziatori del debito nella speranza di ottenere tassi più bassi. Questi

accordi, chiamati clausole di salvaguardia sono posti a corredo dei contratti che sono sottoscritti fra

azionisti e obbligazionisti. Le clausole di salvaguardia possono essere distinte in clausole negative

(limite dividendi, no garanzie, limite nuovo debito) e clausole positive (livello minimo di capitale

circolante, pubblicazione documenti).

La teoria del trade-off permette di identificare la struttura finanziaria ottimale: Modigliani e Miller

sostengono che il valore dell'impresa, in presenza di imposte societarie, cresce al crescere della

leva finanziaria. Questa relazione implica che tutte le imprese dovrebbero scegliere il massimo

livelo di indebitamento; altri autori hanno suggerito che il fallimento e i rispettivi costi riducano il

valore dell'impresa indebitata. L'integrazione fra effetti fiscali e costi del dissesto è mostrata nella

figura seguente (fig. 16.1 p.429).

I benefici fiscali incrementano il valore dell'impresa indebitata. I costi del dissesto finanziario

diminuiscono il valore dell'impresa indebitata. I due opposti fattori determinano un ammontare

ottimale di debito D*. Il beneficio fiscale del debito supera i costi del dissesto quando i livelli di

indebitamento sono bassi. Il contrario accade quando tali livelli sono alti. La struttura finanziaria

dell'impresa è ottimizzata laddove il beneficio marginale del debito uguaglia il costo marginale.

Secondo la teoria del trade-off, Rwacc inizialmente scende in ragione dei benefici fiscali del debito.

Oltre il punto D* comincia a salire a causa dei costi del dissesto finanziario.

La situazione dell'impresa è quindi la seguente: (grafico sl. 10 lez. 16)

I destinatari dei flussi di cassa (FC) dell'impresa sono 4: azionisti, obbligazionisti, governo (che

riceve i flussi sotto forma di imposte) e, durante le procedure fallimentari, gli avvocati (e altri

soggetti). Algebricamente possiamo scrivere:

FC= pagamenti azionisti + pagamenti obbl.+ pagamenti al governo + pagamenti agli avvocati

→ ne risulta che il valore totale dell'impresa, Vt, è: Vt = D+E+G+L

Esiste comunque una differenza sostanziale fra i diritti degli azionisti e degli obbligazionisti (che

sono negoziabili) e quelli del governo e delle potenziali controparti in un'azione legale (che invece

sono non negoziabili). L'obiettivo dell'impresa diventa quello di ridurre al minimo il valore dei diritti

non negoziabili. Quando parliamo di valore dell'impresa, ci riferiamo soltanto al valore dei diritti

negoziabili, Vm e non al valore dei diritti non negoziabili Vn. segue → Vt = Vm + Vn

costi di agenzia dell'equity: il rapporto debito-equity ottimale dovrebbe essere maggiore in

presenza di costi di agenzia dell'equity, e minore in assenza di tali costi.

pecking order (teoria dell'ordine di scelta): per comprendere questo approccio, immaginiamo

un manager la cui impresa necessita di nuovo capitale: egli può scegliere se emettere debito

oppure equity. Questa alternativa, può essere valutata in termini di benefici fiscali, costi del

dissesto e costi di agenzia; importante è anche prendere in considerazione le questioni associate

ai momenti più opportuni (cioè al timing) per prendere decisioni riguardanti una variazione della

struttura finanziaria. Un'impresa emetterà cioè equity quando può vendere il titolo azionario ad un

prezzo superiore di quanto vale (quando è sopravvalutato), ed emetterà debito quando i titoli

azionari vengono sottovalutati, cioè possono essere venduti sul mercato ad un prezzo inferiore

rispetto al loro valore reale. Quanto detto può essere possibile quando si opera in un contesto

caratterizzato da asimmetria informativa. Il manager deve essere più informato dell'investitore-tipo

sulle prospettive dell'impresa. Se la stima, circa il valore reale dell'impresa, effettuata dal manager

non fosse migliore di quella a disposizione del pubblico, ogni tentativo di timing fallirebbe. Quando

consideriamo sia le imprese emittenti sia gli investitori, notiamo una sorta di partita di poker, in cui

ogni giocatore sta cercando di bluffare. Che cosa dovrebbe fare l'impresa emittente in questa

partita? Certamente dovrebbe, come detto, emettere debito se le azioni fossero sottovalutate. Se

invece fossero sopravvalutate? Se emettesse equity gli investitori capirebbero che le azioni sono

sopravvalutate, e non le acquisterebbero finché il prezzo non scende al livello in cui qualsiasi

vantaggio dell'emissione di equity sparisce. Soltanto le imprese con un elevatissimo range di

sopravvalutazione hanno un

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A.A. 2017-2018
30 pagine
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SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/09 Finanza aziendale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher trovich di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Finanza aziendale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Mattarocci Gianluca.