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Il servizio sociale negli anni '80
Negli anni '80 ci furono conquiste su due fronti, infatti cominciò a fiorire un'elaborazione teorica del servizio sociale ispirata alle radici storiche del servizio sociale italiano ma anche mutuando modelli teorici di altri pianeti. Negli anni '80 comincia anche a fiorire una letteratura specifica del servizio sociale. La Commissione nazionale di studio per la definizione dei profili professionali e dei requisiti di formazione degli operatori sociali emana un documento dove definisce il ruolo dell'assistente sociale e ne specifica le funzioni, le attività e i compiti. Nasce il SUNAS che lotta insieme ad altre associazioni professionali per il pieno riconoscimento del titolo. Nel 1987 questo obiettivo è finalmente raggiunto: la formazione degli assistenti sociali diventa competenza dello stato attraverso le università che istituiscono scuole dirette a fini speciali per assistenti sociali. 24 scuole italiane si organizzano in comitato nazionale.
Docenti di servizio sociale si trasformano tra il 1986 e il 1989 in Associazione Italiana Docenti di Servizio Sociale che si proponeva il compito di sviluppare l'elaborazione culturale specifica e di tutelare gli insegnamenti delle materie e lo svolgimento del tirocinio. Gli assistenti sociali cominciano negli anni '90 ad impiegarsi anche nel terzo settore. Negli anni '90 vengono attuate molte riforme:
- Nel 1990 c'è la riforma degli ordinamenti didattici universitari con la soppressione delle scuole dirette a fini speciali o la loro trasformazione in corsi di diploma universitario;
- Nel 1994 viene ottenuto l'ordinamento della professione di assistente sociale e istituzione dell'albo professionale;
- Nel 1998 c'è l'emanazione del codice di deontologia professionale dell'assistente sociale da parte del Consiglio Nazionale dell'Ordine;
- Nel 1999 viene istituito il corso di laurea triennale in Scienze del Servizio Sociale.
più importanti. Con l'Unità d'Italia, si costituì un'organizzazione amministrativa del Paese centralizzata, nella quale i Comuni, individuati dallo Statuto Albertino (1814) quali "terminali periferici", avevano un'amministrazione autonoma ed erano articolati in prefetture e province. Nel campo dell'assistenza, nel 1862 furono istituite le "congregazioni di carità", i primi organi dell'assistenza generica nei confronti dei bisognosi, territorialmente coincidenti con i Comuni, che ne nominavano gli amministratori. Accanto alle congregazioni, secondo un'antica tradizione rafforzata dall'emergere del bisogno sociale, svolgevano attività assistenziale associazioni e le organizzazioni private, le Società di mutuo soccorso, la rete assistenziale della Chiesa e le Ipab, le Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza. Successivamente, nei primi del Novecento, fu privilegiato lo sviluppo di grandi
importante nell'ambito dell'assistenza sociale. Grazie alla decentralizzazione delle competenze, i Comuni hanno assunto la responsabilità di fornire servizi e supporto alle persone in difficoltà nella propria comunità. La riorganizzazione del territorio in ambiti territoriali adeguati ha permesso di individuare le specifiche esigenze e bisogni della popolazione, consentendo una programmazione degli interventi mirata ed efficace. L'integrazione dei servizi sanitari con quelli sociali ha favorito una visione olistica dell'assistenza, garantendo un approccio integrato e coordinato alle diverse necessità delle persone. Inoltre, la partecipazione attiva degli utenti e dei cittadini ha contribuito a rendere i servizi sociali più vicini alle reali esigenze della collettività, permettendo una maggiore personalizzazione e adattabilità delle risposte fornite. In conclusione, grazie alla decentralizzazione delle competenze e al potenziamento del ruolo dei Comuni, l'assistenza sociale è stata resa più efficace e vicina alle persone, garantendo una risposta adeguata ai bisogni della comunità.importante: sono questi enti che realizzano, organizzano e gestiscono i servizi sociali, secondo le indicazioni elaborate a livello regionale. La "Carta europea delle autonomie locali", sottoscritta a Strasburgo il 15 ottobre 1985 e tradotta nella Legge n. 439 del 1989, rappresenta la base fondamentale per lo sviluppo delle politiche sociali. Essa introduce principi basilari, quali:- la sussidiarietà, cioè la necessità di rispondere ai bisogni delle collettività locali;
- la cooperazione, intesa come la capacità degli enti locali di associarsi fra loro per la tutela e la promozione dei loro comuni interessi e per la gestione associata dei servizi;
- l'auto-organizzazione, nel senso di capacità propria nella scelta della struttura amministrativa più idonea allo svolgimento delle funzioni.
Dell'assistenza (varata nel novembre 2000 dopo ben 110 anni dalla prima "legge Crispi") ed il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2001-2003. Gli interventi sociali devono garantire il miglioramento della qualità della vita, pari opportunità e non discriminazione delle condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale derivanti da difficoltà economiche, sociali o fisiche. Le Regioni e i Comuni devono dunque monitorare i bisogni delle comunità locali e pianificare risposte adeguate, che coinvolgano tutte le parti: le istituzioni, il terzo settore e la fitta rete di solidarietà sociale. Con l'introduzione del federalismo, le competenza nella gestione diretta dei servizi sociali sono stati affidati in via esclusiva alle Regioni, per quel che riguarda la produzione di norme, e agli enti locali, per la concreta gestione dei servizi. Al ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali rimangono le competenze
In materia di definizione degli standard di soddisfacimento dei diritti sociali, attraverso il sistema dei livelli essenziali delle prestazioni, e una funzione di monitoraggio evalutazione delle politiche sociali. Dal 2004 sono state avviate attività di monitoraggio sullo stato di avanzamento nella costruzione dei sistemi integrati dei servizi a livello regionale, che si realizzano con la presentazione della mappatura delle norme regionali dei servizi sociali, dei piani sociali regionali, con il monitoraggio e la promozione di alcune innovazioni nell'organizzazione dei servizi, come quelle riguardanti la porta sociale. La spesa sociale, inoltre, è monitorata da una banca dati gestita in collaborazione con l'Istat, relativa al sistema dei trasferimenti economici di natura assistenziale. Partecipano all'indagine sulla spesa sociale i Comuni: anche qui in partnership con l'Istat, con il ministero dell'Economia e delle Finanze e con
leRegioni. Nell'esercizio professionale, l'assistente sociale utilizza degli strumenti che gli consentono di agevolare il raggiungimento degli obiettivi di cambiamento e di aiuto. Ci sono strumenti finalizzati alla conoscenza e all'intervento verso l'utenza e strumenti legati alla dimensione organizzativa-gestionale finalizzati alla promozione, alla progettazione, all'organizzazione delle risorse e dei servizi, alla ricerca e alla conoscenza della comunità. Negli strumenti rientra anche la documentazione professionale ossia, una raccolta organica, razionale e completa di tutte le informazioni per lo svolgimento e la rappresentazione delle attività professionali. L'osservazione: Il termine osservazione può assumere significati diversi a seconda della realtà osservata. Nelle scienze sociali con tale termine, si indica l'esame sistematico, pianificato e preparato di un oggetto nel suo divenire, compiuto allo scopo diacquisire nuove conoscenze. L'osservazione si caratterizza per la selettività degli oggetti, degli elementi, dei fattori e delle variabili della realtà osservata. Nel servizio sociale, l'osservazione ha da sempre costituito una modalità di conoscenza in particolare del comportamento non verbale e delle dinamiche sottostanti ai processi comunicativi, dei contesti di vita e delle potenzialità insite nel sistema relazionale e di vita dei soggetti coinvolti. L'osservazione va quindi pensata e preparata adeguatamente attraverso uno schema di riferimento i cui contenuti essenziali sono:
- Che cosa osservare;
- Dove e quando osservare;
- In relazione a quali obiettivi si osserva;
- Quali variabili considerare.
L'osservazione è un processo faccia a faccia in cui la persona osservata sta attenta a ciò che dice e fa ed il suo comportamento consentirà all'osservatore di conoscere solo il conoscibile, cioè solo
quello che il soggetto vorrà far sapere di sé. L'oggetto dell'osservazione è in parte un costrutto mentale oltre che un insieme di fenomeni concreti: ciò che viene osservato è in parte un quadro delle aspettative dell'osservatore pertanto, nessuna osservazione è del tutto imparziale ma tende a vedere quello che ci si aspetta di vedere;
2. Cartella sociale: La cartella socio-assistenziale è lo strumento informativo e gestionale principale nel lavoro dell'assistente sociale in quanto consente di tenere in memoria i dati necessari alla formulazione di una valutazione sulla situazione dell'utente. Viene organizzata in base al contesto istituzionale e alle sue specificità operative. Deve essere considerata come uno strumento del servizio e per questo deve essere leggibile da parte di qualsiasi soggetto legittimato a farlo, e può inoltre rappresentare un valido strumento di controllo e monitoraggio.
'utente; 6. Il monitoraggio e la valutazione dei risultati ottenuti.