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SETAF
Ciò che spinse all'ingresso effettivo dei primi ordigni nucleari nel nostro paese per scopi militari fu
la fine del regime di occupazione alleato in Austria. Difatti, questo comportò il ritiro delle truppe
americane dalla regione e, di conseguenza, la fine della garanzia di immediato sostegno in caso di
aggressione ( altra sintomatica questione che rivela l'incapacità italiana di provvedere
autonomamente alla sicurezza del proprio territorio).
Le insistenti richieste italiane (specialmente ad opera del ministro della Difesa Taviani) per lo
schieramento di forze americane sul territorio, dovute anche ai tentativi fallimentari fatti nello
stabilire una cooperazione militare con la Jugoslavia, portarono alla costituzione della SETAF
(Southern European Task Force) alla fine del 1955; si decise di rimanere vaghi rispetto alla natura
nucleare del nuovo reparto, per non incontrare problemi rispetto alle sollevazioni critiche che
l'opinione pubblica avrebbe avanzato.
“Nel comunicato stampa del 27 luglio non si faceva perciò nessun accenno alla possibilità che la
futura SETAF fosse dotata di armi nucleari- cercando così di far passare sotto silenzio il primo
accordo formale stabilito dal governo italiano per ospitare sul territorio nazionale reparti stranieri
con capacità atomiche” Nuti.
Inoltre, la SETAF non doveva in alcun modo apparire come una forza di occupazione, bensì di
tutela all'integrità territoriale. Proprio per questo venne definita come truppa a carattere Nato, non
americano. La ratifica avvenne l'11 novembre 1955, dopo aver superato anche l'ostacolo che si
venne a creare per la “mancata ratifica da parte italiana dell'accordo Nato sullo status delle forze
dell'Alleanza (SOF- status of forces), senza l'entrata in vigore del quale le truppe americane in Italia
non avrebbero avuto uno status giuridico definito.” Nuti
Gli USA avrebbero avuto piena giurisdizione sulle nuove unità fino al futuro accordo generale sulle
forze dell'Alleanza Atlantica. La procedura Nato venne completata con l'approvazione del Consiglio
Atlantico. La SETAF ed il suo schieramento costituirono un notevole incentivo alla revisione delle
linee generali della strategia difensiva italiana e della dottrina tattica dell'esercito. Il Generale Liuzzi
(capo di Stato Maggiore dell'Esercito) era un fautore delle armi atomiche, in quanto queste
avrebbero conferito reattività alla difesa. La SETAF ebbe un profondo impatto, tanto militare
quanto politico; lo schieramento di armi nucleari tattiche fu ben accolto dai militari italiani, e questa
fu comunque un'esperienza che confermò la centralità delle relazioni con gli Stati Uniti per la nostra
politica estera e di sicurezza e che avvicinò l'Italia alle altre potenze nucleari occidentali. Le Forze
Armate Italiane sembravano rallegrarsi del maggior prestigio di cui godevano grazie alla
disponibilità delle nuove armi, non rendendosi del tutto conto che queste erano una concessione
degli alleati d'oltreoceano, che comunque dimostrarono la validità del proprio impegno verso la
penisola in questa occasione. In fin dei conti, la questione nel suo complesso dimostrò un ottimo
livello di cooperazione del Comando Integrato, e gli eccellenti rapporti tra i Militari USA e la
popolazione locale ( Verona e Vicenza) sembravano esser un buon viatico per relazioni future di
questo genere. EURATOM e CONSORZIO TRILATERALE
Rispetto all'EURATOM (Comunità europea dell'energia atomica- organizzazione internazionale
istituita con i trattati di Roma del 25 marzo 1957 allo scopo di dar vita ad una comunità europea per
lo sfruttamento delle applicazioni pacifiche dell'energia nucleare) l'Italia si pose favorevolmente,
ritenendo che una maggiore cooperazione europea potesse esercitare ulteriore pressione sugli Stati
Uniti per condividere con maggiore elasticità le loro tecnologie.
Per alimentare tali pressioni si svolse un negoziato Italo-Franco-Tedesco tra la fine del 1957 e la
primavera del 1958, il cui scopo era quello di creare un consorzio trilaterale per la sperimentazione
e la produzione di armi moderne (comprese, naturalmente, quelle nucleari). L'allora ministro della
Difesa Taviani, pure se orientato verso un forte europeismo, mostrava chiaramente timore nel
procedere in tale iniziativa senza il benestare statunitense, anche se tuttavia riteneva che tramite
questo progetto si potesse sollecitare ulteriormente il proprio alleato ad avere una maggiore
considerazione verso le potenzialità di sviluppo militari italiane. Chiaramente vi era la volontà di
non accettare in alcun modo quel dualismo di ruoli all'interno dell'Alleanza atlantica tra potenze
nucleari e non-nucleari. Comunque sembrava che, in un modo o nell'altro, si agisse esclusivamente
per impressionare o mettere pressione agli Stati Uniti.
“L'intesa fu raggiunta il 28 novembre 1957, quando Chaban Delmas, Strauss e Taviani firmarono un
protocollo con il quale impegnavano i rispettivi governi a una stretta cooperazione nel settore delle
invenzioni militari e degli armamenti, con particolare riferimento ai materiali aeronautici, ai missili
e alle applicazioni militari dell'energia nucleare”. Nuti
Taviani immediatamente si preoccupò di ricondurre il progetto trilaterale in una dimensione
saldamente atlantica, proprio per evitare un qualsiasi tipo di equivoco. Difatti, da parte italiana
trapelava un certo nervosismo di fronte alla decisione di mantenere gli Stati Uniti all'oscuro della
reale natura di tale accordo di cooperazione. Non vi era alcuna volontà di irritare l'alleato da cui
dipendeva la propria sicurezza. Molto si adoperò il ministro degli Esteri Pella nel tentare di
rassicurare gli Stati Uniti sul fatto che un qualsiasi accordo tripartito avrebbe comunque seguito i
suggerimenti americani e sarebbe stato aperto ad eventuali altri membri della Nato.
Tale esperienza ebbe una fine sostanzialmente ambigua; “la spiegazione più diffusa, e
probabilmente la più attendibile anche se non del tutto priva di qualche ambiguità, è che pochi
giorni dopo il suo ritorno al potere il generale de Gaulle fece sapere ai propri collaboratori che per il
momento intendeva sospendere tutti gli impegni presi dai suoi predecessori con gli alleati europei in
ambito nucleare”. Nuti ( se ci fosse stata piena approvazione USA verso tale iniziativa, sarebbe
finita in questo modo?). JUPITER
Immediatamente dopo, nel marzo del 1959, abbiamo il culmine della cooperazione militare tra Italia
e Stati Uniti, con lo schieramento dei nuovi missili balistici Jupiter sul territorio peninsulare. Nella
sessione del dicembre 1957 del Consiglio Atlantico, difatti, Washington si mostrò disponibile ad
offrire ai propri alleati europei dei nuovi missili balistici a raggio intermedio (Thor e Jupiter). Vi era
la necessità di rivitalizzare la Nato in un contesto di crescente potenzialità sovietica nei missili
balistici intercontinentali.
L'Italia si mostrò immediatamente disponibile ad inoltrare la proposta americana, anche se Fanfani
rimaneva alquanto scettico circa la questione economica dell'operazione. L'intesa finale tra i due
paesi stabiliva che “gli Stati Uniti erano pronti ad assumersi la parte maggiore del costo degli IRBM
e del loro schieramento in Italia e che avrebbero inoltre fornito ulteriore assistenza al governo
italiano sostenendo i costi dell'addestramento del personale italiano e dell'equipaggiamento
necessario in un primo momento per uso comune; inoltre gli Stati Uniti si impegnavano a
rimborsare le spese effettuate dal governo italiano per la costruzione delle strutture di sostegno per
gli IRBM e per il relativo personale. Il governo italiano, da parte sua, avrebbe dovuto fornire il
terreno, coprire i costi del personale italiano, e sostenere le spese generali di carattere
amministrativo e operativo dell'impianto”. Nuti
Fanfani considerava gli Jupiter alla stregua della SETAF, ovvero un tramite che concedeva all'Italia
una sorta di status nucleare all'interno dell'Alleanza Atlantica e che quindi consentiva di colmare,
almeno in parte, il gap con le altre grandi potenze continentali. Sembrava esser quindi una
motivazione politica più che strettamente militare, in quanto si voleva fare degli IRBMS un
elemento centrale e imprescindibile della politica estera italiana. Anche in questo caso, si decise di
non enfatizzare in alcun modo la questione, sempre per evitare situazioni scomode nei rapporti con
l'opinione pubblica. Il 26 marzo 1959 tutti gli accordi furono firmati.
“I missili sarebbero stati a disposizione del SACEUR (Supreme Allied Commander Europe) per
l'esecuzione dei piani Nato in tempo di pace e in tempo di guerra e che la decisione di lanciarli
sarebbe stata presa con il consenso dei governi italiano e americano”. Nuti
Per installare i missili fu scelta la parte sud-orientale della penisola, per la sua posizione più vicina
al "nemico". Il quartier generale, in particolare, fu installato presso l’aeroporto di Gioia del Colle
(BA), dove il 1° Maggio 1960 fu costituita ufficialmente la 36^ ABIS (Aerobrigata di Interdizione
Strategica) e l’11 Luglio il Colonnello americano Erlenbusch affidò al Colonnello dell’Aeronautica
Militare Edoardo Medaglia la gestione del sito operativo.
Oltre che a Gioia del Colle, i missili “Jupiter” furono schierati in altre nove postazioni nella Murgia:
Spinazzola, Gravina, Acquaviva delle Fonti, Altamura (due postazioni), Irsina, Matera, Laterza,
Mottola. I missili usavano come propellente un carburante simile al cherosene (RP-1) e ossidante
Lox e ciascuno era dotato di una testata nucleare da 1.45 a 4 megaton (la bomba su Hiroshima era
meno di 20 kiloton).
Comunque, sembra che i comandanti italiani della 36^ ABIS non fossero a conoscenza dei bersagli
contro cui i Jupiters erano puntati, ed erano persino tenuti all'oscuro circa l'effettiva presenza delle
testate sui missili stessi (in base a quanto detto dalla Legge McMahon del '46). Concretamente, di
quanta considerazione godeva il nostro paese? Era una cooperazione militari tra Stati facenti parte
di una medesima alleanza, o un rapporto di subordinazione ben (ma neanche troppo) mascherato?
All'Italia sembrava andar bene così, visto che forse questa era l'unica via per poter diventare una
potenza rispettata a livello internazionale.
Due accordi di cooperazione nucleare e Amm.Kennedy
Seguirono due accordi di cooperazione nucleare, uno del 1960 (“intesa di natura generale che
regolava l'uso dell'energia atomica per scopi di difesa reciproca che escludeva la cessione di armi
nucleari e tecnologie” Nuti) e uno del 1962 (sullo stoccaggio delle armi nucleari americane in Italia
per attuare la proposta di Dulles – Segretario di Stato degli Stati Uniti- di al