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CAPITOLO 16. INTERRUZIONE DI UN PUBBLICO SERVIZIO.
Considerazioni introduttive e bene giuridico tutelato.
1.
L’art. 340 prevede una fattispecie volta a tutelare la regolarità e la continuità dell'erogazione dei
servizi pubblici e di pubblica necessità. Si tratta di un'ipotesi sanzionatoria residuale concepita
quale strumento duttile nella gestione penalistica dei rapporti con la pubblica amministrazione.
Il carattere sussidiario, dato dalla clausola di riserva “fuori dai casi preveduti da particolari
disposizioni di legge” è confermato dalla giurisprudenza. La tecnica di incriminazione non brilla
per precisione. Bene giuridico ultimo tutelato, di rilevanza costituzionale è il buon andamento
della pubblica amministrazione.
Soggetto attivo e passivo; disciplina penalistica dello sciopero nei
2. servizi pubblici.
Soggetto attivo può essere chiunque, pertanto oltre ai privati anche i pubblici ufficiali, gli
incaricati di pubblico servizio, i dipendenti pubblici e quelli delle ditte che esercitano il pubblico
e servizio. In caso l’autore sia un soggetto operante all’interno della pubblica amministrazione,
si entra nel profilo maggiormente problematico della fattispecie: il suo coordinamento con la
disciplina dello sciopero e la libera manifestazione del pensiero. In particolare la questione si è
complicata in seguito all’abrogazione degli artt. da 330 a 333 operata dalla L. 146/1990 che
sancivano una serie di divieti ( es. abbandono collettivo e individuale di pubblici uffici, impieghi,
servizi e lavori etc.) volti a mantenere il divieto di sciopero nell’alveo del suo significato
tradizionale, cioè quello di strumento di lavoratori dipendenti per rivendicare condizioni migliori
dal datore di lavoro. Bisogna verificare se sussiste un’espansione della sfera di tutela offerta
dalla fattispecie residuale in esame. La soluzione più corretta, suffragata da un’interpretazione
sistematica porta a considerare non punibili tutte quelle condotte, sia pure turbative o
interruttive del servizio pubblico, che non configurino nient’altro che scioperi in seno ad un
pubblico ufficio o servizio. L’essenzialità del servizio rende particolarmente delicato il problema
di interessi tra diritto di sciopero e il bilanciamento di interessi tra diritto di sciopero e altri beni
giuridici coinvolti, posto come fondamento dell’eventuale incriminazione di simili condotte. Non
a caso in dottrina ci sono posizioni che si rifanno allo schema dell’obbligo di garanzia di cui
all’art. 40 per evidenziare maggiormente la posizione di penalistico rilievo propria di alcune
categorie di soggetti. Quale limite all’esercizio del diritto di sciopero la giurisprudenza impone
la lesione di altri beni di rilevanza costituzionale eventualmente coinvolti nel caso di un
astensione dall’attività lavorativa. Soggetto passivo è sempre la pubblica amministrazione.
Si tratta di un delitto a forma libera: l’elemento caratterizzante risiede nelle conseguenze
causate dall’azione del soggetto attivo.
Le condotte.
3.
Due sono le possibili condotte idonee, alternativamente, a integrare il delitto: l’interruzione
dell’ufficio del servizio pubblico o di pubblica necessità e il turbamento della sua regolarità. La
condotta interruttiva si sostanzia in una mancata prestazione o cessazione totale
dell’erogazione del servizio per un periodo di tempo apprezzabile. L’interruzione non
necessariamente riguarda il servizio nel suo complesso, essendo sufficiente che sia
temporalmente limitata o che coinvolga solamente un settore e non la totalità dell’attività. La
condotta, descritta in termini causali, può assumere i più svariati connotati e può anche essere
omissiva se posta in essere da chi è titolare di una posizione di garanzia ex art. 40. Con la
locuzione di turbamento ci si riferisce a quelle condotte idonee a cagionare un grave intralcio
e un’anomalia nello svolgimento dell’attività e quindi complicare il perseguimento dei fini
dell’azione amministrativa.
Elemento soggettivo e forme di manifestazione.
4. Riguardo all’elemento soggettivo, il dolo è dato dalla rappresentazione e volizione
dell’interruzione o del turbamento di una funzione o servizio pubblico. Si tratta di un dolo
generico che può assumere tutte le forme del dolo, da quello intenzionale fino a quello
eventuale, consistente nell’accettazione del rischio della verificazione dell’evento turbativo
o interruttivo. Il tentativo è ammissibile. Il concorso di reati è regolato dalla clausola di
sussidiarietà che scatta per esempio in presenza dell’integrazione dell’art. 355 che punisce
l’inadempimento di contratti di pubbliche forniture.
Conseguenze per i capi, promotori ed organizzatori
5. dell’interruzione: la natura giuridica del comma 2.
Il comma 2 prevede una circostanza aggravante speciale con un sostanzioso aumento del
carico sanzionatorio ( da 1 a 5 anni), per i capi, promotori ed organizzatori dell’azione
criminosa.
CAPITOLO 17. IL DELITTO DI MILLANTATO CREDITO.
Generalità.
1.
La disposizione incriminatrice del millantato credito che il legislatore del 1930 ha collocato tra
i delitti dei privati contro la pubblica amministrazione, affonda le sue radici nel diritto romano
antico ed è stato veicolato nell’era delle codificazioni sotto l’appellativo della venditio fumi, tra
oscillazioni classificatorie che a volte ne hanno privilegiato il tratto di lesività patrimoniale
rispetto allo spettro di tutela pubblicistica che al contrario ne costituisce l’elemento di continuità
sistematica con il previgente art. 204 del codice Zanardelli. Se il dato storico orienta sulla ratio
che ha spiegato il conditores nella scelta di ergere l’incriminazione a presidio dell’onore e del
prestigio della pubblica amministrazione contro comportamenti discreditativi della sua attività
funzionale, non poche sono le zone d'ombra che la dottrina intravede nell’enucleazione di tali
interessi protetti, in considerazione di un’esegesi costituzionalmente orientata della fattispecie
normativa. Tratti di ambiguità.
Oggetto giuridico.
2.
Il tema dell’oggettività giuridica del delitto di millantato credito si interseca con la possibilità di
una lettura poliedrica della previsione e sconta una netta dissonanza di interpretazioni tra
sostenitori della tesi tradizionale, ossequiosa dell’opzione legislativa e quanti ne valorizzano la
strumentalità per il secondamento dei fini del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica
amministrazione. Per ragioni di schematismo argomentativo è necessario osservare che
mentre sul versante giurisprudenziale si registra una sostanziale tenuta dell’indirizzo tralatizio,
il fronte dottrinario appare più variegato e propenso a polarizzare il disvalore dell'illecito sul
mercanteggiamento ovvero a profilare la versatilità dell'oggettività giuridica del delitto.
• l’indirizzo giurisprudenziale prevalente ritiene che il millantato credito integri una figura
criminosa attraverso cui si realizza l’offesa dell’interesse all’integrità dell’affidamento e del
prestigio di cui deve fruire la pubblica amministrazione in ogni settore della sua attività, ragion
per cui appartiene alla categoria dei delitti monoffensivi, stante che soggetto passivo del
fatto reato deve essere la sola pubblica amministrazione, il cui prestigio subisce un vulnus a
causa dell’ostentazione della possibilità di influenza sulle decisioni di pubblici funzionari. Da qui
si fanno discendere due corollari, il primo dei quali è riassunto nell’asserzione che colui il
quale ha versato le somme di denaro al millantatore è semplice danneggiato dal reato e in tale
veste non ha diritto a ricevere la notifica della richiesta di archiviazione così come non ha diritto
di opporvisi; il secondo si sostanzia nella puntualizzazione che neppure il p.u. del quale si
faccia credere la corruttibilità, possa assurgere ad un rango diverso da quello di mero
danneggiato dal reato, essendo egli tale per il nocumento cagionato alla sua persona, alla sua
onorabilità e al suo prestigio e comunque non surrogabile, quale soggetto passivo, alla
pubblica amministrazione, titolare del preminente interesse pubblico del prestigio dello Stato e
protetto dalla norma. Si dà concretezza alla circostanza che elemento essenziale della
condotta criminosa è anche la lesione dell’integrità patrimoniale del soggetto-vittima della
vanteria. Emblematiche sono le pronunce in cui si è sancito che nel reato di millantato credito,
persona offesa non è solo la pubblica amministrazione, ma altresì colui che effettua o
promette la prestazione e ancor più diffusamente che “ferma restando la finalità di tutela del
prestigio della pubblica amministrazione propria del millantato credito, se il legislatore ha
limitato la punibilità a chi vanti un’influenza verso pubblici ufficiali all’ipotesi in cui simile
vanteria non ha corrispondenza nella realtà, la protezione apprestata, diretta a impedire anche
un arricchimento senza causa, comprende pure il patrimonio del privato” sì che il reato di cui
al comma 1 dell'art. 346 deve includersi nel novero di quelli a struttura plurioffensiva.
• sul fronte dottrinale, pur profilandosi un ventaglio ampio di soluzioni interpretative, tra le quali
trova spazio anche l'opinione tradizionale, la maggioranza, sottolineata la necessità di
conformare il disposto normativo ai dettami della Carta fondamentale repubblicana, polarizza il
contenuto di disvalore della fattispecie sull’adesione dei principi di buon andamento e
imparzialità fissati dall’art. 97 Cost.. La promessa o dazione di utilità da parte del privato
all’intermediario sarebbe in grado comunque di produrre un discapito all’efficienza dell’azione
amministrativa e pregiudizio alla correttezza della pubblica amministrazione, non tanto intesa
come prestigio quanto piuttosto come mezzo indispensabile per garantire ai cittadini lo
standard ottimale del servizio, da prestarsi in forma assolutamente gratuita.
Soggetto attivo.
3.
Autore del reato, in ambedue le figure di millantato credito disciplinate nella norma, può essere
chiunque, si tratti di privato o di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio.
Qualora soggetto attivo del delitto risulti essere persona investita di qualifica pubblicistica può
trovare applicazione l’aggravante dell’art. 61 n° 9, se ricorre il requisito dell’abuso di poteri o
violazione di doveri. Situazione questa che sia ritenuta sussistente in