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NOUVEAU REALISME.
È il fenomeno parallelo al New Dada. Il realismo inteso come nuovo intende esserlo in senso concreto,
fisico, tridimensionale, con totale rinuncia all’illusione.
Tra i principali protagonisti:
Baldaccini che usciva dal periodo informale, affrontato in termini di assemblaggio di materiali ferrosi e
prima rizzati in modo da suggerire un effetto di violenza selvaggia. Ora invece il rapporto con l’oggetto
si fa scoperto e diretto -> comprime le carcasse delle auto, con l’effetto di una primarizzazione
dell’oggetto secondario, in quanto le lamiere cessano di essere nuove, per assumere contorsioni. Le
banali carrozzerie tornano ad essere esteticamente stimolanti.
Successivamente di dedica al poliuretano che simula molto bene le colate laviche. La primarietà
magmatica è portata a scontrarsi con elementi secondari, cioè con calchi di volti. Questi elementi fatti e
definiti vengono sommersi dalla colata.
Arman è caratterizzato dalle accumulazioni. La moltiplicazione degli elementi fa perdere il carattere
chiuso-nozionale, ma ciò avviene soprattutto perché sono dati alla rinfusa, così da ritrovare la casualità
che regna in natura.
Christo, l’intervento base che lo ha reso famoso è l’impacchettamento. Generalmente gli elementi
impacchettati sono utensili, bottiglie, sedie, motociclette che vengono avvolti in fogli di qualche
materiale plastico trasparente che ha il compito di primarizzare la durezza dell’oggetto industriale,
addolcendolo in un soffocante abbraccio -> processo di straniamento. L’artista va allargando l’ambito
dei suoi interventi, passando dai mini utensili ai grandi edifici e monumenti -> environment (animazione
di un intero ambiente). La sua poetica sta dunque nell’ostacolare l’aspetto normale di qualcosa, al fine
di assicurargli una novità percettiva. Ricorre anche allo sbarramento di una via, ottenuto elevando una
barricata di taniche di petrolio. Altra variante, le vetrine azzerate mediante fogli bianchi che ne
chiudono la superficie.
Tinguely, ricorre a pezzi di macchine e utensili, ma li aggrega senza rispettare gli ovvi criteri di
funzionalità, mirando a un montaggio inutile. Tali complessi vengono provvisti in genere di un
movimento e quindi di un tempo reale.
Rotella, Hains... praticano il decollage, che consiste in una primarizzazione del secondario, modo oggi
comune di praticare il collage è dato dai diversi manifesti pubblicitari posti gli uni sugli altri, spesso
però intervengono accidenti, causati da condizioni naturali-atmosferiche o provocati da qualche
passante, con l’effetto di squarciare quei fogli stratificati, mettendole variamente a nudo: fenomeno di
dissezione casuale che questi artisti ricostituiscono il laboratorio, o trasportano sulle superfici del
quadro “tale e quale”.
Klein e Manzoni sono casi più arretrati, rivolti a un recupero del Dadaismo storico.
A Klein si attribuiscono:
1. la monocromia vista come:
- gusto duchampiano di demolizione delle istituzioni artistiche istituzionali;
- intervento volto a razionalizzare la “scienza della pittura”;
- atto di disprezzo verso la tela, che diviene un supporto di un’azione.
2. le impronte: modella imbrattata di colore si stampa sulla tela (vagamente informale, ma conta di
più considerare l’azione nella sua interezza -> riscatto del corpo come mezzo estetico che non
ha più bisogno di delegare i propri interventi ai pennelli ma può agire direttamente.
Manzoni ha una carriera più breve, ma ricca. In lui troviamo:
1. la monocromia, il bianco è il suo colore preferito, che indica un azzeramento ancora più spinto
del sensibilismo -> costruzione razionale e geometrica dell’opera.
2. Assunzione di elementi secondari usati più come unità per una composizione modulare che per
simulare un disordine esistenziale; oppure c’è l’aspetto affine di usare materiali tecnologici, ma
anch’essi anestetizzati il più possibile dalla monocromia.
3. Riscatto corporale, di anticipo alla Body Art, che inizia come una ripresa di Duchamp e culmina
con la “Merda d’artista” messa in scatola, opera che si spiega:
- Come profanazione dell’arte e della mercificazione;
- Come intervento logico-concettuale sulla definizione dell’arte (tutto ciò che fa l’artista è arte);
- Come atto d’amore verso tutte le manifestazioni corporali, a cominciare dalle più basse e
volgari.
4. Opere che anticipano l’arte concettuale, richiedendo una larga integrazione immaginativa; tipici
i recipienti che contengono linee di varia lunghezza; o rovesciamento di funzioni tra ciò che
regge e ciò che è retto, per cui un modesto piedistallo capovolto viene proclamato “Piedistallo
del mondo”: paradosso che si può fruire solo mentalmente, con un gratificante risultato estetico,
è bello concepire il nostro pianeta come un oggetto-scultura posto in equilibrio su un fragile
supporto.
POP ART, OLDENBURG E DINE.
Oldenburg e Dine, nascono nell’humus del New Dada, la secondarietà va in loro via via prevalendo e
l’attenzione va sull’oggetto singolo e individuale nell’ambito della Popular Art -> “prodotto in serie”,
oggetti popolari che spesso rientrano nel kitsch.
Il proposito della Pop Art non è esprimere il disdegno o l’ironia di una elite intellettuale nei confronti di
questi oggetti, ma al contrario di riconoscerne l’aspetto positivo attraverso tecniche di straniamento che
conferiscano loro una nuova dignità estetica.
La prima di queste tecniche usate da Oldenburg è di mantenere visibili tutti i possibili collegamenti tra
la secondarietà degli oggetti e la primari età della materia di cui sono fatti. Capisce che la buccia “fatta”
e “chiusa” delle merci e dei beni di consumo ha pure una sua ragione d’essere bellezza. Nel ciclo “The
Store” rappresenta una risultante tra queste due tensioni: il tema è dato dal prodotto merceologico, la
modalità di esecuzione ne consente la primarizzazione. Nelle sue plastiche emergono gli aspetti
“secondari”, pur contorti e deformati. Un ciclo vicino è quello delle bandiere, su cui ha agito l’esempio
di Johns; tuttavia nel caso di Oldenburg prevale l’evidente intento di aggredire uno stereotipo
drammatizzandolo dall’interno. Un'altra serie è quella dei cibi, a metà strada tra il naturale e l’artificiale:
il naturale della materia prima, l’artificiale della confezione, aspetto che ovviamente l’artista sottolinea,
ricorrendo a un'altra tecnica di straniamento: colorazione caricata di sensuosità. In altri casi invece si
vale di un mimetismo illusorio che simula il “tale e quale”. Ben presto lascia la tela “povera” per
materiali sintetici lucidi e morbidi (i vinili), imbottiti a loro volta di altro materiale plastico, il kapok. Scatta
la tecnica straniante dell’ingigantimento (i sandwiches).
Caso diverso per la “Camera da letto” dura, spigolosa, forse ancor più di quanto non sia nella
normalità; rigidità ribadita dalle orride pelli sintetiche che coprono il letto. Nemmeno in un caso simile
l’artista rinuncia a inserire un segno di vita e di movimento sotterraneo: il letto non è rettangolare, ma
trapezoidale e così pure quelle disgustose decorazioni dei paralumi diventano troppo insistite.
Ma l’arma principale d’intervento, per riscattare e dare fascino estetico ai luoghi e oggetti comuni ->
softness: l’operazione-morbidezza, consente nello svuotare gli utensili tecnologici della loro materia
usuale, in modo che la loro pelle non può che farsi cascante, raggrinzirsi, alterare le forme pur
rigidamente “disegnate”, in partenza. Oldenburg si pone come una figura dominante nel corso di tutti
gli anni Sessanta, dato che egli tiene aperte le porte ai soffi primari, pur conciliandoli con la civiltà degli
stereotipi e la celebrazione del “secondario” proprio della Pop Art. Imposta con i suoi oggetti giganti e i
progetti di monumenti, operazione volta a invadere l’ambiente.
Dine svolge un ruolo di transito tra il clima New Dada e quello Pop, con una focalizzazione sul singolo
oggetto. Tipico il “Coltello rosso”, il versante New Dada di tale lavoro sta nel fatto di prendere un
oggetto dalla realtà e nell’introdurlo come nucleo di una possibile azione. I suoi oggetti saranno molto
spesso corpi contundenti: con intento di condensare un’azione virtuale volta a ferire il supporto; ancora
New Dada è il fatto che questo resista e faccia da sfondo all’oggetto: sfondo “sensibile”, arricchito però
dall’ombra dell’oggetto stesso, cioè da un fenomeno di illuminazione “reale”.
Eppure il coltello esibisce una sua individualità spavalda, sfuggendo al clima di generico e confuso. “Lo
studio” dove la mensola “realmente” aggettante, e sostenente bottiglie e barattoli reali, che portano
chiari segni dell’uso, sono tutti caratteri New Dada, però focalizzati sullo sfondo; il quale propone una
dialettica di bande verticali dipinte che si appoggiano ora al polo primario, ora a quello secondario.
Altri lavori rientrano invece nel clima Pop: “Scarpa” in cui c’è una piena focalizzazione dell’oggetto
secondario come nozione e stereotipo. Nella tela usa due sistemi di riferimento: l’immagine mimetica
“fatta con le proprie mani”, cioè “artistica” e la scritta sottostante. In altri casi ricorre ad altri due tipi di
riferimento: di grado zero che consiste nel riporto dell’oggetto “tale e quale” e quello della sua
rappresentazione, ma non “artistica”.
POP ART ICONICA: LICHTENSTEIN, WARHOL.
Lichtenstein è dedito interamente al polo della secondarietà, i suoi intenti sono iconici, la superficie gli
basta; ha un’atteggiamento di passività verso le forme secondarie della civiltà delle immagini e le icone
ottenute con i mass media. La tecnica straniante principale è l’ingrandimento, il quale mette in mostra
questa filigrana meccanica, questa costituzione a mosaico, nettamente artificiale -> uscita dal percorso
di Seurat.
“Costoletta”: il pezzo è spento, è immagine fino in fondo: le fibre del muscolo hanno reso ogni goccia di
sangue, non hanno più materia ma solo contorno. Utilizza uno stile curvilineo.
“Ragazza con palla”: essenza della banalità per l’assenza di un’intenzione artistica da parte
dell’anonimo cartellonista da cui l’artista riprende l’immagine. È il trionfo dell’à plat, di un lin