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B.
accusato di aver commesso crimini internazionali. In questa sentenza il tribunale si pone il
problema se gli atti compiuti dalle milizie serbo-bosniache in violazione dei diritti umani sia
imputabili allo Stato della Serbia-Montenegro, il cui governo aveva un controllo su queste milizie,
anche se tale controllo non si poteva provare che fosse effettivo. In questo caso, il tribunale si
accontenta di un controllo generale per imputare allo Stato quelle condotte.
Nel 2007 la CIG torna sulla stessa materia in un ricorso promosso dalla Bosnia-Herzegovina contro
la Serbia-Montenegro. La corte tiene fermo il suo orientamento dell’1986, non potendo quindi
imputare alla Serbia gli atti commessi da queste milizie perché ciò che era provato era solo un
controllo generale e non effettivo. La CIG si occupa a questo punto di spiegare la sua posizione e il
perché sia diversa dal tribunale per l’ex Jugoslavia: il contesto nel quale essa stessa si pone il
problema della responsabilità di uno Stato era diverso da quello che si era posto il tribunale per l’ex
Jugoslavia. la CIG ragiona in un contesto diverso, perché ad essa è chiesto di valutare la condotta
dello Stato e non del singolo, dovendo adottare una linea necessariamente più rigorosa, senza
potersi accontentare del controllo generale.
Questa posizione è quella che sostiene anche l’Art. 8 implicitamente.
Art. 11: un comportamento che non è attribuibile ad uno Stato ai sensi degli articoli
-
precedenti sarà ciò nonostante considerato un atto di quello Stato sarà ad esso imputabile se e nella
misura in cui quello Stato riconosca e adotti il comportamento in questione come proprio.
Esempio:
Caso Stati Uniti vs Iran del 1980 in merito al personale diplomatico statunitense: un gruppo di
studenti islamici aveva occupato l’ambasciata statunitense mantenendo in ostaggio il personale
diplomatico in essa presente. La corte è chiamata a giudicare se questo atto sia imputabile all’Iran
ed essa per rispondere distingue la vicenda in due fasi. In una prima fase non è provate che gli
studenti islamici agissero sotto il controllo dello Stato iraniano, e quindi ad esso non si può
imputare l’atto della presa in ostaggio. All’Iran si può imputare un diverso illecito, ovvero il non
aver adeguatamente protetto l’ambasciata sul suo territorio. Nella seconda fase la situazione cambia,
perché le massime autorità iraniani espressamente lodano il comportamento messo in atto dai propri
cittadini. In questo momento scatta la regola residuale di cui all’art. 11, perché gli organi dello Stato
hanno fatto proprio quel comportamento e quindi esso è imputabile all’Iran.
Elemento oggettivo dell’illecito: violazione di un obbligo internazionale dello Stato in
2. questione.
Si potrà trattare di un obbligo discendente da una norma consuetudinaria, ma anche della violazione
di una fonte di diritto internazionale particolare, a condizione che si tratti di una fonte che vincoli
quello Stato e chi quindi esso ha ratificato.
Per poter parlare di un illecito bisogna tenere conto di entrambi gli elementi.
Il principale problema relativo all’illecito è il Tempus commissi delicti, ovvero bisogna capire se la
norma violata si era formata quando lo Stato ha messo in atto il comportamento illecito.
In merito a ciò gli illeciti possono essere:
Illeciti istantanei: illeciti commessi in un determinato momento e conclusi.
- Illeciti continuativi: illeciti perduranti nel tempo.
-
Cause o circostanze di esclusione dell’illecito: ( articoli da 20 a 27)
Ragioni in presenza delle quali si considera che un atto di per sé illecito in realtà non viene reputato
tale. Vi è quindi una situazione in cui sono soddisfatte entrambe le condizioni, oggettiva e
soggettiva, dell’illecito, ma si ritiene che vi sia una causa di giustificazione che fa sì che un atto non
venga considerato illecito.
Il progetto di articoli si occupa di questo tema e l’art. 26 contiene una regola generale importante in
merito: le cause di esclusione di un illecito non possono essere fatte valere rispetto a violazione di
norme imperative del diritto internazionale, ovvero di norme di diritto cogente.
Le cause di esclusione dell’illecito sono sei:
Consenso dello Stato leso: è il valido consenso di uno Stato alla commissione di un
- determinato atto da parte di un altro Stato.
Esempio: Israele quando suoi agenti dei servizi segreti (atto imputabile allo Stato) catturarono in
territorio argentino il nazista Heinmann aveva volato la sovranità territoriale dell’Argentina poiché
la cattura era avvenuta senza previa autorizzazione da parte delle autorità argentine, ovvero non
aveva prestato il proprio valido consenso, escludendo quindi questa causa di giustificazione
dell’illecito.
La validità del consenso indica che esso non deve essere viziato, ovvero non ci devono essere vizi
della volontà e deve essere prestato dall’autorità competente a farlo.
Legittima difesa: forma di autotutela, ovvero reazione ad un illecito altrui.
- Contromisure: forma di autotutela.
- Forza maggiore: sopravvenire di una forza irresistibile o di un avvenimento imprevedibile
- fuori dal controllo dello Stato che rende materialmente impossibile agire in conformità
all’obbligo.
Esempio: aereo militare che in seguito ad un avaria invade lo spazio aereo di un altro Stato.
Estremo pericolo (o “di stress”): l’organo statale che compie l’atto non ha ragionevolmente
- altro mezzo per salvare la propria vita o quello delle persone affidate alla propria cura.
Esempio: nave che per evitare di affondare viene condotta nel porto di un altro Stato e quindi entra
in acque territoriali altrui senza previa autorizzazione (vedere caso Rainbow War).
Stato di necessità: questa causa viene prevista con molta cautela, come dimostra la
- formulazione negativa dell’art. 25 in merito a questa causa, ovvero che esso non può essere
invocato a meno che non l’atto non sia il solo mezzo per salvaguardare un interesse
essenziale dello Stato di fronte ad un pericolo grave ed imminente e non da questo atto non
deve essere gravemente compromesso l’ interesse di un altro Stato o della comunità
internazionale nel suo insieme.
Se guardiamo la prassi ci sono alcune sentenze che in definitiva quasi mai questa circostanza di
esclusione è stata applicata, perché non tutte le condizioni venivano soddisfatte. Lo stato di
necessità tende, quindi, ad essere più ammesso in teoria che nella pratica.
In realtà c’è su questa materia una giurisprudenza controversa di giudici nazionali perché lo stato di
necessità è stato invocato in particolare dall’Argentina in seguito al suo default. L’Argentina, in un
periodo di crisi economica, non potè ripagare i debiti contratti verso altri Stati o privati. Nelle
vicende processuali che sono sorte l’Argentina ha invocato lo stato di necessità, ma non ha potuto
vederlo applicato perché vi è una quinta condizione, ovvero che lo Stato non può invocare lo stato
di necessità se lo Stato che lo ha invocato ha contribuito a mettere in atto lo stato di necessità.
A questo elenco si potrebbe aggiungere un’ulteriore causa, prevista da Conforti, ovvero la
giustificazione derivante dal fatto che un atto di per sé illecito sia stato compiuto per non violare un
principio fondamentale dell’ordinamento statale. Ma nell’art. 32 il progetto contraddice ciò,
affermando che lo Stato non può far valere sue norme interne per giustificare l’illecito, al massimo
può attenuarlo.
Quali sono le conseguenze che discendono dall’illecito internazionale
L’impostazione oggi prevalente e fatta propria dal progetto di articoli risale a due studiosi del diritto
internazionale: Anzilotti e Ago. Questa impostazione ricostruisce le conseguenze dell’illecito nei
termini di una nuova relazione giuridica che viene a crearsi tra lo Stato autore dell’illecito (Stato
offensore) e lo Stato offeso, la quale è disciplinata da una norma secondaria, così detta per
distinguerla da quella primaria, ovvero quella violata. A seguito della violazione della norma
primaria tra i due Stati si crea una relazione giuridica che si sostanzia nel diritto dello Stato offeso
di pretendere una riparazione dell’illecito e nell’obbligo dello Stato offensore di mettere in atto tale
riparazione.
Secondo Conforti (sulla base dell’opinione di Kelsen), che critica questa impostazione, ricostruire
le conseguenze di questo illecito in termini giuridici è una forzatura, esse vanno lette quasi in
un’ottica di rapporti di forza tra Stati e in questa logica si dovrebbe parlare di possibilità dello Stato
offeso di ricorrere all’autotutela, ovvero violare a sua volta la norma che lo lega allo Stato
offensore, più che risolvere la questione in diritti e obblighi.
Sulle conseguenze all’illecito ci sono, quindi, due piani:
Riparazione.
- Autotutela.
-
Seguendo l’impostazione di Anzilotti e Ago, il progetto di articoli parla di come contenuto della
responsabilità dello Stato si sostanzia in un obbligo di riparazione.
Secondo l’art. 30 lo Stato offensore abbia due obblighi:
Obbligo di cessazione dell’illecito, qualora sia un illecito continuativo.
- Obbligo di non reiterazione dell’illecito e in particolare di fornire garanzie in merito a ciò.
-
L’art. 31 afferma che lo Stato responsabile ha l’obbligo di prestare integrale riparazione per il
pregiudizio causato dall’atto illecito. Il pregiudizio comprende sia i danni materiali che quelli
morali causati dall’illecito.
L’obbligo di riparazione entra in gioco quando l’illecito comporta un pregiudizio, un danno, ad un
altro Stato, ma ci possono anche illeciti che non causano pregiudizi verso un altro Stato.
Il progetto di articoli individua tre forme che la riparazione può assumere e in base ai casi si può
ricorrere ad una o più:
Restituzione in forma specifica (restitutione integrum): ristabilimento della situazione che
1. esisteva prima che l’illecito fosse commesso. Essa è sempre prevista a meno che non sia
impossibile e che non comporti un onere sproporzionato a paragone di quello che
deriverebbe dal semplice risarcimento.
Risarcimento: copre ogni danno suscettibile di valutazione economica, sia materiali che
2. morali.
Soddisfazione: è tipicamente la forma di riparazione per danni morali e consiste per esempio
3. nelle scuse formali, un riconoscimento della violazione, pagamento di una cifra simbolica.
Ad esempio, nel caso Heinmann di cui precedentemente, questo illecito si basava anche su cause