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INTRODUZIONE
Noi infermieri ci troviamo oggi giorno davanti a pazienti che devono affrontare il
dolore, molti di questi concludono il loro cammino con la guarigine completa, mentre
gli altri, che sono i soggetti di questa tesina, dovranno fare i conti con malttie
degenerative o terminali. Questi sono i pazienti che vediamo quasi tutti i giorni e con
i quali dobbiamo attuare una relazione d’aiuto che gli faccia affrontare serenamente il
proprio dolore.
Elisabeth KüblerRoss è stata la prima a trattare questo argomento, era una psichiatra
svizzera che viene considerata la fondatrice della psicotanatologia (scienza che studia
i meccanismi della morte con riscontro psicologico).
MODELLO A CINQUE FASI
Questo modello elaborato nel 1970, è uno strumento che ci permette di capire i
processi mentali più frequenti della persona a cui è stata diagnosticata una malattia
terminale, ma è stato constatato che esso è valido anche ogni volta che ci sia da
elaborare un lutto. Non simtratta di un modello a stadi ma a fasi per cui queste
possono anche alternarsi, presentarsi più volte nel corso del tempo, con diversa
intensità, e senza un preciso ordine poiché queste sono regolate dalle emozioni che
non seguono regole; percui questo modello non è standard per ogni persona.
Presentimo le fasi:
Fase della negazione o del rifiuto: “Ma è sicuro, dottore, che le analisi siano
1. fatte bene?”, “Non è possibile, si sbaglia!”, “Non ci posso credere” sono le
parole più frequenti di fronte ad una diagnosi di una patologia grave; questa
fase è caratterizzata dal fatto che il paziente, usando come meccanismo di
difesa il rigetto della realtà, ritiene impossibile di avere proprio quella malattia.
Questa negazione serve al paziente per diminuire l’ansia di dover morire e per
prendersi il tempo necessario per organizzarsi. Con il progredire della malattia
questa difesa diventa sempre più debole, a meno che non si trasformi ad un
livello di negazione maggiore
Fase della rabbia: dopo la negazione iniziano a manifestarsi emozioni forti
2. quali rabbia e paura, che oltre al malato comprendono anche i famigliari, il
personale ospedaliero e per le persone religiose Dio. Una tipica domanda è
“perché proprio a me?”.
È una delle fasi più delicate di tutto il percorso. Rappresenta un momento
critico che può essere sia il momento di massima richiesta di aiuto, ma anche il
momento del rifiuto, della chiusura e del ritiro in sé stesso.
Fase della contrattazione o del patteggiamento: in questa fase la persona
3. inizia a capire cosa è in grado di fare ed in cosa può sperare, iniziando una
specie di negoziato che instaura sia con le persone della sua sfera relazionale,
sia con le figure religiose. “se prendo le medicine, crede che potrò…”, “se
guarisco, poi farò…”. In questa fase, la persona riprende il controllo della
propria vita, e cerca di riparare il riparabile.
Fase della depressione: rappresenta un momento nel quale il paziente inizia a
4. prendere consapevolezza delle perdite che sta subendo o che sta per subire e di
solito si manifesta quando la malattia progredisce ed il livello di sofferenza
aumenta. In questa fase la depressionepuò essere di due tipologie: una reattiva
ed una preparatoria. La depressione reattiva è la conseguenza della presa di
coscienza di quanti aspetti dell’identità, della sua immagine, delle sue decisioni
e dei suoi rapporti sociali sono andati persi. La depressione preparatoria è
quella che anticipa le perdite che si stanno per subire. In questa fase della
malattia la persona non può più negare la sua condizione di salute, e inizia a
prendere coscienza che la ribellione non è possibile, per cui la negazione e la
rabbia vengono sostituite da un forte senso di sconfitta. Questa è la fase che la
maggior parte dei malati non riescono a superare.
Fase dell’accettazione: quando il paziente ha avuto modo di elaborare quanto
5. sta succedendo intorno a lui, arriva all’accettazione della propria condizione e
alla consapevolezza di quanto sta per accadere. ”Sono pronto”. Durante questa
fase possono sempre e comunque essere presenti livelli di rabbia e depressione
ma di intensità moderata. A questo punto il paziente tende ad avere momenti in
cui è silenzioso e si chiude in se stesso, e momenti in cui comunica con i
familiari e con le persone che gli sono accanto. Viene considerato il
momentodei saluti, del “testamento” e della sistemazione delle ultime pratiche.
La fase dell’accettazione non coincide necessariamente con lo stadio terminale
della malattia o con la fase premorte.
LA RELAZIONE D’AIUTO
L’infermiere deve essere in grado di aiutare il malato che affronta la successione di
tutte le cinque fasi. Per fare ciò esso si comporterà in diverso a seconda della fase in
cui si trova la persona bisognosa di aiuto.
Rifiuto
Il serve a prendere tempo, perché fino a quando il paziente dice
• “non può essere capitato a me”, comincia ad abituarsi all’idea che invece
è
capitato a lui. Serve a ritrovare coraggio e ad organizzare le difese. Questo
significa che noi, che stiamo accanto al paziente, dobbiamo parlargli
quando vuole e non quando noi ci sentiamo di farlo. Spesso il rifiuto è
temporaneo e sostituito da una parziale accettazione; spesso ritorna a tratti
anche nelle fasi successive, per esempio ciò accade dopo una ripresa fisica
”non posso essere io a morire”. Può succedere che il paziente in questa
fase inizi a parlare della propria morte con il personale e non con i parenti,
perché sa che questi non la possono tollerare. Il nostro compito sarà quello
di ritornare spesso dal paziente, sedersi accanto a lui, rimanendo anche
solo in silenzio, in modo da far si che il paziente si fidi di noi e ci confidi
la sua solitudine. Questo atteggiamento manifesta la disponibilità di chi
assiste all’ascolto. Ciò significa rispettare il tempo di cui il paziente ha
bisogno per adattarsi all’idea dell’avvicinarsi della morte.
Collera
La è la consapevolezza che tuttociò che faceva parte della sua vita
• si interrompe. Ci sono scatti violenti per affermare la propria presenza;
essi si manifestano in vari modi , perché dipendono anche dalla
personalità di ciascuno: un soggetto aggressivo aumenterà la propria
aggressività; un soggetto che nella vita se la prendeva con tutti, se la
prenderà ancora di più con tutti.Piccolissimo suggerimento: l’attenzione e
la premura limiteranno rabbiosi richiami e lamentele. Il paziente dovrà
essere ascoltato senza doversi prima arrabbiare. Naturalmente questi
attacchi di collera che sono molto complessi, il più delle volte si scaricano
sugli operatori sanitari. Si manifestano con una bestemmia contro
chiunque aiuti, ma è chiaro che questa collera è diretta contro la
malattia.Eppure noi cosa facciamo?Gestiamo questi attacchi di collera
così come gestiamo i nostri litigi quotidiani. Il paziente ci dice: “Ma non
vedi che muoio, perché non mi aiuti?”. E noi rispondiamo al “perche non
mi aiuti” dicendo: “ma non vedi che sono qui per te?”. In realtà, con
questa domanda, il paziente vuole dirci: “Muoio” ed è a questa prima
parte della frase che noi dobbiamo rispondere. Invece noi siamo portati a
difenderci.
Patteggiamento
Il è quando cerca di venire a patti è rappresenta il
• passaggio dalla fase “non sono stato capace di affrontare la realtà” (il
rifiuto), alla fase “sono stato in collera con Dio e con il mondo” (collera),
alla fase del “forse posso fare un accordo e pregare in un altro modo”. Per
capire cosa questo significhi, faccio un esempio riferendomi al bambino. Il
bambino prima urla e fa i capricci, poi, sconfitto, dice: “Se faccio il bravo
mi dai..? ” . Vedete che è un meccanismo di difesa, è un cercare di entrare
piano piano nella fase finale. E un tentativo di dilazionare il tempo e
include un
premio per la buona condotta: “per assistere alla comunione del figlio”,
“per vivere una sola settimana senza dolore”, “per vedere arrivare la
primavera”. Il patteggiamento include anche la promessa di non fare
ulteriori richieste e molte volte può essere un voto che si confessa al
cappellano. Spesso nasconde sensi di colpa più o meno inconsci: la poca
frequenza religiosa, le pessime abitudini alimentari, ecc
Depressione
Nella ci dobbiamo ricordare che non si può offrire una
• speranza di vita sana, ma che si possono offrire speranze anche piccole,
rafforzando quelle reali. Sono accorgimenti elementari, primari, ma
ricordiamoci che qui il bisogno dell’essere umano è primario.Questo tipo
di depressione ha bisogno di silenzio, ha bisogno di ascolto, ha bisogno di
vicinanza, perché è quella che permetterà poi di morire in uno stato di
accettazione. Troppe volte invece, per un maldestro intervento di chi sta
accanto, nasce un senso di abbandono perché il paziente ha paura di essere
solo all’ultimo istante.. La paura più grande di chi muore è la paura di
morire solo.La maggior parte di noi muore così come è vissuta ( a parte il
dolore fisico, la mutilazione o la morte violenta) nel modo di rapportarsi
al momento finale: il tollerante generalmente si rassegna, il nevrotico o
l’irascibile si ribella.
L’Accettazione è caratterizzata da uno stato di stanchezza, di debolezza,
• di assopimenti brevi; quasi un vuoto di sentimenti. A questo punto si
spalanca il bisogno dell’attenzione ai parenti , perché forse loro hanno più
bisogno del paziente. Spesso i parenti invadono pesantemente questo
bisogno di vivere la fine in un certo modo e disturbano il paziente, che
invece si sta lentamente separando dalla vita. Desidera essere lasciato
solo, non essere agitato da notizie esterne, preferisce visite brevi e
silenziose.A questo stadio occorre soprattutto una presenza silenziosa e
partecipe, di disponibile premura che è come dire “non ti lascio solo”.
speranza
La può caratterizzare ciascuna delle “fasi del morire” precedentemente
descritte: all’inizio vi è la speranza della diagnosi errata, poi la speranza di vivere
dignitosamente il tempo che resta da vivere e per finire quella di non morire da solo.
Sono speranze sempre più piccole. Ovviamente capire in quale della varie “fasi del
morire&