Diritto penale - reati contro la Pubblica Amministrazione- Appunti
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Reati contro la pubblica amministrazione
cambio qualitativo che si è avuto in tempi recenti nel reato di corruzione, con
l’avvento di una procedura in cui la circolazione del denaro viene effettuata con
una visione a largo raggio, con prefigurazione di sistemi di spartizione quasi
codificati, per cui, certe volte, non risulta facile collegare determinate dazioni
con singoli atti della pubblica amministrazione.
Si tenga presente che l’ultimo orientamento della Cassazione ritiene
sufficiente che l’atto oggetto di mercimonio sia individuabile in relazione ad un
comportamento del pubblico ufficiale, ben determinato nel suo contenuto, ma
suscettibile di specificarsi in una pluralità di atti non preventivamente fissati o
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programmati .
E) Corruzione in atti giudiziari
Con l’articolo 9 della legge 26/04/1990, n.86, il legislatore ha istituito la norma
inerente la corruzione in atti giudiziari, ex articolo 319 ter.
ARTICOLO 319 TER – Corruzione in atti
CODICE PENALE
giudiziari (reato autonomo ) per favorire o
[1] Se i fatti inquadrati negli articoli 318 e 319 sono commessi
danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo, si
applica la pena della reclusione da tre ad otto anni.
[2] Se dal fatto deriva l’ingiusta condanna di taluno alla reclusione non
superiore a cinque anni, la pena è della reclusione da quattro a dodici anni; se
deriva l’ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o
all’ergastolo, la pena è della reclusione da sei a venti anni.
Chiaramente soggetti attivi di questo reato sono solamente i pubblici ufficiali
che, a differenza degli incaricati di pubblico servizio, sono nella posizione di
influenzare le decisioni giudiziarie.
L’autonomia della nuova fattispecie rispetto ai reati di corruzione
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tipici, come confermato dalla giurisprudenza , si può evincere dal fatto che
la norma risulta distinta dalle circostanze aggravanti previste dall’articolo
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319 bis e dal fatto che sia stata rubricata con un nome iuris specifico .
Il secondo comma della fattispecie è un reato aggravato dall’evento in cui
non conta che l’evento sia stato voluto e previsto in quanto sia in presenza di
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dolo che di colpa il titolo di reato e la risposta sanzionatoria non cambiano .
63 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 25/10/1998, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.258; nello
commentata di diritto penale”,
stesso senso si veda Cassazione Penale Sezione VI, 15/11/2000, n.11727.
64 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 19/12/2001, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.295.
commentata di diritto penale”,
65 In merito ai criteri per distinguere tra una fattispecie autonoma ed una fattispecie circostanziata si veda pag.61-63 di parte generale.
66 In merito all’intricato argomento dei delitti aggravati dall’evento, si veda pag.49 di parte generale.
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 54
Reati contro la pubblica amministrazione
Attenzione, il reato può essere commesso da qualsiasi persona che rivesta
giudice,
nell’ambito del processo la qualifica di pubblico ufficiale, ossia
pubblico ministero, ufficiale giudiziario, testimone, consulente tecnico,
ecc…
Caso Mills
Il contenuto classico del reato di cui al 319 ter è quello di fornire una
“retribuzione” a un giudice per ottenere un provvedimento giudiziario
favorevole.
Nel caso di corruzione antecedente basta la promessa e non occorre neppure la
dazione perché il reato si perfezioni.
Ma è configurabile il reato del 319 ter con una condotta susseguente?
favorire o danneggiare” una
Il fatto che il legislatore abbia specificato “per
parte sembrerebbe incompatibile con la remunerazione di un atto già compiuto.
non
Ragioniamo: il reato persegue il compimento di un atto contrario e
l’effettivo ottenimento dell’atto favorevole.
L’operazione logica da fare è: trascrivere l’art. 319 e aggiungere l’elemento
caratterizzante di cui al 319 ter fatta questa operazione risulta compatibile il
reato di corruzione giudiziaria susseguente.
Con la sentenza Mills la Cassazione a sezioni Unite conferma questa
impostazione.
F) Momento consumativo dei reati di corruzione
In merito all’individuazione del momento consumativo del reato di corruzione,
sorgono problemi ogni qual volta alla promessa segua in un momento
diverso la dazione del denaro o dell’altra utilità.
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In una pronuncia del 1997 la Cassazione era arrivata a sostenere che, nel corso
di un mercimonio riguardante lo stesso atto, promessa ed effettivo pagamento,
posteriormente avvenuto, rappresentassero due singole ipotesi di corruzione,
tutt’al più legate da continuazione. L’ipotesi non è accettabile in quanto un
soggetto si troverebbe a rispondere due volte per lo stesso fatto in contrarietà
In ogni caso la corruzione per
con il principio del ne bis in idem sostanziale.
la sua struttura può essere considerato un delitto a condotta frazionata, per
cui il reato si considera già perfetto con la promessa mentre il momento
consumativo, che segna l’esaurimento del reato è rappresentato dall’ultima
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consegna . Il termine di prescrizione inizia perciò a decorrere dal momento
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dell’ultima dazione di denaro .
67 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 24/03/1997, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.290.
commentata di diritto penale”,
68 A tal proposito, si veda il discorso inerente alla truffa con condotta frazionata a pag.247 di parte speciale.
69 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 16/04/1999, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.294.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 55
Reati contro la pubblica amministrazione
ABUSO D’UFFICIO
Occorre ricordare i tre passaggi che hanno segnato le vicende di questa
fattispecie:
Prima del 1990,
1) quello che veniva definito abuso d’ufficio era confinato
disposizione di chiusura del sistema.
sempre nell’articolo 323, ma come La
norma conteneva alcune ipotesi residuali, comportamenti con cui si procurava
ad altri un danno o un vantaggio. Tra le altre cose, fino al 1990 è stata in vigore
la norma sull’interesse privato in atti d’ufficio che restringeva ulteriormente
lo spazio dell’abuso d’ufficio.
2) Nel 1990, la disposizione sull’abuso d’ufficio ha subito un completo
ruolo decisamente più centrale
revirement assumendo un e ponendosi in
sostituzione dell’interesse privato in atti d’ufficio, non senza velleità di
assorbimento di alcune fattispecie di peculato per distrazione.
ARTICOLO 323 CODICE PENALE – Abuso d’ufficio, ex legge
86/1990 al fine di
[1] Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che,
procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio non patrimoniale o per
(dolo specifico ad ampio spettro)
arrecare ad altri un danno ingiusto abusa
,
(condotta non vincolata)
del suo ufficio, è punito, se il fatto non costituisce più
grave reato, con la reclusione fino a due anni.
[2] Se il fatto è commesso per procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio
patrimoniale, la pena è della reclusione da due a cinque anni.
carente sul piano della tassatività.
La norma ha però palesato un’impostazione
In pratica, la norma sull’abuso d’ufficio è stata utilizzata a largo raggio finendo
per tutelare diverse condotte, ma generando conclusioni giudiziarie con esiti
contraddittori. Si è creato in questo modo un allarme sociale che ha trovato il
suo coronamento in primis nell’approdo della questione sotto il profilo di
carenza di tassatività davanti alla Corte Costituzionale ed in ultima istanza
nell’intervento risolutore del legislatore nel 1997. L’intervento del legislatore ha
rappresentato lo sbocco delle diverse questioni di legittimità costituzionale e
delle numerose proposte di modifica suggerite in quegli anni.
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 56
Reati contro la pubblica amministrazione
3) Come testimoniato dai frequenti interventi del legislatore, la norma
sull’abuso d’ufficio ha rappresentato una delle fattispecie più tormentate del
codice penale. La disposizione ex legge 86 del 1990, essendo imperniata su una
condotta carente quanto a tassatività, aveva suscitato parecchie polemiche in
virtù dell’uso improprio della norma da parte di qualche procura. La nuova
disposizione sull’abuso d’ufficio, ex legge 234 del 1997, ha senz’altro risolto
alcuni problemi che si erano presentati dopo la riforma del 1990, ma,
contemporaneamente, ha lasciato irrisolte alcune questioni. La ratio della
riforma deve comunque essere ricercata nella volontà di tassativizzare la
fattispecie. ARTICOLO 323 CODICE PENALE – Abuso d’ufficio, ex legge
234/1997 (clausola di
[1] Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato
sussidiarietà) , il pubblico ufficiale, o l’incaricato di pubblico servizio, che,
in violazione di norme di legge o
nello svolgimento delle funzioni o del servizio,
(tipizzazione della condotta )
di regolamento ovvero omettendo di astenersi in
presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi
(escluso dolo eventuale)
intenzionalmente procura
prescritti, sé o ad altri un
(solo vantaggio economicamente valutabile)
ingiusto vantaggio patrimoniale (reato di evento)
ovvero reca ad altri un danno ingiusto è punito con la
reclusione da sei mesi a tre anni.
[2] La pena è aumentata nei casi un cui il vantaggio o il danno hanno un
carattere di rilevante gravità.
Dalla generica condotta di abuso d’ufficio prima delineata, si è cercato di
passare ad una più precisa tipicizzazione. Il soggetto qualificato per realizzare
un abuso d’ufficio nello svolgimento delle funzioni o del servizio deve
commettere una violazione di legge o di regolamento oppure una violazione
del dovere di astensione incombente in presenza di un interesse proprio o di un
prossimo congiunto o di eventuali altri casi in cui l’astensione sia imposta dalla
legge. Quindi, da una condotta che poteva essere variamente interpretata (cattivo
uso del potere discrezionale, situazioni di strumentalizzazione di una pubblica
una tipicizzazzione della fattispecie reato,
funzione, ecc…) si è arrivati ad
malgrado anche le indicazione del 1997, che possono prestarsi a diverse letture,
non abbiano messo tutti d’accordo. Nella norma sull’abuso d’ufficio rientrano
solamente condotte che siano espressione dell’attività pubblica affidata
all’agente, al contrario quando la funzione ed il servizio risultano del tutto
estranei alle attribuzioni dei soggetti qualificati, non è ravvisabile la fattispecie
di abuso d’ufficio ma tutt’al più differenti fattispecie reato (ad esempio
70
usurpazione di funzioni pubbliche, ex articolo 347) .
70 A tal proposito, si veda Cassazione Penale Sezione VI, 18/12/2001, n.45625.
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 57
Reati contro la pubblica amministrazione
La nuova norma, rispetto alla precedente, prevede un trattamento, non solo
sanzionatorio, più favorevole per il soggetto che ha commesso un abuso
d’ufficio. Gli elementi che evidenziano il maggiore favor della norma attuale
rispetto alla precedente sono i seguenti:
i comportamenti sono delineati in maniera più ristretta (anche se
non si sa bene quanto più ristretta) rispetto a prima, in quanto si richiede che il
soggetto qualificato agisca, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in
violazione di norme di legge o di regolamenti oppure si astenga in presenza di
un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti;
è stato eliminato l’abuso d’ufficio diretto a procurare un vantaggio
non patrimoniale;
le limitazioni sul piano del dolo sono rimaste le stesse anche se è
cambiata la struttura della norma, si richiede che il soggetto qualificato procuri
intenzionalmente il danno o il vantaggio patrimoniale, eliminando l’eventualità
dolo eventuale;
che questi eventi si realizzino in presenza di un
il momento consumativo si è spostato in avanti in quanto, in
precedenza, il fatto si consumava con il semplice abuso d’ufficio, mentre adesso
ed occorre la
la violazione di legge o di regolamento non è sufficiente
verificazione dell’evento, cioè il danno ingiusto per terzi o l’ingiusto
vantaggio patrimoniale; quando l’evento non si verifica si ha tentativo di reato;
con la diminuzione della cornice edittale diventa più breve il termine di
prescrizione; sono anche meno utilizzabili le misure cautelari e le intercettazioni
(retrocessione da reato di seconda serie a reato di terza serie).
A) Concorso dell’estraneo nel reato proprio
Deve essere ricordato che il soggetto avvantaggiato dall’abuso d’ufficio non
non
necessariamente concorre nel reato proprio in quanto l’abuso d’ufficio
risulta un reato plurisoggettivo obbligatoriamente qualificato dalla
71
presenza dell’extraneus (si tratta di un reato proprio esclusivo). Ciò non
esclude che si possa delineare una responsabilità, ai sensi dell’articolo 110 di
parte generale, quando il soggetto avvantaggiato abbia posto in essere una
condotta aggiuntiva ulteriore, che vada oltre la condotta minima non punibile di
parte speciale, ossia il semplice usufruire del vantaggio patrimoniale. In pratica,
quando il soggetto compie un ulteriore comportamento (per esempio istigare il
pubblico ufficiale ad intervenire in suo favore) non è messo a riparo dalla
ne risponde in base all’articolo 110 (concorso )
disciplina del 323 e . Quindi,
per la configurabilità del concorso non basta il riferimento al vantaggio che ne è
71 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 13/05/1999, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.386.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 58
Reati contro la pubblica amministrazione
derivato, in quanto occorre la concreta dimostrazione che il privato abbia posto
in essere una condotta tale da aver svolto un ruolo causalmente rilevante nella
realizzazione della fattispecie criminosa (determinazione, accordo, istigazioni,
72
ecc…) . Nell’ipotesi in cui si scopra che il soggetto passivo ha remunerato il
soggetto qualificato per commettere un abuso d’ufficio entrambi risponderanno
del più grave reato di corruzione propria.
B) Clausola di riserva espressa
Attenzione, la nuova norma sull’abuso d’ufficio si apre con una clausola di
73 salvo che il fatto
riserva espressa relativamente determinata , in base alla quale
non costituisca più grave reato si risponde di abuso d’ufficio. Il reato di abuso
è norma tipicamente residuale
d’ufficio e come tale, in virtù della clausola di
riserva, è applicabile solo quando non si configuri un reato più grave.
Ad esempio, il reato di corruzione sia propria che impropria, assorbe quello di
abuso d’ufficio nell’ipotesi in cui l’abuso d’ufficio consista in condotte
funzionali all’accordo corruttivo, in virtù della clausola di sussidiarietà presente
nell’articolo 323 e della natura sussidiaria della fattispecie reato (tecnicamente si
può affermare che la condotta di abuso d’ufficio è contenuta nel reato di
corruzione e si configura, di conseguenza, un concorso apparente di norme)
Tuttavia, quando corruzione ed abuso d’ufficio risultano condotte separate,
secondo alcune pronunce della Cassazione del 2001, si configura un
concorso materiale. clausola di sussidiarietà opera
A tal proposito, è importante sottolineare che la
qualora sia avvenuta una sola condotta che violi più fattispecie reato con
se le condotte
conseguente esclusione del concorso formale di reati in quanto
risultano diverse e cronologicamente non coincidenti il reato di abuso
d’ufficio concorre materialmente con altri reati.
Il reato di turbata libertà degli incanti ex articolo 353, comma 2, non da
luogo a concorso formale con l’abuso d’ufficio, che viene assorbito nel reato più
grave (chiaramente in questo caso entrambe le norme tutelano lo stesso interesse
74
ossia il buon andamento della pubblica amministrazione) .
Risultano più controversi i rapporti dell’abuso d’ufficio con i reati di falso
in quanto la Cassazione ha assunto al riguardo posizioni diverse. Secondo una
75 76
pronuncia del 2002 , che ha confermato un indirizzo già emerso nel 2001 , i
reati di falso ideologico, ex articolo 479, ed abuso d’ufficio, ex articolo 323,
risultano posti a tutela di due interessi diversi, buon andamento della pubblica
amministrazione in una caso ed interesse alla veridicità dei mezzi di certezza
72 Cassazione Penale Sezione VI, 12/07/2000, n.8121.
73 In merito alle clausole di riserva, si veda pag.92-93 di parte generale.
74 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 22/07/1999, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.390.
commentata di diritto penale”,
75 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 10/01/2002, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.394.
commentata di diritto penale”,
76 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 31/07/2001, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.394.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 59
Reati contro la pubblica amministrazione
pubblica nell’altro (il che sarebbe già sufficiente a negare un’eventuale concorso
77 ), ed inoltre non sarebbero nemmeno caratterizzati da un
apparente di norme
rapporto di specialità in astratto in quanto secondo la Cassazione il reato di falso
non potrebbe assorbire il reato di abuso d’ufficio essendo privo di alcuni
elementi costitutivi come il procurare un danno ingiusto o un vantaggio
78
patrimoniale ingiusto. Nel 1999 la Cassazione si era invece espressa per il
concorso apparente di norme in virtù della clausola di riserva prevista all’inizio
dell’articolo 323, il che significherebbe l’assorbimento dell’abuso d’ufficio nel
più grave reato di falso che prevede una cornice edittale da tre a dieci anni.
C) Elemento soggettivo e dolo intenzionale
l’abuso d’ufficio era un reato a dolo specifico,
In precedenza, in cui si
richiedeva per l’ipotesi meno grave (vecchio primo comma) che il soggetto
agisse o per recare ad altri un danno o per far conseguire a sé o ad altri un
vantaggio non patrimoniale e per l’ipotesi più grave (vecchio secondo comma)
che il soggetto agisse per conseguire un vantaggio patrimoniale. Attualmente, la
come reato a dolo generico,
norma si presente ma qualificato, in quanto ciò che
è diventato l’evento del reato
in precedenza rappresentava il dolo specifico con
è sparito il riferimento al vantaggio non patrimoniale.
la novità che Il
procurare, a sé o al altri, un ingiusto vantaggio patrimoniale o, in alternativa,
l’arrecare ad altri un danno ingiusto risultano eventi che devono essere
necessariamente realizzati perché il reato possa ritenersi consumato.
Occorre chiedersi perché il legislatore abbia introdotto nella norma del 1997
l’avverbio intenzionalmente. Evidentemente era sua intenzione qualificare il
dolo, anche se, in realtà, le differenze rispetto al passato non risultano così
rappresentando l’abuso d’ufficio un reato a dolo
rilevanti. Già in precedenza,
specifico, ed essendo, quindi, necessario che il soggetto abusasse dell’ufficio per
si escludeva,
perseguire un determinato vantaggio o per recare ad altri un danno,
come elemento soggettivo, il semplice dolo eventuale. La pubblica accusa,
infatti, doveva dimostrare che l’abuso d’ufficio avesse come fine fondamentale e
principale il perseguimento del vantaggio patrimoniale ingiusto (o del danno
ingiusto); non era sufficiente che il soggetto qualificato si rendesse conto che
comportandosi in un certo modo per conseguire un obiettivo legittimo o
comunque conforme al diritto, potesse avvantaggiare in maniera indebita
qualcuno che poteva fruire di questo iter truffaldino per ottenere ciò che non
avrebbe potuto ottenere seguendo la procedura normale. Era il caso di chi, per
esempio, senza regalare niente a nessuno, utilizzava lo strumento della trattativa
privata in situazioni non legittime non perché amico del soggetto invitato alla
gara informale, bensì perché, a fronte di una scadenza vicina, riteneva di essere
in difficoltà a seguire le normali procedure.
77 In merito al concorso apparente di norme, si veda pag.91-94 di parte generale.
78 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione V, 01/09/1999, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.397.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 60
Reati contro la pubblica amministrazione
La Cassazione, in un intervento del 2000, non ha ravvisato abuso d’ufficio per
alcuni amministratori comunali
assenza del dolo intenzionale in un caso in cui
avevano violato la normativa edilizia al fine di evitare lo spopolamento della
79
montagna favorendo però in questo modo alcuni proprietari immobiliari .
In questo caso. 80
In ultimo è opportuno ricordare che, come sottolineato anche dalla Cassazione
ai fini della configurabilità del dolo intenzionale, risulta del tutto
nel 2001,
irrilevante il movente, che induce a perseguire, come fine della condotta, la
realizzazione del reato. Di conseguenza dolo del reato “de quo” sussiste anche
quando l’evento patrimoniale procurato è il mezzo che il pubblico ufficiale si
raffigura e vuole per realizzare uno scopo ulteriore, magari lecito.
1) Rettore di Università che assume personale trimestrale con troppa
disinvoltura manca l’intenzionalità di attribuire ai trimestrali un
vantaggio patrimoniale
2) Presidente di seggio elettorale che, sbagliando, non consente a un elettore
di votare manca il dolo intenzionale nei confronti dell’elettore
3) Presidente di un Municipio della città di Roma che aveva “requisito”
alloggi vuoti a favore di persone sfrattate manca il dolo intenzionale
D) Cornice edittale
Il legislatore ha anche modificato la sanzione, che in precedenza prevedeva la
reclusione da due anni a cinque anni, riducendo la cornice edittale da sei mesi a
tre anni. La ratio di questa modifica va ricercata non tanto nella volontà di
non rendere esperibile la
limare i termini di prescrizione, ma nella volontà di
via dell’emissione di provvedimenti restrittivi della libertà personale.
E) Violazione del dovere di astensione violazione del dovere di
E’ importante ricordare la portata della cosiddetta
astensione, in merito al quale è opportuno non ritenere automatica la
realizzazione del reato con una semplice violazione.
Questo vecchio dibattito, sviluppatosi sotto la vigenza della norma dell’interesse
privato in atti d’ufficio, abrogata con la riforma del 1990, si incentrava su un
dilemma che, almeno in un primo tempo, era rimasto irrisolto. Ci si chiedeva,
infatti, se il fatto che un pubblico ufficiale non si fosse astenuto dal partecipare
ad un atto in cui aveva un interesse personale o del prossimo congiunto, in
violazione delle norme di diritto amministrativo che impongono l’astensione in
questi casi, non integrasse già il reato di interesse privato in atti d’ufficio. Dopo
un lungo dibattito dottrina e giurisprudenza erano arrivate ad affermare che la
semplice violazione del dovere d’astensione potesse, al massimo, risultare un
79 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 04/10/2000, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.382.
commentata di diritto penale”,
80 Cassazione Penale Sezione VI, 11/12/2001, n.44395.
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 61
Reati contro la pubblica amministrazione
indizio per valutare se davvero ci fosse poi stata una presa di interesse nell’atto
della pubblica amministrazione.
A maggior ragione nella nuova norma sull’abuso d’ufficio, decisamente più
restrittiva delle precedenti, non è possibile che la semplice violazione del dovere
di astensione possa risultare sufficiente a configurare la fattispecie reato. E’
violazione sia strumentale al perseguimento
necessario, invece, che la
intenzionale di un vantaggio patrimoniale ingiusto, elemento che fa parte
della struttura oggettiva della fattispecie.
Tra i casi che sono stati fatti rientrare nell’abuso d’ufficio per dovere di
81
astensione si può segnalare una pronuncia del 1999 in cui è stato condannato
medico in servizio presso una ASL
un che dopo aver visitato un paziente lo
indirizzato verso un laboratorio medico non convenzionato
aveva di cui era
socio, non avvertendo il paziente della possibilità di eseguire l’esame anche
violando di conseguenza il dovere di
presso una struttura convenzionata e
astensione cui era tenuto
F) Violazione di leggi violazione di norme di legge o di
La condotta del nuovo articolo 323 prevede la
regolamento. In particolare, con riferimento alla violazione di legge, è stato
posto il problema se si intendesse negare rilevanza ad un comportamento non in
contraddizione con una specifica disposizione, ma nel quale fosse ravvisabile
figura tipica riconducibile all’eccesso di potere,
quella quale vizio dell’atto
amministrativo. Una corrente interpretativa sostiene che sia proprio intenzione
violazione di norme per
del legislatore individuare la condotta in termini di
indicare quel vizio che è la violazione di legge, nell’ambito dell’atto
amministrativo, in modo da escludere l’eccesso di potere (che potrebbe anche
derivare dal malgoverno delle norme di buona amministrazione, che possono
presiedere, per esempio, all’uso del potere discrezionale in cui non c’è una
chiara contraddizione rispetto ad una specifica norma che tassativamente
imponga di comportarsi in un certo modo). Su questa base, la giurisprudenza
si è sdoppiata.
degli ultimi anni, Deve essere ricordato che la Cassazione si è
trovata a giudicare vicende, inquadrate sulla base del vecchio 323, alla luce del
nuovo articolo 323 in quanto erano numerosi i procedimenti di abuso d’ufficio
in itinere. l’accezione violazione di norme
- Una prima linea interpretativa sostiene che
possa essere riferita anche alle disposizioni costituzionali cosicché pare
possibile fare appello all’articolo 97 della Costituzione, che postula i principi di
buon andamento e di imparzialità della pubblica amministrazione. In questo
modo è possibile ricondurre all’abuso d’ufficio comportamenti che, in sé e per
non sono direttamente confliggenti con una specifica norma
sé, (penale,
amministrativa, ecc…). Questo tipo di interpretazione può lasciare perplessi
81 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 16/06/1999, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.359.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 62
Reati contro la pubblica amministrazione
rotta di collisone con le intenzioni dichiarate dal
soprattutto perché si pone in
legislatore che erano di ridimensionare la portata applicativa dell’articolo 323.
E’ evidente che, richiamando l’articolo 97, possano rientrare nell’abuso
d’ufficio tutte le condotte genericamente in conflitto con il perseguimento del
buon andamento e dell’imparzialità.
- Una seconda corrente di pensiero, ritiene che il concetto di violazione di
debba essere interpretato in senso restrittivo
legge ed altrettanto vale per la
violazione di regolamento. Si avvalora tra l’altro la tesi secondo cui è esclusa la
rilevanza dell’eccesso di potere e, comunque, di qualunque forma di
strumentalizzazione dell’attività o del potere da parte del soggetto qualificato
che non si ponga in chiara contraddizione con norme specifiche.
Un punto, sul quale la discussione era risultata controversa riguardava il dubbio
se il riferimento alla violazione di norme intendesse escludere quelli che
venivano genericamente definiti “comportamenti concretanti un abuso di potere”
in quanto alcuni autori avevano sottolineato la mancanza di chiarezza
nell’indicazione del legislatore, prospettando la volontà di privilegiare (fra le tre
forme di vizi di legittimità dell’atto) soltanto la violazione di legge (tesi
restrittiva). di violazione di norme di legge e non
A parte il fatto che la norma parla
di violazione di legge come vizio dell’atto e a parte il fatto che questo reato
potrebbe operare anche non in correlazione stretta con un atto amministrativo in
senso tecnico, parlare di vizio dell’atto in assenza di un atto amministrativo
appare quantomeno discutibile. Una lettura di questo genere dovrebbe poi fare i
risulterebbe esclusa anche l’incompetenza
conti col fatto che che è uno dei
vizi tipici dell’atto amministrativo). Se si volesse recuperare l’incompetenza,
affermando che la violazione delle norme sulla competenza è pur sempre una
violazione di norme di legge, diventerebbe a questo punto non difficile
affermare che anche tutte le ipotesi di eccesso di potere risultino violazioni di
qualche norma.
Infatti, esistono norme di comportamento della pubblica amministrazione che
sono norme di legge e descrivono comportamenti in termini tali da farvi
rientrare anche l’eccesso di potere o, quantomeno, la forma più grave dello
sviamento di potere (ipotesi in cui, formalmente, si rispetta la normativa, ma si
indirizza palesemente la scelta verso il perseguimento di interessi privati e non
dell’interesse pubblico che si dovrebbe tutelare).
Secondo l’indirizzo estensivo, il tentativo del legislatore di ridimensionare la
norma sarebbe, in realtà, miseramente fallito in quanto non si sarebbe tenuto
conto che in una serie di contesti è comunque possibile reperire comunque una
violazione di norma di legge che consenta di andare ben al di là di quanto
sostenuto dai fautori della tesi restrittiva.
In ogni caso, al di là di qualsiasi disputa dottrinale, la tesi restrittiva ha da subito
82
Cassazione in
prevalso, come è possibile evincere da alcune pronunce della
82 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 19/04/2000, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.306.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 63
Reati contro la pubblica amministrazione
cui si è esclusa la valenza, nell’ambito dell’articolo 323, di norme
esclusivamente programmatiche come l’articolo 97 della Costituzione o
altre di analogo contenuto.
In particolare, il nuovo articolo 323 non punisce a titolo di abuso d’ufficio
qualsiasi comportamento costituito da un illegittimo esercizio dei poteri inerenti
a un pubblico servizio in quanto per aversi un abuso penalmente significativo
occorre la violazione di una disposizione di legge (o regolamento) che
83
puntualmente vieti il comportamento tenuto dal soggetto qualificato . Non
risulta, invece, rilevante la violazione di una disposizione genericamente
strumentale alla regolarità dell’azione amministrativa, anche se questo indirizzo
84
è stato qualche volta contraddetto da alcune pronunce .
Per quanto riguarda la casistica, una vicenda in cui una giunta comunale aveva
senza seguire
rilasciato un’autorizzazione per la concessione di un parcheggio
l’itinerario previsto da una precedente delibera comunale, non è stato
inquadrato nell’abuso d’ufficio in quanto è stato ritenuto una violazione di
norme contenute nella delibera comunale, che risulta fonte diversa dalla
85
legge . In altre vicende in cui sono state violate norme inerenti il servizio
protesti e rimborso spese nella procedura di competenza dei notai (legge
86 87
329/1973) , norme inerenti il codice della strada , norme inerenti la
88 89
legislazione tributaria , norme di legislazione regionale , è stato ravvisato un
abuso d’ufficio, ex articolo 323.
Ultime tendenze della giurisprudenza
Negli anni immediatamente successivi al 1997 la giurisprudenza respingeva la
tesi della violazione dell’art. 97 cost. in quanto norma programmatica e non
immediatamente precettiva.
Successivamente però viene introdotta una sorta di distinzione:
1) Buon andamento norma programmatica
2) Imparzialità norma che può avere una valenza precettiva
Quindi il dovere di imparzialità della P.A. ha avuto nel campo penale un recente
recupero da parte della giurisprudenza.
83 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 18/12/2001, n.45261, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003,
commentata di diritto penale”,
pag.315.
84 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione V, 19/03/1999, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.316.
commentata di diritto penale”,
85 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 21/11/2000, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.352.
commentata di diritto penale”,
86 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 19/12/2000, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.319.
commentata di diritto penale”,
87 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 23/12/1999, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.321.
commentata di diritto penale”,
88 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 06/03/1998, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.323.
commentata di diritto penale”,
89 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione II, 23711/1998, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.323.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 64
Reati contro la pubblica amministrazione
La sentenza impugnata ha dichiarato il non luogo a procedere per il reato di abuso
d'ufficio contestato agli imputati ritenendo che nel caso di specie non sia stata
assoluta inidoneità della prova
violata alcuna norma di legge. Il G.u.p. ha rilevato la
in relazione alla sussistenza della violazione di legge o di regolamento che deve
caratterizzare il reato di cui all'art. 323 c.p.. In particolare, dopo aver escluso che la
violazione dei precetti costituzionali (art. 97 Cost.) e la violazione di norme di legge
non direttamente strumentali al procedimento amministrativo (D.Lgs. n. 165 del
2001, art. 2, comma 1, lett. d; del D.P.C.M. 28 novembre 2000, art. 2), ma solo
programmatiche, possano influire sulla sussistenza del reato d'abuso di ufficio, ha
ritenuto che l'attività relativa al rilascio delle pratiche per la nazionalizzazione dei
veicoli fosse disciplinata, all'epoca dei fatti, soltanto dalla circolare del 20.9.2000 n.
B59/200/MOT, atto non avente forza di legge e la cui violazione non determina
l'integrazione del reato in questione. altre normative,
Tuttavia, il giudice ha trascurato di prendere in considerazione
seppure di carattere generale, che possono trovare applicazione nella fattispecie
concreta.
4.1. - In materia di abuso di ufficio, la condotta del pubblico ufficiale o
dell'incaricato di pubblico servizio che risulti lesiva del buon funzionamento e della
imparzialità dell'azione amministrativa rileva alla duplice condizione che contrasti
con norme specificamente mirate ad inibire o prescrivere la condotta stessa e che
dette norme presentino i caratteri formali ed il regime giuridico della legge o del
regolamento.
………………………………..
non è stata presa in alcuna considerazione neppure la normativa di
4.2. - Inoltre,
cui alla L. 7 agosto 1990, n. 241, in materia di procedimento amministrativo, che
impone la completezza dell'istruttoria di una pratica.
all'art. 3 A questo proposito
deve ritenersi che è idonea ad integrare la violazione di legge, rilevante ai fini della
sussistenza del reato di abuso d'ufficio, l'inosservanza da parte del pubblico
impiegato del dovere di compiere una adeguata e completa istruttoria diretta ad
accertare la ricorrenza delle condizioni per il rilascio del provvedimento richiesto,
incidendo la stessa direttamente sulla fase decisoria in cui i diversi interessi, pubblici
e privati, devono essere ponderati (v. Sez. 6^, 14 giugno 2007, n. 37531, Serionne;
Sez. 6^, 4 novembre 2004, n. 69, Palascino). Ebbene dalla contestazione rivolta
all'imputato risulta che l'evasione delle pratiche avveniva in carenza di una
istruttoria completa, in quanto la condotta di favoritismo nei confronti di alcune
agenzie automobilistiche si estrinsecava anche nel soddisfare le richieste di
nazionalizzazione dei veicoli in mancanza della necessaria documentazione.
ai fini della sussistenza del reato
4.3. - Tuttavia, nel caso in esame deve ritenersi che
di cui all'art. 323 c.p., possa trovare applicazione anche l'art. 97 Cost., che
stabilisce che i pubblici uffici devono essere organizzati secondo disposizioni di legge
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 65
Reati contro la pubblica amministrazione
in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità
Si tratta di principi il cui contenuto non è univoco.
dell'amministrazione. Ed infatti
la giurisprudenza non è favorevole a considerare che il reato di abuso d'ufficio possa
sussistere nella forma della violazione di uno dei principi di cui all'art. 97 Cost., in
quanto norma generale che non fissa regole di comportamento precise, ma semplici
principi privi di immediato contenuto precettivo (Sez. 6^, 12 ottobre 2005, n. 12769,
P.G. in proc. Fucci; Sez. 6^, 8 maggio 2003, n. 35108, Zardini). L'inserimento del
citato art. 97 Cost., fra le disposizioni di legge violabili e rilevanti per l'abuso
d'ufficio avrebbe come effetto quello di dilatare eccessivamente l'ambito di
applicazione della norma incriminatrice, finendo con l'incidere anche sul principio di
precisione di cui all'art. 25 Cost..
Tali preoccupazione manifestate dalla giurisprudenza e da parte della dottrina
appaiono sicuramente legittime, in quanto è reale il rischio paventato di estendere
eccessivamente la portata dell'art. 323 c.p., mentre la norma presuppone che l'abuso
sia collegato all'inosservanza di previsioni specifiche. Tuttavia, si osserva che
possono essere identificato ipotesi residuali in cui l'art. 97 Cost., nel suo significato
più precettivo, relativo all'imparzialità dell'azione amministrativa, può costituire
parametro di riferimento per il reato di abuso d'ufficio.
Nella sua essenzialità il significato del principio di imparzialità risiede nel diretto
riferimento al criterio degli interessi tutelati.
L'amministrazione deve essere imparziale assicurando tutela ad un interesse nel
confronto con l'insieme degli altri interessi pubblici e privati con i quali deve essere
"ponderato". In questo senso l'imparzialità dell'amministrazione non corrisponde al
senso comune del termine, cioè come soggetto al di sopra delle parti, in quanto la
sua azione è rivolta al perseguimento di obiettivi specifici.
l'art. 97 Cost., si traduce, nel suo nucleo
Per questo l'imparzialità di cui parla
essenziale, nel divieto di favoritismi, quindi nell'obbligo per l'amministrazione di
trattare tutti i soggetti portatori di interessi tutelabili con la medesima misura.
Inteso in questa limitata accezione il principio di imparzialità finisce con realizzarsi
attraverso strumenti diversi, a seconda che venga calato nell'attività della pubblica
amministrazione ovvero nella sua organizzazione. In quest'ultimo caso, riferito cioè
all'aspetto organizzativo, il principio di imparzialità non avrà mai un immediato
contenuto precettivo ai fini del rilievo in ordine alla sussistenza del reato di abuso
d'ufficio, in quanto dovrà essere necessariamente mediato dalla legge; non così per
quanto riguarda l'attività dell'amministrazione, in cui la decisione avviene alla fine
di un procedimento amministrativo in cui il criterio di imparzialità comporta che
vengano acquisiti gli interessi e gli elementi utili ad una deliberazione il più possibile
ponderata. In questo caso, l'imparzialità amministrativa intesa come divieto di
favoritismi ha i caratteri e i contenuti precettivi richiesti dall'art. 323 c.p., in quanto
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 66
Reati contro la pubblica amministrazione
impone all'impiegato o al funzionario pubblico una vera e propria regola di
comportamento, di immediata applicazione.
Nel caso in esame, dal capo di imputazione emerge una condotta del funzionario
realizzare sistematicamente "il preferenziale disbrigo di pratiche"
pubblico volta a
avviate da una sola agenzia, a discapito delle altre agenzie di pratiche
automobilistiche: si tratta di una chiara ipotesi di favoritismo in violazione del
principio fissato dall'art. 97 Cost., che, in quanto riferibile non solo
all'organizzazione dell'ufficio, ma alla condotta della persona fisica del funzionario,
può essere presa in considerazione come violazione di legge ai sensi dell'art. 323
c.p..
G) Violazioni di regolamenti
Anche sul versante della violazione di regolamenti si è aperto un ampio
Il regolamento deve essere inteso in senso tecnico,
dibattito. quindi deve farsi
riferimento alla tipica fonte di normazione secondaria della pubblica
ammnistrazione, quali i regolamenti dipendenti, delegati e di esecuzione, di cui
all’articolo 17 della legge 23 Agosto 1988, n.400 (regolamenti governativi) che
presentano determinate caratteristiche (tra cui quella più importante di essere
90
adottati, in genere, dall’autorità centrale) . Per quanto riguarda gli enti locali si
deve fare riferimento all’articolo 5 della legge 8 Giugno 1990, n.142 (ora,
articolo 7 del D.Lgs. 18 Agosto 2000, n.267). Non hanno, invece, natura di
regolamento le circolari, in quanto, essendo sprovviste di forza normativa,
contengono soltanto criteri tecnico-amministrativi la cui violazione può
91
integrare solo il vizio dell’eccesso di potere .
Anche nel caso in cui vengano violate regole di competenza è stata riscontrata la
violazione di legge
Casi dubbi: violazione norme di CCNL
In un caso la delibera di rimborso di spese legali per sindaco e dipendente del
comune a causa di un procedimento penale costituisce una violazione di una
norma del CCNL e quindi non integra l’abuso d’ufficio
In altro caso la nomina di un soggetto privo dei requisiti a d una determinata
posizione organizzativa è stata configurata come abuso d’ufficio: se è vero che il
90 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 18/05/2001, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.317.
commentata di diritto penale”,
91 Cassazione Penale Sezione VI, 26/07/2002, n.28846.
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 67
Reati contro la pubblica amministrazione
regolamento e il CCNL prevedevano la laurea che il soggetto non aveva, questa
violazione aveva portato di conseguenza anche la violazione di norme di legge.
H) Abuso d’ufficio nel campo dell’edilizia e dell’urbanistica
Un argomento che in passato ha creato problemi interpretativi, che ora sembrano
risolti, è rappresentato da una serie di vicende che sono maturate nel campo
dell’edilizia e dell’urbanistica, terreno privilegiato di applicazione dell’articolo
323. I casi, solitamente, hanno riguardato concessioni edilizie assegnate a
contenute nel piano
determinati soggetti in violazione delle indicazioni
regolatore generale urbanistico. Le violazioni di questo tipo di norme, di
rango inferiore, che disciplinano la materia urbanistica, secondo una certa
visione giurisprudenziale, non potrebbe dare ingresso al reato di abuso d’ufficio
in quanto non si tratterebbe di violazione di regolamenti. Il PRGU, adottato con
delibera del Consiglio Comunale, risulta un tipo di intervento che si traduce agli
come norma di applicazione generale,
occhi della popolazione, ma
formalmente non è adottato con quello che, secondo la disciplina del diritto
amministrativo e secondo la legge 400 del 1988, è tecnicamente un regolamento.
Il piano regolatore risulta quindi una forma di regolamentazione, ma non
tecnicamente un regolamento.
E’ evidente come a fronte di questa lettura si apra un vuoto di tutela.
Inizialmente, in relazione a violazioni delle norme dei piani regolatori si è
92
diffuso un orientamento giurisprudenziale restrittivo motivato dal fatto che il
piano regolatore è approvato con delibera del Consiglio Comunale e per questo
motivo le relative disposizioni non integrerebbero la definizione di regolamento,
ex legge 400 del 1988.
La Cassazione ha cercato in alcune pronunce di aggirare l’ostacolo sostenendo
si opera in contrasto con le disposizioni dettate dagli strumenti
che quando
urbanistici in materia edilizia si viola, in realtà, la legge. Per delineare la
violazione delle norme di legge in materia urbanistica, si fa riferimento alla
legge che rinvia a questi strumenti normativi di rango inferiore. A questo
93 94
proposito, si possono richiamare una serie di leggi, datate 1977 e 1985 , la
normativa antisismica, ecc…
Il problema illustrato risulta uno dei punti di maggiore discussione nell’ambito
della giurisprudenza della Cassazione. Alcune decisioni tendono a dare una
lettura restrittiva del concetto di regolamento, mentre altre danno una lettura più
ampia.
Si è rivelato interessante un caso passato sotto il vaglio della Cassazione
95
nel 1999 . Nell’episodio i fatti ruotavano attorno alla figura di un assessore
92 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 18/11/1998, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.332.
commentata di diritto penale”,
93 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 24/06/1999, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.345.
commentata di diritto penale”,
94 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione II, 22/01/1998, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.343.
commentata di diritto penale”,
95 Cassazione Penale 08/03/1999. Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 68
Reati contro la pubblica amministrazione
comunale che aveva rilasciato una concessione edilizia per l’edificazione di un
immobile su un suolo destinato a verde agricolo e per una volumetria superiore
al coefficiente edilizio stabilito. In questa vicenda, partita con la contestazione
del vecchio 323, la Cassazione aveva dovuto valutare se il fatto fosse ancora
inquadrabile nell’abuso d’ufficio nuova versione. Uno dei motivi di ricorso da
parte della difesa si fondava proprio sulla mancanza della violazione di legge o
di regolamento in quanto, in realtà, era avvenuta una semplice violazione dello
strumento urbanistico. La Cassazione si è però espressa per la sussistenza del
reato in quanto il rilascio della concessione edilizia risultava in contrasto con il
combinato disposto dagli articoli 1 e 4 della legge numero 10 del 1977 alla quale
il pubblico ufficiale era tenuto ad adeguarsi osservando le prescrizioni del Piano
Comprensoriale. Quindi la Cassazione ha risolto la questione rifacendosi alla
l’intervento dell’atto infra-legislativo
vecchia impostazione che considerava
un presupposto di fatto per l’applicazione della norma di legge. Infatti, non a
caso, si parla di “apparato prescrittivo degli strumenti urbanistici quale
presupposto di fatto della norma di legge edilizia violata”.
I) Profitto ingiusto e danno ingiusto
Vantaggio patrimoniale danno (non necessariamente
oppure in alternativa
patrimoniale.
Attualmente, invece, una volta riscontrata la violazione di legge occorre
vantaggio patrimoniale
dimostrare che la violazione abbia generato un
ingiusto in quanto, quando il vantaggio si può ritenere conforme al diritto, anche
se è stato realizzato seguendo un iter sbagliato, vi potrà essere, tutt’al più, una
contestazione di responsabilità sul piano politico, disciplinare amministrativo o
contabile, ma non si potrà parlare di fatto penalmente rilevante. Illegittimità
dell’atto, d’altra parte, non può significare automaticamente illiceità penale del
comportamento. Questo errore di prospettiva che, si poteva verificare nel
periodo di vigenza del vecchio articolo 323 (quello vigente tra il 1990 ed il
1997), oggi è completamente fuori discussione.
L’ingiusto vantaggio patrimoniale può essere ravvisato in qualsiasi utilità
economicamente apprezzabile per il soggetto favorito dall’abuso, come per
vittoria di un concorso pubblico
esempio la per l’assunzione presso la
pubblica amministrazione avvenuta sine iure grazie all’abuso d’ufficio realizzato
96
da un commissario che ha suggerito la prova di esame . Lo stesso discorso è
97
valido per l’illegittimo rilascio di una concessione edilizia in sanatoria o di una
98
autorizzazione amministrativa , entrambe comportanti vantaggi di natura
economica.
96 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 27/08/1999, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.367.
commentata di diritto penale”,
97 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 20/04/2001, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.368.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 69
Reati contro la pubblica amministrazione
Riguardo al danno ingiusto è possibile ricordare un caso, giudicato
primario aveva
quando era ancora in vigore la precedente normativa, in cui un
escluso un medico dipendente dalla struttura dei servizi inerenti la propria
qualifica per via di dissapori violando la normativa in tema di
99
organizzazione del servizio sanitario . Un altro caso riguarda l’autista
(sempre che possa essere considerato pubblico ufficiale) che dopo un diverbio
decide di fare scendere tutti i passeggeri dall’autobus causando loro un danno
100 . Un’ipotesi tutt’altro che infrequente di danno ingiusto è
ingiusto
rappresentata ancora dall’atteggiamento ostruzionistico assunto da chi si trova al
vertice di un ente locale nei confronti di chi occupa una posizione di minoranza,
come avviene quando un sindaco impedisce ad un partito avversario di
101
affiggere i propri manifesti . E’ stato, per esempio, ricondotto all’abuso
Sindaco, che, per danneggiare la minoranza
d’ufficio, il comportamento di un
comunale, non convochi il Consiglio Comunale, portando avanti
l’amministrazione a colpi di delibere della Giunta. In questa vicenda, essendovi
regole precise per la convocazione del Consiglio Comunale, la violazione di
102
legge risulta lampante .
Nel caso di un Professore Universitario che rivelava i contenuti dell’esame agli
studenti, il vantaggio acquisito dagli stessi non è stato giudicato a contenuto
immediatamente patrimoniale
L) Momento consumativo del reato
L’aver spostato il vantaggio patrimoniale o il danno ingiusto da oggetto del
dolo specifico a condizione di evento strutturale del reato ha portato
cambiamenti sul piano delle conseguenze concrete nell’ipotesi in cui il
vantaggio non venga raggiunto per l’intervento di qualche fattore impeditivo
nella conclusione della vicenda.
Per capire le differenze tra vecchia e nuova normativa, si può fare riferimento
all’esempio di un soggetto che, per assegnare un appalto alla ditta x del suo
amico Tizio, viene meno alle regole che disciplinano l’assegnazione, ma proprio
nel momento dell’assegnazione dell’appalto viene scoperto, prima che Tizio
acquisisca l’ingiusto vantaggio patrimoniale. Nella normativa precedente questo
episodio sarebbe stato classificato come abuso d’ufficio già consumato in quanto
bastava il dolo specifico del conseguimento del vantaggio patrimoniale perché si
realizzasse la condotta di abuso d’ufficio. Oggi una vicenda del genere rimane a
livello di abuso d’ufficio tentato in quanto non è stato realizzato l’evento
previsto. Attualmente, infatti, per avere abuso d’ufficio consumato si dovrebbe
arrivare al punto in cui l’imprenditore Tizio, indebitamente favorito attraverso le
98 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 15/02/2001, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.368.
commentata di diritto penale”,
99 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI,16/03/1995, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.368.
commentata di diritto penale”,
100 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 16/02/2000, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.369.
commentata di diritto penale”,
101 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 20/07/1998, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.373
commentata di diritto penale”,
102 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 19/02/1999, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.369.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 70
Reati contro la pubblica amministrazione
violazioni, abbia, perlomeno in parte, riscosso i pagamenti disposti della
Il reato di abuso d’ufficio si considera, infatti,
pubblica amministrazione.
consumato anche qualora il profitto sia stato solo parzialmente realizzato.
103
Secondo la Cassazione nelle ipotesi di abuso d’ufficio commesso mediante il
rilascio di una concessione edilizia illegittima, il vantaggio patrimoniale ingiusto
per il privato beneficiario del titolo è integrata dalla semplice attribuzione dello
“ius aedficandi”, anche a prescindere dall’effettiva realizzazione dell’opera
assentita.
Un altro esempio può essere rappresentato dal soggetto qualificato che agisce
per motivi di rancore personale nei confronti di un sottoposto, che non ha
rispettato la sua posizione gerarchica, adoperandosi per farlo trasferire nel
classico reparto ghetto in cui nessuno vuole andare, perché si lavoro molto e si è
poco gratificati. Una volta disposto il trasferimento, qualora intervenga
un’autorità superiore che rilevi l’illegittimità dell’atto, bloccando il
trasferimento, il soggetto qualificato, che ha cercato di recare il danno ingiusto
al sottoposto, è sanzionabile per tentativo di abuso d’ufficio. Ai sensi della
normativa precedente, la situazione sarebbe stata valutata come un abuso
d’ufficio consumato in quanto, in precedenza, era sufficiente agire al fine di
recare un danno ingiusto.
PARTE 11° - REATI CONTRO L’AMMINISTRAZIONE DELLA
GIUSTIZIA
Sommario: 01) Introduzione, 02) Reati di omessa denuncia, 03) Simulazione
di reato, 04) Calunnia, 05) Autocalunnia, 06) False informazioni al pubblico
ministero, falsa testimonianza, 07) Ritrattazione, 08) Il reato di frode
processuale, 09) Reati di favoreggiamento, 10) Causa di non punibilità, ex
articolo 584, 11) Reati di evasione, 12) Tutela arbitraria delle proprie ragioni.
01) INTRODUZIONE
Con i reati contro l’amministrazione della giustizia il legislatore intende colpire
comportamenti volti ad ostacolare, in senso lato, l’amministrazione della
giustizia. Come si avrà modo di vedere e come, comunque, si può intuire
analizzando le norme contenute nel codice, confluiscono in questo settore
fattispecie tra loro abbastanza eterogenee. La tutela è imperniata essenzialmente
sulla difesa del procedimento penale. La maggior parte delle fattispecie fa
103 Cassazione Penale Sezione VI, 07/11/2000, n.11419
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 71
Reati contro la pubblica amministrazione
riferimento alla tutela della giustizia penale.
proprio Peraltro, deve essere
rimarcato che alcune norme presentano una certa polivalenza in quanto possono
essere utilizzate anche a tutela di altri settori della giustizia. Si pensi, per
esempio, alla falsa testimonianza o alla falsa perizia, reati che possono operare
benissimo nell’ambito di un procedimento civile.
Vi sono alcune norme che sono esclusivamente in funzione della tutela di
un procedimento penale oppure di un procedimento civile. Un reato che non sarà
approfondito in questa sede, l’articolo 388, prevede, sotto la generica rubrica
“mancata esecuzione dolosa di provvedimenti del giudice”, alcune forme di
inosservanza, di elusione di provvedimenti del giudice civile (ad esempio,
provvedimenti in materia possessoria o in materia di affidamento di minori).
Il nucleo centrale dei reati che verranno esaminati è effettivamente in funzione
di un corretto svolgimento della giustizia, alcune volte della giustizia penale,
altre volte anche di quella civile (più raramente di quella amministrativa, anche
se è presente qualche fattispecie che, assai perifericamente, può investire
l’operato del giudice amministrativo e tutelarne i provvedimenti).
02) REATI DI OMESSA DENUNCIA
Chiaramente inquadrate nell’ottica di tutela del procedimento penale, risultano
le prime disposizioni contenute nel titolo III, denominato “dei delitti contro
l’amministrazione della giustizia”, che si apre con l’articolo 361. Le prime
norme concernono figure di omessa denuncia di reato.
Allo scopo di garantire un corretto flusso di reati, l’ordinamento prevede che,
a diversi livelli, con diversa intensità, gravi su una serie di soggetti l’obbligo di
far giungere la notizia criminis, in ultima analisi, al pubblico ministero. Questo
primo gruppo di reati tutela la giustizia nella prospettiva di garantire che la
commissione di reati venga segnalata a chi di dovere. Nel nostro ordinamento,
l’organo che deve promuovere l’azione penale risulta il pubblico ministero,
gravato, a livello costituzionale, di quest’obbligo di promozione dell’azione
penale. Può quindi considerarsi coerente con quest’obbligo la garanzia che il
pubblico ministero venga messo concretamente in condizioni di esercitare
l’azione penale, almeno per i reati più importanti (per quelli minori è prevista la
procedibilità a querela).
I reati di omessa denuncia sono procedibili d’ufficio e la competenza è
attribuita al tribunale in composizione monocratica.
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 72
Reati contro la pubblica amministrazione
Art. 361.
Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale.
Il pubblico ufficiale, omette o ritarda all'autorità giudiziaria,
il quale di denunciare
a quella abbia obbligo di riferirne,
o ad un'altra autorità che un reato di cui ha
nell'esercizio o a causa delle sue funzioni,
avuto notizia è punito con la multa da
euro 30 a euro 516. se il colpevole è un ufficiale o un agente
La pena è della reclusione fino ad un anno,
di polizia giudiziaria, che ha avuto comunque notizia di un reato del quale doveva
(circostanza aggravante)
fare rapporto.
Le disposizioni precedenti non si applicano se si tratta di delitto punibile a querela
della persona offesa.
Primo livello Ufficiali o agenti di polizia giudiziaria
Il massimo livello di tutela è stato predisposto nei confronti delle omissioni
commesse da quei soggetti il cui compito istituzionale risulta proprio quello
della ricerca delle notizie di reato. Il riferimento in questo caso è per coloro che
svolgono funzioni di polizia giudiziaria (ufficiali ed agenti di polizia
giudiziaria). Se taluno di questi soggetti omette di denunciare un reato, risponde
con la pena della reclusione fino ad un anno. Chi svolge funzioni di polizia
giudiziaria deve rispettare un obbligo il cui presupposto risulta molto ampio, in
deve denunciare reati procedibili d’ufficio comunque ne venga a
quanto
conoscenza, qualunque sia il contesto in cui viene a conoscenza di questi fatti
criminosi. L’obbligo di denuncia non pare quindi circoscritto alla stretta attività
di servizio. Ad esempio, se un ufficiale dei carabinieri in ferie viene a
conoscenza della commissione di un reato, ha comunque l’obbligo di denuncia,
anche se in quel preciso momento è fuori servizio. L’obbligo di denuncia non
scatta quando si tratta di un mero sospetto in quanto occorre il cosiddetto
secondo comma
“fumus delicti”. La giurisprudenza, ha stabilito che il
dell’articolo 361 debba esser ritenuto una circostanza aggravante,
104
suscettibile di bilanciamento con eventuali attenuanti .
104 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 13/03/2001, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.417.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 73
Reati contro la pubblica amministrazione
Secondo livello Pubblici Ufficiali o incaricati di pubblico
servizio Art. 362.
Omessa denuncia da parte di un incaricato di pubblico servizio.
L'incaricato di un pubblico servizio che omette o ritarda di denunciare all'autorità
abbia avuto notizia nell'esercizio
indicata nell'articolo precedente un reato del quale
o a causa del servizio, è punito con la multa fino a euro 103.
Tale disposizione non si applica se si tratta di un reato punibile a querela della
persona offesa, né si applica ai responsabili delle comunità terapeutiche socio-
riabilitative per fatti commessi da persone tossicodipendenti affidate per l'esecuzione
del programma definito da un servizio pubblico.
In una posizione intermedia, l’ordinamento colloca coloro genericamente
definiti pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio. A questi soggetti è
richiesta un’importante collaborazione, tuttavia, non così estesa come per coloro
che appartengono alla polizia giudiziaria. I pubblici ufficiali e gli incaricati di
obbligati a denunciare i reati di cui vengono a
pubblico servizio sono
conoscenza nell’esercizio delle loro funzioni o del loro servizio o a causa
della loro funzione o del loro servizio.
Semplificando, risultano tenuti a denunciare reati nei quali si imbattono mentre
svolgono la loro attività o che a loro vengono riferiti in virtù della posizione
ricoperta all’interno della pubblica amministrazione. Per fare un esempio
scolastico, un assessore è tenuto a denunciare un reato di cui si accorge
Attenzione, l’obbligo
esaminando una pratica inerente il proprio assessorato.
sussiste anche quando qualcuno lo cerca a casa per segnalare che i
funzionari del suo assessorato richiedono bustarelle, in quel momento
l’assessore non risulta in servizio, ma, se viene a conoscenza, a causa della
funzione, di reati in qualche modo collegati alla sua mansione, è obbligato a
sporgere denuncia, purché ovviamente non si tratti di ipotesi fantasiose, prive di
qualsiasi riscontro nella realtà.
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 74
Reati contro la pubblica amministrazione
Terzo livello tutti i cittadini
ARTICOLO 364 CODICE PENALE – Omessa denuncia di reato da parte
del cittadino
Il cittadino , che, avendo avuto notizia di un delitto contro la personalità dello Stato,
per il quale la legge stabilisce l'ergastolo, non ne fa immediatamente denuncia
all'Autorità indicata nell'art. 361, è punito con la reclusione fino a un anno o con la
multa da euro 103 a euro 1.032.
In posizione residuale si colloca il soggetto non qualificato. Alcuni ordinamenti
si astengono completamente dal pretendere che il normale cittadino collabori,
qualche ordinamento, particolarmente autoritario. potrebbe pretendere, invece,
che i propri cittadini denuncino, in ogni circostanza, i reati di cui vengano a
conoscenza. Il codice del 1930, frutto di un ordinamento autoritario, si è mosso
l’obbligo di denuncia per il
tuttavia con una certa prudenza prevedendo
cittadino soltanto nell’ipotesi di avvenuta conoscenza di un delitto contro la
personalità dello Stato, punibile con l’ergastolo, quindi appartenente ad un
gruppo di reati molto gravi previsti dagli articoli 241 e seguenti. Il fatto che si
tratti di un obbligo la cui violazione risulta assai difficile da controllare è
dimostrato dal fatto che la fattispecie si rivela sostanzialmente inapplicata. Le
fattispecie previste dagli articoli 361 e 362 continuano, invece, ad avere un certo
ambito di applicazione pur trattandosi di ipotesi sanzionate in maniera
relativamente blanda. Per quanto riguarda l’articolo 361, riferito al pubblico
ufficiale, è prevista la pena della multa, per quanto riguarda l’ufficiale o agente
di polizia giudiziaria è prevista la reclusione, sia pure fino ad un anno. Si tratta
di sanzioni non gravi, ma comunque fastidiose.
una pluralità di soggetti
Quando viene a conoscenza della medesima
105 , l’obbligo di denuncia incombe su
notizia di reato, secondo la Cassazione
tutti i soggetti che, ai sensi del comma 3 dell’articolo 331 del codice di
procedura penale, possono presentare anche una denuncia unica.
Attenzione, in merito alla configurabilità del reato di omessa denuncia,
106 non possono
come opportunamente rimarcato di recente dalla Cassazione ,
influire eventuali modifiche legislative incidenti sul reato presupposto. Di
conseguenza, se in merito ad un reato di cui si aveva un obbligo di denuncia,
interviene un abrogatio criminis della
dopo la relativa consumazione,
fattispecie, il soggetto qualificato risponde ugualmente del reato di omessa
denuncia.
Naturalmente, è stato delineato un quadro di riferimento generale dei soggetti
gravati dell’obbligo di denuncia in quanto non deve essere dimenticato che sono
105 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 03/02/1999, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.402.
commentata di diritto penale”,
106 Cassazione Penale Sezione VI, 23/07/2002, n.28124.
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 75
Reati contro la pubblica amministrazione
in vigore specifiche normative di settore. Infatti, non tutti i pubblici ufficiali o
gli incaricati di pubblico servizio rispondono sulla base delle norme generali
previste nel codice penale, ma che svolgono, in realtà, una funzione
sanzionatoria di quanto stabilito dal codice di procedura penale.
in vigore statuti speciali che regolano
A volte, ci si dimentica che sono
l’attività di particolari categorie di soggetti; ad esempio è prevista una
disciplina speciale per funzionari ed agenti dei servizi di sicurezza (SISMI-
SISDE ora AISI e AIDE), disciplina delineata nella legge concernente il
segreto di Stato ed i servizi segreti (legge 801/1977 e legge 124/2007); vi è, poi,
ispettori della Banca d’Italia ed i
una normativa particolare che riguarda gli
funzionari della CONSOB. Vi è anche una nuova legge sulle indagini
difensive, in base al quale il difensore non è obbligato a denunciare i reati di cui
viene a conoscenza nell’esercizio dell’attività difensiva.
A) Normativa sui servizi segreti
La legge 801/1977, che ha ridisciplinato l’attività dei servizi segreti, pur avendo
privato i soggetti ivi inquadrati della qualifica, eventualmente acquisita in
origine, di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria (è notorio, infatti, che questi
soggetti in genere provengono da Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di
Finanza), ha, tuttavia, mantenuto, in capo a questi soggetti, la qualifica di
pubblici ufficiali. E’ ovvio che questi soggetti svolgono una pubblica funzione o
quantomeno un pubblico servizio, motivo per cui dovrebbe gravare su di loro, in
assenza di una disciplina specifica, l’obbligo personale di denuncia dei reati di
cui vengono a conoscenza nell’esercizio della loro attività o a causa di essa.
E’ pero inopportuno che il soggetto (il quale, in genere su muove con un’identità
coperta, o comunque si muove senza dichiarare la funzione che svolge) sia
obbligato a presentarsi ad altri ufficiali di polizia giudiziaria o al pubblico
ministero entrando nel procedimento come denunciante di un reato. La legge del
1977 prevede, all’articolo 9, un particolare itinerario, riservando l’obbligo di
Gli appartenenti ai servizi segreti sono
denuncia al direttore del servizio.
obbligati a denunciare i reati di cui vengono a conoscenza al loro direttore,
il quale rimane l’unico organo che si può esporre verso l’esterno, colui che
poi provvederà a trasmettere la notizia di reato al pubblico ministero o alla
polizia giudiziaria. Il fatto che il direttore dei servizi risulti conosciuto
all’esterno non può costituire un problema in quanto il direttore è proprio l’unico
soggetto che, per definizione, è conosciuto all’esterno; deve, infatti, essere
ricordato che la nomina del direttore del SISMI o del SISDE spetta al Consiglio
dei Ministri ed è notoria, di conseguenza non si pongono problemi di copertura
di questi soggetti.
Questa centralizzazione dell’obbligo di denuncia è accompagnata
dalla possibilità di ritardare, sia pure con l’assenso dell’autorità pubblica
(cioè il Ministro competente per il settore, Ministro della difesa per il SISMI,
Ministro dell’interno per il SISDE) e con l’approvazione del Presidente del
Consiglio, la trasmissione della notizia di reato, qualora risulti necessario per
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 76
Reati contro la pubblica amministrazione
esigenze del servizio stesso. Ad esempio, nel corso di una delicata operazione di
controspionaggio, sarebbe improprio mandare in aria la missione per dover
adempiere immediatamente all’obbligo di denuncia della commissione di reati,
denuncia che metterebbe sull’avviso proprio quei soggetti che sono sottoposti ad
indagini o controlli. E’, quindi, prevista la possibilità di ritardare, che però non
significa possibilità di omettere la denuncia.
Riassumendo, gli elementi di peculiarità della normativa sui servizi
segreti consistono nell’obbligo di denuncia verticalizzato verso il direttore
del servizio e concentrato nel vertice del servizio, con possibilità, inoltre, di
ritardare la denuncia per esigenze del servizio.
B) Normativa sugli ispettori della Banca d’Italia e funzionari della Consob
L’articolo 7 del Testo Unico sulle leggi bancarie impone agli ispettori della
Banca d’Italia l’obbligo di riferire le notizie di reato al Governatore, quindi al
vertice della Banca d’Italia. Spetta perciò agli ispettori un obbligo personale
indirizzato nei confronti dell’autorità giudiziaria o della polizia giudiziaria.
Anche in questo contesto la logica pare abbastanza chiara in quanto si vuole
evitare che la denuncia di un reato, che potrebbe consistere in gravi irregolarità
penalmente rilevanti commesse, ad esempio, dagli amministratori di una banca
sottoposta ad ispezione, venga improvvisamente propagata, a causa della
notorietà che spesso una denuncia comporta (tenuto presente della possibilità di
fuga di notizie dagli ambienti giudiziari), creando il panico tra i risparmiatori e,
quindi, difficoltà a governare i contraccolpi che possono derivare da un’indagine
penale sugli amministratori di una determinata banca. Conoscendo in anticipo la
situazione, il governatore ed i vertici della Banca d’Italia possono intervenire
concordando con il Ministero del Tesoro i provvedimenti tampone cautelari,
prima che venga trasmessa la notizia di reato (con quel tanto di pubblicità che,
inevitabilmente accompagna la comunicazione della notizia di reato).
Una ratio identica si ravvisa nell’obbligo dei funzionari della CONSOB di
riferire i reati in cui si imbattono alla Commissione, in grado di prendere
provvedimenti cautelari (ad esempio, sospendere il titolo della società quotata in
borsa) prima che si venga a sapere che il vertice della S.P.A. risulta indagato per
falso in bilancio, illegale ripartizione degli utili, o altro, comunque fatti che
potrebbero comportare un’ondata speculativa e vendite disastrose.
Nei casi in cui è previsto l’intervento di questi organi si vuole fare in modo che
possano agire prima che la notizia dell’apertura di un procedimento penale possa
comportare contraccolpi indesiderati.
C) Natura dell’autorità giudiziaria cui si ha l’obbligo di riferire
I reati di omessa denuncia presentano un problema interpretativo non ancora
risolto. L’articolo 361 e le norme successive fanno esplicito riferimento ad
un’omissione di denuncia o ad un ritardo di denuncia all’autorità
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 77
Reati contro la pubblica amministrazione
giudiziaria, concetto che non crea problemi in quanto è chiaramente riferito al
pubblico ministero ed alla polizia giudiziaria.
Nessun problema pone la denuncia ad un’autorità incompetente territorialmente.
l’accezione “ad altra autorità che all’autorità giudiziaria
Si aggiunge però
abbia l’obbligo di riferire”, motivo per cui ci si è domandati a quale altra
autorità il soggetto possa denunciare il reato senza incorrere in responsabilità
penale.
Teoria 1)
Alcuni hanno risposto un po’ semplicisticamente che si possa denunciare il
fatto a qualsiasi pubblico ufficiale, dal momento che il pubblico ufficiale è
obbligato a riferire all’autorità giudiziaria, diventando, a sua volta, titolare di un
obbligo di denuncia (naturalmente non ci si riferisce ad un pubblico ufficiale
La questione
qualsiasi che nulla abbia a che vedere con la vicenda).
problematica nasce quando la struttura amministrativa presenta un
impianto piramidale, nella quale il soggetto gerarchicamente sottordinato ad un
altro organo possa essere indotto a riferire il reato di cui è venuto a conoscenza
non direttamente all’autorità giudiziaria, ma a quest’organo superiore, che
eventualmente provvederà alla denuncia. Il problema non nasce quando il
superiore gerarchico, a sua volta, presenta tempestivamente la denuncia, ma
piuttosto, quando il superiore nicchia, tenendo momentaneamente ferma la
segnalazione e magari, in ultima analisi, omettendo o ritardando la trasmissione
della notizia criminis. Quando la questione viene scoperta ci si domanda se,
ferma restando l’eventuale responsabilità dell’organo superiore, colui che per
primo ha percepito la notizia di reato, riferendola poi al superiore, sia esente da
107
responsabilità penale. La giurisprudenza in alcuni casi ha optato per una
risposta affermativa in quanto, in fondo, il soggetto ha riferito ad un’altra
autorità che ha l’obbligo a sua volta di riferire all’autorità giudiziaria. In realtà,
se la norma venisse intesa in questi termini, rischierebbe, almeno per quanto
concerne le strutture complesse, di creare la possibilità di dare vita ad una serie
di passaggi che implicherebbero come effetto minimo un ritardo fisiologico e,
come effetto massimo, la moltiplicazione delle ipotesi di insabbiamento. Inoltre,
non deve essere dimenticato che, a forza di risalire la piramide, si finirebbe per
arrivare alle strutture facenti capo ad un ministero centralizzato e quindi al
Ministro in persona, rischiando di svuotare di significato l’obbligo di denuncia,
in virtù di una trasmissione di carte che, se non risulterà infinita, indubbiamente
si rivelerà assai lunga. Infatti, senza dubbio, una trafila di trasmissioni fanno
perdere tempo e rischiano di centralizzare l’obbligo di denuncia nella mani di un
soggetto che, tra l’altro, risulta praticamente impunibile in virtù delle ovvie
peculiarità inerenti la sua funzione.
107 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 12/02/1982, “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.405.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 78
Reati contro la pubblica amministrazione
Teoria 2)
Sembra perciò ragionevole, come confermato da numerosi interventi della
108
Cassazione , un’interpretazione differente, che, in verità, non emerge
solamente sul piano della logica, ma è confermata anche da un riscontro
normativo. Se si analizza il modo con cui è delineato l’iter dell’obbligo di
denuncia nel codice di procedura penale, è possibile individuare che il comma 2
dell’articolo 331 c.p.p. prevede che il pubblico ufficiale (o l’incaricato di
debba presentare la denuncia all’autorità giudiziaria o
pubblico servizio)
all’ufficiale di polizia giudiziaria.
ARTICOLO 331 CODICE DI PROCEDURA PENALE – Denuncia da
parte di pubblici ufficiali e incaricati di un pubblico servizio
[1] Salvo quanto stabilito dall’articolo 347, i pubblici ufficiali e gli incaricati di
un pubblico servizio che, nell’esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro
servizio, hanno notizia di un reato perseguibile di ufficio, devono farne
denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale il
reato è attribuito.
[2] La denuncia è presentata o trasmessa senza ritardo al pubblico ministero o
a un ufficiale di polizia giudiziaria.
[3]Quando più persone sono obbligate alla denuncia per il medesimo fatto, esse
possono anche redigere e sottoscrivere un unico atto.
[4] Se, nel corso di un procedimento civile o amministrativo, emerge un fatto
nel quale si può configurare un reato perseguibile di ufficio, l’autorità che
procede redige e trasmette senza ritardo la denuncia al pubblico ministero.
La norma in questione non prevede l’intervento di altri generici pubblici ufficiali
in quanto parla di presentazione della denuncia all’autorità di polizia giudiziaria.
In questo modo, viene messa fuori gioco la possibilità di far rimbalzare la
notizia in modo da perdere volutamente tempo e ritardare il perseguimento di un
reato in quanto anche al soggetto che non è posto ai vertici della pubblica
amministrazione spetta, in prima persona, l’obbligo di segnalare i reati. Se poi,
per sicurezza, questo soggetto vuole sottoporre la questione al superiore
gerarchico, per valutare, per esempio, se sia presente il fumus deliciti (richiesto
dalla giurisprudenza perché scatti l’obbligo di denuncia), e con lui firma una
denuncia collettiva (come previsto dallo stesso codice di procedura penale), non
il pubblico
sussiste alcun problema. Il punto che deve risultare chiaro è che
ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio non può ritenersi sgravato
dall’obbligo di denuncia solo perché ha inviato gli atti ad un vertice
superiore, ad un soggetto gerarchicamente sovraordinato, disinteressandosi
108 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 26/11/1993, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.406.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 79
Reati contro la pubblica amministrazione
della sorte della notizia di reato, in quanto rimane responsabilizzato in prima
persona.
Problema: Individuazione della notizia di reato
Un problema di carattere sostanziale riguarda la precisa individuazione del
momento in cui nasca effettivamente l’obbligo di denuncia in quanto sarebbe
eccessivo costringere qualsiasi pubblico ufficiale o incaricato di pubblico
servizio a riempire di carte le Procure della Repubblica, sulla base di un
109
vaghissimo sospetto di reato. In giurisprudenza , questo problema viene risolto
occorra quanto meno il fumus delicti, cioè quell’apparenza
teorizzando che
di reato necessaria affinché scatti davvero l’obbligo di denuncia.
Il fumus delicti, per esempio, comporta anche un ragionamento minimo
sull’elemento soggettivo.
A fronte di un ammanco di cassa di un pubblico sportello occorre porsi, per
esempio il problema, che l’ammanco non sia stato dovuto ad un errore del
cassiere, senza far derivare, in ogni caso, dal fatto la conseguenza del reato di
peculato.
Il fumus delicti per forza di cosa non deve risultare, nella realtà, “troppo
fumoso”, non bisogna, però nemmeno, esagerare nell’accertare se dietro al
Non si può, in pratica,
fumus delicti sia veramente presente un reato.
anticipare il processo in sede amministrativa, rimandando poi a chissà
quando la trasmissione della notizia di reato. E’ intuitivo che un soggetto di un
certo rilievo nella pubblica amministrazione detenga una qualche cognizione per
rendersi conto se un fatto abbia o meno l’aspetto di un reato; però questo
soggetto non dispone né degli strumenti né della competenza per effettuare
accertamenti e non può sentire testimoni; non può insomma mettere in atto una
110
sorta di pre-processo per accertare la fondatezza della denuncia . Malgrado le
norme di omessa denuncia non stabiliscano vincoli temporali, secondo
111
un’affermata giurisprudenza , in caso di ritardo nella denuncia, con la
conseguenza di incidere in maniera negativa sulla pronta persecuzione del reato,
si configura un reato di omessa denuncia, salvo che il ritardo sia determinato da
un legittimo motivo.
Ricapitolando, in presenza di elementi generici ed imprecisi non scatta
112
l’obbligo di denuncia .
Quando il reato risulta delineato nelle sue linee essenziali, la questione, seppure
con la prudenza del caso, deve essere rimessa all’organo di competenza, polizia
giudiziaria o pubblico ministero, che si occuperanno concretamente delle
indagini e decideranno se archiviare o meno la denuncia presentata. Inoltre la
109 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione II, 07/10/1998, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.410.
commentata di diritto penale”,
110 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 05/05/1999, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.414.
commentata di diritto penale”,
111 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 21/11/1973, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.415.
commentata di diritto penale”,
112 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 09/05/1985, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.412.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 80
Reati contro la pubblica amministrazione
113
giurisprudenza ha rimarcato il fatto che perché possa sussistere l’obbligo di
deve riguardare un reato e non un illecito
denuncia la notizia criminis
amministrativo.
D) Omissione di referto Art. 365.
Omissione di referto.
Chiunque, avendo nell'esercizio di una professione sanitaria prestato la propria
casi che possono presentare i caratteri di un delitto
assistenza od opera in pel quale
omette o ritarda di riferirne
si debba procedere d'ufficio, all'autorità indicata
nell'articolo 361 è punito con la multa fino a euro 516.
Questa disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona assistita
a procedimento penale.
L’omissione di referto rappresenta un reato con poca giurisprudenza alle spalle
per la cui comprensione è necessario analizzare attentamente il secondo comma
al soggetto che esercita un’attività
della norma. La fattispecie si rivolge
sanitaria che nello svolgimento delle sue mansioni, si renda conto che
sussistano gli estremi della commissione di un reato, motivo per stilare referto.
Ad esempio, se viene trasportata presso un medico una persona che ha
chiaramente subito ferite causate da colpi di arma da fuoco, qualora il ferito non
fornisca spiegazioni plausibili, il sanitario deve ritenere che alle spalle di questa
vicenda si collochi un reato. non scatti l’obbligo di referto quando ne
La norma però prevede che
deriverebbe un rischio di procedimento penale per il soggetto che richiede
l’assistenza. Proprio questa previsione, contenuta nel secondo comma, finisce
per paralizzare l’obbligo di referto nelle situazioni più delicate in quanto quando
non è presente alcun motivo per tenere nascosta la vicenda, come avviene
normalmente al pronto soccorso, è chiaro che il referto viene redatto. Il
problema nasce, invece, quando si esce dalla casistica usuale e si presentano casi
di soggetti che si rivolgono privatamente al sanitario perché hanno qualcosa da
nascondere. L’ordinamento, in presenza, da un lato, dell’esigenza di tutelare
l’amministrazione della giustizia (cui dovrebbe giungere la notizia di reato) e,
dall’altro, dell’esigenza di non indurre un soggetto a trascurare la cura della sua
113 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 21/01/1999, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.407.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 81
Reati contro la pubblica amministrazione
salute per evitare guai giudiziari, ha optato per la tutela della salute a scapito
dell’amministrazione della giustizia.
Il nostro ordinamento ha preferito rinunciare ad incriminare il medico che
omette di stilare il referto, proprio per indurre il soggetto leso a rivolgersi con il
massimo della fiducia al sanitario, sapendo che non incorrerà nel rischio di
essere denunciato.
Nell’ipotesi in cui il lungimirante Tizio si è fatto esplodere una bomba fra le
mani e si è spappolato un dito, probabilmente non sarà sufficiente che si rivolga
ad un ambulatorio privato per curare le lesioni e qualora non voglia recarsi in
ospedale per evitare rischi di denuncia, potrà rivolgersi ad un medico in grado di
curarlo quanto meno in via provvisoria. In questo modo è possibile evitare che il
Tizio di turno rischi di morire dissanguato per il timore di rivolgersi ad un
sanitario, il quale, avendo l’obbligo di referto, poi lo esporrebbe ad un’indagine
in quanto è lapalissiano che un soggetto che stava fabbricando esplosivi, non
essendo impiegato in una fabbrica di esplosivi, non può che aver svolto
un’attività penalmente illecita.
SIMULAZIONE DI REATO
Il reato di simulazione di reato è procedibile d’ufficio e la competenza è
attribuita al tribunale in composizione monocratica.
ARTICOLO 367 CODICE PENALE – Simulazione di reato
denuncia, querela, richiesta o istanza,
[1]Chiunque con anche se anonima o
sotto falso nome, diretta all’Autorità giudiziaria o ad altra Autorità che a quella
afferma falsamente essere avvenuto un reato,
abbia obbligo di riferirne,
simula le tracce di un reato, si possa iniziare un
ovvero in modo che
procedimento penale per accertarlo, è punito con la reclusione da uno a tre
anni.
A differenza dei reati di omessa denuncia, che si preoccupano che notizie di
reato relative a situazioni effettivamente verificatesi giungano al pubblico
ministero, la simulazione di reato si contraddistingue per una finalità
evitare che segnalazioni di reati non
diametralmente opposta in quanto vuole
commessi vengano riversate sull’autorità giudiziaria, causando inutili perdite
di tempo.
Il reato di simulazione di reato (così come la calunnia e l’autocalunnia) si rivela
infatti la falsa
una fattispecie polarizzata sul versante penale della giustizia,
denuncia di un fatto che non costituisce illecito penale non rientra sotto la
114
tutela dell’articolo 367 .
114 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione, VI, 06/03/1997, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.420.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 82
Reati contro la pubblica amministrazione
simulazione formale simulazione reale.
Il legislatore ha distinto tra e
A) Simulazione formale denuncia, querela, richiesta o
La simulazione formale si realizza attraverso
istanza (per i reati commessi all’estero). Il soggetto viene punito perché ha
affermato falsamente essere avvenuto un reato anche se è chiaro che la
denuncia debba essere idonea all’apertura di un procedimento penale, motivo
per cui non si configura il reato di simulazione di reato quando la denuncia
115 Naturalmente, il simulatore deve essersi rivolto
risulta inverosimile .
all’autorità giudiziaria o a all’altra autorità che ad essa ha obbligo di
riferire.
La locuzione altra autorità sembra doversi interpretare nel senso visto in
quindi in senso ristretto.
precedenza per i reati di omessa denuncia,
Per realizzare una simulazione formale è ragionevole pensare che la denuncia
(che può anche risultare non esattamente rispondente a quella prevista dal codice
116
di procedura penale , come è dimostrato dal fatto che si ammette che la
denuncia possa anche essere anonima o presentata sotto altro nome) debba
all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria
essere presentata e non ad un
generico pubblico ufficiale. La motivazione deve essere ricercata nella volontà
certa simmetria con i reati di omessa denuncia
di mantenere una (anche se,
“apertis verbis”, nulla vieta che la formula altra autorità possa essere interpretata
in maniera estensiva). Questa interpretazione, tra le altre cose, appare
ragionevole in quanto se da un lato è chiaro che un soggetto che si reca da
polizia o carabinieri, per raccontare che falsamente è stato commesso un reato,
percepisce di commettere un reato, dall’altro lato è possibile che, parlando con
un altro pubblico ufficiale, anche qualora si renda conto di realizzare un fatto
non commendevole, il soggetto possa anche non percepire immediatamente la
possibilità di ledere o mettere in pericolo un interesse afferente
ragionevole contenere
all’amministrazione della giustizia. Sembra quindi la
possibilità della simulazione formale (o anche della calunnia e autocalunnia)
nella dimensione della trasmissione di una denuncia al pubblico ministero o
alla polizia giudiziaria con esclusione di altri pubblici ufficiali.
Va da sé che se un individuo racconta ad un altro soggetto che è accaduto
un reato, con la certezza che questi andrà a riferirlo alla polizia giudiziaria,
Il soggetto che si serve del
realizza comunque una simulazione mediata.
cosiddetto “autore mediato”, risponde ugualmente di simulazione ex
117
articolo 367, facendo però riferimento all’articolo 48 del codice penale
(induzione in errore di un soggetto per fargli commettere un reato che non si
vuole commettere di mano propria).
115 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione, II, 27/04/1984, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.421.
commentata di diritto penale”,
116 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione II, 03/12/1974, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.420.
commentata di diritto penale”,
117 In merito all’errore determinato da altrui inganno, si veda pag.45 di parte generale.
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 83
Reati contro la pubblica amministrazione
B) Simulazione reale soggetto che simula tracce di reato,
L’articolo 367 incrimina anche il
reale”.
cosiddetta “simulazione Un esempio immediato di simulazione reale
risulta quello del soggetto che sparge sangue animale per far credere che sia
stato commesso un reato contro un individuo.
La questione relativa alla simulazione reale deve essere analizzata in
generica accezione “tracce di un
termini piuttosto ampi in quanto con la
reato” può intendersi anche la messa in scena di un reato. Un esempio in tal
senso è rappresentato da un’operazione messa in atto da alcuni giovani
nell’imperiese, che li ha portati a rispondere di simulazione di reato.
alcuni lungimiranti avevano avuto la brillante idea di mettere
Nell’episodio
in scena un rapimento, servendosi di una finta vittima che era stata trascinata
in pieno giorno su una macchina partita ad alta velocità. Qualche passante,
assistendo alla scena, aveva avvertito la polizia che in breve tempo era riuscita
ad intercettare i presunti sequestratori. Il fatto che i giovani non fossero
sequestratori è stato evidentemente subito chiarito, ma la denuncia per
state simulate tracce di un reato
simulazione è rimasta in quanto erano
mettendo in allarme la polizia giudiziaria.
C) Denuncia di situazione diverse da quelle realmente avvenute
La simulazione può avvenire in termini piuttosto semplici e generali; ad
esempio, un soggetto che, giocando a poker al bar ha perso tutto il suo capitale,
inventa, per paura di comunicare il fatto alla moglie, che, uscito dal bar, tre
malviventi lo hanno rapinato, presentandosi in questo modo come vittima di un
reato. A volte però le situazioni non risultano così semplici ed intuitive. Ad
potrebbe accadere che sia presente un nucleo di verità nella
esempio,
denuncia che però nella sua interezza non corrisponde a verità. Proprio in
presenza di queste situazioni ci si è domandati fino a che punto possa trovare
applicazione la norma sulla simulazione. In linea di principio, è pacifico, sia in
denuncia di un reato diverso rispetto a
dottrina che in giurisprudenza, che la
quello effettivamente avvenuto integri una simulazione.
A Tizio, per fare un esempio scolastico, viene affidata un’ingente somma di
denaro da versare in banca, ma arrivato in banca si accorge che è stato
alleggerito del denaro che aveva nella borsa. In questo caso è certamente
avvenuto un furto, ma Tizio denuncia di aver subito una rapina,
attribuendola ad ignoti pur magari conoscendo il soggetto autore del fatto
criminoso. Questo comportamento viene pacificamente inquadrato dalla
118 simulazione di reato
giurisprudenza nell’ambito della in quanto è stato
denunciato un reato diverso per titolo rispetto a quello verificatosi nella realtà e
118 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 25/09/1986, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.423.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 84
Reati contro la pubblica amministrazione
perché si è verificata una deviazione nelle indagini dirette all’individuazione
dell’effettivo responsabile.
Altro caso recente: una macchina custodita in una autofficina in cui erano state
dimenticate le chiavi dentro viene rubata.
Il titolare dell’autofficina, privo di copertura assicurativa per il fatto, si inventa
una rapina.
Tuttavia, la giurisprudenza si è talvolta entusiasmata nell’applicare in
ad estenderla anche a
chiave un po’ moraleggiante la simulazione, arrivando
situazioni che obbiettivamente lasciano parecchie perplessità.
fattispecie di simulazione
La giurisprudenza è giunta a configurare la ma lo si denuncia
quando viene denunciato il reato effettivamente accaduto,
come opera di un autore ignoto mentre, in realtà, si conosce l’autore del
119
reato o si risulta addirittura autori del reato . Attenzione, a questo proposito
deve essere ricordato che l’articolo 367 non prevede che debba rispondere di
simulazione di reato chi ha affermato il falso nella denuncia di un reato, ma chi
ha affermato falsamente essere avvenuto un reato. In questo caso sarebbe,
preferibile applicare l’articolo 378 (favoreggiamento personale).
invece,
Infatti, il soggetto che tace alcuni elementi del reato aiuta l’autore del reato ad
eludere le indagini realizzando un favoreggiamento personale.
La giurisprudenza, con maggiore insistenza negli ultimi anni, ha ritenuto
divergenze di tipo quantitativo
sussistente la simulazione anche nel caso di
120
nell’ambito della denuncia del reato stesso . In pratica, una volta avvenuto
un reato di furto, anziché denunciare gli oggetti effettivamente rubati, il soggetto
denuncia, in sostituzione o in aggiunta, il furto di altri elementi. Ad esempio,
viene rubata l’autoradio che non è coperta dall’assicurazione e di conseguenza
furto della ruota di scorta,
si denuncia il dei sedili, della batteria, che, invece,
sono coperti dall’assicurazione e consentono di superare la franchigia, posta per
impedire un risarcimento inferiore ad un certo ammontare.
Pare difficile affermare che realizza simulazione di reato il soggetto che,
avendo subito un furto denuncia un furto, tra le altre cose non completamente
diverso da quello avvenuto nella realtà in quanto contraddistinto solamente da
qualche elemento di variazione. falsamente essere avvenuto un
“afferma
Il reato infatti espressamente prevede
reato” e in caso di alterazione puramente quantitativa del fatto, un reato c’è pur
sempre stato.
Per sanzionare queste vicende, comunque spiacevoli, non è detto che si
debbano necessariamente forzare i termini della fattispecie di simulazione in
le vicende
quanto, alla luce delle norme che costituiscono il sistema penale,
collegate al tentativo di frodare l’assicurazione possono essere viste come
tentata truffa o frode in assicurazione, a seconda dei casi. Quindi sarebbe in
ogni caso possibile intervenire penalmente per punire la scorrettezza, sia pure
119 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 30/04/1985, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.423.
commentata di diritto penale”,
120 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 27/09/1995, in in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.423.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 85
Reati contro la pubblica amministrazione
solo tentata. Si prenda comunque atto che la giurisprudenza è avvezza ad
includere queste vicende nell’ambito della simulazione.
In realtà, quando viene denunciato un reato diverso da quello realmente
avvenuto, non sembra opportuno applicare l’articolo 367 che agisce, non in
ma perché la giustizia
funzione della corretta amministrazione della giustizia,
non si muova a vuoto. In questi casi, infatti, la giustizia non si muove a vuoto,
tutt’al più si muove in presenza di elementi di riferimento non precisi, non
rispondenti pienamente al vero, motivo per cui è consigliabile applicare le
norme opportune. A tal proposito è possibile delineare due situazioni:
1. quando il reato, in merito al quale sono stati denunciati elementi di
sono necessari indagini
alterazione, risulta essere di una certa gravità, per cui
ed il conseguente intervento del pubblico ministero, ed il simulatore, anche in
questo contesto, continua a recitare falsità, il fatto potrà essere inquadrato
371 bis (false informazioni al pubblico ministero);
nell’articolo
2. di fronte al giudice per le indagini preliminari
quando oppure in
dibattimento, si continua a pronunciare il falso, il fatto rientra nella di falsa
pronuncia falsità risponde di falsa
testimonianza in quanto il testimone che
testimonianza (articolo 372). tema della ritrattazione
In ultimo, merita alcuni cenni il della denuncia
ritrattazione atecnica,
(chiaramente in questo caso si parla di in quanto la
ritrattazione ex articolo 376 non fa alcun riferimento alla simulazione di reato).
Inizialmente, in quest’ambio la ritrattazione non era ammessa in quanto in
presenza degli elementi costitutivi della fattispecie il reato era da ritenersi
perfetto.
In seguito, facendo riferimento alla possibilità di apertura di un procedimento
ritrattazione purché tempestiva ed idonea
penale, è stata data rilevanza alla 121
quindi ad eliminare il carattere lesivo della condotta .
La giurisprudenza ha inoltre richiesto come requisiti necessari :
1) immediatezza
2) spontaneità, in pratica equiparando la ritrattazione alla desistenza
122 .
volontaria
3) Completezza “desistenza dal tentativo di
Si potrebbe definire (in senso atecnico) come
simulazione”.
121 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 19/01/2000, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.427.
commentata di diritto penale”,
122 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 15/11/1988, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.428.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 86
Reati contro la pubblica amministrazione
IL REATO DI CALUNNIA
La calunnia presenta un’oggettività giuridica più complessa rispetto alla
simulazione di reato in quanto oltre ad aversi un’alterazione (o un tentativo di
alterazione) del corretto svolgimento dell’amministrazione della giustizia, viene
coinvolto anche un terzo soggetto innocente che viene ingiustamente
incolpato di un reato non commesso.
ARTICOLO 368 CODICE PENALE -Calunnia
denunzia, querela, richiesta o istanza,
[1] Chiunque con anche se anonima o
ad un’altra Autorità che a
sotto falso nome, diretta all’Autorità giudiziaria o
quella abbia obbligo di riferirne, taluno che egli sa
incolpa di un reato
innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato, è punito con la
reclusione da due a sei anni.
[2] La pena è aumentata se si incolpa qualcuno di un reato per il quale la legge
stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni, o
un’altra pena più grave.
[3] La reclusione è da quattro a dodici anni se dal fatto deriva una condanna
alla reclusione superiore a cinque anni; è da sei a vent’anni, se dal fatto deriva
una condanna all’ergastolo.
Il reato di calunnia è procedibile d’ufficio e la competenza, salvo l’ipotesi del
terzo comma su cui si pronuncia il tribunale in composizione collegiale, è
attribuita al tribunale in composizione monocratica. un reato bioffensivo
Pare corretto sostenere che la calunnia assuma la veste di
in quanto
- da un lato, tutela l’interesse pubblicistico al corretto svolgimento
dell’amministrazione della giustizia (che si esplica in questo caso
nell’accertamento delle responsabilità per un reato),
- dall’altro, tutela l’interesse del soggetto, ingiustamente incolpato, a non
essere coinvolto indebitamente in un accertamento.
Il semplice fatto di essere iscritto nel registro degli indagati ed essere ascoltato
dalla polizia giudiziaria o da un organo del pubblico ministero per verificare se
le accuse rivolte nei suoi confronti abbiano un qualche fondamento, rappresenta
un turbamento o un pregiudizio per il soggetto e può comportargli alcuni rischi
in quanto, se anche solo inizialmente si crede alla falsa accusa, può subire
provvedimenti restrittivi della libertà personale.
La calunnia è un reato di pericolo che tutela il corretto svolgimento
dell’amministrazione della giustizia e non richiede l’effettiva lesione
dell’interesse protetto. E’ sufficiente che sia presente un pericolo di
fuorviamento della giustizia e di coinvolgimento indebito di un soggetto
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 87
Reati contro la pubblica amministrazione
innocente perché si configuri il reato in questione e non importa che le autorità
inquirenti si rendano ben presto conto dell’infondatezza delle accuse del
123 124
calunniatore . La Cassazione ha anche rimarcato come l’innocenza
dell’incolpato vada parametrata al reato attribuitogli dal calunniatore che
significa che il reato di calunnia si può configurare anche qualora l’incolpato
abbia commesso un reato diverso per titolo e meno grave.
Quando le accuse portano alla condanna, si applica il terzo comma dell’articolo
368, ipotesi che rientra tra i delitti aggravati dall’evento in cui il fatto che
l’evento ulteriore sia voluto o non voluto risulta indifferente. In questo caso
l’atteggiamento soggettivo del calunniatore è irrilevante, in quanto anche se ha
125
agito con dolo non muta il titolo del reato per cui è chiamato a rispondere .
Attenzione, la situazione di pericolo non si verifica quando la calunnia è
chiaramente inverosimile (esempio accusa dovuta a mitomania). Occorre però
che si tratti di una calunnia chiaramente inverosimile e non che risulti solo a
126
posteriori infondata ; infatti, quando la calunnia, almeno inizialmente, pare
avere qualche parvenza di attendibilità sussiste dal momento in cui il pericolo è
stato creato.
A) Differenza con la simulazione di reato
Il reato di calunnia si pone con la fattispecie di simulazione di reato in un
E’
rapporto che può essere definito (ma non necessariamente) di specialità.
possibile incontrare un’ipotesi di calunnia che inglobi in sé un profilo di
simulazione di reato, ma questo elemento potrebbe anche mancare.
La calunnia, ex articolo 368, si presenta con le stesse modalità di
esecuzione della simulazione. Possono perciò verificarsi:
calunnia formale,
- attraverso denuncia o querela rivolta all’autorità
giudiziaria o all’autorità che ad essa debba riferire;
calunnia reale,
- che consiste nel simulare tracce di reato che portano a far
convergere i sospetti su una persona ben precisa (a differenza della simulazione
reale in cui le tracce risultano generiche).
Quando è presente rapporto di specialità, la calunnia assorbe la
simulazione in quanto risulta un reato più grave contenente tutti i profili del
reato meno grave più altri specializzanti (classico caso di concorso apparente di
127
norme, che non presenta difficoltà interpretative ). L’elemento specializzante è
chiaramente rappresentato dal fatto di attribuire il reato simulato ad un soggetto
ben preciso.
123 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 06/07/1998, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.467.
commentata di diritto penale”,
124 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 20/10/1979, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.435.
commentata di diritto penale”,
125 In merito ai delitti aggravati dall’evento, si veda pag.49 di parte generale.
126 Cassazione Penale Sezione VI, 10/09/2002, n.30297.
127 In merito al concorso apparente di norme, si veda pag.91-94 di parte generale.
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 88
Reati contro la pubblica amministrazione
la calunnia potrebbe anche prescindere da una condotta che
Tuttavia,
riproduca la vicenda della simulazione di reato in quanto è possibile accusare
falsamente di un reato un soggetto innocente nell’ipotesi in cui il reato sia
effettivamente avvenuto, ma non lo abbia commesso il soggetto incolpato. Il
colpevole potrebbe anche risultare il calunniatore stesso che cerca perciò di
scaricare su altri le proprie responsabilità.
La simulazione si colloca necessariamente nella fase iniziale dei
potenziali accertamenti, in ordine al verificarsi di un reato, mentre la calunnia
può collocarsi cronologicamente in qualsiasi momento.
Per fare un esempio, si potrebbe comparire, un po’ ad effetto, durante il
dibattimento relativo ad un certo processo per essere sentiti come testi e tirare in
ballo quale responsabile del reato, per cui è già stato individuato un imputato, un
terzo innocente, magari per provare a salvare l’imputato.
B) Incolpazione implicita
Nella condotta di calunnia può aversi a volte un comportamento del calunniatore
decisamente più sfumato, che può far sorgere il dubbio se non si tratti, in realtà,
quando l’incolpazione
di una semplice simulazione di reato; ciò accade
avviene in modo implicito.
Spesso, infatti, il calunniatore effettua la denuncia indicando nome e cognome
del soggetto, proprio perché vuol far convergere l’attenzione degli inquirenti sul
“calunnia esplicita”),
soggetto che accusa (cosiddetta ma a volte, si realizza
una calunnia avendo di mira un altro obiettivo o, comunque non volendo
immediatamente esporsi come accusatori di qualcuno, ipotesi denominata
incolpazione implicita. In questo caso non viene indicato il nome del presunto, e
ma si forniscono comunque elementi tali da poter
non vero, autore del reato,
arrivare all’identificazione dell’innocente accusato falsamente con una certa
sicurezza (si indicano caratteristiche di un’autovettura, si dà una descrizione
fisica di un soggetto, ecc..). Di conseguenza, ai fini della configurabilità del
reato di calunnia, non è necessario che nella denuncia venga esplicitamente
accusato qualcuno, essendo sufficiente che sia volontariamente attribuito un
fatto costituente reato a carico di una persona, che si consoce innocente, la
quale, sebbene non venga individuata, sia tuttavia determinabile sulla base degli
elementi contenuti nella denuncia stessa.
A volte, l’incolpazione implicita emerge in comportamenti che presentano
una finalità che non sembra quella di trascinare sul banco degli imputati un
soggetto; magari è un atteggiamento tenuto con molta superficialità per uscire da
Tizio ha
una vicenda di cui non si vogliono subire le conseguenze. Ad esempio,
firmato una cambiale, non la vuole pagare e nega di averla sottoscritta, pur
128
sapendo che la firma risulta autentica . Quando questi comportamenti
avvengono davanti all’autorità giudiziaria o davanti alla polizia giudiziaria, può
significare, in maniera abbastanza chiara, non solo simulazione di un reato di
128 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 30/11/1992, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.444.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 89
Reati contro la pubblica amministrazione
ma anche incolpazione di un soggetto che non viene esplicitamente
falso,
indicato, ma su cui vanno subito a convergere i sospetti (e chiaro che se Tizio
sostiene che la cambiale contestata ha una firma apocrifa ritiene che il primo
si realizza un’incolpazione
prenditore abbia falsificato la firma); quindi,
implicita di reato, una falsa attribuzione di un reato ad un soggetto che Tizio sa
benissimo essere innocente in quanto lui stesso ha firmato personalmente la
cambiale. 129 sottolinea che si può configurare un reato di calunnia
La giurisprudenza
quando l’incolpazione è implicita, ma univoca, cioè porta a far convergere i
sospetti su una persona ben precisa. Se, invece, questa attribuzione non è
univoca, si realizza una simulazione di reato. 130
Ad esempio, come recentemente rimarcato dalla Cassazione , nella
soggetto che denuncia falsamente all’autorità di polizia di aver
condotta del
smarrito un libretto di assegni bancari, così implicitamente accusando di
furto o di ricettazione il legittimo prenditore di uno o più titoli contenuti nel
libretto stesso, e ricevuti dal denunciante, può ravvisarsi il reato di calunnia.
In un caso recente un soggetto fermato con una dose di droga, indica nekl
verbale di sommarie informazioni il nome dello spacciatore.
accusa implicita di falso
Successivamente nega di aver fatto quel nome
ideologico nei confronti degli agenti di P.G.
Una pioggia di sentenze si è avuta nel caso di falsa denuncia di smarrimento del
blocchetto degli assegni.
Si sosteneva inizialmente, che la denuncia di smarrimento del blocchetto degli
assegni , non integrava, in sé il reato in quanto non denunciava il reato.
Ma nel momento in cui gli assegni vengono bloccati, implicitamente si incolpa il
portatore quanto meno di aver falsificato la firma.
In questo scenario si possono delineare tre situazioni di accuse implicite:
1) Lo smarrimento può integrare il reato di furto
2) Non vi è stato furto ma chi lo utilizza lo riempie indebitamente
Quindi il reato a monte (di cui falsamente si accusa il portatore) potrebbe essere:
1) Furto
2) Ricettazione
3) Appropriazione di cose smarrite
Il problema nasce dal fatto che se c’è appropriazione, reato procedibile a
querela, in mancanza della querela non c’è procedimento.
129 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 18/02/1992, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.446.
commentata di diritto penale”,
130 Cassazione Penale Sezione V, 20/11/2000, n.11880.
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 90
Reati contro la pubblica amministrazione
La giurisprudenza nega l’appropriazione di cose smarrite ; addirittura si
viene a sostenere che, in quanto l’assegno contiene elementi che consentono di
risalire al titolare del conto, non viene perso il possesso di conseguenza la
cosa non può essere smarrita e ci troveremmo di fronte al reato di furto o , in
alternativa, alla ricettazione.
Questa ricostruzione appare un po’ forzata, atteso che con l’accusa di
falsificazione della firma si risolverebbero i problemi interpretativi.
Sentenza Corte di Cassazione n. 3922/2008 del 24 gennaio 2008
Ed invero, come del resto lo stesso decidente ha sottolineato nella propria
consapevole dissonanza rispetto al consolidato indirizzo di questo giudice di
legittimita', la questione impone una corretta valutazione dell'idoneita' o meno
della denuncia di smarrimento di un assegno bancario a costituire presupposto
di un reato perseguibile di ufficio a carico del prenditore e/o giratario del titolo
denunciato smarrito, agli effetti della configurabilita', in pregiudizio del detto
soggetto, del delitto di calunnia, stante l'accertata falsita' della denuncia di
smarrimento dell'assegno, con conseguente consapevolezza della innocenza
dell'incolpato.
Il punto, com'e' noto, questa Carte di legittimita' ha sottolineato ripetutamente
che la falsa denuncia di smarrimento di un assegno costituisce ipotesi di
rappresentazione di un valido espediente per bloccare la circolazione del titolo
e/o del suo pagamento ed il denunciante non puo' che essere consapevole di
simulare una circostanza idonea a far si' che il soggetto, al quale ha trasmesso
l'assegno e che in buona fede lo girera' o lo presentera' all'incasso, potra'
essere perseguibile d'ufficio per furto aggravato o per ricettazione, sicche' la
simulazione in parola non si esaurisce in tracce di un reato meramente
perseguibile a querela (ad es. ex articolo 647 del Codice Penale
l'appropriazione di cose smarrite), che, ove non proposta, non fa sorgere,
comunque, a carico della persona implicitamente individuabile, la procedibilita'
per detto reato e quindi un procedimento penale, con la conseguente esclusione
del delitto di calunnia, come erroneamente ritenuto dal Gip con la sentenza
impugnata.
Non e' pertanto il reato di cui all'articolo 647 del Codice Penale quello di cui si
incolpa "falsamente e scientemente" il giratario per l'incasso di un assegno
falsamente denunciato smarrito, quanto piuttosto il reato di ricettazione del
titolo, ove, come nella specie, il reato presupposto puo' essere alternativamente
o congiuntamente altra ipotesi delittuosa, a prescindere dall'incolpazione anche
indiretta di una persona che, ancorche' espressamente non indicata, sia tuttavia
individuabile, come nella specie, in modo implicito, quanto inequivoco (cfr. tra
le altre, Cass. pen. Sez. VI, 16-9-03 n. 37017, Russo; idem, 18-6-03, n 26110,
Monachino, ibidem, 1-6-01, n. 22636, Macri').
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 91
Reati contro la pubblica amministrazione
Precedenti conformi
Cassazione penale, Sez. VI, 5 settembre 1996, n. 8328
- (per la quale la falsa
dichiarazione di aver smarrito un assegno consegnato invece in pagamento
ad un altro soggetto integra il reato di calunnia poiche' simula ai danni del
prenditore del titolo il reato di furto o di ricettazione e non eventualmente
quello di appropriazione indebita di cosa smarrita. E', percio', irrilevante il
fatto che alla denuncia di smarrimento non abbia fatto seguito la
proposizione della querela per i reati di appropriazione indebita di cosa
smarrita e di falso in assegno. Perche' possa configurarsi il delitto di
appropriazione indebita di cosa smarrita infatti e' necessario che la cosa sia
uscita definitivamente dalla sfera di disponibilita' del legittimo possessore e
che questi non sia in grado di ripristinare su di essa il primitivo potere e
sicuramente e agevolmente possibile risalire, sulla base delle
poiche' e'
annotazioni contenute nell'assegno, al titolare del conto, chi se ne
impossessa illegittimamente commette o il reato di furto o quello di
ricettazione);
Cassazione penale, sez. VI, 15 aprile 2003, n. 26110
- (secondo la quale
risponde del delitto di calunnia, e non di falso ideologico commesso da
privato in atto pubblico, colui il quale dichiari falsamente al pubblico
ufficiale lo smarrimento di un assegno, atteso che, in questo modo, accusa
implicitamente il portatore del titolo di credito di essersene impossessato
fraudolentemente);
Cassazione penale, sez. VI, 27 maggio 2003, n. 37017
- (integra il reato di
calunnia la condotta del privato che denunci lo smarrimento di assegni
bancari dopo averli consegnati in pagamento ad altro soggetto, simulando,
cosi', ai danni del prenditore del titolo il reato di furto o di ricettazione);
Cassazione penale, sez. VI, 9 febbraio 2004, n. 13912
- (l'elemento
soggettivo del delitto di calunnia richiede non solo la volonta'
dell'incolpazione, ma anche la consapevolezza della innocenza
dell'incolpato; tale ultima consapevolezza, tuttavia, deve ritenersi "in re
ipsa" nell'ipotesi in cui taluno, dopo aver girato a terzi un assegno privo di
provvista, ne denunci la scomparsa).
Cassazione, Sez. VI, 15 aprile 2010, n. 14604
Il G. è stato tratto in giudizio e condannato in appello alla pena di anni uno e mesi
sei di reclusione, per aver denunziato falsamente ai Carabinieri di Napoli, il 21
settembre 2002, lo smarrimento degli assegni identificati con i n. 0082410970-05 per
euro 1681,51; n. 0082421247-12 per euro 3098,00; n. 0082421248-00 per euro
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 92
Reati contro la pubblica amministrazione in realtà dati in
3098,00, tratti sul cc 40683/09 presso la Banca popolare di Ancona,
pagamento a Riccio Mario, così accusando del reato di ricettazione, le persone che
sarebbero andate a porre detti titoli all’incasso.
Con un secondo motivo si lamenta ancora vizio di motivazione per illogicità, dato
che la Corte, superando le lacune e gli errori della sentenza di primo grado, afferma
di condividerne la motivazione sul presupposto che il G. aveva “ammesso di aver
smarrito gli assegni” e che il Riccio, prenditore, sebbene fosse stato immediatamente
ed integralmente soddisfatto del suo credito, aveva testimoniato che il G.si trovava in
difficoltà economiche.
Tale motivazione sarebbe viziata perché non ha preso in esame altri fondamentali
elementi quali la buona fede del G., il quale non appena venne a conoscenza,
mediante lettera AR. del 31.10.2002 inviatagli dal R., che l’assegno non era andato
smarrito, subito provvide ad avvertire i CC del ritrovamento dell’assegno e provvide,
altresì, a consegnare al Riccio stesso la somma di 1681,51 euro con tre bonifici
bancari, acquisiti agli atti del dibattimento (rispettivamente del 14.11.02 di 281,51
euro, del 29/11/02 di euro 200,00, del 08/04/03 di euro 200,00), e la rimanente
somma in contanti, così come confermato anche dalla persona offesa all’udienza del
06.11.06.
Ebbene, contrariamente a quanto ritenuto dal primo Giudice e dalla Corte di Appello
dopo, risulta provato dalla documentazione acquisita al fascicolo del dibattimento,
che nel momento in cui il prevenuto veniva a conoscenza dai prenditori degli assegni
denunziati smarriti tempestivamente provvedeva a comunicare ai CC di Napoli -
Rione Traiano il ritrovamento dei predetti assegni facendo venire meno il “pericolo”
che un procedimento penale potesse iniziare a carico di costoro.
Ed infatti, all’udienza del 13.06.05 tenutasi innanzi al G.U.P., venivano acquisite le
seguenti dichiarazioni di ritrovamento: in data 08.10.02 ritrovamento dell’assegno
identificato con n. 0082410970-05 a firma di M. G. (assegno contestato nel capo di
imputazione, ma non tra quelli indicati in querela); in data 27.09.02 ritrovamento
dell’assegno identificato con n. 0082410961-09 a firma di M.G. (a distanza di soli 6
giorni dalla denuncia di smarrimento); in data 30.10.2002 ritrovamento dell’assegno
identificato con il n. 0082423788-05 (assegno rivendicato dal Riccio in querela, in
udienza e nella lettera AR. del 31.10.2002 su indicata, ma non oggetto di
imputazione), a firma di Mazzarella Gaetano; in data 01.07.03 ritrovamento di n. 3
assegni identificati con i n. 0082410962-10, n. 0082421247-12 e n. 008242124800
(assegni indicati in querela dal Riccio, ma non rivendicati dallo stesso in udienza né
oggetto di indagini della P.G.), a firma di Mazzarella Gaetano.
Pertanto, per il ricorrente, la sentenza di secondo grado sarebbe priva di
motivazione perché nulla dice in merito al contestato errore in cui era incorso il
giudice di prime cure, considerato che non solo il G.aveva provveduto a comunicare
ai CC il ritrovamento dell’assegno di euro 1681,51 in data 30.10.2002, ma lo aveva
fatto addirittura un giorno prima della lettera AR. del 31.10.2002 inviata dal Riccio
alla Luongo, essendo stato in proposito avvertito telefonicamente dal Riccio stesso.
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 93
Reati contro la pubblica amministrazione
2.) la decisione di annullamento della Corte.
Il primo motivo di ricorso è fondato.
La decisione di responsabilità del G. è stata motivata mediante l’esclusiva
valorizzazione e valutazione della vicenda dell’unico assegno bancario, identificato
con il n. 0082423788-05, non oggetto di contestazione, nella elencazione dei titoli di
cui al capo di imputazione, e ricevuto da Riccio Mario, a titolo di pagamento
dall’odierno ricorrente, assegno messo all’incasso.
Gli altri assegni, oggetto invece di puntuale ed esplicita contestazione, non
risultano essere stati messi all’incasso: per essi quindi manca la prova della
consumazione del delitto di calunnia, e deve pronunciarsi l’annullamento senza
rinvio dell’impugnata sentenza, perché il fatto non sussiste.
Non a caso la sentenza impugnata (nella 21ª riga partendo dal basso), nel ricostruire
la materialità ed i profili soggettivi della calunnia, fa esclusivo riferimento a quel
solo titolo, dato in pagamento al R., non compreso tra quelli oggetto d’accusa e
quindi irrilevante ai fini del giudizio.
Ritiene in proposito la Corte che la mera denuncia di smarrimento di un assegno
presentata prima o dopo la consegna del titolo, da parte del denunciante, di per sé,
ma tale possa diventare se ed in quanto, falsa la denuncia, il
non costituisca reato,
titolo venga presentato all’incasso, comportamento questo che viene appunto a
perfezionare l’iter della condotta calunniosa “formale” o “reale” (Cass. Pen.
4537/2009, Rv. 242819 Siloni; 3910/2009, Rv. 24251 Sdiamone), considerato che la
fattispecie di calunnia si realizza allorché il fatto, oggetto di incolpazione “diretta” o
“indiretta”, non è avvenuto ovvero è essenzialmente diverso rispetto a quello
denunciato.
La mera dichiarazione alla polizia dello smarrimento di un assegno non costituisce
una denuncia di reato, non dà luogo a indagini e non determina la possibilità
dell’inizio di un procedimento penale.
Questa possibilità infatti si può verificare solo in seguito alla presentazione del titolo
all’incasso, perché è con la presentazione che si profila la commissione da parte del
presentatore di un reato (appropriazione di cose smarrite, ricettazione, falsità in atti)
da denunciare all’autorità giudiziaria.
Perciò, in mancanza della presentazione all’incasso dei titoli indicati
nell’imputazione, deve concludersi che la denuncia di smarrimento degli stessi non
poteva integrare il reato di calunnia e che, di conseguenza, la sentenza impugnata
deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
La sentenza non appare molto felice: infatti sembrerebbe che gli assegni non
presentati all’incasso siano venuti alla luce dopo le ricerche della P.G. a carico
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 94
Reati contro la pubblica amministrazione
del soggetto che aveva presentato all’incasso quell’unico assegno non
denunciato.
Solo per questo motivo sembrerebbe che la persona è stata destinataria di un
procedimento penale e di conseguenza si è realizzata la condotta tipica, che
prevede un pericolo nei confronti della persona calunniata.
C) Rapporto tra calunnia ed esercizio del diritto di difesa
L’incolpazione implicita si presenta, a volte, in una dimensione che va ad
intersecare l’esercizio del diritto di difesa. E’ importante perciò segnare il
confine tra calunnia ed esercizio del diritto di difesa.
Il diritto di difesa non può essere esercitato tirando in ballo persone innocenti. E’
possibile difendersi in vari modi (ad esempio sostenendo il falso, o tacendo), ma
non si può accusare ingiustamente un soggetto per sgravarsi dalla
responsabilità di un reato commesso. la calunnia non
Quindi è possibile delineare un principio, secondo cui
risulta, di per sé, un mezzo ammissibile di esercizio del diritto di difesa. A
volte, però, le vicende non risultano così chiare perché in taluni contesti, al fine
di difendersi, può essere quasi inevitabile incolpare implicitamente un soggetto.
Si prenda l’ipotesi di un soggetto che viene accusato, con una denuncia redatta
da un ufficiale di polizia giudiziaria, di essere l’autore di un reato. In questa
ipotesi si possono delineare diverse situazioni:
1) la descrizione ipotizza che il soggetto possa essere l’autore del reato
però non risulta così
(magari lo è sul serio, ma non vuole ammetterlo),
chiara ed indiscutibile, motivo per cui è possibile giocare la carta
dell’infondatezza della denuncia senza accusare chi l’ha redatta di aver
commesso un reato di calunnia o comunque di aver falsato la realtà. Il
soggetto può dire che l’ufficiale di polizia giudiziaria si è sbagliato,
credendo di averlo riconosciuto in quanto per via di precedenti aveva già
avuto a che fare con lui, motivo per cui ha ritenuto di coinvolgerlo in
quella vicenda in cui è stato commesso un reato, sbagliandosi; in pratica,
si cerca di dimostrare l’errore di persona;
la descrizione è più precisa
2) e non c’è possibilità di sostenere l’errore di
ad un’incolpazione implicita;
persona, motivo per cui ci si trova di fronte in
questo caso, nel momento in cui si sostiene di non aver commesso il fatto
descritto nella denuncia, è implicito che si sostenga la falsità di quanto descritto
nella denuncia stessa. Questa falsità non può derivare da un “lapsus calami” del
soggetto, perché si sostiene chiaramente che è stata costruita un’accusa falsa.
In quest’ultima ipotesi, ci si è domandati se si potesse seguire la condotta
illustrata per non incorrere nell’incolpazione implicita o se fosse consigliabile
ammettere di essere il responsabile del reato. La stessa situazione si può
verificare anche quando compare davanti al giudice un testimone che accusa con
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 95
Reati contro la pubblica amministrazione
estrema precisione un soggetto di essere l’autore del reato oggetto
Nel momento in cui il soggetto accusato sostiene che il
dell’accertamento.
testimone ha affermato il falso (magari rimarcando semplicemente che la
sta implicitamente, o quasi esplicitamente,
vicenda non si è realizzata)
incolpando il soggetto di un reato di falsa testimonianza (o di falsa
informazioni al pubblico ministero, a seconda del contesto in cui si svolge la
vicenda). E’ perciò opportuno chiarire se in queste situazioni si commetta il
reato di calunnia. Sulla base del principio del “nemo tenetur se detergere”, si
ammette che l’indagato non debba confessarsi autore del reato. Si è quindi
evidentemente cercato un punto di equilibrio fra le esigenze irrinunciabili della
difesa e l’interesse pubblico a proteggere le fonti informative.
Su questo punto c’è stata qualche pronuncia non proprio lineare, come è
131 , in cui
accaduto in un caso, passato sotto il vaglio della Cassazione nel 1984
l’imputato, esagerando un po’, per sgravarsi da un’accusa mossagli da un
maresciallo dei carabinieri, aveva non solo affermato che era falso quanto
riportato nel rapporto del maresciallo, ma anche, in aggiunta, che quel
maresciallo lo voleva rovinare lasciando chiaramente ipotizzare che fossero
avvenuti screzi pregressi che giustificassero un accanimento dell’ufficiale di
polizia giudiziaria nei suoi confronti. La sentenza, decisamente generosa, aveva
ammesso la copertura del diritto di difesa e non aveva condannato per calunnia,
pur lasciando qualche dubbio all’interprete.
132
Giurisprudenza successiva ha, invece, operata una puntualizzazione più
corretta distinguendo ciò che rappresenta un elemento inevitabile per respingere
l’accusa da ciò che, invece, rappresenta un’aggiunta non strettamente funzionale
all’esercizio del diritto di difesa. Quindi, come sostenuto in un intervento della
133
Cassazione del 1983 , è possibile difendersi contestando le accuse e gli
elementi di prova esibiti a proprio carico, anche se questo significa
implicitamente, in alcune situazioni concrete, sostenere che un altro soggetto ha
Non si
commesso un reato nel formulare le accuse o nel descrivere le situazioni.
possono, invece, aggiungere elementi miranti a convalidare le falsità. Cioè è
ma non è possibile
possibile negare che quello che viene raccontato sia vero,
aggiungere elementi, più o meno fantasiosi, per dare una spiegazione logica
o credibile all’incolpazione implicita che si sta realizzando (ad esempio non è
possibile sostenere che le affermazioni di quell’ufficiale di polizia giudiziaria
sono false e che sono state formulate in virtù di un precedente astio, determinato
da vicende private, motivo per cui si è perseguitati dal pubblico ufficiale).
Se si allarga la tipologia delle affermazioni e si va oltre quello che è strettamente
funzionale alla pura e semplice reiezione degli elementi di accusa, secondo la
giurisprudenza, si rientra nell’ambito della calunnia in quanto la copertura
dell’esercizio del diritto di difesa (il cosiddetto “ius defendendi”) è circoscritta
131 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 02/05/1984, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.457.
commentata di diritto penale”,
132 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 27/04/1995, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.452
commentata di diritto penale”,
133 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 22/02/1983, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.463.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 96
Reati contro la pubblica amministrazione
al semplice diniego circa la verità di quello che viene descritto nella denuncia o
134 .
affermato dal testimone
Il confine non pare limpidissimo, però, se non si esagera (come è avvenuto nella
pronuncia del 1984), si può affermare che la contestazione del reato di calunnia
è determinata dai cosiddetti “arricchimenti”.
D) Rapporto tra calunnia ed esercizio del diritto di difesa da parte del
difensore
Il problema di segnare il confine tra esercizio del diritto di difesa e calunnia si
135
pone, in termini analoghi, anche per il difensore. La Cassazione nel 1998 è
intervenuta in merito ad una vicenda in cui il difensore di un imputato si era
fatto prendere dall’entusiasmo nei contestare l’acquisibilità dei verbali di un
interrogatorio svolto da un ufficiale di polizia giudiziaria che stava incastrando
l’imputato da lui difeso. Nel cercare di evitare l’ingresso di questo fascicolo nel
l’avvocato aveva affermato che il pubblico ministero ed il
dibattimento,
commissario della Polizia di Stato avevano costretto il soggetto a rendere le
dichiarazioni raccolte nell’interrogatorio e quindi aveva rimarcato che
quelle che erano state siglate come dichiarazioni spontanee, in realtà, non
erano altro che interrogatori estorti dal funzionario di polizia per incarico
del pubblico ministero.
La Cassazione, in questo caso, ha delineato per l’avvocato una responsabilità per
calunnia ed ha respinto l’argomentazione che si trattasse di un puro esercizio del
diritto di difesa. Per come era stata riferita la vicenda, infatti, l’avvocato aveva
lasciato intendere che, in sostanza, il verbale era stato falsificato, perché si era
fatto comparire un soggetto come se si fosse presentato spontaneamente per
rendere dichiarazioni, quando invece, era stato coartato a renderle. Dalla linea
adottata dal difensore, si evinceva una supposizione di falsità delle dichiarazioni,
con implicita attribuzione non solo della falsità nella redazione verbale, ma
anche di calunnia nei confronti del commissario della Polizia di Stato. In questo
caso, la Cassazione ha affermato che il difensore era andato ben oltre il semplice
esercizio del diritto di difesa, in quanto avrebbe potuto contestare in altro modo
l’acquisibilità del fascicolo (avrebbe, per esempio, potuto affermare che, sulla
base di sue informazioni, sussistevano dubbi sul fatto che si fosse trattato
davvero di dichiarazioni spontanee, ma non presentare queste dichiarazioni
come il frutto di una specie di tortura psicologica o fisica da parte del
funzionario della Polizia dello Stato).
E) Autorità destinataria della denuncia
134 Cassazione Penale Sezione VI, 21/12/2001, n.45582.
135 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 06/11/1998, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.464.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 97
Reati contro la pubblica amministrazione
Sempre in tema di calunnia, riemerge un problema, seppur in ottica rovesciata,
già affrontato nell’ambito del reato di omessa denuncia, laddove si poneva
l’alternativa tra denunciare all’autorità giudiziaria o ad altra autorità che ad essa
avesse l’obbligo di riferire. Anche in tema di calunnia pare necessario
individuare se con l’accezione “altra autorità” si faccia riferimento alla polizia
giudiziaria oppure se anche altri organi differenti possano essere destinatari di
una denuncia calunniosa.
Pronunce recenti hanno dimostrato come la giurisprudenza abbia adottato
una linea interpretativa di estrema ampiezza; in un caso, passato sotto il
136
vaglio della Cassazione nel 1997 , un individuo, attraverso una serie di esposti
al Provveditore ed al Ministero della Pubblica Istruzione, aveva denunciato
comportamenti da lui definiti scorretti, ma che avrebbero potuto essere
riconducibili a fattispecie criminose come l’abuso d’ufficio, commessi da una
direttrice didattica. Queste accuse erano risultate essere false e questo soggetto si
era visto attribuire il reato di calunnia in quanto nel compiere le segnalazioni si
era rivolto ad un’altra autorità che aveva l’obbligo di riferire all’autorità
giudiziaria. 137 la Cassazione ha confermato
In un’altra pronuncia del 1997
l’interpretazione ampia della giurisprudenza. Tizio, amministratore di una
società, aveva scritto al presidente di un’azienda consortile di trasporto una serie
di false accuse nei confronti di uno degli amministratori dell’azienda in quanto
aveva avuto con questa persona alcuni attriti personali. Tizio è stato ritenuto
responsabile di calunnia, a prescindere dall’eventuale conferma delle accuse.
138
Nel 2002, ad ulteriore conferma dell’indirizzo ampio, la Cassazione ha
l’atto non deve essere necessariamente diretto all’autorità
affermato che
giudiziaria, ma a qualunque autorità che, essendo costituita da pubblici
ufficiali ed incaricati di pubblico servizio, è obbligata (ai sensi dell’articoli
139
331, comma 1, del codice di procedura penale ), a denunciare alla prima (ai
sensi dell’articolo 331, comma 2, del codice di procedura penale) qualsiasi reato
perseguibile d’ufficio di cui abbia avuto notizia nell’esercizio o a causa della
pubblica funzione o del pubblico servizio esercitato.
In realtà, questo tipo di interpretazione lascia un po’ perplessi per un’ovvia
simmetria con alcune delle fattispecie reato precedentemente esaminate. Infatti,
se si segue un’interpretazione restrittiva nell’ambito dei reati di omessa
denuncia, la medesima espressione non può avere una valenza completamente
diversa nei confronti di reati che, nella sistematica codicistica, risultano collocati
in immediata successione. Spesso, tra le altre cose, il soggetto qualsiasi non si
rende bene conto di creare quel pericolo di apertura di un procedimento penale
che è tipico della calunnia quando si rivolge ad organi pubblici differenti da
136 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 06/02/1997, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.430.
commentata di diritto penale”,
137 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 13/06/1997, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.432.
commentata di diritto penale”,
138 Cassazione Penale Sezione VI, 10/09/2002, n.30297
139 A tal proposito, si veda pag.322 di parte speciale.
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 98
Reati contro la pubblica amministrazione
quelli adibiti all’amministrazione giudiziaria. Deve però essere sottolineato che
un’interpretazione restrittiva si potrebbe accompagnare al rischio che un
soggetto si muova affinché siano altri ad inguaiare l’accusato. Un soggetto
potrebbe, infatti, rivolgersi ad organi diversi dall’autorità giudiziaria per poi
tirarsi fuori affermando che non si voleva calunniare nessuno proprio in quanto
ci si era rivolti ad un organo diverso dall’autorità giudiziaria.
In presenza di queste situazioni equivoche, è opportuno verificare con
infatti, se il soggetto si è
quale ottica il soggetto abbia effettuato la denuncia;
mosso strumentalmente, ben sapendo che l’esposto sarebbe poi finito sul
tavolo di un pubblico ministero, è chiaro che si potrà sostenere che abbia agito
determinando in errore un soggetto per realizzare la calunnia (si ricorre in questo
In questo caso, la denuncia viene
caso all’applicazione dell’articolo 48).
presentata da un soggetto diverso, che però è stato indotto in errore da colui
che risulta l’autore mediato della calunnia.
Esiste anche un altro modo, molto semplice, per stanare il calunniatore, basta,
infatti, ascoltarlo in sede di dichiarazioni davanti alla polizia giudiziaria o
davanti al pubblico ministero. Se in questa sede ribadisce il contenuto
dell’esposto calunnioso o comunque dell’esposto falsamente attributivo di reati,
commetterà a questo punto una calunnia formale. Potrebbe però fare marcia
indietro e, presentatosi davanti all’ufficiale dei carabinieri o al pubblico
ministero, potrebbe cambiare completamente registro. A questo punto è
possibile sostenere che il soggetto abbia commesso un reato di diffamazione
procedibile a querela dell’offeso ed è scongiurato il rischio di apertura di un
procedimento penale nei confronti della persona calunniata, che risulta così solo
diffamata.
Una ipotesi in cui si potrebbe avere qualche dubbio sulla correttezza del criterio
qui accreditato (interpretazione restrittiva di altra autorità), riguarda una
situazione limite, che si è realizzata in un caso in cui una denuncia calunniosa
era stata fatta per depistare le indagini sulla strage di Bologna, facendo pervenire
una falsa notizia criminis ad appartenenti ai servizi di sicurezza (si era, cioè,
fatta la denuncia calunniosa ad un esponente del SISMI). Nel 1995 la
Cassazione ha affermato che in questo caso si poteva individuare
nell’appartenente al servizio di sicurezza una delle altre autorità. Qui però il
discorso pare già più accettabile, perché è vero che questi soggetti non svolgono
funzioni di polizia giudiziaria per esplicita disposizione legislativa, però è anche
vero che si tratta di organi che svolgono istituzionalmente indagini che possono
sfociare in atti riversabili negli accertamenti della polizia giudiziaria in quanto,
attraverso il direttore dei servizi, hanno l’obbligo di far confluire ad essa tutti gli
elementi oggetto di accertamento da parte loro. Si potrebbe sostenere che questa
ipotesi rappresenti una di quelle situazioni in cui il soggetto formalmente non ha
attribuzioni di polizia giudiziaria, ma, in realtà, svolge una funzione che risulta
in tutto e per tutto simile a quella ricoperta dall’ufficiale di polizia giudiziaria,
tanto è vero che, come visto, in ambito di reati di omessa denuncia, è previsto un
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 99
Reati contro la pubblica amministrazione
obbligo di collaborazione istituzionalizzato, sia pure nella forma verticalizzata
della responsabilità del direttore di servizio.
Questa ipotesi dovrebbe rappresentare la massima espansione del concetto di
pubblica autorità; per il resto sembra un’operazione un po’ eccessiva estendere
questo concetto a qualsiasi incaricato di pubblico servizio o a qualsiasi pubblico
ufficiale (ad esempio al Provveditore agli studi).
Ai fini della configurabilità del delitto di calunnia non occorre una denuncia in senso
formale, essendo sufficiente che taluno, rivolgendosi in qualsiasi forma all'autorità
giudiziaria ovvero ad altra autorità avente l'obbligo di riferire alla prima, esponga
fatti concretanti gli estremi di un reato, addebitandoli a carico di persona di cui
conosce l'innocenza. (Fattispecie relativa a sommarie informazioni rese ai
Carabinieri nel corso delle indagini preliminari). (Rigetta, App. Genova, 8 Marzo
2005)
Sez. VI, Sent. n. 44594 del 08-10-2008 (ud. del 08-10-2008), D.B.A. (rv. 241654)
F) Modifiche normative inerenti il reato oggetto di calunnia
Un altro problema da affrontare riguarda l’influenza di un’ eventuale modifica
normativa concernente il reato oggetto di incolpazione. Ad esempio, Tizio
incolpa falsamente Caio di aver commesso il reato X, ma, dopo l’incolpazione il
reato X viene depenalizzato e trasformato in illecito amministrativo, oppure
viene cancellato completamente dall’ordinamento. Ci si è domandati se, in
questi casi, si verifichi un reato di calunnia, se cioè si tratti di una modifica che
innesca l’applicazione dell’articolo 2 oppure se si rimanga al di fuori della
successione delle leggi penali nel tempo. A tal proposito, come confermato dalla
140
Cassazione , è corretto sostenere che viene modificata la legge penale, ma non
la legge che incrimina la calunnia.
Questo problema ha un famoso precedente storico che risale alla Resistenza
(1943-1945), periodo in cui un modo comodo per eliminare un soggetto era
quello di denunciarlo alle truppe di occupazione tedesche (o ai fascisti) in
quanto appartenente alle bande partigiane; se la notizia era presa sul serio il
soggetto accusato finiva davanti al plotone per l’esecuzione al termine di un
accertamento piuttosto sommario. Terminata la guerra e conclusa la fase della
liberazione, l’essere appartenuti alle bande partigiane divenne un titolo di
merito. I difensori degli imputati di calunnia sostenevano che in questi casi era
venuta meno anche la calunnia e mettevano in luce il fatto che i calunniati erano
stati incolpati di qualcosa che prima costituiva reato, ma poi si era addirittura
trasformato in un titolo di merito. La giurisprudenza ritenne, invece, che i
calunniatori dovessero essere condannati, sottolineando che la modifica
140 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 17/12/1988, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.436.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 100
Reati contro la pubblica amministrazione
normativa non aveva intaccato l’interesse protetto dalla norma. La norma,
infatti, voleva prevenire il rischio che un soggetto fosse sottoposto
ingiustamente ad un procedimento penale e questo interesse era rimasto
inalterato sia prima che dopo la modifica.
In pratica, la modifica normativa riguardava il concetto di reato, ma non
incideva sulla struttura della calunnia. I calunniatori avevano messo
effettivamente a repentaglio la vita di coloro che avevano falsamente incolpato e
di quel reato dovevano rispondere anche se era subentrata una diversa
valutazione del fatto che però, al momento delle denunce, comportava precise
responsabilità.
Diverso discorso sarebbe accusare oggi un soggetto di un reato già
depenalizzato. Ad un certo punto, costituiva reato esportare illegalmente capitali
all’estero; qualche anno fa la normativa è stata modificata e l’illecito valutario è
rientrato nei ranghi del semplice illecito amministrativo. E’ chiaro che se nel
momento in cui si realizza il fatto la vicenda non costituisce più reato non si crea
il rischio di apertura di un procedimento penale; si potrà avere, eventualmente,
una responsabilità per diffamazione in quanto l’illecito valutario rimane pur
sempre un fatto disdicevole e lesivo della reputazione.
Se, invece, la depenalizzazione interviene dopo che è stata presentata la
denuncia il soggetto calunniato è stato ugualmente esposto al rischio di
accertamento per un reato di illecita costituzione di disponibilità valutaria
all’estero anche se nel momento in cui si discute questo soggetto non
rischierebbe più alcuna incriminazione. Quindi, in questo caso è giusto sostenere
che l’accusa di calunnia resti in piedi in quanto la modifica normativa,
concernente il titolo del reato, non si riflette sulla struttura della calunnia, che
non subisce modifiche.
Si pone nei medesimi termini l’ipotesi che per il calunniato intervenga una
141
causa di non punibilità soggettiva , fatto che, come dimostrato dalla
142
Cassazione in merito alla presenza di un certo grado di parentela in alcuni
reati contro il patrimonio (articolo 649), non esclude il reato commesso dal
calunniatore. Chiaramente la causa di non puniblità deve risultare
incontrovertibile già nel momento della denuncia e non deve essere conosciuta
dal calunniatore. Lo stesso discorso è valido anche le cause di estinzione del
143
reato (prescrizione, amnistia) .
G) Ritrattazione
Altro problema, che riguarda anche il reato di simulazione, è la questione della
ritrattazione. E’ rarissimo trovare pronunce che ammettano la rilevanza della
ritrattazione in senso
ritrattazione (chiaramente in questo caso si parla di
atecninco, cioè quella marcia indietro pressoché immediata che segue alle false
141 In merito alle cause di non punibilità soggettive, si veda pag.124-125 di parte generale.
142 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 22/12/1998, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.436.
commentata di diritto penale”,
143 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 22/07/1992, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.438.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 101
Reati contro la pubblica amministrazione
dichiarazioni, mancando nell’articolo 376 ogni riferimento alla calunnia). In
realtà, pare che la questione si possa porre negli stessi termini della simulazione
di reato.
Se le controdichiarazioni in cui consiste la ritrattazione risultano tempestive ed
impediscono che si profili un pericolo di apertura di un procedimento penale nei
confronti di un soggetto innocente, non si realizza, in fondo, il pericolo che
vuole incriminare il legislatore attraverso la calunnia. Sul piano formale, nella
norma sulla calunnia sembrerebbe mancare quel profilo descritto nell’articolo
“in modo che si possa iniziare un
367 (simulazione di reato) con le parole
procedimento penale”; normalmente però si considera che questo risulti un
requisito implicito della calunnia, tanto è vero che, anche in tema di calunnia,
si ammette che l’inverosimile di cui si percepisce l’assoluta infondatezza non
dia luogo, fin dall’inizio, a responsabilità per questo titolo di reato.
Quindi, anche l’incolpazione calunniosa subito ritrattata, contraddetta
dallo stesso soggetto in un arco temporale ristrettissimo, tanto da non mettere in
pericolo l’interesse dell’accusato di vedersi, ingiustamente, sottoposto ad
interrogatorio, a procedimento od altro, dovrebbe consentire di ritenere non
penalmente rilevante questo comportamento. Deve comunque prendersi atto che
144 , da questo punto di vista, ha un atteggiamento
la giurisprudenza
decisamente restrittivo, che sulla calunnia è ancora più restrittivo rispetto alla
simulazione di reato. Chiaramente, la ritrattazione deve essere spontanea ed
essere realizzata senza condizionamenti esterni, situazione a dire il vero poco
realistica. 145 ha qualificato la ritrattazione come attenuante, ai
A volte la Cassazione
sensi dell’articolo 62 numero 6, nel rispetto del limite della spontaneità e sempre
che abbia preceduto la prova della falsità dell’accusa. Probabilmente, questa
lettura, come quella che valuta la ritrattazione spontanea un’attenuante generica
ex articolo 62 bis, risulta l’unica accettabile, almeno per quelle situazioni in cui
sia già stato aperto un procedimento. Invece, quando la ritrattazione è
tempestiva e precede l’apertura del procedimento penale non si crea alcun
pericolo per l’innocente incolpato e non si dovrebbe ravvisare il reato di
calunnia,.
H) Dolo della calunnia
Il reato di calunnia richiede l’elemento soggettivo del dolo diretto o
intenzionale, non è sufficiente il semplice dolo eventuale. Di conseguenza, le
superficialità e le leggerezze nella denuncia di un soggetto non risultano
sanzionabili attraverso l’articolo 368 se determinate da un profilo colposo.
La norma descrive il fatto sottolineando che colui che formula l’incolpazione
di un reato taluno che sa innocente”,
“incolpa inciso che viene interpretato
come se postulasse una particolare forma di dolo, cioè il dolo diretto.
144 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 27/08/1999, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.467.
commentata di diritto penale”,
145 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione II, 19/09/1997, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.468.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 102
Reati contro la pubblica amministrazione
L’innocenza dell’incolpato, oltre ad essere un dato oggettivo deve essere
rappresentazione in termini di certezza
elemento di da parte di colui che
146
formula la calunnia . Se il calunniatore si trova in dubbio ed agisce con dolo
eventuale, manca il dolo richiesto per la calunnia e quindi non si profila
147
responsabilità penale . Quest’interpretazione, però, sembra essere un po’
troppo legata alla formula normativa e lascia aperto un problema.
- Nulla quaestio se il soggetto formula un’incolpazione in termini
sinceramente dubitativi e chiarisce a chi riceve l’incolpazione che la sua accusa
non è sorretta da certezza di elementi, ma è basata su sospetti, sensazioni,
magari su una visione del fatto non precisa (ad esempio, Tizio ha visto nel buio
una persona accoltellare la vittima ed ha l’impressione che si tratti di un
soggetto di sua conoscenza, però non lo ha visto così nitidamente da poterne
essere sicuro).
- Se però avendo dubbi il soggetto non li manifesta non sembra giusto
affermare a giochi fatti che si debba essere prosciolti perché non si era sicuri e si
è agito con dolo eventuale, non sufficiente per rispondere di calunnia.
Il fatto di non manifestare i dubbi crea un forte rischio di fuorviamento
dell’amministrazione della giustizia, la quale ha davanti a sé un soggetto che
indica con apparente sicurezza un altro individuo come responsabile di un fatto,
mentre, in realtà, non è poi così sicuro.
I) Unità o pluralità di reati
Quando vengono incolpati più soggetti si commette una pluralità di reati in
concorso formale o materiale a seconda che si tratti di un’unica azione
calunniosa o di una pluralità di azioni calunniose. E’ giusto che sia configurata
una pluralità di reati in quanto il coinvolgimento di ogni soggetto
aggiuntivo crea un nuovo profilo offensivo del fatto, coinvolgendo un
ulteriore soggetto innocente. Di conseguenza, non si pone proprio sullo stesso
148
piano accusare un solo individuo oppure accusarne due o più .
Ci si potrebbe domandare se la calunnia risulti plurima quando plurime
sono le incolpazioni, ad esempio Tizio accusa solo Caio, ma di aver commesso i
reati A e B. In questa ipotesi, qualora la vicenda presenti una sua unitarietà, si
potrebbe sostenere che il reato risulti unico in quanto il rischio di procedimento
149
penale è unitario, come stabilito dalla Cassazione in un suo intervento.
Qualche dubbio potrebbe presentarsi se si tratta di un contesto accusatorio
unitario, ma con vicende che, per esempio, vanno in mano a giudici diversi per
ragioni di competenza; questo fatto potrebbe moltiplicare i rischi e quindi far
146 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione V, 28/07/1992, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.478.
commentata di diritto penale”,
147 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 01/03/1989, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.478.
commentata di diritto penale”,
148 In merito al problema dell’unità o pluralità di reati, si veda pag.14 di parte generale.
149 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 04/07/1995, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.481.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 103
Reati contro la pubblica amministrazione
riflettere sull’esistenza eventualmente di un concorso formale di calunnie
realizzate con un’unica denuncia calunniosa.
La calunnia è un reato a natura istantanea che si consuma con la
comunicazione all’autorità di una falsa incolpazione di una persona che si sa
innocente, motivo per cui eventuali successive dichiarazioni di conferma, senza
alcuna sostanziale variazione o aggiunta che muti la natura e la gravità del fatto
denunciato, non possono considerarsi né come nuove violazioni della stessa
150
disposizione di legge, né come fatto di permanenza del reato . L’ipotesi
incriminatrice, infatti, si esaurisce con il verificarsi della lesione giuridica ed
eventuali dichiarazioni a conferma della prima incolpazione, in quanto non
idonee ad aprire nuovi scenari di imputazione, non concorrono con la prima
151
dichiarazione calunniosa .
AUTOCALUNNIA
Il reato di autocalunnia è procedibile d’ufficio e la competenza è attribuita al
tribunale in composizione monocratica.
ARTICOLO 369 CODICE PENALE – Autocalunnia
mediante dichiarazione
[1]Chiunque ad alcuna delle Autorità indicate
nell’articolo precedente, anche se fatta con scritto anonimo o sotto falso nome,
mediante confessione
ovvero innanzi all’Autorità giudiziaria, incolpa se stesso
reato che egli sa non avvenuto o di un reato commesso da altri,
di un è punito
con la reclusione da uno a tre anni.
L’autocalunnia è una figura limitrofa alla calunnia, che si distingue in quanto è
diverso l’obiettivo dell’incolpazione falsa. Infatti, anziché incolpare un terzo
innocente, un soggetto si attribuisce falsamente il reato. L’auto-calunnia può
dimensione simulatoria
presentare una (Tizio si accusa di un reato che non si è
componente parzialmente vera
verificato), oppure può avere una (il reato è
avvenuto ma non lo ha commesso colui che si auto-denuncia).
E’ importante sottolineare che il reato di autocalunnia risulta, almeno
152 ipotesi specifica rispetto al reato di
secondo la Cassazione ,
favoreggiamento personale, per cui quando un soggetto si autoaccusa per
non di
salvare un terzo risponde semplicemente del reato di autocalunnia e
150 Cassazione Penale Sezione I, 27/07/2000, n.8577.
151 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 05/08/1999, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.480.
commentata di diritto penale”,
152 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 22/0171986, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.483.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 104
Reati contro la pubblica amministrazione
autocalunnia in concorso con favoreggiamento personale (si tratta di un
153
concorso apparente di norme) .
A) Rapporti con la calunnia meno gravemente della calunnia,
L’auto-calunnia è fattispecie sanzionata
reato monoffensivo,
perché risulta lede cioè l’interesse dell’amministrazione
della giustizia, ma non lede un terzo innocente poiché ci si auto-accusa auto-
coinvolgendosi indebitamente in un procedimento penale.
Il parallelismo tra calunnia ed auto-calunnia sembrerebbe, almeno sul
piano concettuale, nitido, ma osservando con attenzione il codice ci si accorge
che esiste un’evidente asimmetria tra le due fattispecie in quanto nella norma
non è descritta la condotta di simulazione delle tracce,
sull’auto-calunnia che
a dire il vero potrebbe verificarsi senza problemi anche in quest’ambito.
Ad esempio, Tizio arriva sulla scena del delitto vede l’autore del reato e
decide di coprirlo, simula di conseguenza una traccia a proprio carico
strappando un bottone dalla sua giacca e lasciandolo tra le dita della vittima,
facendo credere che vi sia stata una colluttazione.
La situazione in cui un soggetto ha creato le premesse per un’autoincolpazione
non è prevista dall’articolo 369 né può esservi ricondotta analogicamente in
154
quanto si tratterebbe di un’ipotesi di analogia in malam partem . Ammesso che
poi si riesca a chiarire la situazione, rimane solo la possibilità di individuare altri
reati contro l’amministrazione della giustizia, sempre che ne sussistano gli
Se questo tipo di autoincolpazione “reale” è stata determinata dalla
estremi.
volontà di coprire il colpevole pare possibile invocare il reato di
favoreggiamento personale, ex articolo 378, ma se, invece, si è agito per il
semplice gusto di mettere i bastoni tra le ruote dell’amministrazione della
giustizia, non si può richiamare il reato di favoreggiamento e la condotta si
una zona di vuoto normativo
va a collocare in che l’articolo 369, in maniera
incomprensibile, lascia aperto.
Considerando che la calunnia riprende gli elementi della simulazione,
l’auto-calunnia dovrebbe riprendere gli elementi della calunnia, cosa che,
invece, fa solo parzialmente. Non esiste, in realtà, nessuna motivazione logica
per escludere la rilevanza dell’auto-calunnia reale. Probabilmente si è trattato di
una svista non motivata dal legislatore oppure di un errore tecnico.
Di conseguenza, il comportamento che come auto-calunnia non può
essere incriminato al massimo può essere recuperato in seguito come auto-
calunnia formale o può essere inquadrato, come ripiego, nel favoreggiamento
personale.
153 In merito ai profili del concorso apparente di norme, si veda pag.91-94 di parte generale.
154 In merito all’analogia si veda pag.11-12 di parte generale.
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 105
Reati contro la pubblica amministrazione
B) Coinvolgimento di terzi nell’autocalunnia
Ci si è posto il problema di che cosa possa accadere quando, in presenza di un
reato commesso da A, è intervenuto B sostenendo che il reato è stato commesso
da lui stesso con la collaborazione di C. In un siffatto caso, nell’ipotesi in cui si
tratti di una messa in scena concordata, in cui un soggetto fa da voce accusatoria
di un soggetto terzo che però non si autoaccusa, ma è d’accordo nel farsi
accusare, il soggetto terzo, di fatto, concorre in quella che, almeno a prima vista,
appare una calunnia, ma poi, in realtà, si rivela un auto-calunnia in virtù del
consenso della persona incolpata.
In pratica, ogni qual volta risulta presente il consenso del soggetto tirato in
ballo, anche se questi viene incolpato formalmente da un altro, la vicenda
converge in un unico reato di auto-calunnia in quanto non si rinviene alcuna
ragione per tutelare il soggetto oltre la sua volontà (è, infatti, lui stesso che
155
accetta di essere tirato in ballo come responsabile) .
Si può affermare che non risulta importante il momento in cui convergono le
condotte di coloro che vogliono coprire il vero responsabile, è importante,
invece, che si realizzi la convergenza voluta su uno dei due soggetti. In questo
caso, il fatto diventa autocalunnia tanto che i soggetti si siano messi d’accordo
prima, quanto che si capisca in itinere che è presente un soggetto che accusa
perché vuole coprire un altro e che l’accusato stia al gioco convalidando di
conseguenza l’incolpazione (la calunnia, formalmente realizzata in un primo
momento, di conseguenza, si trasforma in seguito in auto-calunnia).
In realtà, per risolvere il problema del coinvolgimento del terzo, è
opportuno individuare sempre il pregiudizio o il pericolo creato, ossia se si tratti
di un pericolo per un terzo innocente, che non vuole essere coinvolto, o per un
terzo innocente, che, però, in qualche modo, si carica dell’incolpazione,
risultando un concorrente in auto-calunnia e facendo venire meno l’esigenza
di tutela, ad un più alto livello, dall’accusa di calunnia.
FALSE INFORMAZIONI AL PUBBLICO MINISTERO,
FALSA TESTIMONIANZA
Le false informazione al pubblico ministero e la falsa testimonianza risultano
fattispecie che intervengono nell’ottica della tutela della notitia criminis o del
ad un livello più avanzato
contesto investigativo iniziale, ma già rispetto ai
reati esaminati in precedenza.
I reati di false informazioni al pubblico ministero e di falsa testimonianza
(così come le false dichiarazione al difensore) sono procedibili d’ufficio e la
competenza è attribuita al tribunale in composizione monocratica.
155 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione I, 22/06/1979, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.483.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 106
Reati contro la pubblica amministrazione
ARTICOLO 371 BIS CODICE PENALE – False informazioni al
pubblico ministero procedimento penale,
[1] Chiunque, nel corso di un richiesto dal pubblico
rende dichiarazioni false
ministero di fornire informazioni ai fini delle indagini,
(falsità) (reticenza)
ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti,
sui quali viene sentito, è punito con la reclusione fino a quattro anni.
Ferma l’immediata procedibilità nel caso di rifiuto di informazioni,
[2] il
procedimento penale, negli altri casi, resta sospeso fino a quando nel
procedimento nel corso del quale sono state assunte le informazioni sia stata
pronunciata sentenza di primo grado ovvero il procedimento sia stato
anteriormente definito con archiviazione o con sentenza di non luogo a
procedere.
ARTICOLO 372 CODICE PENALE – Falsa testimonianza
[1] Chiunque, deponendo come testimone innanzi all’Autorità giudiziaria,
afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa
intorno ai fatti sui quali è interrogato, è punito con la reclusione da due a sei
anni.
E’ il reato considerato più grave e quello che prevede la cornice edittale
maggiore , sbarrata nel minimo.
Recentemente è stata interessata la Corte costituzionale eccependo l’eccessiva
gravosità della sanzione penale nei confronti delle altre norme che puniscono le
false dichiarazioni.
Con la sentenza 47/2010 la Corte respinge l’eccezione del contrasto con gli artt.
3 e 27 della Costituzione.
Orbene, come questa Corte ha affermato con giurisprudenza costante, è possibile
censurare la discrezionalità del legislatore in ordine alla individuazione delle
condotte punibili ed alla determinazione del trattamento sanzionatorio soltanto nel
caso in cui la stessa sia stata esercitata in modo manifestamente irragionevole,
arbitrario o radicalmente ingiustificato.
Nel caso in esame si deve escludere, alla luce delle considerazioni ora svolte, che
la determinazione del minimo edittale per il delitto de quo violi il principio di
ragionevolezza o di proporzionalità, in quanto l’inasprimento della pena risulta
giustificato dalle suddette esigenze; alle quali, peraltro, si deve aggiungere il rilievo
disvalore intrinseco che gli attribuisce
che l’illecito in questione presenta un
carattere di gravità, anche se la circostanza oggetto di mendacio o di reticenza non
la falsa testimonianza turba comunque il
desta particolare allarme sociale. Infatti,
normale svolgimento del processo, ne compromette lo scopo che è quello di
pervenire a sentenze giuste, costituisce ostacolo all’accertamento giudiziale.
Rientra, poi, nella discrezionalità del legislatore anche la facoltà di modulare il
trattamento sanzionatorio in riferimento al dilagare di un fenomeno criminoso che si
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 107
Reati contro la pubblica amministrazione
intende reprimere. Sotto tale profilo, il rimettente trascura di considerare la diversa
incidenza del delitto in questione con riferimento alle molteplici realtà territoriali,
nel momento in cui asserisce che «nessuna evidenza sociologica ha mai esaltato la
recrudescenza nella società italiana» del delitto di falsa testimonianza
DICHIARAZIONE FALSA + RETICENZA.
Il reato è strutturato sul binomio
Le condotte sanzionate in genere non pongono problemi; occorre però cautela in
caso di:
Falsità parziale
1) se non altera la sostanza del fatto non crea problemi
a) collocamento temporale di un fatto
b) Quantificazione
2) Falsità in elementi marginali
Nel valutare il comportamento incriminato bisogna sempre far riferimento
all’offesa al bene giuridico protetto (amministrazione della Giustizia), tenendo
sono reati di pericolo
conto che questi e che quindi non occorre che vi sia stato
un effetto fuorviante in concreto : basta il pericolo. indirizzato ad alterare
Nella falsa testimonianza è previsto un comportamento,
la formazione di una prova, durante il dibattimento
che interviene, di norma,
di un processo penale. divergenza tra quanto il
L’elemento materiale del delitto consiste nella
soggetto depone e quanto in realtà conosce riguardo i fatti su cui viene
156
interrogato .
La norma, oltre a tutelare anche il processo civile, mira a tutelare la formazione
anticipata della prova testimoniale, cosiddetto “incidente probatorio”.
Nell’ambito del vecchio processo penale, quando si affermava il falso
davanti al pubblico ministero si realizzava sempre una falsa testimonianza in
quanto il pubblico ministero, quando agiva da solo (senza fiancheggiare il
giudice istruttore), si muoveva nell’ottica dell’istruzione sommaria, all’interno
della quale si potevano assumere testimoni e formare prove. A partire dal 1989,
data dell’entrata in vigore del codice di procedura penale (codice Vassalli), il
pubblico ministero ha assunto un ruolo di parte, sia pure pubblica, non
assumendo più prove. Il pubblico ministero durante le indagini preliminari
interroga persone, che vengono ascoltate nelle vesti di semplici persone
non risulta più possibile
informate sui fatti e non di testimoni, motivo per cui
ammettere in quest’ambito una falsa testimonianza.
Di conseguenza dal 1989 si è creato un vuoto di tutela che è stato colmato nel
1992 dal legislatore che ha introdotto l’articolo 371 bis (false informazioni al
pubblico ministero) che è stato topograficamente collocato prima della falsa
156 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione III, 13/03/1989, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.495.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 108
Reati contro la pubblica amministrazione
testimonianza in quanto le false informazioni al pubblico ministero si collocano
in un momento antecedente.
Chiaramente, dall’analisi delle due fattispecie si ricava un’evidente coincidenza
strutturale. Sia la falsa testimonianza che le false informazioni al pubblico
modalità delle false dichiarazioni,
ministero si presentano nella classica ma si
sotto forma di reticenza
possono anche presentare (il soggetto non afferma il
ma tace consapevolmente la verità che conosce sui fatti,
falso, davanti al
pubblico ministero, nel corso dell’indagine preliminare, oppure nel corso di un
incidente probatorio o di un dibattimento). Mendacio e reticenza si devono però
contraddistinguere per la potenziale astratta idoneità a trarre in inganno il
157
giudice ed alterarne il convincimento .
In concreto:
1) Se a fronte di una domanda generica vengono taciuti degli elementi
significativi siamo nel campo della reticenza
2) Se a fronte di una domanda specifica si afferma il falso siamo nel campo della
falsità
Occorre quindi distinguere, nel caso di reticenza, se per caso non siamo in
presenza di una dimenticanza o sbadatezza piuttosto che di un silenzio
malizioso. divergenza tra ciò che si conosce e ciò che
A) Distinzione tra verità e falsità
si afferma
Per quanto riguarda l’analisi delle due fattispecie reato, è opportuno non
interpretare rigidamente il concetto di verità-falsità. In qualche caso potrebbe
sembrare che un soggetto esponga un fatto obiettivamente vero, ad esempio
Tizio racconta che Caio era in un certo luogo ad una certa ora
convalidando un alibi veritiero; peccato che Caio si trovasse da solo in quel
luogo ed a quell’ora non avendo quindi la possibilità di vedersi confermare
il soggetto afferma una falsità in
l’alibi da altri soggetti. In questo caso
quanto, pur corroborando una situazione veritiera, introduce elementi non
realizza una falsa informazione
corrispondenti alla realtà e quindi al pubblico
ministero o una falsa testimonianza. Non importa in questo caso che il soggetto
abbia riferito un fatto vero, che anche alla fine dell’intero procedimento si
rivelerà essere tale.
Ciò che conta è la discordanza tra ciò che Tizio sa e ciò che Tizio dichiara.
Il discorso si pone in termini differenti se Tizio, credendo di affermare una
falsità, sostiene una cosa vera (ad esempio Tizio non si era reso conto che la
persona vista in quel luogo era proprio il soggetto di cui convalidare l’alibi e
quindi, convinto di coprire un soggetto che magari, poteva aver commesso il
reato, conferma, invece, paradossalmente la verità). In questa ipotesi manca
materialmente la falsità dell’affermazione.
157 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 17/09/1998, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.500.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 109
Reati contro la pubblica amministrazione
B) Rilevanza della falsità
E’ possibile discutere se qualsiasi falsità sia rilevante nell’ambito di questi reati
pertinenza
oppure esista un limite. Un limite sicuramente è costituito dalla
della vicenda con l’oggetto dell’accertamento. Se un soggetto monta della
vicende false, ma su questioni o rapporti personali o familiari che non
influiscono sull’oggetto del procedimento, sicuramente pronuncia il falso, ma
questa falsità non si riflette sull’oggetto del procedimento e quindi il soggetto
non commette il reato in questione. Naturalmente, la pertinenza può anche
riguardare fatti secondari, ma collegati alla vicenda, come ad esempio elementi
valutabili come circostanze. In ogni caso quando i fatti secondari risultano
estranei non si realizza il reato in questione.
C) False dichiarazioni al difensore
Questa fattispecie, introdotta il 07/12/2000, ai sensi della legge n.397, articolo
20 (disposizioni in materia di indagini difensive), prevede che il difensore o un
suo sostituto possano portare avanti indagini interrogando persone informate sui
fatti, accedendo a determinati documenti, chiedendo informazioni, ecc…
I discorsi finora fatti, in merito ai reati di false informazioni al pubblico
ministero e di falsa testimonianza, possono essere estesi anche alla norma
inerente le false dichiarazioni al difensore, nata con l’esigenza di dare
ossia la parità
attuazione ad uno dei fondamentali principi del giusto processo,
tra difesa ed accusa nella vicenda processuale.
ARTICOLO 371 TER CODICE PENALE – False dichiarazioni al
difensore
[1] Nelle ipotesi previste dall’articolo 391 bis, commi 1 e 2 del codice di
procedura penale, chiunque, non essendosi avvalso della facoltà di cui alla
lettera d del comma 3 del medesimo articolo, rende dichiarazioni false è punito
con la reclusione fino a quattro anni.
[2] Il procedimento penale, resta sospeso fino a quando nel procedimento nel
corso del quale sono state assunte le dichiarazioni sia stata pronunciata
sentenza di primo grado ovvero il procedimento sia stato anteriormente definito
con archiviazione o con sentenza di non luogo a procedere.
Per evitare procedimenti che si vadano ad intersecare con quello principale e che
possano creare pressioni, il procedimento relativo alle false dichiarazioni al
si può aprire solo dopo che il procedimento principale è già
difensore
avviato ed è arrivato ad un certo punto (ad esempio è stata pronunciata
sentenza di primo grado).
L’articolo 391 bis del codice di procedura penale, cui si fa riferimento nel
primo comma dell’articolo 371 ter, prevede la possibilità per il difensore o per il
suo sostituto di conferire con persone che possano rilasciare dichiarazioni utili,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 110
Reati contro la pubblica amministrazione
cosiddette persone informate sui fatti. Di fronte a questi soggetti, il difensore
può non raccogliere nessuna dichiarazione documentata (in quanto il difensore
non è obbligato a portare avanti elementi che rendano difficile la posizione del
suo assistito) oppure può avere un colloquio formalizzato durante il quale le
dichiarazioni vengono messe per iscritto. I difensori possono anche ricevere
dichiarazioni scritte e dichiarazioni da documentare.
Il difensore deve seguire certe formalità tra cui quelle di avvertire l’interlocutore
di agire in difesa di un altro soggetto, di avvertire che sta raccogliendo
informazioni, di dichiarare di procedere ad interrogatorio documentale, di
avvertire la persona interrogata che può usufruire della facoltà di non rispondere
Il difensore, che arriva prima del pubblico ministero e della polizia
giudiziaria. interroga quella che diventerà una persona informata sui fatti. Se
se, invece, decide di non
l’interrogato rende dichiarazioni false commette reato,
rispondere alle domande non può essere obbligato a parlare dal difensore,
che però può chiedere al pubblico ministero di interrogare il soggetto, tramite
cosiddetta “dichiarazione in negativo”. Con la dichiarazione in negativo il
difensore comunica al pubblico ministero che una persona non ha comunicato
tutto quello che conosceva. A questo punto il pubblico ministero è obbligato a
sentire questa persona che se rimarrà reticente risponderà ai sensi del 371 bis
(false informazioni al pubblico ministero).
La principale differenza con le due disposizioni di false informazioni al pubblico
nel reato di false
ministero e di falsa testimonianza è costituita dal fatto che
dichiarazioni al difensore non è prevista l’ipotesi della reticenza perciò il
soggetto interrogato dal difensore gode della facoltà di non rispondere.
Di fatto, quindi, la tanto reclamata parità tra accusa e difesa non si è pienamente
realizzata.
D) False dichiarazioni davanti alla polizia giudiziaria
La fattispecie di false informazioni al pubblico ministero deve essere analizzata
in collegamento con un ulteriore problema. Si è ipotizzato che vengano rese
false informazioni o venga assunto un atteggiamento reticente davanti al
pubblico ministero o davanti al giudice, ma è opportuno domandarsi che cosa
possa accadere se un soggetto realizzi lo stesso tipo di condotta davanti alla
polizia giudiziaria.
Sul punto il legislatore non ha previsto norme specifiche. Nel 1992 il Decreto
aveva menzionato anche la
Legge n.306 introduttivo dell’articolo 371 bis
polizia giudiziaria, ma questo riferimento è venuto meno in sede di
conversione.
Quindi non è configurabile il reato di false dichiarazioni alla polizia
giudiziaria sia nell’attività di indagine svolta di sua iniziativa sia in quella
158
svolta su delega del pubblico ministero .
E’ presente un indirizzo giurisprudenziale assai consolidato, che riporta le false
dichiarazioni o la reticenza davanti alla polizia giudiziaria a quella norma
158 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 19/04/1993, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.503.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 111
Reati contro la pubblica amministrazione
costituita dal favoreggiamento personale
omnibus (o norma di chiusura)
159
(articolo 378) falsità o
. E’ opportuno però precisare che deve trattarsi di una
di una reticenza funzionale ad aiutare qualcuno a sottrarsi alle indagini
dell’autorità taluno a eludere le investigazioni dell’Autorità)
(aiuta
Se si trattasse, invece, di un atteggiamento al limite della mitomania o del vizio
che afferma il falso alle persone in divisa, per
parziale di mente del soggetto,
via di un astio nei loro confronti, difficilmente si può incriminare questo fatto
in quanto le false dichiarazioni non sono realizzate per aiutare qualcuno, ma
La
soltanto per fare un dispetto all’autorità che lo ha chiamato a collaborare.
falsa dichiarazione o la reticenza di fronte alla polizia giudiziaria deve
quindi essere determinata dalla finalità di aiutare qualcuno a sottrarsi alle
ricerche o ad eludere le investigazioni.
Non costituisce reato l’autofavoreggiamento nemmeno nella sua forma mediata
in quanto la condotta favoreggiatrice consiste testualmente nell’aiutare
160 Non rileva il fatto che l’aiuto risulti ex post inefficace
qualcuno . in quanto
il favoreggiamento è un reato di pericolo e la condotta deve essere
161
necessariamente valutata ex ante . 162
Attenzione, in questo caso, come evidenziato anche dalla Cassazione , il reato
di favoreggiamento può essere commesso anche prima che venga aperto un
procedimento penale essendo sufficiente che siano in corso ricerche ed
investigazioni da parte delle autorità.
Infine, è opportuno ricordare che la condotta di favoreggiamento può essere
163 .
rappresentata anche dal silenzio, dalla reticenza e dal rifiuto di fornire notizie
E) Concorso di false dichiarazioni al pubblico ministero e di falsa
testimonianza con altri reati
Può verificarsi che un soggetto realizzi un comportamento omogeneo per
contenuti in momenti diversi, dando luogo, almeno, in linea di principio, ad una
pluralità di fattispecie criminose. La prima condotta che si realizza è quella di
favoreggiamento personale (quando le false dichiarazioni sono rese davanti alla
polizia giudiziaria con la finalità necessaria), la secondo condotta è quella delle
false informazioni davanti al pubblico ministero, la terza condotta è quella delle
dichiarazioni di fronte al difensore, la quarta condotta è quella di falsa
Si tratta di ipotesi in concorso materiale unificabili dall’istituto
testimonianza.
della continuazione, qualora si possa sostenere la presenza di un unico disegno
criminoso in base al quale le falsità raccontate nella fase dell’indagine vengano
159 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 19/04/1990, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.523.
commentata di diritto penale”,
160 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 03/03/1993, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.536.
commentata di diritto penale”,
161 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 29/05/2000, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.536.
commentata di diritto penale”,
162 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 25/10/1989, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.535.
commentata di diritto penale”,
163 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 12/07/1989, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.544.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 112
Reati contro la pubblica amministrazione
dapprima ribadite davanti al pubblico ministero e al difensore e poi nel
dibattimento (nelle vesti di testimone).
In prima battuta si sarebbe potuto affermare che il soggetto reitera le
dichiarazioni mendaci per evitare di autoaccusarsi di un reato.
Questo viene a cadere dal 2009 quando con la legge 94/2009 la ritrattazione è
stata estesa anche all’art. 378 Art. 376.
Ritrattazione.
(false dichiarazioni al pubblico ministero)
Nei casi previsti dagli articoli 371-bis
(false dichiarazioni al difensore) testimonianza) ( falsa
371 ter , 372(falsa 373
perizia) (favoreggiamento personale) il colpevole
, nonchè dall'articolo 378 non è
punibile se, nel procedimento penale in cui ha prestato il suo ufficio o reso le sue
ritratta il falso e manifesta il vero
dichiarazioni, non oltre la chiusura del
dibattimento.
Qualora la falsità sia intervenuta in una causa civile, il colpevole non è punibile se
ritratta il falso e manifesta il vero prima che sulla domanda giudiziale sia
pronunciata sentenza definitiva, anche se non irrevocabile.
Scanso equivoci è opportuno ricordare che se un soggetto dichiara il vero
davanti al pubblico ministero nella fase dell’udienza preliminare, ma poi davanti
ritratta il vero dichiarando di aver mentito,
al giudice del dibattimento
risponde di autocalunnia in concorso formale con falsa testimonianza. In
generale, come ritenuto dalla giurisprudenza e da parte della dottrina, sussiste
concorso formale di reati quando la calunnia è resa nel corso di una falsa
testimonianza. reiterazione della falsa testimonianza
Per quanto concerne la possibile
(sia che il testimone ribadisca sempre gli stessi fatti, sia che apporti
164 attribuiscono
modificazioni significative) le Sezioni Unite della Cassazione
rilevanza alla diversità del giudice che riceve la testimonianza e ritengono
che si debba parlare di concorso materiale di reati.
corretto valutare la possibilità che una
In realtà, probabilmente sarebbe più
nuova falsa testimonianza risulti idonea a porre un nuovo pericolo per
l’amministrazione della giustizia, in ogni caso è meglio fare riferimento
all’indirizzo giurisprudenziale.
Per quanto riguarda, invece, la possibilità che le false informazioni al
l’intento di
pubblico ministero o la falsa testimonianza vengano realizzate con
aiutare qualcuno ad evitare l’accertamento delle proprie responsabilità,
164 Pisa P.
Cassazione Penale Sezioni Unite, 27/04/1985., in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.495.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 113
Reati contro la pubblica amministrazione
di non ammettere il concorso formale sia tra 371
l’orientamento è nel senso
bis e favoreggiamento personale, sia tra 372 e favoreggiamento personale.
In entrambi i casi, la giurisprudenza più recente ha optato per l’assorbimento del
favoreggiamento personale nelle fattispecie più specifiche delle false
165 166
informazioni al pubblico ministero e della falsa testimonianza . Con
riferimento alla falsa testimonianza, in passato, c’erano state pronunce di segno
167
diverso , ma, in tempi recenti si è consolidato un orientamento, a mio avviso
pienamente condivisibile, che richiama i principi in materia di concorso
reato di falsa testimonianza sia in
apparente di norme, in base al quale il 168
grado di assorbire il disvalore del favoreggiamento personale . I due reati
tutelano senza dubbio lo stesso interesse (corretta definizione dell’attività
giudiziaria) e quindi non dovrebbe porre problemi la configurabilità di un
concorso apparente di norme. concorso apparente di
Personalmente mi pongo a favore dell’ipotesi di
norme anche tra favoreggiamento personale e false informazioni al
pubblico ministero in quanto, in entrambi i casi, le norme tutelano lo stesso
interesse giuridico (corretta definizione dell’attività giudiziaria) ed in ogni caso
la condotta di favoreggiamento può benissimo essere assorbita dalla falsa
informazione al pubblico ministero finalizzata ad aiutare qualcuno ad evitare
l’accertamento delle proprie responsabilità. Questa posizione è confermata dalla
giurisprudenza, mentre una dottrina minoritaria prende le distanze contestando il
fatto che la pena prevista dall’articolo 371 bis non sia in grado di assorbire il
disvalore contenuto nell’articolo 378 in quanto le due fattispecie prevedono la
stessa cornice edittale. Si contesta anche che le due fattispecie non si pongano in
un rapporto di specialità scolasticamente ricostruibile perché si sostiene che il
favoreggiamento preveda un aiuto finalizzato ad eludere le investigazioni o
sottrarsi alle ricerche puntualizzazione che non ha luogo nell’ambito del 371 bis
il quale perciò può essere realizzato per finalità diverse, senza voler coprire
nessuno. Questo secondo argomento non è assolutamente convincente in quanto
è chiaro che quando la dichiarazione resa davanti al pubblico ministero non è
finalizzata ad agevolare un terzo soggetto non si può richiamare la norma sul
favoreggiamento. Si fa, invece, riferimento ad un concorso apparente di norme
solamente nell’ipotesi in cui la condotta rientrante nel 371 bis risulti anche
favoreggiatrice, ipotesi che non è affatto esclusa dal testo della norma che parla
genericamente di false informazioni rese al pubblico ministero. In questo senso,
l’articolo 371 bis contiene anche il disvalore previsto dall’articolo 378 e, in
virtù del principio “lex maior absorbet minorem”, si dovrebbe ritenere che si
debba rispondere della sola falsa dichiarazione di fronte al pubblico ministero.
165 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 18/12/1998, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.505.
commentata di diritto penale”,
166 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 13/11/1981, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.502.
commentata di diritto penale”,
167 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione III, 24/01/1983, in “Giurisprudenza vol II, Cedam, Padova, 2003, pag.502.
commentata di diritto penale”,
168 Pisa P.
Cassazione Penale Sezione VI, 13/11/1981, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.502.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 114
Reati contro la pubblica amministrazione
Rifacendosi al dibattito inerente al concorso apparente di norme la questione
può essere risolta:
- sia richiamando il principio dell’assorbimento (o consunzione per Pagliaro),
lex maior absorbet minorem;
- sia richiamando il principio del ne bis idem sostanziale (in virtù del quale il
soggetto non può essere chiamato a rispondere due volte per la stessa
dichiarazione resa davanti al pubblico ministero),
- sia rifacendosi al principio di specialità in concreto (secondo Antolisei lo
stesso fatto concreto deve essere riconducibile ad entrambe le figure, come
sembra avvenire in questo caso),
- sia rifacendosi al principio di stampo giurisprudenziale in base al quale due
norme in specialità bilaterale devono tutelare lo stesso interesse (come
puntualmente avviene nell’ipotesi in esame) perché si possa rispondere della
sola fattispecie maggiore (o, come sarebbe meglio dire, che contiene il fatto
previsto dalla fattispecie minore).
Senza dubbio, se per il reato di false di dichiarazioni al pubblico ministero fosse
stata prevista una cornice sanzionatoria più elevata non si sarebbe posto alcun
problema, va da sé che in ogni caso qualsiasi criterio enunciato da dottrina e
cioè la configurabilità
giurisprudenza sembra arrivare alla stessa conclusione,
di un concorso apparente di norme. Tra l’altro, sempre che possa essere un
argomento a favore, non deve essere dimenticato che solitamente, a differenza di
questa ipotesi, la giurisprudenza non è avvezza a configurare il concorso
apparente di norme.
F) Rapporti con la ritrattazione
Il sistema adottato dall’ordinamento penale, che costruisce a gradini la rilevanza
del comportamento di colui che intralcia la giustizia rilasciando dichiarazioni in
diverse fasi del procedimento, soffre un’asimmetria in ordine alla possibilità di
ritrattare le false dichiarazioni. In questo caso, a differenza di quanto detto per
calunnia e simulazione, si tratta di una ritrattazione in senso tecnico, ai sensi
dell’articolo 376 che prevede esplicitamente per alcune fattispecie la possibilità
ritrattando le dichiarazioni false e quindi rimuovendo
di manifestare il vero
la pericolosità del precedente atteggiamento non collaborativo.
La norma in questione, per quello che qui interessa, menzionava soltanto la
falsa testimonianza e le false informazioni al pubblico ministero nonché le false
informazioni al difensore, ex articolo 371 ter.
Si posero quindi alcune questioni in ordine alla ritrattazione per quanto riguarda
la norma sul favoreggiamento personale. Va da sé che la ritrattazione, cui si può
ricorrere entro termini abbastanza ampi, comporti la non punibilità.
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 115
Reati contro la pubblica amministrazione
PANORAMA ANTE 2009
Sulla base di un argomento letterale, difficilmente contestabile, è maturato
un orientamento giurisprudenziale secondo il quale in caso di falsa
testimonianza, di falsa dichiarazione al difensore e di false informazioni al
mentre per quanto riguarda le
pubblico ministero, è possibile ritrattare
dichiarazioni favoreggiatrici non è ammissibile la ritrattazione. Questa
affermazione può sembrare ineccepibile se utilizzata per sostenere
l’inapplicabilità della disciplina prevista dall’articolo 376 ad una fattispecie che
non è da essa prevista; ma l’orientamento, basato sull’argomento letterale, si
spinge oltre e nega qualsiasi rilevanza a qualsiasi forma di ritrattazione, anche a
quelle forme di ritrattazione, che, in ordine ad altri reati, sono state considerate
di tipo atecnico in quanto seguono a ruota le dichiarazioni false o
l’atteggiamento reticente. C’è insomma, una vera è propria chiusura in ordine
alla possibilità di qualsiasi forma di ritrattazione in relazione a dichiarazioni
favoreggiatrici o ad una atteggiamento silente reso al fine di aiutare qualcuno ad
eludere le investigazioni o sottrarsi alle ricerche.
In passato, quando il problema non investiva l’articolo 371 bis, non
ancora esistente, la questione era anche finita davanti alla Corte
169
Costituzionale . Nel 1982 la Corte Costituzionale venne investita in merito
all’esclusione dall’ambito della ritrattazione del favoreggiamento realizzato
mediante false dichiarazioni alla Polizia giudiziaria, per contrasto con l’articolo
3 della Costituzione. L’argomentazione, cui è ricorsa la Corte Costituzionale per
risolvere la questione, si basava sul fatto che fosse più grave il reato delineato
dall’articolo 378, cioè il favoreggiamento mediante false dichiarazioni alla
polizia giudiziaria, in quanto le false dichiarazioni si andavano a collocare nella
fase iniziale delle indagini ed il potenziale fuorviamento determinato avrebbe
potuto indirizzare le indagini in una direzione sbagliata creando un danno non
più riparabile. Quando, invece, ci si trova di fronte ad una falsa prova
testimoniale ciò che importa è che le dichiarazioni vengano ritrattate prima che
il giudice le debba valutare ai fini della decisione. Quindi secondo la Corte
Costituzionale è plausibile l’esclusione del favoreggiamento personale
dall’ambito dell’articolo 376. Tra le altre cose, ai tempi di questa pronuncia, il
reato di falsa testimonianza era punito meno gravemente rispetto ad ora e si
accompagnava ad una pena che non si differenziava fortemente da quella
prevista per il favoreggiamento in quanto mentre il favoreggiamento non aveva
e non ha il minimo sbarrato (però prevede una pena massima di quattro anni), la
falsa testimonianza fino ad allora prevedeva il minimo di sei mesi ed il massimo
di tre anni. Di conseguenza si poteva sostenere che il reato di favoreggiamento
personale risultasse più grave rispetto alla falsa testimonianza.
Oggi la questione si ripresenta negli stessi termini, ma con un panorama
cambiato in quanto la falsa testimonianza dal 1992 prevede una sanzione più
elevata rispetto a prima (reclusione da due anni a sei anni) e l’argomento della
169 Pisa P.
Corte Costituzionale n.228, 22/12/1982, in “Giurisprudenza vol II, Cedam, Padova, 2003, pag.546.
commentata di diritto penale”,
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 116
Reati contro la pubblica amministrazione
maggiore pericolosità delle dichiarazioni favoreggiatrici rispetto alla prova
testimoniale oggi (ammesso che lo fosse anche prima) non è più proponibile.
Attualmente, il reato di false informazioni al pubblico ministero si colloca nella
fase della indagini preliminari, ma nulla vieta che anche il favoreggiamento
si potrebbe verificare che un
personale si possa collocare in questa fase. Anzi
soggetto venga ascoltato dalla polizia giudiziaria non nella fase iniziale (in
in cui agisce su delega del
cui agisce da sola), ma in una fase più avanzata,
pubblico ministero, nel pieno delle indagini preliminari.
Se in quest’ambito il soggetto realizza false informazioni o risulta reticente, la
giurisprudenza sostiene, almeno formalmente in maniera corretta, che non si
perché si tratta di ipotesi sempre
possa applicare l’articolo 371 bis,
riconducibile al favoreggiamento. Tuttavia, si può verificare una situazione in
cui le dichiarazioni false dello stesso tenore vengano formulate nello stesso
momento, durante le indagini preliminari, davanti a soggetti diversi (Tizio, ad
esempio, viene sentito dalla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero,
ma il concorrente Caio, nello stesso momento, è sentito direttamente dal
A questo punto, tenendo presente
pubblico ministero nella stanza accanto).
che le dichiarazioni rese davanti al pubblico ministero sono ritrattabili ex
articolo 376, non pare coerente escludere dalla ritrattazione le false
dichiarazioni alla polizia giudiziaria sostenendo che si collochino in una fase
anteriore alle indagini e perciò meritino una diversità di trattamento.
Con l’introduzione, all’interno della norma sulla ritrattazione, delle false
informazioni al pubblico ministero, che si situano nella fase delle indagini
preliminari, si prevede un reato che, collocandosi nelle indagini preliminari, può
realizzare quel fuorviamento paventato dalla Corte Costituzionale e, ciò
nonostante, risulta ritrattabile. Infatti, il soggetto che ha reso le false
dichiarazioni davanti al pubblico ministero può essere chiamato dopo alcuni
mesi a testimoniare nel dibattimento e, rimangiandosi quando affermato in
precedenza, può non essere punito per aver ritrattato in tempo. Se, invece, il
soggetto avesse avuto la sfortuna di essere ascoltato dalla polizia giudiziaria non
sarebbe più nelle condizioni di fare marcia indietro in quanto, tornando sui
propri passi, non farebbe altro che confermare di aver tenuto un comportamento
favoreggiatore nel corso delle indagini preliminari.
Quest’anomalia aveva reso un po’ incerto l’atteggiamento della Cassazione che
era arrivata a sostenere che quando si commetteva il reato di false dichiarazioni
favoreggiatrici di fronte alla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero
non si rispondeva di 371 bis, ma di 378.
Deve essere rimarcato che, con i suoi primi interventi, la Cassazione intendeva
aiutare l’imputato in quanto allora un piccolo scarto di pena rendeva più gravi le
false informazioni al pubblico ministero (la cui pena era da 1 a 5 anni anziché da
15 giorni a 4 anni, come avviene nel favoreggiamento). Con le modifiche del
1995 la pena per le false informazioni al pubblico ministero è stata però allineata
a quella del favoreggiamento.
Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 117
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