Anteprima
Vedrai una selezione di 3 pagine su 8
Psicoterapia dell'età evolutiva, Appunti Pag. 1 Psicoterapia dell'età evolutiva, Appunti Pag. 2
Anteprima di 3 pagg. su 8.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Psicoterapia dell'età evolutiva, Appunti Pag. 6
1 su 8
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

Stern afferma che il bambino è neonato come “soggetto agente”, cioè è soggetto attivo è cambia la

concezione psicologica.

Nella fase neonatale c’è il massimo dello sviluppo neuronale/delle sinapsi.

Il neonato riconosce l’odore della madre, dal 3° mese riconosce la vita della madre. Tra madre e

bambino c’è già abbastanza precocemente una sincronizzazione degli stati mentali. Anche i padri

sono molto accudenti e quelli che sono molto accudenti quando il bambino ha tra 0-36 mesi ha un

effetto molto positivo sullo sviluppo del bambino, come più autostima ed autonomia e meno

depressione.

Il sintomo è espressione del disfunzionamento del sistema di attaccamento e di accudimento. Il

bambino mette in atto il sintomo nel tentativo di ritrovare la sintonia, nel tentativo di riparare.

Bisogna intervenire preventivamente sui sintomi per non intervenire in una situazione già

“cronicizzata”. Dopo il parto è necessario che la madre riceva una validazione della sua identità di

madre perché è un’identità che cambia. Anche per il padre c’è un cambiamento di identità poiché

aumentano le responsabilità (per esempio cercare di dare tutto il sostegno di cui il bambino ha

bisogno e cercare di tenere lontano tutti i pericoli. Se ci sono dei problemi alla nascita bisogna dare

un supporto alla famiglia. Come sostegno ambientale si offre: home visiting, sportelli di ascolto,

gruppi di genitori. Bisogna insegnare al genitore ad ascoltare i bisogni del loro bambino.

In ospedale c’è la concezione di fare molta attenzione alla prevenzione e di lavorare, appunto, sulla

prevenzione.

09/04/15

Agli psicoterapeuti che lavorano in ospedale si richiede di fare trattamenti efficaci ma brevi. Si sta

scegliendo sia per questo motivo sia per il fatto che ci sono sempre più richieste e meno specialisti

di attuare terapie di gruppo.

La Sindrome di Williams ha un fenotipo cognitivo molto specifico (hanno uno sviluppo del

linguaggio molto superiore a quello intellettivo). Hanno una delezione del cromosoma 7 a causa di

una cardiopatia.

“Quando vediamo dei volti particolari dobbiamo accertarci che non ci sia una sindrome genetica”.

Molte volte queste sindromi genetiche non vengono, inizialmente, riconosciuti. Chi ha una

sindrome genetica rimane così per tutta la vita, hanno un fenotipo che non cambia. Questi soggetti

hanno delle malformazioni fisiche che li portano ad avere delle esperienze traumatiche nel corso

della loro vita per il fatto che, nell’arco della loro vita, dovranno sottoporsi a molti accertamenti

medici. Le patologie di questo tipo fanno sviluppare nei genitori delle sensazioni di colpa per il

fatto che pensano che siano ereditarie, anche quando il medico li dice che non è una patologia

ereditaria. Molti genitori di bambini con queste sindromi affermano che preferiscono che non

escano dalla sala operatoria se devono rimanere infermi e ritardati a vita. Molti di questi bambini

presenta un ritardo mentale e molti di questi rimangono infermi a vita. Bisogna ridare ad ognuno di

questi bambini la propria dignità/umanità. Ad ogni età ci sono dei problemi differenti da trattare. I

genitori possono provare una “ferita narcisistica” con un crollo delle loro funzioni e vivono la

malattia del figlio come un “loro fallimento”. Bisogna aiutare questi genitori a recuperare la propria

capacità educativa e l’unicità del proprio figlio. La “convulsività febbrile” è una patologia molto

comune che poi scompare all’età di 6 anni circa.

16/04/15

Oncologia pediatrica

L’adolescenza è quel periodo in cui avviene una maturazione ed una trasformazione fisica e

sessuale. Il cervello si riconfigura, infatti il cervello umano continua a maturare fino ai 25 anni. è un

periodo di vulnerabilità e di permeabilità. Le neoplasie possono essere benigni o maligni. I tumori

benigni hanno una lenta crescita mentre, i tumori maligni, hanno una crescita molto rapida. “Il

tumore infantile è una patologia rara”. Tra i tumori troviamo i linfomi, l’aleucemia. Nella neoplasia

pediatrica si ha una prevalenza nel sesso maschile, si ha maggior rischio prima dei 5 anni e dopo i

13 anni. Il midollo osseo produce tutte le cellule nel sangue e, quando non funziona più, si alzano

tutti i valori di globuli rossi e dei globuli bianchi. I linfomi sono dei tumori che vanno a colpire le

ghiandiole linfari (come sintomo presenta un abbassamento dei linfonodi con perdita di peso,

arrossamento, ingrossamento della milza). I tumori del SNC rappresentano le più frequenti

neoplasie dell’età pediatrica. La neoplasia dell’occhio è più frequente nel bambino piccolo. La 1°

cosa che un adolescente oncologico va a provare al momento della diagnosi oncologica è una

sensazione di minaccia alla sua crescita e di perdita. L’esperienza di malattia è, di per sé, un

momento di paura. Con una diagnosi del genere, cambia proprio l’assetto relazionale

dell’adolescente. È fondamentale che, in un contesto ospedaliero, si vengano a formare delle buone

relazioni con gli operatori. È ancor più importante aver costruito una buona relazione con quei

pazienti che andranno a subire un trapianto di midollo, che si andranno a chiudere/isolarsi. Ai

cambiamenti fisici tendono a presentarsi dei sintomi di estraneità del sé. Molto spesso,

l’adolescente, ha bisogno di trovare una nuova organizzazione futura. I progetti futuri vengono

intaccati. Questo soprattutto nel pz con un tumore cerebrale, differente il caso dell’aleucemia che

nei periodi al di fuori delle cure non ci sono particolari problemi. “La mentalizzazione del corpo è

una cosa differente rispetto a quello che è lo schema del corpo”. I cambiamenti nell’adolescente

possono portare ad una regressione, scissione, isolamento, negazione. L’incontro della malattia per

l’adolescente segna il non controllo del corpo e della situazione che, invece, è proprio quello che

cerca.

Due elementi fondamentali nella psicologia sono l’analisi personale e la condivisione con i colleghi

del caso (un buon gruppo di lavoro aiuta moltissimo).

23/04/15

Tutte le scale di sviluppo misurano la performance. Ci sono molte madri che inibiscono loro figlio,

che non permettono al bambino di sviluppare le sue capacità. Spesso, in età evolutiva, accade questa

situazione: un bambino con un QI nella norma, senza nessun deficit non fa una determinata cosa.

Questo significa, semplicemente, che non ha sviluppato una determinata abilità. Noi psicoterapeuti

siamo “un po’ il collante” di quelle che sono le funzioni del paziente, con la sua famiglia, ecc.

Ci sono persone che hanno un ritardo mentale è che, per questo motivo non possono abitare da sole,

neanchè in un contesto rurale.

Spesso, gli adolescenti, non sono consapevoli del loro disagio. Questo perché presentano una

difficoltà nella comprensione. Passiamo da quegli adolescenti che si rifiutano di parlare in terapia a

quelli che hanno all’interno della terapia delle reazioni aggressive a chi scappa dalla sala d’attesa.

Sono, spesso, i genitori a venire da noi per chiedere aiuto. Gli adolescenti hanno paura di

un’intrusione del mondo esterno all’interno del sé, hanno paura di perdere i confini (sembrano delle

percezioni paranoidi). Hanno paura del giudizio. È importantissimo che, soprattutto il 1° giorno, ci

siano anche i genitori. È importantissimo anche, sempre nel corso del 1° colloquio, capire la

richiesta d’aiuto da parte dei genitori. È importante riconoscere ed accogliere questa sofferenza e

rimandarla. “Il sintomo è sempre l’espressione di una sofferenza ed è anche una sorta di difesa da

questa sofferenza”. A volte, anche il semplice ritardo può essere una fonte di inibizione. Dobbiamo

essere coscienti di quelli che sono i nostri “controtransfert negativi” e dobbiamo capire ed

accogliere gli stati di agitazione dei nostri pazienti.

Quando arriva un adolescente: mai farlo sentire colpevole, restare sulla sofferenza di tutti (cioè del

ragazzo e dei suoi genitori/della sua famiglia), dare una piccola definizione del problema anche in

termini medici, dirli che appena finita la valutazione diagnostica del problema si sceglierà se

prenderli in carico o se mandarli da un collega.

29/04/15

L’epilessia è una delle malattie neurologiche più diffuse ed è riconosciuta dall’OMS come malattia

sociale. In Europa ne sono affette circa 6 milioni di persone. Si può avere sia nei bambini che negli

anziani. Di epilessia ce ne sono diverse forme e, perciò, ce ne sono diverse diagnosi. Questa

malattia deriva da un’alterazione dei neuroni che diventano eccitati e scaricano impulsi elettrici o in

una parte del cervello o in tutto il cervello. Questo disturbo può derivare da cause sconosciute o da

una lesione cerebrale.

Tipi di crisi:

- parziali/focali: iniziano in una zona circoscritta del cervello da cui possono diffondersi in

altre zone del cervello. Si manifestano con sintomi diversi a seconda dell’area cerebrale che

toccano e non sempre comportano una perdita di coscienza;

- generalizzate: coinvolgono entrambi li emisferi cerebrali e comportano una perdita di

coscienza (come il grande male). Il paziente perde immediatamente coscienza.

Questo disturbo può comportare problemi nello sviluppo cognitivo e psicologico del paziente.

Ruolo dello psicologo nell’epilessia: deve descrivere un profilo cognitivo e comportamentale con i

punti di forza e di debolezza; definire un trattamento individualizzato; integrare i risultati

psicometrici e la storia del bambino.

Ci sono in nosografia diversi tipi di epilessia ed ognuno di questi ha una prognosi diversa. Questi

criteri sono:

- età d’esordio, frequenza, tipo di crisi, durata della crisi;

- sede dell’area cerebrale toccata;

- terapia antiepilettica.

Le “epilessie idiopatiche”

Le “epilessie sintomatiche” sono dovute ad una lesione cronica o acuta e presentano alterazioni

dello sviluppo cognitivo che diventa tanto più elevato quanto più è precoce l’esordio.

Sede ed estensione della lesione/esiti NPS:

- lobo temporale: memoria verbale e visiva, stato emotivo e comportamentale;

La terapia antiepilettica può comportare un rallentamento dei processi mentali, declino

dell’attenzione, difficoltà di memoria visiva e difficoltà dei movimenti. Questa terapia ha uno

scalaggio molto lungo. Può anche comportare degli esiti sul rendimento scolastico, soprattutto nei

casi farmacoresistenti. Ci sono delle persone che

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
8 pagine
1 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/08 Psicologia clinica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Edo1511 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicoterapia dell'età evolutiva e dell'adulto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università Maria SS.Assunta - (LUMSA) di Roma o del prof Gentile Barbara.