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VENTILAZIONE

In terapia intensiva la ventilazione viene fatta soprattutto per motivi prettamente polmonari o respiratori

(per poter supportare o sostituire la funzione respiratoria, quando questa viene meno), ma anche in caso

di pazienti in coma, per riacutizzazione di una forma polmonare cronica, e solo in minima parte per

problemi o patologie neuromuscolari. Prima l'insufficienza respiratoria acuta si poteva trattare solo con la

ventilazione a pressione negativa, con il polmone d'acciaio, in cui il paziente veniva inserito all'interno di

un cilindro, che aveva un motore che permetteva di mantenere ciclicamente, al suo interno, una

pressione negativa impostata dagli operatori. La vita di queste persone era dunque confinata all'interno di

queste strutture, con impossibilità di movimento. Un altro apparecchio a pressione negativa prevedeva il

posizionamento di un corsetto che creava una pressione negativa intorno al torace. Altro metodo era

quello di far entrare l'aria nelle vie aeree dei pazienti (soprattutto bambini paralizzati per la polio) tramite

un pallone collegato alla tracheotomia, con un operatore che spingeva l'aria (pallone va e vieni: pallone

non autoespansibile con cui l'aria va al paziente e torna via dal paziente stesso tramite la stessa via,

quindi può in parte essere ri-respirata; nei pazienti collegati al ventilatore ci sono invece dei circuiti che

impediscono questo). Nel caso della ventilazione a pressione positiva c'è una via di ingresso e una via di

uscita dell'aria, che sono diverse, impedendo all'aria espirata di mischiarsi a quella da inspirare tramite

valvole unidirezionali. La ventilazione a pressione positiva è preferibile a quella a pressione negativa,

anche perchè lascia più libero il paziente, sia per lui che per le manovre che devono essere svolte dagli

operatori. Tuttavia anche questo tipo di ventilazione non è esente da rischi: a seconda di quanto è alta la

pressione con cui l'aria viene insufflata si può causare un danno, un barotrauma, uno dei principali rischi.

Il normale volume corrente quando respiriamo è di circa 500 ml; quando il polmone è a fine espirazione la

sua pressione è uguale a quella esterna, altrimenti ci sarebbe un flusso. Tuttavia talvolta si cerca di

mantenere una pressione leggermente positiva per evitare che il polmone collassi, per mantenerlo

sempre disteso (ventilazione protettiva). Inoltre quando si ventila, si deve considerare che una PaO2 di

100 mmHg è normale se la persona respira aria ambiente, mentre se respira alte percentuali di ossigeno

questa deve aumentare. Quindi quando si giudica la PaO2 con l'emogas la prima cosa da valutare è la

FiO2 del paziente, perchè i valori sono completamente diversi a seconda delle percentuali di ossigeno

respirate.

Alla TC il polmone deve apparire nero, perchè l'aria non trattiene le radiazioni. La ventilazione meccanica,

se ha una pressione troppo alta, porta alla rottura vera e propria dei polmoni, alla formazione di cavità e

fori che aggravano la situazione (se il polmone è malato le aree sane espansibili riceveranno una

pressione ancora maggiore, perchè la superficie espandibile è minore di quella di un polmone

completamente sano). Con la ventilazione si deve assicurare una respirazione adeguata, ma non

dannosa. Il polmone, oltre allo scambio dei gas, ha molte altre funzioni, come quella metabolica, di difesa,

di fonazione e di mantenimento della temperatura. La funzione fondamentale, tuttavia, è quella degli

scambi gassosi. A livello degli alveoli l'anidride carbonica passa dai capillari agli alveoli stessi, mentre

l'ossigeno passa dagli alveoli ai capillari. In un tempo molto breve, circa 1/3 del tempo di contatto tra

sangue e ossigeno, è già avvenuto lo scambio, e questo è importante perchè in caso di sport o

affaticamento, in cui il sangue scorre più rapidamente, gli scambi ce la fanno comunque ad avvenire.

Cosa opposta capita a livello periferico, dove il sangue dei capillari acquista anidride carbonica e cede

ossigeno alle cellule.

Alterazioni del rapporto ventilazione/perfusione: non c'è la normale relazione tra l'aria inspirata e

il sangue che viene in contatto con essa, per varie cause (es: embolia polmonare, in cui dove l'embolo si

ferma il flusso è interrotto; edema polmonare e polmonite, che fanno collassare gli alveoli). L'ossigeno,

dopo tutto il percorso, deve arrivare ai mitocondri delle cellule, quindi se un organismo prende molto

ossigeno, ma non ha un sistema di conduzione che lo trasporta dove deve essere utilizzato (mitocondri),

avrò comunque gli effetti di una privazione di ossigeno (anche se ad esempio sono i mitocondri a non

funzionare). I depositi di ossigeno nell'organismo non ci sono, e per questo siamo animali intolleranti

all'ipossia; in più alcuni tessuti sono particolarmente vulnerabili all'ipossia stessa, come il cervello, perchè

hanno un alto consumo di ossigeno (al contrario il tessuto cartilagineo o connettivo ne consumano poco).

Quindi alla fine la ventilazione, sia che sia spontanea, sia che sia meccanica, deve garantire non solo che

la CO2 e l'O2 passino dal polmone, ma deve assicurare il DO2, cioè la quantità di ossigeno portata ai

tessuti, dato dalla gittata cardiaca (CO) per contenuto arterioso d'ossigeno (CaO2). Dato che sono legati

da una moltiplicazione, se uno si azzera il prodotto si azzera, quindi devono essere assicurati entrambi. La

gittata cardiaca è data dalla frequenza cardiaca per lo stroke volume, cioè quanto sangue viene emesso

dal cuore. Il contenuto arterioso di ossigeno dipende invece da quanta emoglobina c'è, da quanto è

satura, ma anche dall'ossigeno disciolto (quantità minima rispetto a quello legato). La ventilazione deve

dunque essere guardata insieme alla circolazione. Una delle principali cause di ventilazione meccanica è

l'ARDS.

ARDS: la prima descrizione di questa sindrome risale agli anni '60, quando si vide che dei pazienti

sottoposti a ventilazione meccanica, alcuni muoiono (12 su 272). La cosa interessante è che questi

pazienti non avevano avuto sempre una polmonite, ma anche patologie che non interessavano il polmone

(pancreatite, trauma). Dopo la morte si è visto, con l'autopsia, che nei polmoni c'era edema e emorragia,

e siamo arrivati, quasi 30 anni dopo, a definire questa sindrome come condizione (insieme alla ALI) in cui

c'è un esordio acuto, pressione di incuneamento inferiore a 18, bilateralità, dovuta ad un'infiammazione

molto importante con edema e emorragia non legata a cause cardiache. A livello del polmone quando c'è

un'infiammazione e quindi un aumento della permeabilità, aumenta lo spazio tra l'endotelio vascolare e la

membrana alveolare, aumenta il liquido interposto, i capillari sono in parte occlusi, e quindi non

avvengono scambi respiratori (il polmone risulta, alla TC, bianco e non nero). In un alveolo normale c'è un

accoppiamento tra la ventilazione e la perfusione, e si sa che gli alveoli ventilati sono quelli perfusi (le due

curve si sovrappongono); in un quadro patologico c'è invece un completo sfasamento tra la ventilazione e

la perfusione. Il danno polmonare da ARDS può colpire anche un polmone precedentemente sano, in caso

ad esempio di trauma, non prevede alla base un polmone malato. Inoltre si distingue quanto è grave il

coinvolgimento, ovvero quanto sono ridotti gli scambi, e si identificano cause non cardiache. Quando si

va a valutare la PaO2 con l'emogas, si deve fare il rapporto tra il valore ottenuto e il valore di FiO2 (es: se

ho PaO2 = 100 mmHg e FiO2 di 50%, alla fine ottengo un indice di 200). In questo modo ottengo un

valore che mi permette di confrontare pazienti diversi ma anche lo steso paziente in fasi diverse della

malattia, per vedere se c'è un miglioramento o un peggioramento delle condizioni, cosa che invece non

riesco a vedere se non tengo conto della FiO2. Dunque l'ARDS è un quadro che si manifesta acutamente

dopo un insulto accaduto in genere entro una settimana (non è una malattia cronica, ma ad esordio

acuto, ad esempio dopo un trauma o politrasfusioni); inoltre non interessa una piccola zona del polmone,

ma coinvolge tante parti del polmone stesso, in modo disomogeneo ma comunque diffuso (il danno

polmonare è bilaterale). La TC è l'esame più importante per valutare la situazione a livello polmonare, in

quanto mostra aree bianche in cui non c'è aria, ma edema e consolidamento, perchè c'è infiammazione, e

quindi passano liquidi e cellule, nell'interstizio, per aumento della permeabilità. L'aumento della

permeabilità può essere di due tipi: cardiogeno (aumenta la pressione idrostatica all'interno del

compartimento vascolare per insufficienza ventricolare sinistra) oppure per alterazione dei meccanismi

che mediano la permeabilità vascolare (quello che avviene nel caso dell'ARDS, in cui il cuore funziona

bene). Per quanto riguarda la gravità della malattia sono stati individuati tre livelli, in base

all'ossigenazione:

 lieve : PaO2/FiO2 = 200-300 (normalmente dovrebbe stare intorno a 500).

 moderata

 grave : PaO2/FiO2 < 100

La definizione di ARDS nei tre stati di gravità è importante anche per vedere se un trattamento applicato

per un caso è efficace oppure no, in quanto non c'è un trattamento standard applicabile in tutte le

situazioni. Quando si va a fare l'emogas si deve valutare la PaO2, ma sempre in relazione alla frazione di

ossigeno che la persona sta respirando. Dato che gli scambi sono alterati, perchè parti di polmone non

funzionano, mi aspetto che il paziente sia ipossico e ipercapnico. Tuttavia nella definizione non si nomina

l'ipercapnia, perchè la malattia non inizia come ipercapnia, ma come ipossiemia, perchè il passaggio della

CO2 e dell'O2 sono molto diversi a livello alveolare. Inizialmente il paziente cerca di compensare

iperventilando, quindi l'ipercapnia non si ha; questa compare invece quando il paziente non ha più

polmone sano sufficiente a compensare lo squilibrio. I fattori scatenanti dell'ARDS possono essere

polmonari o extrapolmonari.

 Polmonari: polmonite, aspirazione gastrica

 extrapolmonari: shock, sepsi, trauma

Alcune volte dunque è dovuta ad un insulto polmonare; in realtà la cosa strana è che può svilupparsi

anche se l'insulto iniziale non è diretto al polmone. Ad esempio può comparire in seguito a pancreatite (il

pancreas è in cavità addominale, retroperitoneale, e può dare una risposta infiammatoria che può

diventare sistemica e interessare anche il polmone. Ad esempio nel caso della sepsi c'è un'infezione da

part

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
13 pagine
SSD Scienze mediche MED/45 Scienze infermieristiche generali, cliniche e pediatriche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher engyfro di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Infermieristica clinica in area critica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Adembri Chiara.