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LA RICLASSIFICAZIONE DELLO STATO PATRIMONIALE
Al momento della chiusura del Bilancio d’esercizio, è necessario classificare le voci di bilancio, e
cioè raggruppare i conti rimasti aperti in gruppi e sottogruppi omogenei e iscriverli nei documenti di
riepilogo (CE e SP). E' possibile prevedere diverse configurazioni (forme e strutture) dei prospetti
di conto economico e di stato patrimoniale. Il legislatore indica le “forme” e le “strutture” dello S.P.
e del C.E. negli artt. 2423-ter, 2424 e 2425 del Codice Civile.
La forma dello Stato Patrimoniale civilistico è quella di un prospetto a sezioni divise e contrapposte
dove le voci sono classificate secondo un criterio misto che tiene conto della natura delle poste
attive e passive e della loro destinazione rispetto all'attività ordinaria e solo in via subordinata, del
grado di liquidità degli investimenti e del grado di esigibilità delle fonti di finanziamento (criterio
finanziario). Per l’utilizzatore “esterno” del bilancio d’esercizio è abbastanza agevole procedere ad
una riclassificazione del bilancio secondo il criterio finanziario. Infatti, dalla lettura dello Stato
Patrimoniale e della Nota Integrativa è possibile ottenere informazioni sulla grado di liquidità e di
esigibilità delle voci attive e passive di bilancio. In base al criterio finanziario attività e passività
sono classificate in due grandi classi: correnti(“entro l’esercizio”) e non correnti (oltre l’esercizio,
dette anche Immobilizzazioni, per le attività, e consolidate, per le passività).
Possiamo valutare la correlazione esistente tra i tempi di liquidabilità degli impieghi e i tempi di
esigibilità delle fonti di finanziamento. Ciò risulta possibile mediante un’analisi per indici (e
margini) della struttura patrimoniale e finanziaria dell’impresa.
Questa analisi è finalizzata a valutare l’equilibrio finanziario dell’impresa ed è di tipo statico che
mira a fornire informazioni sulla capacità dell’impresa di coprire in modo adeguato(sotto i profili
temporale e della capienza) gli investimenti in essere. In sostanza, la struttura finanziaria deve poter
sostenere in modo adeguato e conveniente (dal punto di vista economico) la struttura dell’attivo
patrimoniale. In linea generale, ciò si realizza se: le attività immobilizzate sono coperte da fonti di
finanziamento di natura permanenti (PN) e da debiti di medio-lungo termine (struttura primaria); le
attività correnti sono coperte da passività di breve termine (struttura secondaria); il costo delle fonti
di finanziamento non è superiore alla redditività degli investimenti.
L’analisi della struttura patrimoniale e finanziaria si effettua mediante il calcolo dei seguenti indici
(o margini):
-indici di composizione
-indici di struttura
-indici di liquidità
-indici di indebitamento
I primi sono espressi in termini percentuali e derivano dal rapporto tra le diverse classi di
attivo/passivo e il totale degli impieghi/fonti. I principali indici di composizione sono i seguenti:
I secondi sono espressi in termini percentuali (indici) o in valore assoluto (margini) e derivano dal
rapporto (o differenza) tra le immobilizzazioni e il totale delle fonti «permanenti». I principali indici
e margini sono i seguenti:
Alcuni indici e margini di struttura sono i seguenti:
Gli indici di indebitamento sono espressi in termini percentuali e derivano dal rapporto tra le
diverse classi di passivo e il patrimonio netto. I principali indici di indebitamento sono i seguenti:
LA RICLASSIFICAZIONE DEL CONTO ECONOMICO
In relazione alle esigenze informative dell’utilizzatore del bilancio è possibile prevedere diverse
configurazioni (forme e strutture) del conto economico. La “forma” e la “struttura” del conto
economico sono indicate dagli artt. 2423-ter e 2425 del codice civile. Il conto economico civilistico
ha una forma “scalare” (cioè per aree e per ognuna delle quali sono rappresentati relativi ricavi,
costi e la differenza finale), così da mette in evidenza i risultati economici intermedi e i risultati
delle diverse aree della gestione. Il conto economico civilistico è a “Valori e costi della
produzione” ed è basato sulla distinzione tra gestione ordinaria e straordinaria. Il valore e i costi
della produzione comprendono non solo i proventi e i costi operativi ma anche proventi e costi di
diversa provenienza. Quindi la differenza tra valori e costi della produzione non esprime il
“risultato operativo”. Nella parte relativa ai costi della produzione, i costi sono classificati secondo
la loro natura, in base, cioè, alla loro origine. Nel Conto Economico non compaiono le “rimanenze
finali” e le “rimanenze iniziali”, ma la loro variazione; a tal proposito, nell’aggregato riguardante il
valore della produzione è inclusa la variazione delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione,
di semilavorati e di prodotti finiti; mentre nell’aggregato riguardante i costi viene indicata la
variazione dei beni che si trovano nello stesso stato in cui sono stati acquistati, ossia materie prime e
sussidiarie, beni di consumo e merci. . L’aggregato che riguarda le “rettifiche di valore di attività
finanziarie” si riferisce, invece, alle svalutazione e ai successivi eventuali ripristini di valore di
partecipazioni, titoli, attività finanziarie, ecc.. Il conto economico presenta alcuni limiti informativi,
infatti non vengono né individuati i risultati delle diverse aree in cui può essere suddivisa la
gestione aziendale; non vengono neanche evidenziati alcuni importanti aggregati intermedi utili ai
fini della comprensione delle dinamiche produttive dell’azienda. La riclassificazione del conto
economico secondo un criterio “funzionale” permette, in parte, di superare i suddetti limiti. Secondo
tale criterio le aree gestionali che concorrono alla formazione del risultato di periodo sono:
IMMAGINE SLIDE 22
A seconda dei risultati intermedi che vengono evidenziati nell’area caratteristica, possiamo ottenere
due differenti riclassificazioni del conto economico: conto economico “a valore aggiunto” e conto
economico “a margine di contribuzione” (o “costo del venduto”). Il valore aggiunto ha per
oggetto l’acquisto da terzi di beni e servizi, esso si ottiene dalla differenza tra il valore della
produzione e il conto dei beni e dei servizi stessi. Questo valore aggiunto servirà a coprire altri costi
aziendali, quali: i lavoratori, le strutture, i finanziatori, lo Stato, i soci. Il conto economico a valore
aggiunto si costruisce come illustra la seguente tabella: SLIDE 23
Valore della produzione:
• - acquisti di materie prime, sussidiarie di consumo e merci
• +/- variazione delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci
• - costi per i servizi
• - costi per beni terzi
• - altro oneri di gestione
Valore aggiunto:
• - costi del personale
Margine operativo lordo:
• - ammortamenti e svalutazioni di immobilizzazioni
• - svalutazione crediti
• - accantonamento per rischi
• - altri accantonamenti
Margine operativo netto:
• +/- risultato economico della gestione finanziaria
• +/- risultato economico della gestione accessoria
Risultato economico della gestione ordinaria:
• +/- risultato economico della gestione straordinaria
Risultato economico al lordo delle imposte:
• - imposte di esercizio
Reddito d’esercizio
Il costo del venduto si ottiene dalla somma di tutti i costi industriali di produzione e richiede la
conoscenza della suddivisione dei costi per area aziendale di competenza (ovvero amministrativi,
industriali, commerciali, finanziari, accessori, straordinari). Il conto economico a costo del venduto
ha la forma illustrata nella seguente tabella:
Ricavi netti:
• - costo del venduto
Margine lordo industriale:
• - costi di amministrazione
• - costi di distribuzione
• +/- altri ricavi tipici
Reddito operativo:
• +/- risultato economico della gestione finanziari
• +/- risultato economico della gestione accessoria
Risultato economico della gestione ordinaria:
• - risultato economico della gestione straordinaria
Risultato economico al lordo delle imposte:
• - imposte d’esercizio
Reddito d’esercizio ANALISI DELLA REDDITIVITA’: IL ROI
Uno degli indici di redditività più utilizzati nell’analisi di bilancio è il Return On Investment (ROI).
Esso indica la redditività del capitale investito ed è quindi il rapporto tra il reddito operativo
generato, nel corso di un periodo, e il capitale investito nell’attività operativa riferibile allo stesso
periodo di tempo. In formule avremo: ROI=RO/I dove RO è il reddito generato dalla gestione
operativa e I è il valore medio degli investimenti. Il ROI indica la capacità del management di
ottenere redditi operativi dalla gestione degli investimenti operativi, senza tener conto delle gestioni
accessoria, finanziaria e straordinaria. Il ROI è un parametro utile a valutare l’efficacia dell’azione
del management. L'analisi del ROI può essere ulteriormente approfondita scomponendo l'indice nei
seguenti fattori:
dove il ROS è il return on sales, mentre il ROT (o Capital Turnover) è il tasso di rotazione del
capitale. Tale scomposizione del ROI nelle sue determinanti fondamentali, consente di valutare
se le variazioni di tale indice sono dovute ad una modificazione del tasso di redditività sul
venduto (ROS) o se si è modificato il tasso di rotazione del capitale investito (ROT). Il ROS è
un indice di redditività che indica quanta parte del fatturato diviene reddito operativo. Il Capital
Turnover, invece, indica quante volte in un periodo di tempo il capitale investito si è
“trasformato” in disponibilità finanziarie. IL ROE
Il Return On Equity (ROE) può essere in prima approssimazione calcolato come rapporto tra il
reddito netto prodotto (RN) e la consistenza del patrimonio netto (PN) alla fine dell’esercizio:
ROE=RN/PN. Il ROE è molto importane in quanto indica il rendimento del capitale investito
dagli azionisti. Per poter dire se un dato valore di ROE è buono o cattivo bisogna metterlo a
confronto con il rendimento di investimenti alternativi (BOT, CCT, depositi bancari, ecc.), cioè
valutare il costo opportunità dell'investimento nell'azienda in questione. La differenza fra gli
investimenti alternativi "sicuri" (BOT, CCT, ecc.) e il valore del ROE viene definita "premio a