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PERSO UN PEZZO CHIEDI AUDIO!

Le macchine che misurano i colori come fanno? Hanno dei sensori che vedono molto bene la radiazione

infrarossa e anche l’ultravioletto. Quindi ho prodotto cosi un qualcosa di misurabile. È grazie

all’accoppiamento dell’enzima esochinasi con questo secondo enzima che si chiama glucosio 6 fosfato

deidrogenasi G6Pdh che ho generato qualcosa che posso vedere. Quanto ne ho generato? Uno per ciascuna

molecola di glucosio che è presente nel mio sistema. Quindi ho quantificato quanto glucosio è presente nel

mio sistema. Ora devo quantificare quanto fruttosio e saccarosio ho. Come faccio? Andiamo alla fase 2 della

reazione che è quella scritta in verde. Nello stesso tubo aggiungo un terzo enzima che prende il prodotto di

fosforilazione del glucosio e lo isomerizza per produrre glucosio 6 fosfato. Tale enzima si chiama

fosfoglucoisomerasi. Non appena questo fruttosio fosforilato è convertito in glucosio, questo viene mangiato

dal mio enzima. Quindi si produrrà dell’altro NADPH quanto? Se ne produce uno per ogni molecola di

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fruttosio che ho, quindi aggiungendo l’enzima posso sapere quanto fruttosio c’è. Per sapere quanto

saccarosio c’è come posso fare? Il saccarosio è fruttosio più glucosio. Se rompo il legame dunque ottengo le

due molecole e il legame lo rompe un enzima comune presente nella nostra salive che si chiama invertasi.

Tale enzima conduce l’idrolisi del legame fruttosidico e comporta il cambiamento della capacita rotatoria di

tali zuccheri ( da levogiri a destrogiri). Se aggiungo il quarto enzima da una molecola di saccarosio otterrò

una molecola di glucosio e una di fruttosio. Queste cosa fanno? Sono in soluzione, in cui ci sono tutti gli

enzimi di prima ed i loro substrati ed il risultato è che il glucosio e il fruttosio proseguono e produco cosi

anche in questo caso NADPH, due molecole (1 glucosio e 1 fruttosio) per ogni molecola di saccarosio che

avrò idrolizzato. Tutto nella stessa provetta e con lo stesso strumento. Misura l’assorbanza a 340 nanometri,

quanto NADPH c’è, poco o niente. Ho presente a questo punto 3 enzimi. Inserendo il glucosio 6 fosfato

deidrogenasi vedo che questo lavora solo sul glucosio e vedo che l’assorbimento della luce aumenta fino a

raggiungere un livello e stabilizzarsi. Leggo di quanto aumentata l’assorbanza e conoscendo alcuni parametri

posso calcolare quanto glucosio avevo nella soluzione. Nella stessa provetta aggiungo un volume

trascurabile (milionesi di litro) del secondo enzima che prende il fruttosio sei fosfato e lo converte in

glucosio sei fosfato, quindi è la fosfoglucoisomerasi,e il risultato è che ora può percorrere una nuova via

metabolica a produrre altro NADPH quindi ho un ulteriore aumento di assorbanza. L’aumento corrisponde

alla quantità di glucosio che rappresenta il mio sistema. A questo punto aggiungo l’invertasi e scindo il

saccarosio in fruttosio e glucosio. Ognuno percorre la sua strada e ciascuno dei due va a dare una molecola di

NAD. Questo è un esempio complesso di utilizzo di enzimi per effettuare misure analitiche.

Vediamo come ultimo punto il tratto più impegnativo. Vogliamo utilizzare gli enzimi per sviluppare un

nuovo processo. Gli enzimi ci offrono la possibilità di effettuare misure predittive sul comportamento di un

sistema. Per semplicità vedremo solo il caso del trattamento termico. Se voglio sapere quanto un enzima è

sensibile alla temperatura come faccio? Devo avere un approccio sperimentale, ovvero considero l’enzima e

ne misuro l’attività (aggiungendo ad un substrato vedo che cambia il colore). Dunque lo prendo e lo metto ad

una certa temperatura (vaso rosso) e dopo un certo tempo prendo quell’enzima e vado a misurare quanto ne

funziona ancora. Come nel nostro esempio la sua attività può scendere da 100 micromoli minuto a 60 e

dunque l’enzima si sta inattivando. Dopo un po di tempo misuro quanto enzima rimane attivo dopo ulteriore

tempo. L’attività è un terzo di quella originaria. Questa è una misura di decadimento termico. Si parte con

una certa quantità viva e funzionante e si alza la temperatura, misurando come varia l’attività con

l’andamento della temperatura al variare del tempo. Posso condurre l’esperimento a diverse temperature. Ciò

che si ottiene da questo tipo di misura lo si vede dal grafico, ovvero nel tempo l’attività del mio enzima

diminuisce e la velocità della diminuizione non è lineare, ma è una funzione esponenziale in cui ciò che vedo

vivo al tempo t dipende da quante proteine avevo vive al tempo zero e ciò avviene in maniera probabilistica.

Si esprime come funzione esponenziale con esponente il prodotto del tempo t e la k che indica la costante di

velocità della reazione di decadimento. Diamo una prima spiegazione: perche non è lineare? La velocità

delle reazioni non è costante, dipende dalla concentrazione. Meno concentrazione e meno la scomparsa della

reazione rallenta. Di norma più elevata è la temperatura più è facile che la reazione sia veloce, dal punto di

vista quantitativo ciò è descritto dalla cinetica di decadimento di primo ordine. Formula con e elevato alla -

kt. L’unità di misura di k’ è tempo alla -1. K’ uguale a 10 secondi alla meno 1, vuol dire che perdo 10 unita al

secondo. Se k’ è un secondo alla meno 1 è più bassa perche perdo un unita al secondo. Se k’ uguale a 10

minuti alla meno uno è più veloce o più lento di 10 secondi alla meno uno? È più lento, perche gli stessi 10

ci mettono un minuto a cadere. Noi stiamo misurando un numero di eventi su unità di tempo. Il secondo

concetto interessante è quello del tempo di dimezzamento. È il tempo che ci mette la mia reazione ad arrivare

ad una situazione in cui metà dell’enzima che era presente inizialmente è scomparso. Dal punto di vista

algebrico il tempo di dimezzamento vale 0.693 diviso la costante k’. Più è alta la costante e più breve è il

tempo di dimezzamento. Si dimezza la quantità ogni volta che passa un tempo di dimezzamento.

L’utilizzo pratico di questi concetti qual’è? Vediamo che il logaritmo del rapporto di enzima vivo ad un certo

tempo ed enzima vivo all’inizio corrisponde ad una funzione di -kt. Ciò vuol dire che in un grafico

semilogaritmico le cinetiche di decadimento sono delle perfette rette la cui pendenza è -k. Il sistema è molto

utile per calcolare la costante di velocità a qualunque temperatura di trattamento del mio enzima. Cosa me ne

faccio? Una relazione che conosciamo dalla chimica-fisica è quella di Arrhenius che correla costante di

velocità e temperatura. Tale relazione afferma che la costante di velocità cambia con la temperatura in

funzione di e elevato alla energia di attivazione diviso RT. Dove R è la costante dei gas. T temperatura in

kelvin.

Realizziamo un Arrhenius plot, un grafico in cui vediamo su un asse il logaritmo della costante di velocità e

sull’altro il reciproco della temperatura in kelvin. Facciamo le misure, pallini grigi nel grafico, a differenti

temperature. La retta che viene a formarsi è caratterizzata dal fatto che posso usarla per predire come si

comporterà il mio sistema a temperature che non posso esplorare dal punto di vista sperimentale.

Temperature cosi alte che la reazione avviene troppo rapidamente per essere analizzata. Oppure a

temperature altrettanto difficili da analizzare perche sono troppo basse. 32

CHIEDI FOTO DEL DISEGNO DI REAZIONE AD ANDREA

I lipidi

Biochimica lezione 8 19-10-18

Finito di parlare delle proteine ora passiamo ad un altra componente fondamentale dei sitemi e del materiale

alimentare. I lipidi.

Ci sono lipidi saponificabili che possiamo scindere e non saponificabili che non possiamo scindere. La

differenza sta nella natura del legame chimico. Le relazioni tra struttura e funzioni in questo campo sono

molto evidenti. Le differenze tra struttura e funzione sono molto evidenti. La famiglia più conosciuta è quella

dei trigliceridi, molecole formate dall’esterificazione dei 3 ossidrili alcolici della glicerina con 3 molecole di

acido grasso. Ciò che li differenzia sono due cose, la lunghezza della catena di acido grasso e la presenza

nelle catene di uno o più punti di instaurazione. La lunghezza degli acidi grassi è molto variabile, possiamo

andare da C4 acido butirrico a C24. Quelle più diffuse sono quelle di lunghezza compresa tra 16 e 20 atomi

di carbonio. La lunghezza degli acidi grassi è molto importante per noi che ci occupiamo degli alimenti,

poiché alcuni di questi acidi grassi vengono rilasciati nel corso delle trasformazioni alimentari impartendo

alcuni dei tratti organolettici più importanti agli alimenti.

Vediamo due tra i più corti che sono l’acido butirrico con 4 atomi di carbonio e l’acido capronico più lungo

del butirrico. Questi vengono rilasciati dai trigliceridi di cui sono componenti nelle trasformazioni per

esempio nei processi di maturazione dei formaggi ed impartiscono alcuni aromi importanti ai formaggi.

L’acido butirrico conferisce il tipico odore acre di calzino, mentre quello capronico da un odore pungente ai

prodotti a base di latte di capra. Quello più piccolo è più volatile. Il secondo aspetto importante è la presenza

nelle catene laterali di uno o più punti di insaturazione. Gli acidi grassi possono essere saturi ma possono

avere uno o più punti di insaturazione. Se ho un doppio legame questo non ha possibilità di rotazione, per cui

ho un punto di creazione di un angolo nella mia catena che sarebbe altrimenti lineare. Nel caso di un acido

grasso monoinsaturo ho una sola insaturazione e un solo spigolo, se ho più spigoli si tratta di un poliinsaturo.

L’insaturazione a livello pratico conferisce una geometria molto diversa della molecola. Un trigliceride con

tre acidi grassi saturi ha una determinata struttura, che cambia a seconda di quanti acidi insaturi ho. A livello

pratico un trigliceride con più acidi grassi insaturi si legherà con maggiore difficoltà, importante rapporto tra

struttura e proprietà fisiche. Un sistema di trigliceridi in cui siano abbondanti gli acidi grassi insaturi, che

danno irregolarità alla struttura, sarà più difficile di impaccare che non un sistema con tutti acidi grassi saturi.

Un acido grasso con insaturazione ci da difficolta nell’incastrarsi con altri per via dello spigolo che viene

formato dal doppio legame. Quello senza doppi legami sarà solido a temperatura ambiente, come il burro.

Mentre l’olio d’oliva è liquido ed ha un insaturazione. Se

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I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher amagro3 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biochimica generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Bonomi Francesco.