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Il declino dell'Occidente: dalla vittoria all'illusione di invincibilità

Con la fine della Guerra Fredda e la vittoria nella Guerra del Golfo (Operazione Desert Storm), gli Stati Uniti sembravano essere al culmine della loro egemonia politica e militare. Insieme alla Cina, che stava cercando di trovare il suo posto nell'ordine mondiale guidato dagli USA, sembrava che l'Occidente non avesse più nemici.

Tuttavia, c'è una sottile differenza tra sentirsi invincibili e sentirsi invulnerabili. Il primo sentimento avrebbe portato a una maggiore prudenza e a una reticenza nell'uso della forza militare. L'illusione di essere invulnerabili, invece, avrebbe generato la percezione di essere inermi, indifesi e impotenti, alimentando un'ossessione per la sicurezza.

Per la sicurezza assoluta di cui ancora oggi viviamo le conseguenze. Dall'invasione del Kuwait nel 1990 il coinvolgimento dei paesi occidentali in missioni di peacekeeping o peace enforcing (intervento umanitario o missione di pace) ha rappresentato la regola, non l'eccezione. In questi anni in seguito al collasso NATO-sovietico, la ha più volte ridefinito la natura della propria missione, fino a includere la lotta al terrorismo dopo l'11 settembre e con maggiore enfasi a causa degli attentati in Nord America dell'ultimo decennio.

L'11 settembre ha dato all'Occidente la percezione di essere usciti da una stagione di invincibilità e invulnerabilità: ha fatto della paura il sentimento dominante per l'Occidente. La guerra, che sembrava apparsa come un'eccezione, torna costante. Gli attentati di quel giorno hanno sancito la capacità della periferia di attaccare il centro. L'Occidente è stato punito per la sua leadership svogliata.

arrogante, spesso contraddittoria ai suoi principi. L'odio mobilitato verso l'Occidente aveva e ha ragioni politiche: nutre i propri pregiudizi in quei pregiudizi che l'Occidente stesso ha verso il mondo arabo e islamico. Nel corso della storia, le religioni hanno alimentato odio, fanatismo e violenza, il fatto che oggi i loro leader siano consapevoli di questa realtà e del potenziale di quello che hanno in mano ha fatto sì che essi tendessero più all'unione che alla divisione a poco serve per evitare omicidi. Alcune religioni sono più problematiche di altre, e questo ha permesso il dilagare di organizzazioni terroristiche (o singoli individui) che si richiamano esplicitamente all'islam. È un problema che nasce anche da un minor grado di sviluppo sociale e politico in molti dei paesi in cui l'islam è la religione dominante. Che cosa ha fatto l'Occidente per provare ad agire su quei fattori di

Sottosviluppo politico che alimentano l'islamismo radicale? Niente, è stato chiaro con le primavere arabe (partite in Tunisia nel 2010), la reazione dei governi e delle op. pubbliche occidentali è stata di sgomento di fronte alla possibilità che i dittatori potessero cadere. Fino all'ultimo, i capi autoritari dei paesi che si sono ribellati (Egitto, Libia, Marocco, Yemen, Iraq...) sono stati visti come il male minore per l'Occidente, ma non per le popolazioni torturate da élite che rimanevano al potere anche grazie alla nostra complicità. Alcune rivoluzioni (Egitto ai tempi di Morsi, Siria) sono state dirottate da movimenti islamisti, oppure represse e narcotizzate (Egitto di al-Sisi o Siria di al-Asad). L'Occidente si è dimostrato pronto a correre in aiuto dei normalizzatori, piuttosto che delle società civili che stavano tentando di emergere per trascinare i propri paesi verso il progresso politico.

Un esempio è il viaggio di Matteo Renzi in Egitto (2014) per manifestare l'appoggio del governo italiano ad al-Sisi, ribadito anche l'anno successivo, perché "la tua guerra è la nostra guerra". Una posizione che non è sostanzialmente cambiata nemmeno in seguito al rapimento e omicidio del ricercatore Giulio Regeni, massacrato dal regime egiziano, né dopo aver avuto le prove sull'omicidio da parte statunitense.

Se nemmeno lo strazio di un nostro connazionale ci spinge a rivedere la nostra posizione verso un regime che ogni giorno tortura decine e decine dei suoi cittadini, che messaggio si manda ai giovani egiziani che vorrebbero liberarsi della dittatura di al-Sisi, senza però anelare a uno Stato islamico? Il nostro cinismo favorisce la propaganda dei nostri nemici. Eppure, il terrorismo durante le primavere arabe era sulla difensiva, Al Qa'ida silenzioso, perché quando le persone vedono che marciare per

strada è una forma di lotta più efficace che farsi esplodere nelle piazze, capace di conseguire quel rovesciamento del regime che nessuna campagna terroristica ha mai ottenuto finora, allora quelle medesime persone sanno da che parte stare e che cosa scegliere.

In seguito, l'intervento in Afghanistan ha dimostrato che l'Occidente, oltre a non essere invulnerabile, non era nemmeno invincibile. Nonostante gli sforzi e la coalizione formata dagli eserciti dei paesi più ricchi e potenti del pianeta, equipaggiati con la migliore tecnologia bellica, in quasi quindici anni l'Occidente non è stato in grado di avere ragione su una qualche decina di migliaia di insorgenti, armati alla leggera e non particolarmente amati dalla popolazione missione inconcludente ISAF.

Questo è stato uno dei messaggi più devastanti della missione (International Security Assistance Force), che incoraggiò altri a colpire l'Occidente con ordigni.

esplosivi e non (stragi di Parigi, Berlino, Nizza e Barcellona). Ma prima di tutto questo, l'Occidente aveva smentito la sua stessa legittimazione attraverso la decisione di invadere l'Iraq nel 2003 dopo le stragi di BinLaden, dando inizio alla guerra al terrore.

"Un mondo più giusto" C'è solo una cosa che ha avuto effetti più devastanti dell'invasione dell'Iraq nel 2003 sulla credibilità dell'ordine internazionale USA) liberale e più in generale dell'Occidente: l'impunità dei due principali artefici, George W. Bush (presidente e Tony Blair (premier britannico) la comunità araba percepi come un grave affronto la nomina di Bush come rappresentante europeo.

Con una campagna di persuasione sulle prove del coinvolgimento dell'Iraq di Saddam Hussein nella campagna terroristica control'Occidente, l'amministrazione Bush decise di dare il via a una guerra contro

Il regime iracheno. L'ossessione di Bush nei confronti di Saddam Hussein era frutto di un mix di fattori politici, ideologici, economici e personali:

  1. Fattori politici:

    Il progetto di trasformare il Medio Oriente (in particolare il Levante) in un'area sotto il controllo americano. Si trattava di una accelerazione della strategia mediorientale degli Stati Uniti, che in quei territori si erano concentrati su un'azione di balancing by overseas: intervenire, cioè, dal mare ogni volta che gli interessi americani nell'area fossero stati minacciati. Le cose erano cambiate dopo la guerra del 1990-91, ma quella di George W. Bush si trattava di una vera svolta, perché per la prima volta faceva del regime change, del cambiamento di regime imposto militarmente dall'esterno, l'asse portante del nuovo approccio americano nel MO.

  2. L'unico vero alleato americano era Israele, che godeva e gode oggi di un rapporto sempre più approfondito con gli Stati Uniti.

Stati Uniti. Molte scelte americane in Medio Oriente sono state condizionate da Israele, rendendo difficile la posizione degli USA con il mondo arabo. Forze militari statunitensi erano presenti in Bahrein, Qatar e Arabia Saudita, garantendo agli USA un coinvolgimento diretto ancora maggiore dopo l'invasione dell'Afghanistan nel 2001 e quella dell'Iraq due anni più tardi. A questo si aggiunge anche la percezione negativa degli Stati Uniti da parte dell'opinione pubblica araba e musulmana ogni volta che gli USA minacciano di porre il veto a qualunque risoluzione delle Nazioni Unite che condanni le attività di Israele verso la Palestina. È singolare che il solo presidente che abbia tentato di porre rimedio a questa situazione sia stato Barack Obama, ovvero il presidente che più di tutti ha lavorato per ridurre la presenza americana nella regione dopo il 9/11. Secondo l'amministrazione Bush, il nuovo Iraq avrebbe dovuto costruire la

piattaforma di consolidamento dell'egemonia americana in Medio Oriente e fare da ponte per una azione di forza nei confronti dell'Iran.

convinzioni ideologiche: La principale convinzione ideologica era che la democrazia potesse essere esportata militarmente e a un costo contenuto. L'intera operazione di invasione dell'Iraq fu condotta quindi al risparmio (slogan: il minimo delle truppe, per il minor tempo possibile al minimo del costo), sperando di coprirne la spesa con i proventi delle estrazioni petrolifere del paese occupato. Un comportamento incongruente con gli obiettivi ambiziosi degli americani, disegnare il nuovo democratico, ma perfettamente congruente con la retorica dello stato minimo e della privatizzazione delle sue funzioni. Il risultato è che non solo il nuovo Iraq ha rischiato di essere spazzato via dallo Stato Islamico fino al 2017, ma oggi il paese è entrato nell'orbita iraniana e il suo esercito (equipaggiato dagli

americani e in parte dai russi) è stato riorganizzato dai Pasdaran, le Guardie della rivoluzione della Repubblica islamica dell'Iran. Nel 2017 Iran e Iraq hanno addirittura firmato un patto di cooperazione militare a Teheran.

L'idea di esportare la democrazia in un paese dopo che questo è stato debellato militarmente e a seguito di un'occupazione da parte della potenza vincitrice non è irrazionale: Samuel Huntington (in "la terza ondata"), colloca la sconfitta militare tra le possibili cause dell'innesco della transizione alla democrazia di regimi autoritari o totalitari.

Accadde così in Italia, in Germania e in Giappone dopo la Seconda Guerra Mondiale, dove il successo è stato dovuto soprattutto alla resa totale delle popolazioni a livello spirituale oltre che fisico, unita all'assenza di un'ideologia di riserva che andasse a sostituire quella del regime caduto. Questa condizione era assente in Iraq, dove la propaganda islamista ha

attecchito facilmente. Il paese è diventato il campo di battaglia delle formazioni islamiste del mondo per combattere gli americani. Sempre dal punto di vista ideologico, si credeva di poter trasformare l'Iraq nella seconda democrazia della regione dopo Israele, che è considerata
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A.A. 2022-2023
34 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/06 Storia delle relazioni internazionali

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher carin.lodetti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Relazioni internazionali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Parsi Vittorio Emanuele.