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Rapporti tra condizione di procedibilità e art. 24 costituzione.
Fino al 1960 era in vigore l’ art. 98 del c.p.c., rubricato “Cauzione per le spese”. Questa
giudice istruttore, il pretore o il conciliatore, su istanza del
norma prevedeva che “Il
convenuto, può disporre con ordinanza che l’attore non ammesso al gratuito patrocinio
presti cauzione per il rimborso delle spese, quando vi è fondato timore che l’eventuale
condanna possa restare ineseguita.
Se la cauzione non è prestata nel termine stabilito, il processo si estingue”.
L’ istituto della Cautio pro expensis fa riflettere su più punti:
1. Vi è un forte contrasto con l’ art. 24 della Costituzione, in quanto questo afferma il
principio sulla scorta del quale tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti
e interessi legittimi.
2. Non è prevista una seria tutela dei non abbienti, che non possono lasciare la cauzione.
Il contrasto con l’ art. 24 della Costituzione sta nel fatto che l’ istituto della Cautio pro
expensis ponga un forte limite al diritto d’ azione. Come può una persona che non può
permetterselo, depositare un gruzzoletto di denaro prima che inizi la causa? Questo
istituto sembra precludere il diritto d’ azione, garantito dall’ art. 24 della Costituzione, se
non si dispone della possibilità di depositare questa cauzione di cui all’ art. 98 c.p.c.
Un altro evidente problema messo in luce da questo istituto della Cautio pro expensis è l’
evidente contrasto con l’ art. 3 della Costituzione. L’ art. 98 c.p.c. si pone in contrasto con
il principio di uguaglianza: il fatto che prima di iniziare una causa bisogna depositare la
cauzione per le spese, che andrà all’ altra parte in caso di soccombenza, non sembra
sbagliato. Questo a patto però che esista una seria tutela per i non abbienti, che
purtroppo, nel nostro ordinamento, sembra non esserci. L’ ordinamento avrebbe dovuto
prevedere una struttura che permette ai non abbienti di essere tutelati. L’ art 98 c.p.c. non
sembra far riferimento all’ attore ammesso al gratuito patrocinio, ma solo a quello non
ammesso.
Il problema, in questo caso, sorge nei confronti dell’ attore non ammesso al gratuito
patrocinio, il cui reddito però sia appena superiore a quello richiesto per essere ammesso
(limite euro 11.528,41). In questo caso se si tratta di un attore dall’ ipotetico reddito di euro
20.000 l’ anno (ad esempio) che ha a suo carico moglie e figli, questo non può comunque
permettersi di pagare una cauzione per le spese prima che inizi il processo.
Questo è uno dei tipici casi in cui manca la seria tutela per i non abbienti, perché
teoricamente, secondo l’ art. 98 c.p.c., l’ attore in questione risulta non ammesso al
gratuito patrocinio e dunque deve pagare la cauzione, mentre praticamente non può
permettersi di pagarla, in quanto il suo reddito, nonostante superiore a quello richiesto
dalla normativa, è comunque insufficiente.