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Toulmin sostiene un’idea di razionalità che rifiuta il modello normativo della
geometria e della logica formale. Cerca invece una struttura generale sottesa ad ogni
nostra argomentazione e i criteri in base ai quali giudichiamo accettabile
un’argomentazione.
Diversamente dal TA, la dimostrazione non è più altro rispetto all’argomentazione,
ma solo un suo caso specifico senza privilegi.
2.3.1 L’analogia giuridica
Interessato soprattutto alla pratica logica e non alla teoria, Toulmin propone, in
alternativa al modello automatico, l’analogia giuridica, guardando al processo (e non
al teorema) come a modello di riferimento per dare e chiedere ragione.
I processi sono infatti tipi particolarmente rigidi di dispute razionali.
L’oratoria giudiziaria già nella Grecia antica ha giocato un ruolo di protagonista nello
sviluppo della disciplina retorica.
2.3.2 La dipendenza dal campo
Nonostate Toulmin punti alla ricerca di una struttura generale condivisa da tutti i
meccanismi argomentativi, egli sottolinea l’importanza della specificità settoriale
delle varie argomentazioni, che non va snaturata.
Viene per questo motivo introdotta la nozione di “campo dell’argomentazione”,
precisando che due argomentazioni appartengono allo stesso campo quando i
rispettivi dati e le conclusioni possono essere ritenute dello stesso tipo logico (es:
dimostrazioni di Euclide diverse da campo nautico). Toulmin capisce che solo
all’interno dello stesso campo di argomentazione (es matematica) è possibile
analizzare alcuni standard (es la forza argomentativa).
Se la forza è dipendente dal campo, i criteri sono proprio ciò che varia in base ai
campi. Es: “Non si può” indica sempre l’esclusione di qualcosa (la FORZA è
costante) mentre il tipo impossibilità dipende dal CRITERIO.
Altro es: BUONO forza elogiativa ma che varia in base al criterio di elogiazione
(buon comportamento, buon piatto, ecc).
La forza di un termine è quindi per Toulmin l’implicazione pratica del suo uso.
L’uso del modello giuridico implica il rispetto di una specifica procedura che deve
essere individuata. Tale procedura è stata schematizzata da Toulmin nello schema di
pag 78.
2.3.3 Il ragionamento è un organismo
Nell’antichità, l’analisi di quello che Toulmin chiama procedura era compito della
dispositio. Il modello di Toulmin si basa sull’antica metafora della retorica antica, che
vedeva l’argomentazione come un organismo vivente composto da più parti.
Esistono due livelli:
-anatomico: la struttura macroscopica
-fisiologico: la struttura microscopica (l’articolazione più dettagliata, le micro-
argomentazioni).
Egli dimostra come dietro le medesime proposizioni si possano celare funzioni
argomentative del tutto differenti.
Come prima cosa bisogna dividere la pretesa (o C, claim) dai dati (D, data) a cui ci
appelliamo. Le garanzie (W, warrants) sono invece proposizioni che autorizzano il
parlante ad arrivare ad una pretesa partendo dai dati (nota: su cosa basi quello che
dici? Dati. Come ci arrivi? Garanzie). Le garanzie dipendono dal campo.
I dati vengono sempre esplicitati, mentre le garanzie possono essere implicite finchè
non vengono richieste. Le conclusioni possono essere necessarie o probabili: questo è
il qualificatore. Allo schema vengono aggiunte le eventuali eccezioni (R, rebuttal) e il
fondamento (B, backing) ossia una garanzia della garanzia. Dati e fondamento, per
esempio, possono assumere la forma identica di asserzione, ma nell’organismo
argomentativo assumono ruoli logici ben diversi.
3. La via poetica. La retorica come teoria delle figure
Se le retoriche della prova, con la loro attenzione quasi esclusiva per
l’argomentazione, sono la “via dialettica” della retorica, quelle del tropo realizzano il
recupero della retorica attraverso la poetica.
Al contrario della dialettica, la poetica non è mai stata considerata da Aristotele cosi
“vicina” alla retorica. Le due discipline si vanno a sovrapporre, ovviamente, con la
letterarizzazione della retorica e con il predominio dell’elocutio. La retorica venne
cosi ridotta alla prosa e la poetica ai versi (frammentazione del sistema retorico).
Questa scomposizione rischia di far dimenticare come l’inventio dialettica sia diversa
da quella retorica e come l’elocutio poetica sia diversa da quella retorica. Entrambe si
occupano di effetti del linguaggio, ma in maniera diversa. Ricordiamo che l’approccio
della retorica classica è quello di considerare il fenomeno persuasivo linguistico nella
sua interezza, ed ogni tentativo di isolare le varie parti del discorso altera tale
approccio. Anche la poetica può essere un valido alleato ma non bisogna cadere
nell’errore di ridurre la retorica, in questo senso, alla sola elocutio, cadendo cosi al
limitato campo dell’ornato.
3.2 Una nuova retorica per una Nuova Critica
Il recupero della retorica attraverso la poetica è sicuramente il metodo più utilizzato
dai paradigmi del 900. Sono sempre retoriche del tropo, concentrate sull’elocutio,
quindi retoriche ristrette. Già in Nietzsche, anche se sostenitore della natura retorica
del linguaggio, si nota la riduzione del termine retorico a sinonimo di tropico, limitato
alle figure retoriche.
Il recupero della retorica tramite la poetica va inserito nel contesto della crisi della
poetica del romanticismo. La concezione romantica dell’arte, con la sua esaltazione
del genio, ostentava indifferenza verso la retorica, considerata un’inutile raccolta di
precetti. Sono le avanguardie invece a riaccendere le riflessioni sull’opacità del
linguaggio, riportando la retorica a strumento utile anche per l’artista.
La tendenza del recupero poetico della retorica trovò il massimo prestigio negli anni
70 con i francofoni Genette, Todorov e Barthes, che rafforzarono però
l’identificazione tropica della retorica.
3.3 La retorica al servizio della poetica
Un testo che si può considerare paradigmatico per la via poetica della retorica è la
Rhetorique Generale, scritta nel 1970 da un gruppo di studiosi, il gruppo µ, che con
un intento programmatico costruisce una riflessione sul linguaggio letterario (in
particolare sulle figure), collocando la nuova retorica dell’analisi scientifica del
discorso. Genette sottolinea però la limitatezza di questo approccio e ricorda che
l’elocutio è solo una piccolissima parte dell’antica retorica.
L’analisi del testo letterario viene effettuata paragonandolo ad un grado zero del
linguaggio, non inteso come linguaggio comune (anch’èsso ricco di figure) ma come
linguaggio scientifico. La letteratura è quindi vista come scarto dalla norma
linguistica. In questo senso la letterarietà non è data tanto dallo scarto in sé, ma dal
rapporto tra norma e scarto. Ogni figura quindi manifesta uno scarto e una norma: una
metafora, per esempio, è tale solo se rinvia sia al senso proprio che al senso figurato.
Per Jakobson, tra le varie funzioni del linguaggio quella poetica era incentrata sul
messaggio stesso. Per il gruppo µ questa funzione era la “funzione retorica”, intesa
come più ampia e riferita a tutto il processo comunicativo (ossia mittente, destinatario,
codice, canale, contesto).
Le trasformazioni che la funzione retorica causa nel linguaggio sono dette metabole, e
non sono altro che le figure retoriche.
Le metabole operano attraverso tre operazioni retoriche: soppressione, aggiunzione e
permutazione. Possiamo avere 4 tipi di metabole:
-metaplasmo: modificano l’aspetto sonoro (apocope amor per amore, aferesi verno
per inverno, rime, allitterazioni, assonanze, anagrammi, palindromi);
-metatassi: modificano la struttura della frase (ellissi, zeugma, asindeto, anacoluto,
l’iperbato);
-metasemema: modifica i semi che compongono un’unità lessicale (nota: il lessema è
l’unità minima del lessico registrato in un dizionario, il semema è un lessema
contestualizzato); modifica quindi il significato (sineddoche, metafora, metonimia,
ossimoro). Sono le figure della classificazione tradizionale;
-metalogismo: modificano il valore logico della frase (litote non è uno sciocco per
intelligente, reticenza interruzione di una frase, iperbole, antitesi, allegoria, ironia).
Metaplasmi e metatassi si riferiscono all’espressiome metasememi e metalogismi al
contenuto. Le prime tre sono grammaticali, l’ultima è logica.
3.4 La retorica decostruita
La tendenza a privilegiare l’elocutio, sovrapponendo cosi gli aggettivi retorico e
figurato, raggiunge la sua massima realizzazione negli scritti di De Man, che porta a
compimento l’operazione di riduzione estrema denunciata da Genette. L’uso della
retorica di De Man mostra l’impoverimento concettuale della retorica.
De Man segue questi punti:
-ridurre la retorica allo studio dei tropi (errore, come già visto);
-concepire il tropo come rovesciamento e quindi come errore (sbagliato: non sono
solo ornamenti inutili, ma spesso meccanismi di comprensione);
-identificare la retorica con questo errore (sbagliato).
3.5 La retorica silenziosa
E’ Valesio a ripristinare il valore conoscitivo della retorica, in grado di farci
comprendere i modi del discorso umano e quindi dei meccanismi della conoscenza
stessa. Valesio chiarisce anche l’ambiguità del termine retorica, che indica sia l’uso
delle figure (retorica) sia l’analisi di esse (rettorica); è quindi sia linguaggio che
metalinguaggio. La retorica è quindi imprescindibile dal discorso dell’uomo, perché
parlare vuol dire sempre scegliere strategie retoriche. Anche il rapporto dire-non dire,
parlare-silenzio è fortemente retorico. La neoretorica di Valesio è, in conclusione,
fortemente anti-riduzionista.
4. La via ermeneutica. La retorica senza prove
4.1 L’assimilazione tra retorica ed ermeneutica
La filosofia del XX secolo, particolarmente legata all’analisi del linguaggio, è stata
terreno fertile per la retorica. L’ermeneutica è una filosofia favorevole alla retorica per
diversi motivi: in primis il ruolo dominante del linguaggio nella vita dell’uomo, visto
non come strumento ma come via di conoscenza del mondo. Mondo inteso
nell’accezione di Heidegger, che distingue Umwelt (ambiente), insieme delle
condizioni di vita di una specie, e Welt (mondo), la capacità esclusivamente umana di
relazionarsi con la realtà. Tale capacità è legata al linguaggio, che esiste solo in
quanto rappresenta il mondo. In questo senso la verità è sempre mediata
linguisticamente.
La re