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INTRODIZIONE

1. Oggi giorno, siamo circondati e immersi in un mondo pieno di stimoli, in un mondo

pieno di migliaia di input diversi, che vengono ad afferire ai nostri recettori sensoriali.

Proprio a causa di questo bombardamento, l’essere umano, nel modo di pensare, di

ragionare, di comportarsi, rischia di diventare “entropico”. Ma cos’è l’entropia? L’entropia

è il secondo principio della termodinamica, ove vi è la tendenza dei sistemi alla

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dispersione .

In base a questa definizione si può dire, in forma non rigorosa ma esplicativa, che

quando un sistema passa da uno stato di equilibrio ordinato ad uno disordinato la sua

entropia aumenta; questo fatto fornisce indicazioni sulla direzione in cui evolve

spontaneamente un sistema. Essa è una misura della mancanza di informazione dettagliata

relativa a un sistema, e quindi, più grande è l’informazione più piccola sarà l’entropia. Tale

concetto, è stato talmente generalizzato, tanto da essere esteso ad ambiti non strettamente

fisici, come appunto la teoria dell’informazione, le scienze sociali, la teoria dei segnali, e

conoscere quindi una vastissima popolarità. Anche in campo medico si riprende il concetto

di entropia se ci si occupa di alcuni deficit, come quello della DDAI (Deficit Di Attenzione

con Iperattività).

I soggetti che soffrono di tale disturbo, possono essere visti come individui il cui livello

di disordine “interno” è molto alto, poiché le stimolazioni esogene, che affollano la mente

soltanto in parte, si traducono in “informazione” dal momento che con molte di esse il

rapporto rimane superficiale e di breve durata, tendendo la persona a passare rapidamente

da una sollecitazione all’altra. Si potrebbe quindi avanzare l’idea che a questa “entropia

interna” corrisponda, per il soggetto con DDAI, un’“entropia esterna” collegata alla

numerosità degli elementi non pertinenti presenti nell’ambiente e alla mancanza di

regolarità nei ritmi e nelle abitudini.

Tale disordine, nei soggetti affetti da tale disturbo è cosi eccessivo e incessante, tanto

da rendere la vita quotidiana poco serena, equilibrata e brillante.

1 Cfr. https://www.youtube.com/watch?v=K7uZpkrZQrM.

DDAI: un disturbo continuo

2. Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (noto in ambito clinico con l’acronimo

Attention Deficit/Hyperactivity Disorder)

ADHD, dall’inglese è un disturbo

neurocomportamentale precoce, con eziologia genetica, ambientale e biologica che insorge

intorno ai 3-4 anni d’età e persiste nell’adolescenza e nell’età adulta; si presenta come

multifattoriale e clinicamente eterogeneo ed è caratterizzato da sintomi comportamentali

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di disattenzione, iperattività ed impulsività .

La DDAI diviene quindi una “situazione/stato” permanente di disattenzione e/o

iperattività più frequente e grave di quanto tipicamente si osservi in bambini di pari livello

di sviluppo che può compromettere numerose tappe della crescita psicologica e

dell’integrazione sociale del bambino e può predisporlo a patologia psichiatrica e/o disagio

sociale in età adulta. Il disturbo di attenzione con iperattività consiste quindi, in altri

termini, in un insieme di sintomi che differiscono notevolmente da un bambino all’altro e

che spesso si trovano in comorbilità con una varietà di altri quadri: da esternalizzazione

(come, ad esempio, il disturbo oppositivo-provocatorio e il disturbo della condotta) e da

internalizzazione (come, ad esempio, i disturbi d’ansia, i disturbi dell’umore, i disturbi

dell’apprendimento e molti altri ancora), che possono compromettere seriamente la carriera

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scolastica e la qualità della vita dei bambini stessi . Diagnostic and

La descrizione più recente del disturbo DDAI/ADHD è fornita dal

Statistical Manual of Mental Disorders (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi

Mentali, 2005). Nel manuale sono descritte, in maniera distinta, le sintomatologie riferite

al comportamento disattento, iperattivo e impulsivo. Secondo le indicazioni del DSM-IV-

TR, la componente “disattenzione” si manifesta come difficoltà all’ascolto e tendenza alla

distrazione, difficoltà a concentrarsi sulle attività e mantenere l’attenzione per un periodo

prolungato; la componente “iperattività” è espressa come propensione a muoversi con

irrequietezza e inquietudine, ad alzarsi spesso dal proprio posto, in classe o in altri luoghi

che richiedono di rimanere seduti, e a parlare in modo eccessivo; la componente

“impulsività” si traduce in difficoltà a mantenere il proprio turno di parola, inclinazione ad

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interrompere gli altri e a rispondere prima ancora che le domande siano terminate .

I bambini con DDAI a tratti sono molto lucidi e presenti, mentre a tratti sembra che la

loro mente sia altrove o che essi non ascoltino o non abbiano sentito quanto si è appena

detto loro. Disperdono, maneggiano incautamente o danneggiano il materiale. Passano

frequentemente da un’attività all’altra senza terminarne nessuna. Hanno un livello di

2 P. Filippello, Valutazione e trattamento dei disturbi del comportamento, Piccin, Padova, 2008, p. 303.

3 D.Viola, Disturbi dell’attenzione. Sopravvivere all’ADHD: manuale per psicologi, medici, insegnanti e

genitori, Libreriauniversitaria.it, Padova, 2011, p. 9.

4 P.Filippello, Op.cit, p. 303.

attivazione fisiologica molto alto e sono facilmente distratti da stimoli irrilevanti. In modo

particolare essi percepiscono gli stimoli come un bombardamento e interrompono

frequentemente i compiti che stanno svolgendo per prestare attenzione a rumori senza

importanza o ad eventi che di solito sono ignorati da altri. i bambini con DDAI manifestano

inoltre comportamenti non finalizzati a uno scopo preciso (battono le dita o vari oggetti

ritmicamente, cambiano continuamente posizione sulla sedia, aprono e chiudono più volte

una chiusura lampo o un coperchio). Hanno la tendenza a essere sempre in movimento, in

azione; a volte possono apparire maldestri nei movimenti, urtando le cose o addirittura

cadendo a terra. Giocarellano nervosamente con oggetti, picchiettano picchiettano con le

mani agitandole troppo insieme i piedi. Spesso si alzano da tavola durante i pasti, mentre

guardano la televisione o mentre fanno i compiti. Parlano continuamente e fanno rumore

in quelle attività che comportano calma. Non riescono ad aspettare le gratificazioni per ciò

che hanno fatto nel modo corretto, pretendendo subito ciò che gli era stato promesso.

Preferiscono inoltre avere immediatamente una piccola gratificazione, piuttosto che

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impegnarsi in termini di tempo e sforzo per ricevere in seguito un premio più consistente .

È molto importante occuparsi anche della sfera emotiva per ciò che riguarda i bambini

affetti da DDAI. Gli studiosi Lahey e Carlson hanno dimostrato, ad esempio, che bambini

con deficit di attenzione e iperattività possono apparire spesso più ansiosi e frequentemente

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presentano disturbi dell’umore, sono più timidi e ritirati socialmente (questo accade a volte

proprio per la loro tendenza a stufarsi facilmente di ciò che stanno facendo, e quindi, i

coetanei, con un andamento di vita meno frenetico, non riescono a star loro dietro).

Prestare attenzione alle competenze emotivo-relazionali e attuare programmi di

trattamento che prevedano lo sviluppo delle capacità empatiche e dei comportamenti

prosociali si rivelerebbe utile in quanto aumenterebbe nel bambino la consapevolezza di sé

e delle proprie emozioni e lo aiuterebbe nella gestione tanto complessa dei rapporti

interpersonali, accrescendo da un lato la sua autostima (problema emotivo più

frequentemente riscontrato nel DDAI) e dall’altro la possibilità di intrattenere buone

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relazioni sociali .

Inoltre a livello cognitivo, i soggetti affetti da DDAI presentano delle difficoltà nei

campi relativi all’attenzione e alle funzioni neuropsicologiche, ovvero soluzione dei

problemi, abilità di pianificazione, grado di allerta e di attenzione, flessibilità cognitiva,

attenzione mantenuta, inibizione delle risposte automatiche, memoria di lavoro non

di vita entropico”

verbale. Ecco perché, si potrebbe parlare di “stile del soggetto con DDAI,

poiché a causa delle problematiche comportamentali e di ciò che tali problematiche

(negativamente) provocano sul piano cognitivo, egli vive in un disordine totale, un vortice

di movimenti, pensieri e risposte comportamentali difficili da gestire. Una vita composta

come un puzzle, con pezzi sparsi ovunque che difficilmente il soggetto ritrova e

difficilmente sa mettere in ordine in maniera armoniosa ed equilibrata.

5 R.A. Fabio, L’attenzione. Fisiologia, patologia e interventi riabilitativi, FrancoAngeli, Milano, 2002, p. 53.

6 C. Vio, G. Marzocchi, F. Offredi, Il bambino con deficit di attenzione, Erickson, Trento, 1999, p. 14.

7 D. Viola, I disturbi del comportamento nei bambini, UniService, Trento, 2010, p. 28.

Diagnosi del Deficit di Attenzione e Iperattività

3. La diagnosi dell’DDAI è un processo molto complesso ed è una delle diagnosi più

difficili per una serie di motivi: un primo problema è costituito dal fatto che i bambini con

tale disturbo riescono a mantenere un comportamento controllato in un contesto

eteroregolato, ed è quindi possibile, anche se non necessario, che il clinico, non riscontri,

nel contesto di valutazione, i comportamenti sintomatici che sono invece presenti nella vita

quotidiana. Per questo motivo i principali manuali diagnostici per effettuare una diagnosi

di DDAI richiedono una valutazione di tipo comportamentale, ossia una rilevazione della

presenza dei sintomi in almeno due contesti di vita: la famiglia e la scuola. Pertanto una

valutazione esclusivamente laboratoristica non risulta essere sufficiente e la diagnosi non

deve focalizzarsi unicamente sui sintomi ma sulla compromissione funzionale.

Il secondo problema che rende difficile e delicato il processo diagnostico della DDAI

consiste nel fatto che la disattenzione, l’impulsività e l’iperattività sono variabili che fanno

parte (in parte) della vita di ciascuna persona, soprattutto nella vita dei bambini e, poiché

queste variabili sono dimensionali, non importa averle o non averle ma è fondamentale

riconoscere a che intensità si manifestano. Inoltre non esistono strumenti di tipo medico in

grado di accertare con sicurezza la presenza del disturbo. L’esame obiettivo medico è

comunque sempre necessario poiché molti bambini con disturbo

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
10 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/01 Psicologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Marge893001 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Fabio Rosa Angela.