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I RAPPORTI TRA I TRUSTS E IL DIRITTO PRIVATO ITALIANO
Quando viene firmata la CAT incominciano a circolare, nei sistemi giuridici di common law ed in particolare negli USA, alcuni tipi di
trusts che, fondandosi su un’esperienza pluricentenaria, sono diretti a risolvere alcuni problemi locali non indifferenti.
Negli USA sono disciplinati i danni punitivi, con un procedimento di regola gestito dal giudice che si pronuncia secondo condanna, ed
i danni vengono decisi da una giuria; quindi un risarcimento dei danni con valore sanzionatorio, con la conseguenza di innalzamento
dei costi per la sottoscrizione di polizze assicurative per copertura da malpractice (negligenza professionale)
Sono state sviluppate, nelle giurisdizioni offshore (delocalizzazione) rispetto agli USA, con strutture identiche di trusts inglesi ma con
l’obiettivo specifico di protezione del patrimonio, e non la classica funzione parasuccessoria.
Qualora il disponente perde la controversia, comunica al trustee l’obbligo di pagare alle parti che hanno vinto in giudizio una
determinata somma di denaro, ed il trustee non pagherà per una clausola che prevede di non pagare tali somme (il trustee sarà
libero di pagare o di non pagare proprio in presenza di tali clausole): rispetto della forma ma una frode nella sostanza. Se il
disponente non adempie a quanto deciso dalla Corte, sarà incarcerato sino a quando non pagherà tale somma.
In esito a ciò, si sono accorti negli USA che, con questi tipi di trusts, si sono persi 2 mld di dollari, alché, alcuni Stati avevano deciso
di introdurre una normativa che riconoscesse la validità dei trust di protezione patrimoniale (chiamati negli USA Domestic Asset
Protection Trusts).
Negli USA, paritetica alla nostra azione revocatoria del c.c. (art. 2903 c.c.), vengono istituiti in alcuni Stati (13 Stati su 52) termini di
prescrizione stringenti di 3/4 anni per esercitare tale azione revocatoria nei confronti dei creditori che agiscono contro trusts istituiti
dal debitore. Quindi la revocatoria è stata portata con termini di prescrizione di 3/4 anni, creando uno scompiglio all’interno del diritto
privato americano.
Le varie eccezioni poste dalla dottrina conservativa, circa l’ammissibilità dei trust interni, sono state:
Secondo la CAT perché si possa ammettere un trust interno deve esserci un effettivo elemento di internazionalità;
L’interpretazione dell’art. 13 CAT afferma che la disposizione di una legge straniera non può ammettere una previsione di
un trust interno, che comunque resta sempre un trust interno, la fattispecie cmq è interna;
Il principio del numerus clauses dei diritti reali, si configura una doppia proprietà o no? No perché abbiamo già visto che
non si configura una doppia proprietà.
L’art. 2740 c.c. che afferma che il debitore risponderà dei suoi debiti con tutti i suoi beni presenti e futuri; se c’è una
limitazione di responsabilità questa sarà stabilita dalla legge in deroga alla disciplina dell’art. 2740 c.c. Si è detto che il trust è
contrario all’art. 2740 c.c. nella figura del trustee. Non è vero perché la legge di ratifica della CAT quindi con riferimento a tutte le
fattispecie dei trust si rientra nell’art. 2740 c.c. comma II° quindi limitazione ammessa dalla legge.
La dottrina più attenta ha da subito affermato che non vi è alcun contrasto con l’art. 2740 c.c. il problema era quello della
responsabilità patrimoniale del predisponente dei confronti dei suoi creditori (e non nella figura del trustee).
FONDO PATRIMONIALE
La disciplina del fondo patrimoniale, istituito negli anni ’70, afferma che si tratta di un patrimonio che possono creare due coniugi od
un terzo, nei quali si destina un determinato patrimonio per i bisogni particolare della famiglia: nato con una funzione sociale, ma con
una operatività dal punto di vista pratico di rilievo negativo, tale per cui alcuni coniugi creavano il fondo patrimoniale in frode ai
creditori di uno dei due coniugi. Ecco perché alcuni sostenevano che l’istituzione di trust interni poteva essere visto (dalla dottrina)
come un modo per frodare i creditori. Il nostro ordinamento prevede forme di tutela contro i fondi patrimoniali in frode ai creditori:
L’azione revocatoria;
L’art. 170 c.c. (interpretazione estensiva del concetto di bisogni della famiglia e la sua ratio) quando i termini per l’esercizio
dell’azione revocatoria sono decorsi, il creditore non potrà agire sul fondo patrimoniale quando il creditore sapeva che quel
debito era stato contratti per ragioni esterne ai bisogni della famiglia. In tema di esecuzione dei beni del fondo patrimoniale e sui
suoi frutti, l’art. 170 c.c. va inteso non in senso restrittivo. Nel concetto di bisogno della famiglia va inteso tutto, ad es. l’attività
imprenditoriale di un coniuge viene esercitata nell’interesse della famiglia, quindi i debiti contratti per quell’attività d’impresa
verranno contratti per bisogni della famiglia, ergo il fondo patrimoniale potrà essere aggredito (come afferma la Cassazione).
Sul possibile parallelismo tra il trust ed il fondo patrimoniale, c’è una sentenza del Tribunale di Cassino del 2009 (che è una azione
revocatoria) che afferma che “l’istituto del trust….. è soggetto ad azione revocatoria alla stessa stregua di quanto è accaduto ed
accade per il c.d. fondo patrimoniale.”
Quando parliamo di trust per il pagamento dei creditori bisogna distinguere:
Il trust creato per pagare quel singolo creditore a fronte di un debito contratto dal disponente che invece di creare un pegno
o ipoteca crea un trust, con un patrimonio messo a disposizione per la situazione debitoria per il pagamento del debito;
Il trust di liquidazione ai creditori, ossia trusts creati da società (suscettibili di fallimento) e per pagare i creditori si
costituiscono trusts con dei beni per pagare effettivamente i creditori, ammessi nell’ambito nelle varie procedure para
fallimentari.
Si è pertanto detto che il trust è legittimo per liquidare i creditori, come da sentenza del Tribunale di Reggio Emilia del 2007. In quel
procedimento vi era già stata una sentenza di condanna alla società debitrice al pagamento dei debiti ed uno dei creditori agiva per
l’esecuzione, e non si poteva agire perché la società aveva istituito un trust per pagare tutti i creditori e non uno solo. Il giudice
monocratico, affermava che essendo un trust interno idoneo, rendeva gli stessi beni impignorabili data la disposizione del trust che
era ammesso, demandando la soluzione ad un giudice collegiale.
La Corte di Cassazione, investita di un caso di istituzione di trust in frode ai creditori, affermava che i trust sono validi tranne se la
causa concreta è quella di segregare i beni a scapito di forme pubblicistiche quale il fallimento. In tali casi, ex art. 15 CAT, il trust
liquidatorio non può essere riconosciuto nell’ordinamento italiano, perche è una disciplina di OP e pertanto devono essere rispettate
le procedure del fallimento. La Cassazione distingue 3 tipologie di trust:
1. Trust preconcorsuali, quando la società è in difficoltà ma non si è nel regime fallimentare, però si deve prevedere nell’atto
istitutivo di trust che se inizierà la procedura fallimentare, il trust si armonizzerà alla procedura concorsuale (ad es. consegna
dei beni al curatore). Deve essere prevista l’attribuzione della figura del trustee alle figure previste dalla legge fallimentare. Se
rispetta la disciplina concorsuale potrebbe diventare un trust endoconcorsuale.
2. Trust endoconcorsuale, che rispetta la legge fallimentare.
3. Trust anticoncorsiale, che non rispetta la disciplina fallimentare, illegittimo.
Quando nasce la procedura fallimentare è indiscutibile che non si possono più compiere atti dispositivi nei confronti di singoli
creditori.
L’art. 2740 c.c. è una norma che ricalca una norma del c.c. francese, norma creata in una determinata epoca storica precisa: nel
periodo illuminista la centro vi era l’essere umano e non esisteva il concetto di persona giuridica. In questo contesto l’art. 2740 c.c.
aveva un valore specifico (ad ogni essere umano corrisponde un patrimonio e pertanto responsabilità patrimoniale universale). Con
le società si avranno dei patrimoni separati e non si ha una definizione giuridica. Il concetto di responsabilità patrimoniale universale
non ha più senso se visto nell’ottica del 2640 c.c.
L’art. 2645 ter c.c. disciplina gli atti di destinazione. L’articolo è formulato in maniera non valida e formulato velocemente. Quando è
stata introdotta questa norma, si pensava che fosse uno strumento per creare un patrimonio destinato ad uno scopo, come il trust.
Da un punto di vista strutturale, la dottrina affermò che si trattava di atto autodichiarato in cui un soggetto trascrive su determinati
beni un vincolo e si assume lui l’incarico di gestirlo nell’interesse di “interessi meritevoli di tutela”: atto autodichiarato.
Altri avevano sostenuto che si potevano trasferire beni a soggetti terzi, identico al trust. Da un punto di vista dell’interpretazione, per
“interessi meritevoli di tutela” bisogna capire cosa siano. Bisogna contemperare gli interessi dei creditori del disponente e i creditori
del beneficiario del vincolo secondo parte della dottrina, e se non c’è questa contemperazione la disposizione è nulla.
La dottrina e la giurisprudenza negli anni ’60, per definire quali siano gli “interessi meritevoli di tutela” in tema contrattuale, ha detto
che tutto ciò che è lecito ossia non contrario all’art. 1343 c.c.
In una massima di una sentenza del Tribunale di Reggio Emilia del 2012 si afferma che l’art. 2645 ter è una norma che disciplina gli
effetti complementari delle singole figure negoziali e non consente la costituzione di una nuova figura giuridica (idea che la dottrina
non si era mai posta).
Una sentenza del Tribunale di Reggio Emilia del 2015 afferma che il vincolo di cui all’art. 2645 ter c.c. non può essere un atto auto
dichiarato perché si mina il principio della responsabilità patrimoniale universale del debitore, mentre si può costituire un trust auto
dichiarato.
L’approccio è che se un atto di destinazione è effettuato con atto auto dichiarato non è meritevole di tutela perché viola il principio di
responsabilità patrimoniale del debitore, che deve essere inteso in maniera universale.
LA SIMULAZIONE
La Simulazione è disciplinata dal c.c del 1865 dall’art. 1319.