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In ogni caso, i prigionieri devono scontare la loro pena. La sentenza capitale è ridotta ai

minimi termini ed è ammessa solamente secondo il diritto consuetudinario e sulla base delle

Convenzioni. Bisognerebbe distinguere tra sanzioni, la cui base giuridica è la violazione di

regolamenti di disciplina interni al campo o il tentativo di fuga, da altre sanzioni, puramente penali,

cioè derivanti dal mancato rispetto di norme del diritto internazionale o di disposizioni del diritto

penale applicabile alle forze armate dello Stato detentore . In effetti, i prigionieri possono essere

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perseguiti penalmente per crimini commessi precedentemente alla loro cattura .

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Per spiegare il tema in esame, possono essere richiamati casi facenti parte della prassi

giurisprudenziale. Durante la guerra del Golfo del 1991, furono necessari alcuni interventi sulla

base della III Convenzione di Ginevra per evitare che i prigionieri iracheni, che avevano commesso

furti e altre piccole infrazioni in campi locati in Arabia Saudita, non fossero puniti secondo i canoni

della legge islamica, cioè utilizzando pene corporali crudeli e del tutto inumane. Poi, nel 1992, nel

corso della guerra tra Jugoslavia e Croazia, per opporsi al rimpatrio dei prigionieri, le autorità

usarono la minaccia di avviare processi per crimini di guerra, sostenendo che, in alcuni casi, era

necessario verificare in anticipo se fossero stati commessi crimini punibili. In quel caso intervenne

il Comitato internazionale della Croce Rossa, che fece rilasciare i detenuti, in modo da rinviare i

giudizi a una fase successiva al rimpatrio .

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La prima parte relativa alle sanzioni penali e disciplinari è rubricata con il Titolo di

‘Disposizioni generali’ e va dall’articolo 82 all’articolo 88.

R. KOLB, R. HYDE, op. cit., p. 215.

3 R. KOLB, op. cit., p. 175.

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5 R. KOLB, op. cit., p. 175.

L’articolo 82 afferma che i prigionieri di guerra hanno il dovere di rispettare le leggi, i

regolamenti e gli ordini generali validi presso le forze armate della Potenza detentrice, la quale può

colpire con misure giudiziarie o disciplinari i detenuti colpevoli di aver violato tali strumenti legali.

L’unico limite per lo Stato cattore è dato dal rispetto della presente Convenzione. Il comma 2 cerca

di evitare discriminazioni tra soldati della Potenza detentrice e prigionieri di guerra: infatti, le

violazioni per le quali solo i prigionieri sono punibili possono dare luogo solo a sanzioni

disciplinari; i membri delle forze armate, invece, non possono essere colpiti da alcuna pena.

L’articolo 83 tutela i prigionieri di guerra, imponendo alla Potenza detentrice di far sì che le

autorità competenti usino indulgenza nel trattare le infrazioni dei detenuti e ricorrano, nella misura

del possibile, a misure disciplinari al posto dei procedimenti giudiziari.

All’articolo 84 si afferma che i prigionieri di guerra possono essere giudicati solo da

tribunali militari. I tribunali civili possono giudicare i detenuti solo a parità di condizioni e per le

medesime infrazioni, rispetto ai membri delle forze armate della Potenza detentrice e se autorizzati

esplicitamente da questa. In ogni caso, il comma 2 impone ai tribunali, che giudichino i prigionieri,

l’uso delle garanzie essenziali d’indipendenza e d’imparzialità e il rispetto dei diritti e dei mezzi di

difesa, come stabiliti dall’articolo 105. A Guantanamo, sono state create delle commissioni militari

per giudicare gli “enemy combatants” direttamente senza ricorrere ai tribunali militari, quindi

infrangendo il diritto ginevrino. Istituite con il Military Order 1 del 13 novembre 2001, le

commissioni militari operano sulla base del diritto militare, anche se da più fronti si muove la

critica per cui tale diritto renderebbe necessario l’intervento di una corte marziale e non di

commissioni militari ad hoc, «che non sono altro che tribunali di condanna» degli “enemy

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combatant”. L’essere combattente nemico è il solo presupposto per la loro creazione, come è

accaduto nelle guerre in cui furono coinvolti gli Stati Uniti in tempo precedente. Queste

commissioni sono del tutto illegali e contrarie alle Convenzioni di Ginevra e al Patto internazionale

sui diritti civili e politici. Infatti, «sono tribunali esecutivi istituiti dal Presidente per processare gli

individui da lui stesso indicati» : il Congresso ne è all’oscuro e l’esecutivo agisce inglobando tutti i

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poteri su di sé. «Non c’è alcun controllo sul potere del Presidente» e anche gli avvocati militari

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assegnati ai prigionieri (che non hanno le facoltà economiche per pagare un avvocato civile) sono

nominati dall’esecutivo. Ogni tipo di prova è ammesso, anche prove che risulterebbero

inammissibili in un processo penale standard: confessioni estorte con la coercizione fisica e

M. RATNER e E. RAY, op. cit., p. 92.

6 M. RATNER e E. RAY, op. cit., p. 94.

7 M. RATNER e E. RAY, op. cit., p. 95.

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psicologica, «voci e dicerie» . Inoltre, il segreto delle commissioni può essere imposto ogni volta

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che il governo lo voglia, in ragione della sicurezza nazionale. Non esiste protezione per gli imputati

nemmeno per le condanne a morte, che, come le altre, hanno bisogno del solo voto a maggioranza

per essere valide. In questo modo, la Costituzione stessa, e non solo il diritto internazionale, è

sostanzialmente violata. Lo dimostra anche l’elenco dei reati deciso direttamente dal Presidente,

raccolti nella Military Commission Instruction 2, «una lista di venti pagine» pubblicata dal

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Pentagono. Tali reati sono «ventotto fattispecie che abbracciano condotte molto diverse tra loro» ,

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che non hanno precedenti, per cui i prigionieri non conoscono la propria sorte, se non in un caso: la

condanna alla pena di morte può avvenire solo in presenza di sette giudici; quindi, nel caso in cui ci

siano giudici nel numero indicato, il detenuto sa che potrà morire al termine del processo. Il

problema fondamentale di tali reati è che sono crimini (come la complicità con il terrorismo, la

propaganda per l’organizzazione di Al Qaeda, la falsa testimonianza, la violenza sui civili, l’uso

improprio di strumenti, come la bandiera bianca, con un significato consuetudinario preciso, lo

spionaggio) che «possono essere commessi soltanto nel contesto di conflitti armati internazionali» .

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E non è questo il nostro caso. Anzi, la Military Instruction 2 prevede una sezione intitolata «altri

illeciti perseguibili dalle Commissioni» , che, per essere perseguiti in base al diritto di guerra,

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devono essere stati compiuti o devono essere legati a un conflitto armato. Tutto ciò allarga il

concetto di conflitto armato stesso, «con il risultato di consegnare alla giurisdizione militare una

competenza potenzialmente in grado di comprendere ogni condotta illecita» , negando ogni

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garanzia processuale. Di più, il giudizio cui vengono sottoposti i detenuti di Guantanamo segue i

canoni delle processo accusatorio. Gli appelli vanno proposti «solo a una commissione

amministrativa (istituita dal ramo esecutivo) al Segretario della Difesa e infine al Presidente» ,

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divenendo perciò ineffettivi. Il Collegio dei revisori rimanda la causa all’autorità che ha creato la

Commissione solo nel caso in cui la sua maggioranza abbia riscontrato un errore materiale

nell’applicazione della legge, senza mai toccare il merito della causa. In ogni caso, è sempre il

M. RATNER e E. RAY, op. cit., p. 97.

9 M. RATNER e E. RAY, op. cit., p. 98.

10 C. BONINI, op. cit., p. 91.

11 M. RATNER e E. RAY, op. cit., p. 99.

12 C. BONINI, op. cit., p. 92. La categoria in esame comprende: «il dirottamento o la minacciata sicurezza

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di aerei o imbarcazioni, il terrorismo, l’omicidio, la devastazione di proprietà, l’aiuto al nemico, lo

spionaggio, lo spergiuro e la falsa testimonianza, l’ostruzione al corso della giustizia e alle Commissioni

militari».

C. BONINI, op. cit., p. 92.

14 M. RATNER e E. RAY, op. cit., p. 94.

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Presidente che decide in ultima istanza, senza che siano garantiti né il doppio grado di giudizio, né

il giusto processo, né il controllo terzo e imparziale della legittimità delle decisioni. È un sistema in

cui il Presidente decide a quali informazioni dare accesso al processo e quali invece tenere in

segreto, senza che la difesa ne sia a conoscenza o le possa verificare. Del resto, «le Military

Instructions costringono il difensore in una camicia di forza che ne rende goffe e prevedibili le

mosse, succubi le iniziative, eticamente discutibili le scelte» , relegandolo ad «una prospettiva di

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consapevole e accettata sudditanza» . Come è ovvio che sia, le critiche a tale procedura sono state

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molteplici. Innanzitutto, se ne rileva il carattere esclusivamente politico, l’assenza di basi legali, il

fatto che non ci sia «“neppure la parvenza di un processo giusto”» . Paradossale è poi il fatto che

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gli Stati Uniti avessero a lungo condannato il ricorso a commissioni e tribunali militari ad hoc da

parte di altri Stati . In particolare, l’assenza del giusto processo è evidenziata dal capitano Kevin J.

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Barry, che è stato membro delle Corti marziali . «Le commissioni, quindi, sono completamente di

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parte» . E il fatto che Guantanamo sia collocato in una zona franca non aiuta i prigionieri che

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vogliano intentare una causa contro gli Usa di fronte a un tribunale cubano, perché gli Stati Uniti

affermano che i tribunali di Cuba non hanno autorità; dall’altra parte, nemmeno i tribunali

statunitensi hanno giurisdizione perché «la totale giurisdizione e il totale controllo non sono

sufficienti a stabilire la giurisdizione degli Stati Uniti, in quanto la sovranità ultima spetta a

Cuba» . Tenere i prigionieri a Guantanamo, infatti, è molto vantaggioso per gli Usa: secondo il loro

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punto di vista, nessun tribunale al mondo potrebbe esaminare il caso dei detenuti della base navale

cubana. Alan Dershowitz, avvocato e giurista statunitense, riconosce che «l’idea delle Commissioni

militari è insostenibile sotto il profilo giuridico. E comunque, se questi prigionieri verranno mai

giudicati va detto subito e con chiarezza che non avranno mai un giusto processo, perché l’America

C. BONINI, op. cit., p. 95.

16 C. BONINI, op. cit., p. 96.

17 M. RATNER e E. RAY, op. cit., p. 100.

18 M. RATNER e E. RAY, op. cit., p. 114-115: «[L’Amministrazione Bush] Ha imposto proprio i

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provvedimenti che condannava quando venivano adottati in altre

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
11 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/13 Diritto internazionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Paolo Valli di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Internazionale dei Conflitti Armati e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Giurisprudenza Prof..