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IL PENSIERO ANTICO: IL BENE, LA LELE
La filosofia morale è la disciplina che si occupa di formulare correttamente gli interrogativi che riguardano la vita morale e di cercare risposte motivate e sensate. Si tratta di un'indagine di tipo razionale che cerca di chiarire quali e quanti elementi interni o esterni alla persona concorrono alla realizzazione di un'azione o di una serie di azioni, valutabili in base a una scala assiologica a cui vertici superiore e inferiore si collocano il bene e il male.
La filosofia morale nasce nelle colonie greche come codificazione di una riflessione morale già presente nel pensiero di autori, poeti e cantori della tradizione. Nasce per trovare delle risposte alle domande esistenziali che si pone. I miti non lo soddisfano più. Laddove finisce il mito e inizia il LOGOS, nasce la filosofia.
Per convenzione si possono distinguere quattro grandi epoche:
- ETA' ANTICA: va dal V secolo A.C. al 31
A.C.• ETA’ MEDIEVALE: si conclude intorno XIV secolo D.C.
• ETA’ dell’800MODERNA: si conclude verso la fine
• ETA’ CONTEMPORANEA: va dalla fine dell’800 ai giorni nostri.
sull’ETA’
Soffermandomi ANTICA, essa a sua volta si divide in due periodi:
- Il PERIODO ELLENICO: le filosofie prodotte durante tale periodo sono essenzialmente ill’Aristotelismo.Platonismo e Si conclude con la morte di Alessandro Magno, nel 323 A.C., epossiamo anche dire con la morte di Aristotele, nel 322 A.C.
- Il PERIODO ELLENISTICO: le filosofie prodotte durante tale periodo sono essenzialmentel’Epicureismo e lo Stoicismo. Si conclude nel 31 A.C., quando si verificò la famosa battagliadi Azio.
PERIODO ELLENICO
SOCRATE
Il padre della filosofia morale è Socrate. L’Atene in cui Socrate mette in pratica il suo insegnamentoè una polis attraversata da grandi trasformazioni. È nell’età di Pericle che nasce la democrazia.
La democrazia antica è considerata un esperimento politico, in cui le leggi che regolano la vita della collettività non sono più date dagli dei ma sono fondate razionalmente. Comincia a rivendicare autonomia rispetto alla natura, è lui che fa le leggi per rispondere alle sue esigenze. Dell'uomo dipendono le sorti della città. Con Socrate la filosofia comincia ad avere come oggetto di riflessione non più il cosmo, bensì riflessioni di tipo antropologiche. Per sua volontà decide di non lasciare opere scritte, sappiamo di lui grazie a quattro autori: Aristofane, Senofonte, Platone e Aristotele. Egli preferisce fare filosofia sul campo, attraverso il dialogo, ponendo domande al suo interlocutore. La domanda principale è: "Che cos'è?". Socrate è il primo filosofo a interrogarsi su "Che cos'è il bene?". Grazie a uno dei dialoghiPlatonici, occuparsi della questione del bene, l'Alcibiade, noi possiamo conoscere il suo pensiero a riguardo. In questo dialogo Socrate pone al suo interlocutore, Alcibiade, una domanda, ovvero: sappiamo che cosa sia bene o male per Socrate sostiene che il punto di partenza per conoscere il bene è CONOSCERE SÉ STESSI, solo in questo modo si arriverà alla conoscenza del bene per sé, per gli altri e per la polis. Nell'Alcibiade il problema del bene viene affrontato non solo sotto la conoscenza del bene ma anche della VIRTÙ. Secondo Socrate, conoscenza di sé e ricerca della virtù vanno di pari passo: non si può perseguire la sapienza senza conoscere sé stessi, non si può essere virtuosi senza sapere cosa sia la virtù. La virtù la quale determina l'essere virtuosi, mentre l'ignoranza per eccellenza è la conoscenza del bene, determina il male, l'essere malvagi.
Pertanto, ci comportiamo male perché non conosciamo il bene mentre ci comportiamo bene in quanto possediamo la virtù per eccellenza, ovvero la scienza del bene.
Socrate venne così accusato di intellettualismo etico, proprio perché subordina il comportamento alla conoscenza del bene. L'intellettualismo etico si caratterizza per una duplice convinzione:
- "Chi agisce bene, necessariamente conosce cosa sia il bene". Secondo Socrate, è impossibile compiere il bene senza discernimento, significherebbe essere soggetti al caso, e quindi non liberi.
- "Chi conosce il bene, necessariamente sceglie il bene". Secondo Socrate, l'uomo non potrebbe mai scegliere il male per il male, perché ciò sarebbe del tutto irragionevole, contrario allo scopo dell'essere umano che è quello di favorire la propria esistenza.
L'uomo, in quanto essere razionale, tende naturalmente al bene.
È il male ad insinuarsi e disorientarel’anima, la quale necessita della scienza del bene per poter affermare la propria libertà. Socrate affronta anche il rapporto tra VIRTU’ e FELICITA’, sostenendo che non è possibile essere felici se non si è saggi e buoni, e quindi virtuosi.
PLATONE
Platone parte dalla riflessione di Socrate, conferendole uno statuto ontologico. Secondo Platone, la virtù dell’uomo; la concezione socratica della sola virtù non basta a garantire una reale emancipazione. La virtù come scienza (ricerca del bene) ha senso solo se si parte dalla effettiva esistenza di un BENE ASSOLUTO, autonomo, eterno e garante della sua esistenza. Per Platone, dunque, non è possibile concepire il Bene altrimenti che come una realtà esistente di per sé, una realtà metafisica trascendente (nell’essere garante della sua stessa perfezione di Parmenide, Platone trova una risposta ontologica al problema di Socrate).
Platone individua così un mondo di forme ideali: è nel mondo delle idee che si riscontra il bene e non nel mondo sensibile. Le opere di principale interesse riguardo la riflessione di Platone sul concetto di bene sono i dialoghi: la Repubblica e il Filebo. Nel dialogo la Repubblica, sostiene che la vera realtà non risiede nel mondo sensibile bensì in quello soprasensibile delle idee. Per Platone le forme del conoscere sono due: (l’opinione): - La DOXA, che riguarda la sfera sensibile e si articola in IMMAGINAZIONE e CREDENZA. - L’EPISTEME (la scienza): che riguarda la sfera soprasensibile e si articola in: RAGIONE, che coglie il ragionamento matematico-geometrico, e INTELLIGENZA, che coglie la pura conoscenza dialettica delle idee. L’IDEA DEL BENE, dalla quale tutte le idee ricevono esistenza ed essere, costituisce il fine di ogni azione e per raggiungerla occorre abbandonare il sapere della doxa per ricorrere al sapere dell’episteme. Platone, nelMito della caverna, affronta il tema delle due forme di conoscenza, arrivando alla conclusione che la vera realtà risiede nel mondo soprasensibile delle idee, conosciuto dell'intelligenza grazie al sapere scientifico della ragione.
Questo mito è ambientato in una caverna, dove si trovano degli schiavi incatenati, costretti a vedere solo le immagini proiettate sul fondo e per loro queste ombre rappresentano la verità. Un giorno uno di loro riesce a liberarsi e uscendo fuori sole che rappresenta l'idea del bene. Il bene è per Platone la vera realtà delle cose, grazie alla luce del sole. Platone la condizione di possibilità della conoscenza: come senza il sole nulla sarebbe visibile, così senza il bene nulla sarebbe conoscibile.
Platone pone il baricentro della vita morale nell'anima, considerandola il più divino di tutti i beni. Secondo il suo pensiero, in ogni uomo albergano tre diverse anime:
- l'ANIMA RAZIONALE che ha
come virtù la SAPIENZA;
- l’ANIMA IRASCIBILE che ha come virtù la FORTEZZA;
- l’ANIMA CONCUPISCIBILE che ha come virtù la TEMPERANZA.
Infine, vi è come virtù la GIUSTIZIA, alla quale spetta il compito di equilibrare dell’anima, dell’individuo interiormente le tre parti consentendo un pieno autodominio all’esercizio
Per Platone la felicità consiste nel raggiungere il bene, grazie delle virtù, in particolare, della giustizia, distanziandosi dal mondo sensibile. È proprio su queste quattro virtù che uno stato ideale deve essere fondato:
- la GIUSTIZIA: consiste nel fare solo ciò che ci spetta;
- la SAPIENZA: tipica dei governanti, ovvero dei FILOSOFI, gli unici che posseggono la conoscenza dell’idea del bene che consente di dirige lo Stato;
- la FORTEZZA: propria dei GUERRIERI, che non si lasciano vincere dai piaceri, dai dolori, dalle paure e dalle passioni;
- la
TEMPERANZA: consiste in un’attitudine alla moderazione, richiesta in particolare alle CLASSI INFERIORI (artigiani, contadini e mercanti) che non debbono prevaricare sulle altre. “ideale”, in quanto ognuno ha il suo compito e lo assolve.
La forma di governo privilegiata da Platone è la Repubblica che affronta la questione di quale sia la vita buona per l’uomo mettendo a confronto due tesi contrapposte:
- il bene consiste nel vivere una vita di piacere e di godimento;
- il bene viene identificato con il pensiero e l’intelligenza.
Arriva alla conclusione che sia il piacere che l’intelligenza, se presi da soli, non possono essere definiti “bene”, individuando così la vita buona dell’uomo in una VITA MISTA, composta tra intelligenza e piacere.
ARISTOTELE
Le tre grandi opere di etica di Aristotele sono:
- L’ETICA NICOMACHEA
- L’ETICA EUDEMIA
- LA GRANDE ETICA
Soffermandomi sull’ETICA NICOMACHEA,
Aristotele afferma che l'umano è sempre orientato a un fine, ovvero a un bene. Egli definisce il bene "ciò a cui tutto tende", pertanto bene e fine si identificano, ed essendoci una pluralità di fini esiste anche una pluralità di beni. I beni ricercati in vista di beni ulteriori si compongono nel conseguimento di un FINE SUPREMO che si presenta come l'EUDAIMONIA, come il coronamento dei fini particolari. Aristotele identifica tale fine con l'azione dell'uomo, in quanto la felicità, che rappresenta il SOMMO BENE, il fine ultimo di ogni uomo, è autorealizzazione dell'uomo. La felicità rappresenta per sé stesso: è felice quando realizza la sua autorealizzazione. Il mezzo per conseguire la felicità è la VIRTÙ. Nella sua tr