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Sant’Apollinare Nuovo eretta nel 505 come chiesa chi ariana di corte e dedicata a
Cristo. All’esterno l’edificio è privo di quadriportico ed è preceduto solo dal
nartece, la facciata in laterizio è a capanna. Nella parte superiore, esattamente al
centro, si trova una grande e larga bifora in marmo sormontata da due piccole
aperture, il nartece invece presenta un tetto a spiovente che dalla facciata scende
verso le colonne portanti fatte di marmo bianco. All’interno la Basilica è divisa in
semicircolare all’interno e poligonale all’esterno, la
tre navate ed è dotata di abside
navata centrale più alta e più larga è divisa da quelle laterali attraverso colonne e
capitelli corinzi di importazione costantinopolitana. La chiesa presenta una ricca
decorazione musiva che si estende sulle pareti della navata centrale e si divide in
tre fasce sovrapposte: sulla parete sinistra, nella fascia più alta alternata da pannelli
decorativi si snodano tredici scene della vita e dei miracoli di Gesù, sulla parete di
destra sempre alternati a pannelli decorativi sii snodano tredici scene della Passione
e della Resurrezione di Gesù. In queste scene l’uso del fondo oro crea un
ambientazione non naturale ma bensì ultraterrena. Questi mosaici presentano molte
differenze rispetto ai mosaici del Mausoleo di Galla Placidia, ad esempio anche se
la scena di Cristo che divide le pecore dai capretti è molto simile a quella del Buon
Pastore del Mausoleo di Galla Placida allo stesso tempo sono presenti delle
differenze, le figure infatti non sono più disposte in profondità ma appaiono
schiacciate l’una su l’altra inoltre sono molto più semplificate, la rigida frontalità e
la mancanza di volume danno a queste figure una forte ieraticità. Nella fascia
intermedia negli spazi fra le finestre sono rappresentate trentadue figure di profeti
vestiti di bianco e con rotoli o codici in mano. I profeti poggiano su una sorta di
podio ottenuto mediante una fascia di tessere musive di tonalità digradante. Le due
fasce di cui si è parlato sono certamente di epoca teodoriciana.
La terza fascia, che è anche la più grande, è stata sottoposta a diversi mutamenti.
Sulla parete di sinistra troviamo le rappresentazioni della Città di Classe con il
mentre in prossimità dell’abside
Porto, la processione delle Sante Vergini,
troviamo la Madonna in trono con i quattro angeli Sulla parete destra troviamo le
rappresentazioni di Ravenna con il Palazzo di Teodorico, La Processione dei Santi
Martiri, mentre in prossimità dell’abside vi è Cristo in trono fra i quattro Angeli. In
questa terza fascia alla fase teodoriciana appartengono solo il porto di Classe e il
Palazzo di Teodorico, in entrambe la rappresentazione naturalistica è stata messa
da parte per evidenziare le singole parti sia del palazzo sia del porto. Tra gli
del palazzo di Teodorico in origine comparivano delle
intercolumni dell’atrio
figure di cui rimangono ancora le mani poggiate alle colonne, probabilmente
raffiguravano Teodorico e la sua corte. Tali figure però come si può notare sono
state sostituite da delle tende. Lo stesso destino lo hanno avuto anche gli altri
mosaici che decorano il resto della terza fascia, che forse dovevano raffigurare
scene legate al culto ariano e che furono perciò rimosse e sostituite da quelle
attuali. Per quale ragione furono fatte tali modifiche? La risposta è semplicissima.
Dopo la morte di Teodorico e l’avvento al potere di Giustiniano che si impose sui
goti, si sentì la necessità di cancellare ogni ricordo del periodo goto in città, così
tramite un decreto imperiale tutti i beni della chiesa ariana furono donati al vescovo
Agnello, il quale riconciliò al culto cattolico tutti gli edifici religiosi goti,
epurandoli dunque anche dalle immagini in esse contenute, proprio come accadde a
Sant’Apollinare che fu riconciliata al culto cattolico con la dedica a San Martino di
Tours, il santo che si distinse proprio per la sua lotta contro gli eretici. Dunque fu
proprio in occasione di tale riconciliazione che la terza fascia, ovvero quella più
vicina all’osservatore, fu modificata. Questi mosaici presentano un elemento molto
innovativo per l’arte italiana ovvero l’uso del fondo oro, adottato sia per le
iconiche immagini dei profeti che per le scene narrative. L’uso del fondo oro era
molto comune nell’oriente bizantino mentre era inusuale in occidente, infatti ad
esempio nel catino absidale della chiesa dei Santi Cosma e Damiano a Roma il
fondale è blu notte, anche se non mancano delle importanti eccezioni milanesi
come la cappella di Sant’Aquilino nella chiesa di San Lorenzo o il Saccello di San
a Ciel D’Oro nella Basilica di Sant’ Ambrogio.
Vittore
A Ravenna Teodorico fece costruire anche il proprio Mausoleo. Eretto vicino al
Faro, il Mausoleo, è l’unica costruzione di epoca tardo-antica ad essere stata
realizzata in pietra calcarea d’Istria piuttosto che in mattoni. Il Mausoleo è a pianta
centrale e si compone di due ordini sovrapposti corrispondenti a due
vani,all’esterno sono entrambi decagonali , all’interno invece quello inferiore è
cruciforme, mentre quello superiore, un po’ più arretrato è circolare. È in
quest’ultimo, dove è collocata una vasca di porfido che si presume fosse stato
sepolto Teodorico. Il monumento in realtà è rimasto incompiuto come è possibile
notare dall’evidente mancanza di accordo fra i due ordini. L’elemento più
affascinante di questo monumento è la copertura composta da un unico masso di
calcare poggiante su una cornice decorata con fregi a tenaglia e costellata
all’esterno da dodici attacchi simili a maniglie ricavate a sbalzo nella pietra stessa.
L’edificio si rifà chiaramente all’architettura imperiale romana, così come romana
è la è la tecnica costruttiva, la calotta monolitica e il fregio a tenaglia della cornice
rivelano invece il gusto barbarico.
La Ravenna bizantina sotto il regno di Giustiniano
Con la morte di Teodorico nel 526 per Ravenna ebbe inizio un periodo molto duro,
i rapporti fra i goti e Bisanzio si erano andati deteriorando già all’epoca di
Teodorico , ma con la salita al potere di Giustiniano nel 527 la situazione sfociò
nella cosiddetta guerra goto - bizantina che si concluse nel 553 con la vittoria di
Giustiniano e con l’unificazione effimera e destinata a fallire , degli imperi di
oriente e di occidente,( infatti nel 568 dopo la scomparsa di Giustiniano la penisola
italiana sarebbe stata occupata dai longobardi mentre in seguito gli arabi avrebbero
interrotto definitivamente l’egemonia bizantina sul Mediterraneo). Nel 554
Giustiniano costituì la Prefettura d’Italia nominando Ravenna capitale, in questo
centro politico. L’edificio
modo la città continuò a rimanere ancora un importante
che meglio simboleggiava questa rinnovata grandezza imperiale a Ravenna è la
Chiesa di San Vitale.
San Vitale dedicata ai santi Vitale Gervasio e Protasio fu eretta da Giuliano
l’Argentario su commissione del vescovo Ecclesio, i lavori poi proseguirono sotto i
vescovi Ursicino e Vittore, i cui monogrammi appaiono sulle imposte dei capitelli
e poi fu completata e consacrata nel 547 dal vescovo Massimiano. Sia nella pianta
che nell’alzato la chiesa mostra delle differenze rispetto alle precedenti costruzioni
ravennati, collegandosi invece alla contemporanea architettura orientale e
bizantina. La chiesa di San Vitale è a pianta ottagonale ed è preceduta da un
nartece o ardica fiancheggiato da due torri laterali. In origine oltre il nartece vi era
un portico che proseguiva su tre lati. L’interno presenta un nucleo centrale
separato dal deambulatorio da pilastri e colonne su due ordini, la cupola impostata
su un tamburo si eleva con un altezza maggiore rispetto ad esempi coevi di
architetture imperiali come la Chiesa dei Santi Sergio e Bacco. Grande risalto è
dato al presbiterio che si sviluppa su due ordini e conduce all’abside fiancheggiata
da due vani i quali a loro volta danno accesso a due ambienti circolari. All’interno
vi sono marmi preziosi, capitelli troncoconici prodotti da officine orientali e
decorati con una ricca ornamentazione a traforo e sfavillanti mosaici. L’arco
trionfale è decorato con i medaglioni di Cristo, dei dodici apostoli e dei santi
Gervasio e Protasio; il presbiterio, contiene nella lunetta inferiore della parete
meridionale, il Sacrificio di Abele e di Melchindech, invece nella lunetta della
parete settentrionale troviamo il Sacrificio di Isacco e Abramo che ospita gli angeli
presso la quercia di Mambre. Nella zona superiore della parete meridionale vi sono
Isaia e Geremia e su quella opposta la Vocazione di Mosè e la Traditio Legis sul
All’altezza del Matroneo ci sono i
Sinai. Quattro Evangelisti con i loro simboli,
l’Agnello sorretto da quattro
nella volta del presbiterio vi è il medaglione con
angeli, nelle vele invece vi sono girali di acanto, mentre nelle lunette vi sono le
viti. Nel catino absidale troviamo Cristo fra due angeli che accompagnano a
sinistra il vescovo Ecclesio e a destra Vitale che riceve la corona del martirio.
Sulle pareti laterali del presbiterio ci sono invece i celebri Quadri Imperiali. Sul
pannello di sinistra (a nord) vi è Giustiniano e il suo seguito, sul pannello di
sinistra (a sud) vi è Teodora e il suo seguito. Giustiniano indossa una clamide
purpurea con tablìon dorato e finemente decorato, ed è caratterizzato dal nimbo(
cioè l’aureola) e dalle insegne tipiche del potere imperiale, come il diadema e la
fibula, entrambi decorati con dei pendula, in mano tiene una patena aurea in segno
di offerta ed è seguito da dignitari e guardie armate. Il volto è stato realizzato
secondo i canoni standardizzati tipici della ritrattistica imperiale bizantina, la quale
prevedeva che l’imperatore venisse rappresentato senza tenere conto dei suoi reali
tratti fisionomici. Giustiniano è preceduto dal vescovo Massimiano che è l’unico
ad essere fisiognomicamente individualizzato e distinto dal nome( riportato sulla
sua testa), la sua figura è ieratica, alta ed esile e i tratti del volto sono decisi,
accanto a lui sulla destra ci sono due diaconi che portano in mano uno il vangelo
l’altro il turibolo. Fra il vescovo e l’imperatore vi è poi una figura a mezzo busto a
cui sono state date varie identificazioni, ad esempio si è pensato che si trattasse di
Giuliano l’Argentario, banchiere di origine greca e finanziatore de