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P.Q.M.Annulla la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste
La sentenza non appare molto felice: infatti sembrerebbe che gli assegni non presentati all’incasso siano venuti alla luce dopo le ricerche della P.G. a carico Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 94 Reati contro la pubblica amministrazione del soggetto che aveva presentato all’incasso quell’unico assegno non denunciato. Solo per questo motivo sembrerebbe che la persona è stata destinataria di un procedimento penale e di conseguenza si è realizzata la condotta tipica, che prevede un pericolo nei confronti della persona calunniata.
C) Rapporto tra calunnia ed esercizio del diritto di difesa
L’incolpazione implicita si presenta, a volte, in una dimensione che va ad intersecare l’esercizio del diritto di difesa. E’ importante perciò segnare il confine tra calunnia ed esercizio del diritto di difesa.
Il diritto di difesa non può essere esercitato tirando in
Ballo persone innocenti. E’ possibile difendersi in vari modi (ad esempio sostenendo il falso, o tacendo), ma non si può accusare ingiustamente un soggetto per sgravarsi dallaresponsabilità di un reato commesso. La calunnia non è quindi possibile delineare un principio, secondo cui risulta, di per sé, un mezzo ammissibile di esercizio del diritto di difesa. A volte, però, le vicende non risultano così chiare perché in taluni contesti, al fine di difendersi, può essere quasi inevitabile incolpare implicitamente un soggetto. Si prenda l’ipotesi di un soggetto che viene accusato, con una denuncia redatta da un ufficiale di polizia giudiziaria, di essere l’autore di un reato. In questa ipotesi si possono delineare diverse situazioni: 1) la descrizione ipotizza che il soggetto possa essere l’autore del reato però non risulta così (magari lo è sul serio, ma non vuole ammetterlo), chiara ed indiscutibile.motivo per cui è possibile giocare la carta dell'infondatezza della denuncia senza accusare chi l'ha redatta di aver commesso un reato di calunnia o comunque di aver falsato la realtà. Il soggetto può dire che l'ufficiale di polizia giudiziaria si è sbagliato, credendo di averlo riconosciuto in quanto per via di precedenti aveva già avuto a che fare con lui, motivo per cui ha ritenuto di coinvolgerlo in quella vicenda in cui è stato commesso un reato, sbagliandosi; in pratica, si cerca di dimostrare l'errore di persona; la descrizione è più precisa
e non c'è possibilità di sostenere l'errore di ad un'incolpazione implicita; persona, motivo per cui ci si trova di fronte in questo caso, nel momento in cui si sostiene di non aver commesso il fatto descritto nella denuncia, è implicito che si sostenga la falsità di quanto descritto nella denuncia stessa. Questa falsità
Non può derivare da un "lapsus calami" del soggetto, perché si sostiene chiaramente che è stata costruita un'accusa falsa. In quest'ultima ipotesi, ci si è domandati se si potesse seguire la condotta illustrata per non incorrere nell'incolpazione implicita o se fosse consigliabile ammettere di essere il responsabile del reato. La stessa situazione si può verificare anche quando compare davanti al giudice un testimone che accusa con estrema precisione un soggetto di essere l'autore del reato oggetto dell'accertamento. Nel momento in cui il soggetto accusato sostiene che il testimone ha affermato il falso (magari rimarcando semplicemente che la vicenda non si è realizzata) sta implicitamente, o quasi esplicitamente, incolpando il soggetto di un reato di falsa testimonianza (o di falsa informazioni al pubblico ministero, a...).Seconda del contesto in cui si svolge l'avicenda). E' perciò opportuno chiarire se in queste situazioni si commetta il reato di calunnia. Sulla base del principio del "nemo tenetur se detergere", si ammette che l'indagato non debba confessarsi autore del reato. Si è quindi evidentemente cercato un punto di equilibrio fra le esigenze irrinunciabili della difesa e l'interesse pubblico a proteggere le fonti informative. Su questo punto c'è stata qualche pronuncia non proprio lineare, come è accaduto in un caso, passato sotto il vaglio della Cassazione nel 1984 l'imputato, esagerando un po', per sgravarsi da un'accusa mossagli da un maresciallo dei carabinieri, aveva non solo affermato che era falso quanto riportato nel rapporto del maresciallo, ma anche, in aggiunta, che quel maresciallo lo voleva rovinare lasciando chiaramente ipotizzare che fossero avvenuti screzi pregressi che giustificassero un
accanimento dell'ufficiale di polizia giudiziaria nei suoi confronti. La sentenza, decisamente generosa, aveva ammesso la copertura del diritto di difesa e non aveva condannato per calunnia, pur lasciando qualche dubbio all'interprete.
Giurisprudenza successiva ha, invece, operata una puntualizzazione più corretta distinguendo ciò che rappresenta un elemento inevitabile per respingere l'accusa da ciò che, invece, rappresenta un'aggiunta non strettamente funzionale all'esercizio del diritto di difesa. Quindi, come sostenuto in un intervento della Cassazione del 1983, è possibile difendersi contestando le accuse e gli elementi di prova esibiti a proprio carico, anche se questo significa implicitamente, in alcune situazioni concrete, sostenere che un altro soggetto ha non commesso un reato nel formulare le accuse o nel descrivere le situazioni. Non si possono, invece, aggiungere elementi miranti a convalidare le falsità. Cioè
èma non è possibilepossibile negare che quello che viene raccontato sia vero,aggiungere elementi, più o meno fantasiosi, per dare una spiegazione logicao credibile all’incolpazione implicita che si sta realizzando (ad esempio non èpossibile sostenere che le affermazioni di quell’ufficiale di polizia giudiziariasono false e che sono state formulate in virtù di un precedente astio, determinatoda vicende private, motivo per cui si è perseguitati dal pubblico ufficiale).Se si allarga la tipologia delle affermazioni e si va oltre quello che è strettamentefunzionale alla pura e semplice reiezione degli elementi di accusa, secondo lagiurisprudenza, si rientra nell’ambito della calunnia in quanto la coperturadell’esercizio del diritto di difesa (il cosiddetto “ius defendendi”) è circoscritta131 Pisa P.Cassazione Penale Sezione VI, 02/05/1984, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003,
pag.457.commentata di diritto penale”,132 Pisa P.Cassazione Penale Sezione VI, 27/04/1995, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.452commentata di diritto penale”,133 Pisa P.Cassazione Penale Sezione VI, 22/02/1983, in “Giurisprudenza vol .II, Cedam, Padova, 2003, pag.463.commentata di diritto penale”,Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 96Reati contro la pubblica amministrazioneal semplice diniego circa la verità di quello che viene descritto nella denuncia o134 .affermato dal testimoneIl confine non pare limpidissimo, però, se non si esagera (come è avvenuto nellapronuncia del 1984), si può affermare che la contestazione del reato di calunniaè determinata dai cosiddetti “arricchimenti”.D) Rapporto tra calunnia ed esercizio del diritto di difesa da parte deldifensoreIl problema di segnare il confine tra esercizio del diritto di difesa e calunnia si135pone, in termini analoghi, anche
per il difensore. La Cassazione nel 1998 è intervenuta in merito ad una vicenda in cui il difensore di un imputato si era fatto prendere dall'entusiasmo nei contestare l'acquisibilità dei verbali di un interrogatorio svolto da un ufficiale di polizia giudiziaria che stava incastrando l'imputato da lui difeso. Nel cercare di evitare l'ingresso di questo fascicolo nell'avvocato aveva affermato che il pubblico ministero ed il dibattimento, commissario della Polizia di Stato avevano costretto il soggetto a rendere le dichiarazioni raccolte nell'interrogatorio e quindi aveva rimarcato che quelle che erano state siglate come dichiarazioni spontanee, in realtà, non erano altro che interrogatori estorti dal funzionario di polizia per incarico del pubblico ministero. La Cassazione, in questo caso, ha delineato per l'avvocato una responsabilità per calunnia ed ha respinto l'argomentazione che si trattasse di un puro esercizio
Del diritto di difesa. Per come era stata riferita la vicenda, infatti, l'avvocato aveva lasciato intendere che, in sostanza, il verbale era stato falsificato, perché si era fatto comparire un soggetto come se si fosse presentato spontaneamente per rendere dichiarazioni, quando invece, era stato coartato a renderle. Dalla linea adottata dal difensore, si evinceva una supposizione di falsità delle dichiarazioni, con implicita attribuzione non solo della falsità nella redazione verbale, ma anche di calunnia nei confronti del commissario della Polizia di Stato. In questo caso, la Cassazione ha affermato che il difensore era andato ben oltre il semplice esercizio del diritto di difesa, in quanto avrebbe potuto contestare in altro modo l'acquisibilità del fascicolo (avrebbe, per esempio, potuto affermare che, sulla base di sue informazioni, sussistevano dubbi sul fatto che si fosse trattato davvero di dichiarazioni spontanee, ma non presentare queste
dichiarazione come il frutto di una specie di tortura psicologica o fisica da parte del funzionario della Polizia dello Stato).
Autorità destinataria della denuncia134 Cassazione Penale Sezione VI, 21/12/2001, n.45582.135 Pisa P.Cassazione Penale Sezione VI, 06/11/1998, in "Giurisprudenza vol. II, Cedam, Padova, 2003, pag.464.
commentata di diritto penale", Parte 9° - Reati in materia di stupefacenti 97 Reati contro la pubblica amministrazione
Sempre in tema di calunnia, riemerge un problema, seppur in ottica rovesciata, già affrontato nell'ambito del reato di omessa denuncia, laddove si poneva l'alternativa tra denunciare all'autorità giudiziaria o ad altra autorità che ad essa avesse l'obbligo di riferire. Anche in tema di calunnia pare necessario individuare se con l'accezione "altra autorità" si faccia riferimento alla polizia.