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Ogni kannushi, il sacerdote incaricato della custodia del tempio, di questi gruppi intraprende una carriera

caratterizzata da sei gradi di specializzazione: il grado superiore, il primo grado, il secondo, il grado

intermedio, il terzo e il quarto grado. Il superamento di questi gradi consente l'accesso all'ordine successivo. I

livelli successivi all'intermedio sono conferiti solo ai sacerdoti che professano da più di vent'anni, sebbene

esistano eccezioni dovute alla particolare cultura, saggezza e preparazione dell'individuo. Per diventare gūji,

ovvero il sacerdote capo di un tempio importante, è necessario ottenere il grado più alto dell'ordine Meikai.

Per diventare gūji di un tempio poco eminente si deve raggiungere il massimo grado dell'ordine Gonseikai.

Dopo la seconda guerra mondiale il sacerdozio è stato aperto anche alle donne: infatti la pratica del kagura,

la danza sacra in onore degli dèi, è generalmente svolta solo da loro e dall'autorità principale del tempio di

Ise, il cuore dello shintoismo, una sacerdotessa, che si differenzia dalla miko, le cosiddette vergini il cui

ruolo è assegnato per un determinato periodo a ragazze o adolescenti che hanno il ruolo di assistere i

sacerdoti nei vari preparativi dei riti e delle feste. Oggi il sacerdozio si può ottenere attraverso un sistema a

seminari, frequenti in tutto il Giappone e spesso gestiti dai templi. In aree di provincia è comune, in assenza

di un sacerdote, assegnare annualmente la celebrazione dei rituali e delle festività a un membro della

comunità, anche senza titolo sacerdotale.

Concezione shintoista

Secondo la fede shintoista, lo spirito umano è eterno, proprio come i kami. Quando si muore dunque si

cambia semplicemente forma di esistenza accedendo ad un altro tipo di esistenza. Poiché lo shintoismo è

coesistito pacificamente con il buddhismo per oltre un millennio è molto difficile separare le credenze

buddhiste da quelle shintoiste. Si può dire che mentre il secondo enfatizza la vita dopo la morte, lo

shintoismo enfatizza questa vita e la ricerca della felicità in essa. Nello shintoismo antico veniva ovviamente

dato maggior peso alla mitologia: si credeva, infatti, in una serie di paradisi fra cui l'aldilà del cielo, dello

yomi, di tokoyo e delle montagne. Quindi c'era una concezione della pluralità esistenziale. Questi luoghi

sono descritti come luoghi molto simili al mondo terrestre. Una prima regola etica è sicuramente la

disponibilità verso gli altri. La religione shintoista insegna che l'uomo deve sempre offrirsi per aiutare il

prossimo. Il culto shintoista pone, in generale, al primo posto l'interesse della comunità e il pubblico

benessere. Ciò non significa che i diritti individuali e la famiglia siano ignorati. Al contrario, è sullo sfondo

dei riti religiosi, come conseguenza delle azioni verso gli altri, che l'intimità, il carattere individuale di una

persona e i suoi rapporti con il prossimo, sono ampiamente promossi. Ci sono 4 affermazioni che esprimono

tutto lo spirito etico di questa religione: la famiglia è il nucleo principale della vita di una persona; la natura è

sacra, in quanto espressione del divino; conservare un contatto con essa comporta il raggiungimento della

completezza e della felicità, e significa mantenersi vicino ai kami; la pulizia è un componente essenziale

perchè consente purezza, e la purezza è una delle massime virtù; i matsuri sono i festival dedicati ai kami. In

qualità di religione cosiddetta naturale, lo shintoismo insegna che diventare shintoisti significa

semplicemente credere nei suoi precetti, con coerenza e sentimento. Credere nei suoi valori e metterli in

pratica, credere nei kami, gli spiriti della natura: queste sono le due condizioni essenziali che fanno di un

uomo uno shintoista.

Riti shintoisti

Se si commettessero determinati atti ritenuti impuri per lo shintoismo, questi andrebbero purificati non

perchè ritenuti intolleranti ma per ottenere pace mentale e buona fortuna. Il male e gli atti sbagliati sono

chiamati kegare (sporcizia), e la nozione opposta è kiyome (purezza). Un rito di purificazione personale è

legato all'acqua, elemento purificatore per eccellenza: questo rito consiste nel rimanere sotto una cascata o

nell'eseguire delle abluzioni rituali alla foce di un fiume o nel mare, oppure semplicemente mediante le

apposite fonti dei templi; una terza forma di purificazione è l'astensione da qualcosa, cioè un tabù. Tra le

altre credenze vi è quella di non pronunciare parole considerate di cattivo auspicio ai matrimoni, come ad

esempio la parola tagliare, o non partecipare ai matrimoni se di recente si è persa una persona cara. Gli atti

generali di pulizia sono chiamati misogi, mentre in specifico, la purificazione personale all'ingresso dei

templi, che consiste nel lavarsi mani e bocca, è chiamata temizu. Un rituale misogi ancora oggi molto

praticato è quello che consiste nel gettare acqua nei dintorni della propria casa, per ottenerne la purezza. Il

sale è, dopo l'acqua, l'altro elemento importante nei rituali di purificazione. Le cerimonie legate al sale

vengono genericamente chiamate shubatsu. La venerazione ha una valenza molto profonda ed è considerata

un atto puro e sincero. Il tipo di preghiera con cui il fedele cerca un contatto con i kami non segue regole

specifiche, ognuno può infatti avere un approccio totalmente personale alla venerazione, che spesso è

praticata anche tra le mura domestiche: infatti, è comune allestire degli altarini, chiamati kamidana (mensola

dei kami), su cui comunemente viene posizionato uno specchio, l'oggetto che meglio consente di dare una

rappresentazione dei kami. In alternativa, un luogo considerato sacro è la natura stessa, in quanto ambiente

incontaminato che rappresenta la massima espressione del divino. Quanto all'offerta, questo è un rituale

simbolico che consente di donare qualcosa agli dèi, mettendosi in contatto con loro. Ci sono vari tipi di

offerta, anche se i più comuni sono gli ema, tavolette di legno su cui i credenti scrivono preghiere o desideri

e li appendono ad una bacheca nel tempio, e gli origami.

Misticismo

Nella cosmologia shintoista tutto l'esistente è pervaso da un'energia primordiale, che alimenta e compone

tutta la materia e tutte le sue manifestazioni, chiamata musubi, la forza armonica e universale che lega

indissolubilmente il mondo fisico umano al mondo spirituale dei kami. Lo shintoismo è una religione ciclica.

L'esistenza, in tutte le sue forme, si origina innanzitutto dall'esprimersi del principio cosmico in una dualità,

due forze polarmente opposte, il principio negativo in e il principio positivo yo, corrispondente al rapporto di

yin e yang della cosmologia taoista. Dall'avvicendarsi di queste due forze primordiali e opposte scaturisce

tutta l'esistenza, sia essa fisica e materiale sia spirituale. I kami, come gli uomini, hanno origine dallo scontro

eterno tra queste due polarità. Nella versione mitologica della cosmologia, le due divinità primordiali

Izanami e Izanagi, corrispondono ai due principi in e yo. La trinità shintoista, il tomoe, non è altro che il

frutto del rapporto cosmico tra i due poli primordiali dell'energia. Di questa triade fanno parte i suddetti in e

yo (i due poli), corrispondenti ai principi taoisti ying e yang, e una terza parte, chiamata in cinese yuan.

Questa terza parte rappresenta ciò che nasce dall'interazione dei due principi primordiali, simboleggia i

fenomeni e le manifestazioni prodotti dall'eterna interdipendenza di essi. Rappresenta, più sinteticamente, la

terza fase della cosmologia shintoista, seguente a quella della bipolarità, ovvero la manifestazione

dell'energia cosmica. Questa manifestazione finale che scaturisce dall'interazione eterna delle due forze

primordiali è la natura dell'universo, la sua esistenza stessa, la sua vita, il suo continuo progredire in cicli

eterni.

Cos'è un kami?

I kami possono essere considerati sia come gli spiriti guardiani di un determinato sito oppure sia come spiriti

di un oggetto oppure di un evento naturale, come ad esempio Amaterasu, la dèa del sole, il kami più

importante il cui tempio dedicato è quello di Ise, ovvero il tempio principale dello shintoismo. I kami sono le

entità spiritiche che popolano tutto l'universo, sono gli spiriti della natura, e si esprimono attraverso essa;

popolano lo stesso universo in cui si trova l'uomo, si trovano solo ad un livello esistenziale superiore. Tra le

varie entità di kami annoveriamo gli mizuko, letteralmente “bambino d'acqua”. Si tratta di bambini che

muoiono in età infantile senza essere stati aggiunti alle liste di un tempio. Si ritiene che causino problemi e

pestilenze e vengono spesso adorati in templi specifici con lo scopo di placare la loro rabbia e tristezza.

Questi templi sono diventati più popolari nel Giappone moderno con l'aumento degli aborti. Ma ci sono

anche gli spiriti guardiani della patria, della casa e delle virtù; spiriti di eroi giapponesi, di uomini di azioni o

virtù fuori del comune, e di coloro che hanno contribuito alla civilizzazione, alla cultura e al benessere

dell'umanità; di coloro che sono morti per la patria o per la comunità.

Mikoismo e sciamanesimo

巫女

Il termine “ miko” designa giovani donne che lavorano nei templi shintoisti. L'origine delle miko risale

ad Ame no Uzume, il kami dell'alba, la quale diviene posseduta da un kami nel momento in cui sta per

salvare la dèa Amaterasu. Visto che il suo corpo viene posseduto, è considerata la prima donna sciamanica e

capostipite della danza kagura, una danza sciamanica accompagnata da oggetti e possessioni spiritiche in

modo da mettersi in contatto con il mondo ultraterreno e quindi con i kami. Nel 1975, Carmen Blacker

pubblica un libro nel quale spiega che bisogna fare una distinzione netta tra mikoismo e sciamanesimo:

sebbene abbiano in comune lo stato di estasi e di trance, il primo lo si riscontra in Giappone mentre il

secondo in Siberia. Nel 1913, Yanagita, scrive una raccolta di saggi sulle miko distinguendone di due tipi: le

miko legate ai grandi santuari e le miko itineranti e quindi individuali. Queste dovrebbero essere le

discendenti del figlio del kami. Nel periodo più antico, le miko avevano una posizione riconosciuta

all'interno dei clan, come la stessa Ame no Uzume. Yanagita vedeva nelle miko itineranti donne importatrici

di cultura e di sapere, proprio perchè portavano ovunque i loro saperi durante i loro viaggi. Tra gli anni '20-

'30 però la miko diventa per l'autore una donna classica che deve svolgere solamente il ruolo di donna; perci&ogr

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Publisher
A.A. 2013-2014
34 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-OR/20 Archeologia, storia dell'arte e filosofie dell'asia orientale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher kumaneko93 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Religioni e filosofie dell'asia orientale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi L'Orientale di Napoli o del prof Ghidini Chiara.