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DANTE ISELLA “LA CULTURA LOMBARDA E LA LETTERATURA ITALIANA”
Fare storia della nostra letteratura equivale ad indagare i complessi rapporti di dare ed avere che
concorrono tra i vari centri culturali della penisola e del continente. La letteratura lombarda è
strettamente collegata alla struttura borghese della società commerciale e industriale. La Lombardia
è una regione bifronte verso la Toscana e verso la Francia. Le biblioteche importanti (Sforza e
Visconti) dove sono attestati gli interessi per la cultura umanistica toscana e la consuetudine in
lingua d’oc e d’oil.
Fregoso con “la cerva bianca” mostra da un lato un processo di toscanizzazione linguistica assai più
accentuato e dall’altro l’attardarsi della cultura milanese nel gusto di quella linea allegorico
dottrinaria che rimanda alla Francia. Con Gasparo Visconti abbiamo un petrarchismo aristocramente
contaminato da un gusto gotico. Nel 500 vediamo la Lombardia restia ad un rinnovamento letterario
che però recupererà nel 700. Muratori e Maffei (credono nell’impossibilità di ridurre la poesia al
pensiero) criticano la lirica italiana del Maggi (aveva in un certo modo molti seguaci, bastò il
sospetto che gli stessi troppo vicino ai gusti dei francesi per far si che non se ne parlasse più).
Vi è una nuova Arcadia, quella di cui fa parte il Parini, sorta per iniziativa delle colonie
settentrionali. Le premesse di Parini sono da ricercare nel Muratori e nel Maffei, uomini che
avevano imparato a ritrovare il senso e il valore della tradizione classica, programma di
rinnovamento radicale della cultura. Parini vuole tagliare i ponti con il classicismo accademico e
stabilire un colloqui diretto con i maestri del passato. Egli fu definito “arcade arretrato al 500”
poiché aveva ripreso la forma di classicismo che era stata dei primi del 500. Egli giudica gli
sviluppi del 600-700 della civiltà rinascimentale una una deviazione in senso provinciale dialettale.
Verri appartiene ad una linea vincente che condanna il provincialismo toscano, di cui assumevano
ad emblema il vocabolario della Crusca, non meno che del municipalismo milanese. Parini operava
nella direzione di un vigoroso recupero dell’eredità classica. Il viaggio organizzato dai Verri per
Cesare Beccaria a Parigi è la prova che la Lombardia è la forza traente nel quadro della vita italiana.
(viaggio per ricevere la consacrazione solenne da parte dei filosofes d’oltralpe). Il conciliatore
combatteva una duplice battaglia interna (fronte delle polemiche con gli assertori di classicità, altro
(lavoro concreto degli scrittori, restituire alle lettere la funzione di esprimere). Il romanticismo
lombardo sta stretto a Manzoni poiché pensa si debba aprire ad un pubblico più vasto, la lingua
toscana poneva più salda di ogni altra lingua la propria candidatura, restituirla dal rango di lingua
particolare ad una parte di Italia chiusa in una sfera ristretta, cioè la toscana, a quella di lingua
surregionale. Senza la componente dialettale, la Lombardia risulterebbe amputata, sminuita,
togliere il dialetto sarebbe stata una forte perdita culturale poiché la linea dialettale è stata sempre
un passo avanti rispetto alle realizzazioni in lingua. La tradizione letteraria dialettale milanese è
inaugurata dal Maggi. Dal 600 fino i primi del 900 vi sono i “nuovi ideali”, legati ad una civiltà di
lavoro che tende configurarsi in nuove modalità economiche e a sollecitare nuove formulazioni
culturali.
I NARRATORI DELLA SCAPIGLIATURE PIEMONTESE “GIANFRANCO CONTINI”
Scapigliatura è il titolo di un romanzo “scapigliatura e 6 febbraio” (1862) di Cletto Arrighi (Carlo
Righetti). Si sa che la scapigliatura si usa come una mera etichetta letteraria, un cartellino di arte
poetica: è l’avanguardia letteraria post romantica degli anni fra il 70-80 che con lo guardo al
realismo francese e ancor più all’umorismo inglese e tedesco, cerca l’eccezione lirica ad un mondo
predominato tanto nello spregiudicato esame d’una vita “inferiore” quanto in un’evasione
facilmente magica (si cerca l’eccezione al mondo preordinato). Si sviluppa negli ambienti milanesi
mediante caffè letterari e ragioni editoriali, ad opera di scapigliati. Per quanto riguarda la
scapigliatura torinese facciamo riferimento a Rolfi nella prefazione “una serenata ai morti” di
Faldella. Ma già prima, Faldella in persona aveva invocato “la scapigliatura artistica” un tipico
scapigliato deversato dalla letteratura alla vita e l’eroe di rovine, questa è la storia di Pinotto, al
quale nell’affetto della famiglia è preferito il cane Glafir, e che finisce al sua breve vita di genialità
e squallore consolato dal cane Fido.
Beresezio si trovò un ministro disposto a difendere questa gioventù e a fargli riunire presso le
università dove le adunanze diventarono avvenimenti lontani. Il più vero scapigliato è il Camerana.
Purtroppo mancava a qualunque possibile rivista il rigore e l’autocoscienza necessari a fare una
voce-programma, manca la decisa presenza di un editore locale. Tarchetti è il maledetto tipico del
movimento milanese. Una personalità espressiva qual è quella di Faldella merita che ricaviamo da
lei, dal suo espressionismo, il predicato che definisca la Scapigliatura piemontese. Faldella
compone un’autobiografia che contiene insieme il tutto, il 300 con le sue ingenuità, la parlata
toscana e i dialetti. In esso l’impressionismo porta ad una tecnica di divisionismo o puntinismo
verbali, la sua finalità è rappresentare cose che “non sono nel dominio dell’espressione del pensiero
che si giova delle lettere dell’alfabeto” come dice Beresezio. Il polo di Faldella è duplice: purismo
(eccezione espressiva di un grande piemontese); dialetto (fiore della letteratura dialettale in
Piemonte). Il dialetto, per Faldella, è un magazzino di eccezioni. Faldella, utilizza l’osservazione
che gli consente di sorprendere il lievitare del mondo, ossia inventare il suo espressionismo. “Male
dell’arte di Faldella”, ragazzo innamorato, muore la donna amata, che era oggetto che va
necessariamente alla distruzione. “Una serenata ai monti” l’autore dichiara di rifiutarsi ad effigere la
società gaudente, ladra ed oziosa. “Un serpe” narra la vita di un bastardo che si sposta dalla via
della sanità, su quella della vendetta contro la società, finchè l’eccesso dei suoi stessi delitti, lo
riporta al paese natio e lo fa affogare nella vasca di casa. “Capricci per pianoforte”, Nerina è un
piccolo genio della lussuria e del cinismo, ed è in questa opera che si evincono le maggiori
ambizioni sociologiche di Faldella (epopea contemporanea- battaglia di Mentana e la fisiologia di
una babilonia moderna- Parigi del secondo impero). Gli ultimi due romanzi sono “Madonna” e
“Sant’Isidoro”. Sacchetti punta sull’eccezionale, un tema però sprecato poiché ci punta con
frettolosa fiducia. Il suo risultato plenario è il romanzo pubblicato postumo “Entusiasmi”, gli
uomini del Risorgimento sono visti ambigui, non con la luce di mito. Cagna non è capace di
inventare da se una propria autonomia, egli e Faldella si offendono a vicenda. Cagna rimprovera la
fecondità di Faldella e Faldella accusa la pigrizia dell’amico. Cagna va verso soluzioni sempre
meno narrative, nelle quali la deformazione linguistica si sviluppa, ma in sede strettamente
sperimentale. “La rivincita dell’amore” di Cagna fanno rapprodare quest’ultimo alla narrazione vera
e propria. Il pezzo centrale, il coro del libro, celebra attraverso la processione del Corpus Domini il
gusto massimo della vita e della generazione.
GIORGIO SANT’ANGELO “FOSCOLO E LA CULTURA SICILIANA DELL’800”
Romeo affermava che il fenomeno romantico in Sicilia era rimasto estraneo alla vita culturale
dell’isola. Lo scavo operato in questi ultimi anni ha rilevato la limitatezza o la unilateralità di un
tale atteggiamento storiografico che si è affermato all’esterno, quindi limitato. Foscolo rifletteva
sullo scopo politico della Divina Commedia, gli indaga il senso umano del sommo poema. Foscolo
aveva dichiarato un suo rapporto con la Sicilia quando tradusse in italiano, nel 1813, la cantata di
Don Chisciotte di Meli. Già prima si era battuto con la Sicilia, tanto che l’amico Pindemonte
inneggiava all’isola celebrando le meraviglie del cimitero parlemitano dei cappuccini. Nell’isola
trovò un appassionato interprete in Domenico Scina, importante anche Gargallo che fu stremo
ammiratore del Foscolo. Egli opera negli anni della polemica classico romantica ed è stato
etichettato come il capo del classicismo isolano. Aveva in sé la forma della nazionalità e voleva una
Sicilia come stato autonomo MA ITALIANO. I versi del Gargallo sono ricchi di temi e di
atteggiamenti romantici e il suo classicismo è anticipatore di Carducci. Marco Calvino nelle Rime
difende la tradizione nazionale, passione della libertà, stato autonomo ma italiano. Di un’autentica
scuola foscoliana, si può parlare di Perez, il quale formò intorno a sé dal 1838 una scuola della
quale fecero parte alcuni dei più nobili ingenui dell’isola. Egli celebrava nel grande esule il simbolo
del riscatto nazionale della servitù e la speranza di voler libera e unita l’Italia. Perez riconosceva
legittimo l’attaccamento alla patria ma una patria non solo riferita alla città natale bensì a tutta la
nazione. Egli era contro il manzonismo poiché lo vedeva come una predicazione alla rassegnazione
che non appoggiava gli spiriti liberali. Foscolo si fa portavoce per spiegare Dante alla luce e la
cultura dei suoi tempi (Foscolo è il primo che spiega da contemporaneo Dante). Foscolo recupera il
Medioevo e lo rivaluta. In Sicilia vanno rintracciate le radici ideologiche e sentimentali della storia.
Per Foscolo la concezione risorgimentale del letterato è che quest’ultimo si debba fondere con lo
storico e con il politico, l’arte è un accordo con la passione di liberazione nazionale. La scuola
foscoliana, produce una poesia patriottica che si ispira al Foscolo e all’Alfieri, entrambi furono gli
scrittori guida di quel gruppo di intellettuali che diedero vita an “La ruota” (1840-42) (promulgava
le nuove istanze dei borghesi). Battista riconosceva a Foscolo di aver insegnato come l’uomo e
l’autore siano cosa identica e come prima di scrivere bisogna imparare a vivere. Insieme a Foscolo
poeta anche il Foscolo critico fu maestro delle nuove generazio