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Il tema della disorganizzazione è un tema importante perché questi bambini non riescono ad
organizzare uno schema, un pattern rispetto al quale rimangono tranquilli. Questo bambino non sa
bene che cosa attivare per ottenere la protezione che desidera perché l’altro è imprevedibile dal
momento che è spaventato a sua volta e non consente al bambino di organizzare una strategia
adeguata per restare tranquillo. Il fattore di rischio di questo stile di attaccamento consiste in due
aspetti: il primo è il tema della paura come emozione prevalente all’interno della relazione e il
secondo è l’impossibilità a organizzare una vera strategia comportamentale per ottenere la
protezione perché ogni strategia che fa trova l’adulto spaventato che rende il bambino disorientato e
disorganizzato. Non avere una strategia non è funzionale in età evolutiva perché il bambino non ha
la capacità di sperimentare l’efficacia dei propri comportamenti e in termini di attaccamento non ha
la possibilità di attivare e attuare buoni modelli di previsione sulle relazioni.
I pattern di attaccamento servono non solo per sperimentare relazione e porto con me una
caratteristica da portarsi dietro, ma anche per utilizzare il pattern creato nella relazione precoce per
prevedere le relazioni future. Se l’adulto di riferimento è disorganizzato, il bambino non sa cosa
aspettarsi dall’adulto e da altre relazioni e non ha una chiara percezione dell’efficacia e della
finalizzazione dei propri comportamenti. Avere aspettative e modelli di previsione buoni sulle
relazioni future è una caratteristica che può essere sana o altamente psicopatologiche.
Trasmissione intergenerazionale: il bambino trasla sulle relazioni presenti e future le aspettative
costruite dalle esperienze precedenti (il bambino disorganizzato avrà modelli di previsione basati
sull’incapacità di prevedere perché l’adulto spaventato è nei suoi confronti disorganizzante)
Ciò è un importante fattore di rischio per problematiche a lungo termine nella vita e per tutta l’area
disturbi dissociativi.
dei Questa sensazione di imprevedibilità e disorganizzazione del contesto
possono essere un fattore di rischio rispetto al tema della dissociazione. In particolare, se
l’attaccamento disorganizzato si costruisce all’interno di relazioni maltrattanti e abusanti. In termini
teorici, nella relazione di attaccamento
Si costruisce un’idea dell’altro e della relazione con l’altro e una rappresentazione di noi stessi sulla
nostra competenza riguardo il fatto di ottenere protezione, sull’efficacia dei comportamenti messi in
atto e sul fatto di ritenersi meritevoli di venire protetti (ha a che vedere poi con il senso di
autoefficacia e autostima). Se l’altro è disorganizzante, il bambino avrà l’idea di sé disorganizzata e
il suo sé sarà dissociato. Ambivalente
•
evitante: se il genitore è altamente disorganizzante, il bambino può anche oscillare tra evitamento e
ambivalenza (pattern misto), che è un risultato in termini di attaccamento di alto rischio perché il
bambino non ha una strategia adeguata e oscilla tra due strategie. In termini psicodinamici, ciò può
falso sé,
portare ad una disorganizzazione il soggetto si modifica non sulla base di istanze interne
in relazione al contesto, ma sulla base delle richieste esplicite e implicite del contesto nei suoi
confronti e quindi struttura un sé falsamente compiacente e adattivo che può variare a seconda
delle richieste del contesto, a svantaggio della dimostrazione il vero sé, in cui ci sono le sue
caratteristiche, desideri non espressi a vantaggio di quelle del contesto (diamo all’altro ciò che l’altro
vuole di noi). In questo modo il bambino sviluppa solo le parti di sé corrispondenti alle richieste del
contesto. Se il contesto è molto imprevedibile e richiestivo, il bambino si modifica in base alle
richieste e cambiamenti del contesto, sacrificando i propri bisogni e istanze. Sotto un falso sé c’è un
vero sé che ha paura di perdere il legame quando si esprime. Per questo motivo, l’attaccamento
ambivalente ed evitante misto è un fattore di rischio.
Ci sono veri e propri disturbi dell’attaccamento, descritti generalmente nel dsm 5, icd 10 e cd03,
che però li descrivono in modo onnicomprensivo. Perciò, molti autori, tra cui zina, stanno creando
una classificazione specifica per i disturbi dell’attaccamento. Ciò che accomuna tutte queste
classificazione sono alcuni criteri fondamentali:
sono disturbi ad insorgenza precoce (prima dei 5 anni di vita) perché la relazione di attaccamento
è una relazione primaria nel bambino
il disturbo dell’attaccamento è specifico nella singola relazione di attaccamento e non sono disturbi
generalizzati dell’attaccamento, lo possono diventare, ma sono disturbi definiti come specifici di
ogni relazione di attaccamento. L’attaccamento è una caratteristica individuale su base relazionale
per ogni relazione che si ha.
per diagnosticare un disturbo dell’attaccamento non bisogna essere di fronte ad un fenomeno
transitorio, ma deve essere una manifestazione mediamente stabile da parte del bambino.
I disturbi dell’attaccamento sono: Assenza di
1.
attaccamento: nei confronti di una o più figure di attaccamento, il bambino non manifesta
comportamenti che dimostrano che quell’adulto è una figura di attaccamento per lui (per esempio,
non protesta se quell’adulto se ne va, non è contento se ritorna, non si mostra in attesa quando
l’adulto non c’è). Il bambino non ha un adulto con cui mette in campo tali comportamenti che ci
segnalano la costruzione del legame. Questo disturbo può instaurarsi in bambini con separazioni
precoci, bambini con troppe figure di attaccamento, bambini cresciuti in contesti diffusi in cui non c’è
una figura di riferimento specifico per il bambino o bambini in cui lo stile protettivo è stato
maltrattante per cui prende le distanze in modo da non costruire nessun legame forte con nessun
adulto (estremizzazione patologica dell’attaccamento evitante). Disturbi di
2.
attaccamento indifferenziato: consiste nel fatto che il bambino non abbia una o poche figure di
attaccamento di fiducia, ma si rivolgeindistintamente a chi c’è in situazioni problematiche e di
pericolo. È come se non fosse in grado di identificare figure specifiche per essere protetto e non sa
scegliere e identificare adulti specifici di riferimento. Ciò può accadere in tutte quelle situazioni in cui
il bambino ha avuto troppi adulti di riferimento da diventare indifferenziati (bambini in comunità,
affidati a molte famiglie) e la scelta è obbligata perché o ti leghi troppo alle persone oppure prendi
ciò che viene in quel momento. Questo disturbo non è solo una patologia relazione, ma è un fattore
di comportamento a rischio perché l’indifferenziazione delle relazioni è sempre un fattore altamente
patogeno perché mostra il fatto che il bambino non ha gli strumenti adeguati per scegliere l’altro
relazionale e si espone ad ulteriori pericoli. C’è un’assenza da parte del bambino dell’ansia
evolutiva nei confronti dell’estraneo, di capacità di scegliere colui da farsi proteggere e con il quale
socializzare. La scelta dell’oggetto e la specificità relazionale è sempre un traguardo evolutivo e un
fattore sano all’interno della relazione, anche quando la relazione si rivela inadeguata e negativa,
perché la capacità di scegliere e indifferenziare gli elementi è un fattore protettivo.
L’attaccamento indifferenziato è una potenziale esposizione al rischio di abuso, maltrattamento e
rispetto alla patologia individuale perché ciò vuol dire che il bambino non discrimina e non sa dove
mettere i propri investimenti affettivorelazionali e quali sono gli interlocutori adeguati ai quali fare
richieste specifiche.
Nei progetti di intervento è importante garantire la continuità dell’adulto perché permette la
differenziazione degli adulti nel bambino e la specificità del legame in base alla funzione che
l’adulto ha nella relazione con il bambino (no discontinuità dell’altro). Distorsioni della
3.
base sicura: il legame è stabilito tra adulto e bambino (no assenza di legame o indifferenziazione),
ma ha delle caratteristiche psicopatologiche (eccessivamente ansioso per cui il bambino non si
separa). Esistono anche forme di aggressività del bambino verso le figure significative e ciò
comporta un legame altamente inadeguato.
In tutti questi casi non c’è un consenso specifico nella letteratura e i manuali della classificazione
diagnostica non recepiscono ancora le classificazioni diagnostiche specifiche per i disturbi
dell’attaccamento. La cosa importante è che lo specifico dei disturbi di attaccamento riguarda
patologie relazionali: la relazione con quell’adulto è patologica, non è una caratteristica patologica
del bambino.
Il disturbo dello spettro dell’autismo (intervento)
L’autismo è un pianeta incomprensibile e non si conoscono ancora le cause, gli interventi servono
per modificare i sintomi.
Antenna (1997) persone psicotiche
Antennina (2003) bambini con tratti autistici
Sono due centri educativiriabilitativi per minori con disturbi generalizzati dello sviluppo. La pratica
si riferisce ad un modello di trattamento ispirato all’etica della psicoanalisi lacaniana. Non è
importante il setting perché non segue le strutture del soggetto autistico.
L’etica della psicanalisi
Il sintomo è il cuore del trattamento ci sono persone, che non sono n é lacaniani né freudiani, che
pensano che il sintomo sia solo un comportamentoproblema e la soluzione sarebbe sradicare il
comportamentoproblema. Ci sono persone invece che non la pensano così.
Per freud, il sintomo è un messaggio cifrato, c’è sempre una verità nascosta dietro un sintomo e
freud decifrava il sintomo. C’è un valore di verità nel sintomo e se noi lo sradichiamo ce ne priviamo.
Per lacan, il sintomo ha una parte di reale, una parte difficile (nucleo di reale) che persiste. Il
trattamento in età evolutiva non è mai volto a ridurre il sintomo in sé perché il sintomo porta con sé
una componente della persona e di differenziazione tra di noi. Ognuno nei propri sintomi trova una
componente importante che non si modifica in senso entitario, fanno parte d