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Particolare menzione merita una delle figure retoriche più usate in pubblicità, ovvero l’iperbole. Del
resto, l’esagerazione è connaturata alla comunicazione commerciale, anche se chi compra pratica in
automatico un ridimensionamento delle affermazioni iperboliche, riconducendole nei confini del
plausibile: le due forze opposte perciò si annullano a vicenda.
L’ironia (far intendere l’opposto di ciò che si afferma) è una tecnica affascinante, ma di non facile
applicazione in pubblicità, e addirittura rischiosa nel caso non venga colta e rischi di veicolare il
messaggio opposto a quello desiderato.
Si parla di straniamento quando un fenomeno, collocato in un contesto insolito, viene percepito
come non scontato, non banale: è una tecnica che consente di restituire rilievo emozionale a un
tema altrimenti poco coinvolgente Italtel: costruzione di un sistema simbolico fondato sulle
immagini del circo immagine rarefatta riconstestualizzata dal messaggio verbale (ovviamente è
possibile anche procedere in maniera opposta, come per Ilford). Per funzionare un’operazione di
straniamento deve essere condotta in modo deciso, senza troppe spiegazioni.
Le pubblicità sono inoltre piene di stereotipi: questo dipende in buona parte da un certo
conformismo, ma soprattutto dal fatto che qualsiasi stereotipo si racconta da solo e in brevissimo
tempo. Va detto comunque che anch’esso può essere usato in maniera particolare e “originale”
Sangemini: di Sangemini ce n’è una sola (visual di una mamma anni ’50).
Rapporti di coppia
Si può progettare un annuncio partendo indifferentemente dalla parte verbale o da quella visiva. Va
sottolineato che fino agli anni Settanta solitamente si procedeva partendo dall’headline, mentre
negli ultimi anni si preferisce concentrarsi prima sul visual, in accordo col mutamento di peso che
questi due elementi hanno avuto negli ultimi decenni.
Chiaramente è importante cosa si fa vedere e come lo si fa vedere, a seconda di precisi rapporti di
gusto e potere (devono ben bilanciarsi a vicenda, senza stridere o rubandosi spazio a vicenda).
Tono di voce
Il tono di voce è frutto del modo caratteristico in cui una determinata headline lavora all’interno di
un annuncio. Una stessa immagine e medesimi argomenti possono corrispondere a headline
formulate con intenzioni differenti, e con diversi gradi di intensità. A sua volta, l’intensità di un
titolo non è un valore assoluto, ma aumenta o diminuisce in relazione al visual 3 categorie:
• overstatement esagerazione
• statement affermazione
• understatement attenuazione
In linea di massima l’overstatement va maneggiato con cura, mentre l’understatement, che
suggerisce sottovoce appare spesso più efficace.
In teoria, qualsiasi messaggio per qualsiasi prodotto può essere caricato di qualsiasi valenza
emozionale, con l’unico vincolo della congruenza tra tipo e modalità d’uso del prodotto e tipo e
modalità dell’emozione suggerita.
Una chiave di lettura importante del tono di voce è quella offerta dal lettering, cioè dal tipo di
carattere tipografico utilizzato. L’importanza del lettering è massima nei copy-ad, ovvero negli
annunci in cui non c’è immagine e il titolo è un visual di sé stesso Cinzano: Chic and Shock
(parole suggestive accoppiate in maniera sorprendente, il che porta a una catena di associazioni
libere da parte del consumatore potenziale).
Come usare la lingua
Cambiare paese per un copywriter può portare alcuni problemi, così come tradurre headline
straniere in lingua italiana (e viceversa). Alcuni consigli utili possono essere quelli di evitare i
giochi di parole, costruire titoli semplici e concreti, strutturati in modo da controllarne il ritmo.
In generale conviene sempre scrivere in modo semplice, usando parole comuni. Eppure l’uso
pubblicitario della lingua può e deve essere innovativo, per almeno due ragioni:
• una novità formale rende interessante un messaggio che non comunica novità sostanziali
• spesso prodotti analoghi vantano performance simili: in questi casi l’originalità del
trattamento creativo e del linguaggio può servire a ristabilire differenze percettive anche
rilevanti
Fino a che punto ci si può spingere con gli interventi sul linguaggio? Non esistono limiti a parte la
comprensibilità del messaggio, la fedeltà alle caratteristiche del prodotto e il buon gusto. Importante
è coinvolgere l’art director in questa ricerca, nel caso le intenzioni verbale possano non essere
sottolineate dal visual, col rischio di uno messaggio incomprensibile: la coerenza fra le varie parti
rimane un aspetto fondamentale. Un annuncio pubblicitario si può considerare riuscito quando tutti
gli elementi si combinano in modo armonico e apparentemente spontaneo, naturale quanto più la
struttura del messaggio è comprensibile e rassicurante, tanto più questo stesso messaggio riesce a
prestarsi a letture diverse senza perdere identità e capacità di esprimere il proprio contenuto.
Il format
Per “format” si intende l’assetto grafico di un annuncio, o meglio una struttura narrativa, la cui
espressione visibile è un assetto grafico.
Individuare un format perciò significa:
• stabilire connessioni e gerarchie fra i vari elementi che costituiscono l’annuncio
• effettuare un trattamento dell’immagine coerente con il tono di voce che connota l’headline
e viceversa
• stabilire quale compito svolge ciascuno degli elementi che compongono l’annuncio
In altre parole organizzare il format di un annuncio significa organizzarne le varie parti che lo
compongono e ordinarle in una struttura formale riconoscibile ad esempio è la costanza del format
che rende possibile ricondurre annunci diversi alla stessa campagna, tant’è che la costruzione di un
format diventa indispensabile proprio su questo tipo di lavori.
NB: per annuncio si intende l’uscita episodica di un solo messaggio, limitata al mezzo-stampa; per
campagna si intende l’articolazione del messaggio in più soggetti o su più mezzi Panorama
Mese, Caffè Illy: due immagini poste alla sinistra e alla destra dell’annuncio, a sinistra
un’immagine tendenzialmente bianca e rossa, scontornata, a destra la latta o tazzina, tenute insieme
da un legame retorico.
Le grandi categorie
Le campagne pubblicitarie si possono dividere in categorie secondo diversi parametri: l’oggetto del
messaggio, il tipo di committente, il progetto di marketing in cui si integra la pubblicità, ecc.
Questa categorizzazione ha alcune rilevanze, poiché certi tipi di campagna prediligono certi toni di
voce piuttosto che altri, alcune campagne sono strutturate per durare anni, e devono essere fondate
su una struttura solida e versatile per rinnovarsi, mentre altre si bruciano in breve tempo ed è
sufficiente che abbiano impatto.
Si parla di comunicazione tattica quando i fini sono immediati campagne 3x2: concrete,
aggressive, e più che il prodotto hanno come protagonista l’opportunità speciale offerta al cliente, il
format è elementare e il tono di voce diretto.
Si definiscono strategiche le comunicazioni che nel tempo vogliono consolidare, arricchire,
migliorare o cambiare l’immagine di un prodotto o di un’azienda. In questi casi, più del che cosa si
dice è importante dire qualcosa confermando la propria identità di prodotto di marca la creatività
diminuisce, il tono di voce si abbassa.
Le campagne pubblicitarie possono anche agire sui vari livelli strutturali dei prodotti, a seconda
della volontà e delle necessità dell’azienda:
• corporate image quando parla dell’azienda
• brand image quando parla di una marca applicata a vari prodotti
• product image quando parla di un singolo prodotto
È infine possibile distinguere le campagne pubblicitarie in base al committente (un’azienda, una
collettività di aziende, ecc.). realizzare una campagna collettiva è una faccenda complessa proprio
perché i committenti sono molti: in questi casi può essere utile adottare soluzioni simili a quelle che
si impiegano per le campagne istituzionali: tono di voce romantico ed evocativo, trattamento
coinvolgente, format nuovo abbastanza nuovo da convincere i committenti che stanno spendendo
bene i loro soldi, ma non così sperimentale da spaventare i più conservatori.
Anche una campagna per un partito politico presenta alcune difficoltà strutturali identità sfuocata
del committente-partito, difficoltà di definizione del target per ciascun partito.
Per quanto riguarda le campagne sociali, per non risultare sgradevoli, conviene spesso ribaltare il
discorso da negativo in positivo. Del resto le comunicazioni troppo crude vengono fatalmente
rimosse.
Bodycopy, baseline, pay-off
È raro che una pagina pubblicitaria riesca a guadagnarsi più di qualche secondo di attenzione, tant’è
che solo una piccola parte viene immagazzinata e pochi si fermano a leggere il bodycopy: la
quantità di informazioni presenti in esso varia molto a seconda della novità, complessità e costo del
prodotto, ovvero in relazione a tutte quelle variabili che potrebbero renderne ostico l’acquisto.
Rispetto alla stesura di un’headline, che può nascere perfetta, il bodycopy è sempre perfettibile e
richiede parecchie riletture: l’attenzione va posta sul ritmo, sull’uso di un vocabolario simile a
quello che si userebbe nel parlato, il discorso non deve rimanere in sospeso, nel rivolgersi al lettore
meglio usare il “voi” rispetto al “tu”, si sconsigliano grassetti e corsivi che rischino di interrompere
la lettura.
Se nella lettura di un annuncio ci si accorge che il bodycopy rischia di apparire superfluo, nulla
vieta di eliminarlo del tutto (in questo caso è possibile sostituirlo con le caption, brevi spiegazioni
che illustrano un dettaglio dell’immagine alla quale vengono collegate).
Così com’è possibile progettare un annuncio senza bodycopy, allo stesso modo se ne può creare uno
senza headline.
Per quanto riguarda la baseline (o pay-off), si tratta di un espediente per sviluppare, concludere e
razionalizzare quanto affermato dall’headline.
La differenza fra i mezzi
Si è detto che i vincoli maggiori per mettere a punto un messaggio efficace riguardano il prodotto e
il pubblico a cui esso si rivolge, ma non è finita. Una terza peculiarità riguarda le caratteristiche del
mezzo di comunicazione che veicole