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Si riferisce all’abilità che il Buddha aveva come comunicatore, è una delle abilità che crea
quasi una qualità politica, nel senso che il Buddha doveva, anzitutto, riuscire a convincere la
sua audience e quindi doveva avere una grande capacità di comunicazione. Questo è anche
manifesto nel fatto che il Buddha aveva una certa abilità ad adattare ciò che egli diceva non solo
all’audience in quanto tale ma ai pregiudizi, alle aspettative e alle capacità intellettive dell’audience.
Riuscire ad esporre il medesimo messaggio ma in forme diverse a seconda dell’interlocutore; è una
tattica diplomatica, di negoziazione che si può apprendere. Il Buddha, in genere, evita di essere
ostile, quello che fa sembra, addirittura, che inizialmente sia d’accordo con un’affermazione ma
riesce, successivamente, a rivoltarla e farti capire che, in realtà, non era poi così d’accordo.
Uno dei metodi che il Buddha usa è quello di rendere le parole usate dall’oppositore, parole che
significano qualcosa di diverso: cambiare il significato delle parole usate dal suo avversario
ideologico.
In questo modo il Buddha infonde un nuovo significato all’interno di termini culturalmente
accettati e questa sua tattica diventa, in certi casi, oltraggiosa. Una delle parole che può cambiare
“KARMA” “Azione, Impresa”
di significato è la parola , che in sanscrito vuol dire . Un azione è
“È l’intenzione che io chiamo
qualcosa che ha luogo nel mondo fisico, quindi il Buddha dice che
Karma” ; nel momento in cui egli dice che quello che lui chiama karma è l’intenzione , c’è un
cambiamento non è semplicemente l’azione ma è l’intenzione con cui si fa un azione. Dire che il
Karma è l’intenzione significa dire che in qualche modo che ciò su cui Buddha vuole porre
l’attenzione è il fatto che l’azione, di per sé, non qualitativamente giudicabile, ciò che ha valore
karmico non è l’effetto negativo ma l’intenzione positiva che vi era alla base e viceversa.
La nozione di karma è strettamente connessa, tutti gli insegnamenti del buddha sono interconnessi
concetto importante
tra loro. Altro è quello di SÈ. Nei tempi antichi, nelle varie culture in cui era
dottrina del “Non Sé”
conosciuta, la dottrina biddhista aveva come caratteristica fondante la o
dottrina della “Non Anima”
anche detta . Queste due parole traducono, in realtà, una parola
Anatman
sanscrita che è , dove AN vuol dire NON, ATMAN vuol dire ANIMA, SÉ. Quando il
buddhismo fu scoperto dall’occidente, soprattutto, nel XIX secolo veniva spiegato dai e ai Cristiani
che erano colpiti dalla negazione, da parte del Buddhismo, di un Dio creatore supremo. Anche
dagli studiosi moderni, la negazione di un Sè o di un’ANIMA è stata la caratteristica più forte del
Buddhismo e degli insegnamenti attribuiti al Buddha. Ciò ha creato una serie di equivoci,
incomprensioni, che un grande studioso di Buddhismo, Richard Gombrich ha cercato di editare,
aggiungendo alla parola Sé, alla parola ANIMA la parola IMMUTABILE. Quello che viene fuori è che
NON ESISTE UN Sè O UN’ANIMA IMMUTABILE. Questo qualifica una frase che, altrimenti, potrebbe
dare adito ad una serie di incomprensioni, cioè la parola ATMAN, in sanscrito, si riferisce proprio a
qualcosa che non muta mai, in quell’ambiente linguistico è inutile aggiungere l’aggettivo
immutabile perché già insito nella parola ATMAN, ma per noi per cui anima e sé hanno declinazioni
diverse è importante aggiungerlo; non c’è niente negli esseri vivente che non cambi mai oppure
non c’è alcuna essenza immutabile negli esseri viventi.
La parola anima diventa abbastanza inappropriata perché si tende a riportarla ciò che è più
familiare anche se non si è cristiani praticanti, ovvero far risalire l’anima al concetto cristiano o
dantesco, invece poiché il concetto è diverso, a volte, questo Atman è stato reso, preferibilmente
Essenza
con la parola . Quindi, nulla nel mondo ha un‘essenza immutabile, non c’è nulla nella
nostra normale esperienza che non cambi mai.
Il mondo per il Buddha è ciò che possiamo esperire normalemente, il mondo è l’esperienza
quotidiana normale che noi facciamo di questo mondo fisico che è il mondo manifesto ma che è
un mondo in continuo cambiamento, non è il mondo permanente è un mondo impermanente.
Quindi Buddha non è interessato tanto a ciò che esiste ma a ciò che noi possiamo esperire, ciò che
è presente alla nostra coscienza, cioè Buddha crede che ciò che si può testimoniare è il mondo che
si può esperire, con il corpo fisico e gli aggregati che formano una persona. Tutto ciò è in accordo
4 cosiddette Nobili
a
con la 1 della .
4 NOBILI VERITÀ
Vi sono , che sono alla base del sistema buddhista:
Dukkha
a
la 1 nobile vertità si chiama , ovvero è ciò che non è soddisfacente e viene anche tradotto
sofferenza
con il termine . La sofferenza, causata dalla continua insoddisfazione demotivata dalla
sete (desiderio), ciò che è espresso è che la vita che noi normalmente esperiamo è insoddisfacente
perché in realtà anche tutto quello che desideriamo è soggetto all’impermanenza, è in continuo
mutamento, come sono in continuo mutamento anche i desideri. Nessuna forma di appagamento
è permanente, immutabile ed è il frutto di qualcosa che deriva dall’individuo, dall’esperienze
normale di un mondo che di per sé è impermanente. non cambiare
Esistere, nel buddhismo, in questa visione del mondo, significa . l’individuo non
esiste perché cambia, la sua esistenza in questo mondo si basa su ciò che si può sperimentare,
quindi è provvisoria non è “una vera esistenza” , non è un’esistenza permanente.
Esistenza E Divenire
Nel Buddhismo, sono definiti come OPPOSTI, ma il cambiamento non è
qualcosa di casuale, ci sono delle continuità, vi è una legge che regola questo continuo
cambiamento, ovvero non è caotico. Niente nel Buddhismo esiste senza una causa.
Se la dottrina dell’assenza di un’essenza immutabile significa che non c’è una continuità personale,
questo suggerirebbe una conseguente allarmante, ovvero non avere una responsabilità morale: se
un uomo non esiste, ques’tultimo non ha nessuna responsabilità morale, se non c’è una continuità
personale ciò che si fa non è soggetto a responsabilità morale. In realtà, nel buddhismo, c’è un
quando le persone muoiono o anche altri esseri senzienti, rinascono
insegnamento forte: ,
secondo il loro assetto morale . Non c’è una contraddizione tra questa assenza o apparente
essendo eredi delle nostre azioni, non
assenza di continuità personale, c’è responsabilità morale
soltanto nella vita attuale, con l’attuale corpo che sperimenta l’attuale mondo, ma si è eredi
di un nucleo infinito di azioni, fatti in un nucleo infinito di vite . La serie di vite che può portare
all’illuminazione sono proprio le vite passate del Buddha, cioè anche il Buddha, il Risvegliato, ha
Jataka
delle nascite passate, nascite che si chiamano , quindi anche il Buddha è stato altro come ad
esempio un pappagallo.
Queste jataka o vite precedenti del Buddha sono ri-raccontate nelle scritture dei sermoni, sono
dipinte sulle mura dei templi, spesso recitate, rappresentate e formano una parte integrante della
cultura buddhista.
Gautama Buddha o Gotama Buddha, oltre ad essere Gautama Buddha è stato un animale, un altro
tipo di persona in un numero quasi infinito di anni, il Buddha è passato attraverso varie fasi, finché
non è diventato il risvegliato, o quello che noi chiamiamo il Buddha storico.
L’elemento di continuità del buddhismo sembra essere proprio il karma, ovvero sono proprio le
azioni che fungono da elemento di continuità delle nostre vite. Non solo unuomo deve stare
attento alle azioni commesse nella sua attuale vita ma deve stare attento anche a tutte le azioni
commesse nelle vite passate, di cui molto probabilmente non si ha consapevolezza.
L’uomo è un insieme di 5 AGGREGATI aggregato
. La parola è una parola complicata che significa
massa di benzina che brucia
quasi avere una , è parte della stessa struttura metaforica in cui si
Nirvana
inserisce il , perché anche il nirvana è l’estinzione di questa benzina,di questo fuoco.
Queste 5 masse di benzina che brucia sono i 5 processi che costituiscono le nostre vite. In
genere sono ordinate nel seguente modo:
1. le interazioni con il mondo fisico attraverso i 5 sensi che nel Buddhismo sono 6 in quanto anche
la mente è considerata come un senso;
2. i sentimenti, come il sentimento di piacere, di dolore;
3. le percezioni, attraverso cui si identificano gli oggetti;
Volizioni Samkhara
4. una parola che noi consideriamo come , in sanscrito . Si riferisce ai processi
mentali che sono in genere considerabili come emozioni e volizioni;
5. la coscienza
Il più importante di questi processi è proprio l’intenzione, nel buddhismo alcune intenzioni sono
moralmente neutrali e invece altre sono moralmente buone o cattive. Il Buddha insegna che tutti i
pensieri, le parole e le azioni derivano dal loro valore morale, positivo o negativo, dall’intenzione
che è dietro al pensiero, dietro alle parole e dietro alle azioni.
Il Buddhismo, quindi, ha una familiarità con il concetto di negligenza, di trascurare, ma il criterio
attraverso cui il Buddhismo ragiona sulla moralità è l’intenzione.
La moralità e immoralità sono le proprietà mentali degli individui, considerate come purezza ed
impurità. Ogni buona azione rende una persone più pura e di conseguenza più morale. Questo
rende più facile ripetere un’azione. C’è un proverbio particolarmente interessante del buddhismo,
in cui si parla dell’importanza che ha un azione all’interno di un destino umano. Questo perché
“seminare un azione coltiva un abitudine, seminare un abitudine coltiva un carattere, seminare un
carattere coltiva un destino” vuol dire che: qualsiasi azione compiuta se si reitera diventa una parte
della nostra personalit&agrav