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(ID):
sperimentale tendono a restare più ancorati alle emozioni positive rispetto ai soggetti
con placebo. L’ossitocina sembra dunque avere un effetto di ancoraggio verso i volti
positivi nei soggetti depressi. Per i volti che esprimono rabbia i soggetti con ossitocina
riescono a sganciare l’attenzione più rapidamente rispetto a placebo.
Attenzione sostenuta
L’attenzione sostenuta è la capacità di mantenere nel tempo una prestazione attentiva
sufficiente per il rilevamento di un target. Questa dopo 20 minuti va scemando, non è
un processo stabile e tende a decrescere a prescindere dalla nostra volontà. Ciò è
legato al fatto che in situazioni in cui occorre rilevare stimoli rari in una condizione
generale di bassa stimolazione si genera una tendenza ad abbassare il nostro sistema
di arousal interno. Il livello di prestazione ottimale si ha in uno stato di attivazione né
troppo basso né troppo alto. In realtà il nostro sistema di regolazione interno
circadiano, implica dei livelli di attivazione che in realtà sono presenti anche durante la
veglia: la nostra attenzione cicla in circa un’ora e mezza tra stati più o meno attivati.
CRT:
- (non ne ha parlato)
SART:
- sustained attention to response task: è un compito che valuta le capacità
di attenzione sostenuta endogena (poiché auto-generata dal soggetto) e valuta
le capacità nel tempo di rispondere a stimoli target rari. In uno studio venivano
valutati dei soggetti selezionati in modo tale da essere elevati per l’ansia di
tratto o bassi per l’ansia di tratto. Questo studio cercava di capire se c’erano
differenze sia di attivazione che di risposta elettrofisiologica in soggetti
“normali” in relazione alla propria ansia di tratto. Insieme a questo veniva
rilevata anche la tendenza a fare errori cognitivi. La correlazione fra questionari
d’ansia e di CFQ (tendenza ad errori cognitivi) era molto elevata. Venivano
selezionati 9 soggetti e veniva registrato l’elettroencefalogramma durante un
compito SART nel quale comparivano su uno schermo dei numeri a cui il
soggetto doveva rispondere, salvo che per il numero 3 (compito no-go) che
corrispondeva all’11% dei trial (compito raro). Il soggetto deve mantenere
internamente il criterio e il compito era un compito lungo. Compiti simili erano
Non
stati fatti fare senza potenziali evocati a soggetti con tratti d’ansia.
emergono differenze, entrambi riescono a fare bene il compito no-go, è diverso
però il modo in cui il cervello lo esegue . I soggetti con alto CFQ sono quelli
molto distraibili e contemporaneamente molto ansiosi, al contrario per quelli
con basso CFQ. Nei soggetti molto ansiosi la N200 (che compare in entrambi i
gruppi) è molto più ampia rispetto ai soggetti poco ansiosi -> riescono nel
compito ma a uno sforzo maggiore. Un’altra differenza interessante emerge
nella P300, anche questa presente in entrambi i gruppi, (attenzione endogena)
ma più ampia in quelli non ansiosi secondo un gradiente temporale, dura più
tempo. Questo va a riflettere una migliore capacità di allocare risolvere
attentive.
Regolazione dei processi cognitivi e metacognitivi [13] 31-
10
Memoria e emozioni
Memoria dichiarativa: facilmente verbalizzabile.
Memoria episodica:
- in questa memoria si codificano i ricordi personali di eventi
(cosa e quando è successo);
Memoria semantica:
- la nostra enciclopedia sul mondo (non ha una connotazione
temporale);
Memoria autobiografica:
- ha un’organizzazione differente dalla memoria
episodica -> nella memoria episodica tendiamo a ricordare i singoli episodi, in
quella autobiografica mettiamo insieme la nostra storia personale, ha
un’organizzazione knowledge like. Si tende a raggruppare i ricordi della nostra
vita in una narrazione, ad esempio mettendo insieme tanti episodi che
andranno sotto il nome di (ad esempio) “il tempo che ho passato a Firenze”.
Memoria non dichiarativa: non facilmente verbalizzata. In questa rientrano:
Memoria procedurale:
- memoria di come si fanno le cose. È il saper fare certe
cose. Contiene fondamentalmente ricordi di tipo percettivo-motorio (saper
suonare la chitarra, andare in bicicletta…). Questa ha dei substrati
neuroanatomici completamente diversi dalla memoria dichiarativa (strutture
ippocampali). Implica il funzionamento di regioni supplementari motoria e pre-
motoria e dei gangli della base.
Condizionamento:
- apprendimento di risposte condizionate.
Priming:
- fenomeno di facilitazione che si realizza perché siamo stati
precedentemente esposti a delle informazioni. Es, faccio vedere a X una serie di
parole una alla volta sullo schermo e chiedo di dire se sono scritte in maiuscolo
o minuscolo. In una fase successiva di test presento delle parole frammentate, il
compito di X è completarle. Cosa osservo? Osservo che il soggetto completa le
parole utilizzando quelle che ha visto nella fase di studio. Questa parole, per
parlare di priming, il soggetto non le deve ricordare consapevolmente. Per
questa memoria non è necessaria l’integrità delle strutture ippocampali perché
poggia direttamente sul funzionamento delle regioni percettive e non decade
nel tempo.
Tra i primi studiosi che hanno indagato il rapporto tra memoria ed emozione ci sono
Brown e Kulk che notavano come il ricordo di eventi stressanti ed emotivamente
coinvolgenti fosse memorizzato con particolare attenzione. I ricordi emotivamente
salienti determinerebbero a livello cerebrale una sorta di fotografia, come un flash
(flashbulb memory) che fissa il ricordo in maniera indelebile nella mente a causa della
sua valenza emotiva. Per verificare la veridicità di questa teoria chiesero a un
campione di statunitensi se ricordavano in quali circostanze avevano saputo
dell’assassino di Kennedy. Tutti gli intervistati avevano ricordi vividissimi di quando,
come e dove erano quando successe.
Le flashbulb memory sono memorie molto vivide nei soggetti. La domanda a questo
punto è: i ricordi sono sì vividi, ma quanto sono accurati? Si è cercato di capire quanto
sono corretti questo tipo di ricordo in diversi studi. Un gruppo di studiosi svedesi ha
indagato il corrispettivo nazionale dell’omicidio Kennedy (l’assassinio di un primo
ministro svedese) dal vivo: subito dopo la tragedia e dopo 6 mesi dalla stessa si
chiedeva ai soggetti come e dove avevano appreso quello che era successo e si
faceva quindi un confronto fra le due versioni. Gli studiosi si sono accorti che rimaneva
la vividezza del ricordo che però si trasformava: quello che i soggetti raccontavano
subito dopo l’evento non corrispondeva con quello che raccontavano dopo sei mesi,
pur dichiarando di ricordarselo perfettamente. Questa memoria non è dunque più
accurata del resto della memoria (che non è una fotografia della realtà, ma una
ricostruzione di ciò che è successo). Se ci viene chiesto di ricordare qualcosa, la nostra
mente, in maniera implicita, automatica, cerca di rendere stabile nel tempo un certo
ricordo e se qualche elemento dello stesso manca lo costruisce e lo inserisce al di fuori
della nostra consapevolezza. Quando andiamo a rievocare quel ricordo a distanza di
tempo qualche elemento possiamo non ricordarcelo come quando è stato codificato,
viene quindi trasformato al di fuori della nostra consapevolezza. Le flashbulb memory
sono quindi un fenomeno di ricostruzione soggetto alla possibilità che ci possano
essere nei nostri ricordi molte inesattezze, anche importanti. Questo è stato poi
confermato da tutti gli studi successivi. Vivido non vuol dire accurato.
[Questo ci deve far riflettere sull’assurdità dell’utilizzo della memoria dei testimoni nel
sistema processuale: viene richiesto di fare qualcosa di impossibile. Ad esempio, può
venir chiesto ad un testimone di ricordare il colore della maglia di un rapinatore che ha
compiuto l’atto 3 anni fa, cosa impossibile.]
I rapporti fra memoria ed emozioni sono molti stretti. È stato osservato che gli stimoli
emotivi, in generale, tendono ad essere ricordati meglio rispetto agli stimoli neutri,
soprattutto se i primi sono negativi (threat related). Questo è legato alla stretta
interconnessione dell’amigdala (sistema limbico) con l’ippocampo. Se gli stimoli
emotivi sono eccessivamente attivanti (alto arousal), scioccanti, si può osservare
l’effetto opposto, un minore ricordo. Perché questo? Perché sono talmente scioccanti
che il soggetto potrebbe spostare l’attenzione e non codificarle adeguatamente.
La memoria per i volti emotivi : i volti emotivi che segnalano una minaccia si ricordano
meglio; per l’analisi di questi è implicata una maggiore attività delle regioni del
riconoscimento dei volti proprio a causa dei circuiti di interconnessione amigdala-
ippocampo adibiti all’elaborazione di stimoli a contenuto negativo. I volti a contenuto
positivo sono stati molto meno indagati. Questi attivano dei circuiti diversi legati più
alla ricompensa (stimolo sociale). Un volto che ci sorride, da un punto di vista adattivo,
può essere interpretato come amico e anche questo ha un peso nel migliorare il
ricordo di un volto rispetto a uno neutro. La maggior parte degli studi ci dicono che si
ricordano meglio i volti emotivi, in particolare quelli rabbiosi o che esprimono paura.
Si osserva che c’è una coerenza tra stato emotivo e ricordo: in memoria c’è un
fenomeno che si chiama codifica/recupero dipendente dallo stato. Questo significa che
se codifico un’informazione quando sono felice, tenderò a ricordare meglio
quell’informazione quando sono felice, oltre che a ricordami meglio degli stimoli
direttamente legati alla felicità. Questo vale anche per altri stati emotivi quali ad
esempio la tristezza. Questo fenomeno si sa essere molto legato anche alla
depressione: soggetti depressi tendono a ricordare molto meglio in esperimenti di
laboratorio volti tristi e se interrogati sui loro ricordi autobiografici tenderanno a
ricordare in misura sicuramente maggiore gli eventi autobiografici coerenti con il loro
stato d’animo. Questo fenomeno di memoria dipendente dallo stato d’animo si
estende anche a stati alterati di coscienza (memorie sotto effetti di alcolici).
Quando si memorizza un evento a contenuto negativo (soprattutto se molto saliente),
effetto
esempio, una rapina in cui siamo coinvolti, si verifica un evento chiamato
concentrazione sull’arma. Questo è un effetto attentivo molto adattivo: tutta
l’attenzione si sposta sull’oggetto della minaccia, in questo caso sull’arma, ignorando
moltissimi elementi. Questo tipo di evento pro