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Bambini con attaccamento sicuri sanno di poter fare affidamento sui propri genitori e di meritare il loro amore
e la loro protezione. I bambini insicuri, invece, sono privi di risorse interne ed esterne.
In un’ottica clinica, dobbiamo quindi utili9zzare la lente della teoria dell’attaccamento e la lente della teoria
del trauma proprio perché, soprattutto in età evolutiva e nella prima infanzia, questi due ambiti sono
profondamente legati.
Violenza domestica: trauma all’interno del sistema di attaccamento-accudimento
Il trauma della violenza domestica è sicuramente la condizione che più di tutte lega indissolubilmente l’ambito
dell’attaccamento e l’ambito dell’elaborazione del trauma. Per predisposizione biologica, il bambino ricerca la
protezione dei genitori e le loro risposte permettono a bambino di capire quanto pu8ò fare affidamento in
modo continuativo nelle loro capacità di fornire accadimento e garantire sicurezza. I bambini spaventati dai
propri genitori si trovano in una condizione paradossale in cui la fonte di protezione è anche la fonte di paura,
quindi si rimane blocca in una condizione di stallo che porta, poi, alla disorganizzazione. I motivi per cui la
violenza domestica è un forte fattore di rischio di disorganizzazione sono diversi. Essere testimoni della
violenza significa perdere fiducia nel fatto che il genitore non possa arrecare danni o sofferenze al bambino.
Vedere u genitore picchiato, e quindi reso vulnerabile, è una condizione alquanto spaventante per il bambino.
La disorganizzazione può poi essere provocata dal trauma in modo indiretto. Le ricerche dimostrano come lo
stato della mente del genitore classificato come irrisolto rispetto al lutto o al trauma è proporzionalmente
correlato all’attaccamento disorganizzato dei bambini. Queste madri possono essere violente e minacciose,
oppure congelarsi davanti alle risposte del figlio. Spesso viene ripetuto l’abuso sul figlio.
Il contributo della prospettiva del trauma: reazioni post-traumatiche da stress in bambini e caregiver
Un’altra prospettiva è data dalla teoria del trauma. Assistere ad una violenza domestica può provocare uno
stress traumatico definito come lo sperimentare direttamente, oppure assistere, ad un evento che implichi
morte o minaccia di morte, gravi lesioni o compromissione dell’integrità fisica o psichica propria o della
persone care. Quest5a esperienza porterebbe all’istaurarsi di un disturbo post-traumatico da stress che nei
bambini interferisce con il normale sviluppo e assume le seguenti caratteristiche:
- riattualizzazione dell’evento traumatico nel gioco, negli incubi e nell’angoscia nel moneto in cui
vengono sollecitati i ricordi
- ottundimento della reattività o interferenza con il passaggio evolutivo: ristretta gamma di affetti,
perdita di interesse per il gioco, sforzi di esitamento verso attività, luoghi o persone connesse al trauma
- aumento di arousal: difficoltà ad addormentasi, irritabilità, facilità di trasalimento, attacchi di rabbia
Altri comportamenti correlati sono poi l’aumento di ansia di separazione, nuovi timori, perdita di competenze
precedentemente acquisite, aggressione e comportamento sessualizzato inappropriato per l’età. Le ricerche
dimostrano, inoltre, come i sintomi più severi si istaurano in risposta all’essere testimoni del maltrattamento
dei propri genitori piuttosto che in risposta ad altri eventi spaventanti.. 17
Il problema è che spesso i genitori non sono consapevoli degli effetti del trauma del bambino, o a causa di una
negazione di quanto avvenuto o perché ritengono che i bambini siano troppo piccoli per registrare esperienza
di un certo tipo. Questo porta i genitori a non leggere correttamente i cambiamenti manifestati dal bambino e
ricercare altre cause come un disturbo di attenzione/iperattività oppure la mancanza di amore nei loro
confronti. Ci sono poi i casi in cui si manifesta una singola area di disorganizzazione all’interno di un più
generale attaccamento sicuro, come conseguenza di un’esperienza traumatica all’interna di una ripetuta
esperienza di caregiver responsivo ( es. madre responsiva picchiata dal compagno.
Doppia prospettiva
Volendo unire la prospettiva dell’attaccamento e quella della teoria del trauma potremmo notare come i
sintomi e le manifestazioni del disturbo post traumatico da stress siano assimilabili ai comportamenti correlati
all’attaccamento disorganizzato, sebbene si parta da due tipi di spiegazioni diverse. Per esempio, facendo
riferimento ai ritardi cognitivi, potremmo dire che un caregiver spaventato o spaventante porta il bambino ad
avere un numero inferiore di interazioni di sostegno e questo non facilita lo slancio verso l’esplorazione
dell’ambiente e l’apprendimento, ma potremmo anche dire che l’evento traumatico ha interrotto bruscamente i
processi evolutivi a causa di una paura estrema che blocca il bambino.
Inoltre, se da un lato è vero che la violenza domestica o comunque i traumi possono influenzare la qualità
dell’attaccamento, è vero anche che il sistema di attaccamento può condizionare la qualità della risposta del
bambino al trauma e quindi le conseguenze effettive di quest’ultimo. Lyons-Ruth propone il modello della
“diatesi relazionale” in cui si sostiene che il recupero dal trauma dipende sia dalla natura del trauma, in
termini di intensità dei fattor di precipitazione, fase evolutiva e coinvolgimento delle figure di attaccamento,
sia dalla qualità delle relazioni d attaccamento. Essere sostenuti mitiga l’effetto del trauma.
Come usare la relazione di attaccamento per facilitare il recupero del bambino dal
trauma
L’azione reciproca della teoria dell’attaccamento e della teoria del trauma ci suggerisce che l’intervento
clinico migliore per i bambini che hanno sperimentato violenza domestica sia la psicoterapia bambino
genitore ( Child parenti psychotherapy, CPP) fondata sulla teoria dell’attaccamento e l’idea che la relazione
sia centrale nella formazione della personalità del bambino nei primi anni di vita. Intervenire sulla relazione,
quindi, significa rivolgersi alle difficoltà socio-emotive del bambino attraverso il lavoro sulla qualità
dell’attaccamento e dell’’accudimento.
Inizialmente si valuterà la madre, il bambino e la relazione. La madre viene prima vista da sola in modo da
poter avere informazioni sull’esperienza traumatica vissuta dal bambino. Queste informazioni permetteranno
la clinico di selezionare i giochi che verranno utilizzato con il bambino e fare collegamenti tra il gioco e
l’esperienza reale. È necessario anche valutare l’impatto che il trauma ha avuto sulla madre poiché la salute
mentale della madre ha un forte impatto sulla sua capacità di offrire sostegno. Importante è anche valutare
l’attaccamento della madre in base al principio della trasmissione intergenerazionale o comunque all’influenza
delle prime relazioni di attaccamento del genitore nella relazione con il figlio. Qui è stata utilizzata l’AAI. Il
focus terapeutico si rivolge alla relazione. Viene prima consultata la madre, poi si osserva la diade che gioca e
poi si svolge un compito di separazione e riunione. Lo scopo generale è quello di incoraggiare il recupero del
progresso evolutivo del bambino aiutando bambino e genitore a creare una narrativa congiunta dell’evento
traumatico, reinserendolo nel contesto di vita reale e trovando nuove modalità di stare insieme e di sentirsi
sicuri. Alcune tecniche che possono essere utilizzate sono: incremento della reciprocità e capacit6à di
comprendere la prospettiva dell’altro eliminando eventuali distorsioni, migliorare la relazione degli affetti,
affrontare i sintomi post-traumatici, identificare gli stimoli legati al trauma e normalizzare le risposte
imparando a reagire in modo realistico a nuove minacce.
La famiglia Cruz: lo studio di un caso sull’influenza reciproca tra attaccamento e
trauma 18
I signori Cruz erano entrambi americano-messicani. Per circa 6 mesi la signora Cruz fu vittima di violenza
domestica messa in atto dal marito che le urlava contro, la spingeva e schiaffeggiava a causa dell’abuso di
alcool e droghe. La coppia aveva due bambini al momento delle violenze: Maria di 3 anni era meno
consapevole delle violenze poiché era sempre all’asilo al momento dell’aggressione a parte del padre, mentre
Antony di 18 mesi era sempre presente ed è quello che ha subito i maggiori danni. L’ultimo episodio fu molto
grave: l’uomo mise le mani alla gola della donna, il bambino vide il padre, l’uomo scappò di casa ma fu
arrestato sotto richiesta della donna. Dopo il carcere e la riabilitazione, la sig.ra Cruz permise al marito di
tornare a casa ed egli promise e mantenne la promessa di non bere e recuperare la relazione con la moglie e i
figli. Nonostante ciò, Antony cominciava mostrare sintomi tali da arrivare alla diagnosi di disturbo
post-traumatico da stress.
Antony
A 3 anni mostrava: ritardo evolutivo anche linguistico, regressione fino a bagnare il letto, difficoltà ad
addormentarsi irritabilità, aggressività verso la sorella, difficoltà a tollerare la frustrazione. Ogni volta che i
genitori semplicemente discutevano, Antony aveva una reazione esagerata e gridava, piangendo, chiedendo al
padre di non toccare la sua mamma.
La relazione di attaccamento nei confronti della madre risultava controllante-ambivalente ed evitante. Si
osservava una sorta di inversione di ruoli in cui Antony, preoccupato per la salute della madre, si occupava di
lei. In un gioco, il bambino decide di preparare un pasto per la madre e la imbocca dolcemente, ma poi piange
sconsolato quando c’è bisogno di pulire e mettere a posto e non riesce ad essere consolato dalla madre.
Durante la separazione, Anthony va in un angolo e tristemente ripete la parola “mamma” ma senza mostrare
un comportamento di ricerca; quando la madre torna, fa finta di niente e torna a giocare con i giocattoli.
Sembra che ci siano dei problemi di autoregolazione, relativi al gioco in cui scoppia un pianto inconsolabile,
ma anche una di regolazione della coppia e del comportamento di accudimento della madre che non riesce a
regolare e sostenere il bambino. La relazione con il padre viene valutata solo in base alla descrizione della
madre e si osserva un generale evitamento del padre e causa di una atteggiamento di paura nei suoi confronti.
Bowlby chiama “distacco” il comportamento altamente evitante di bambini che comincia a deambulare e che
sono soggetti ad una prolungata assenza della figura di riferimento. Si può ipotizzare che la violenza osservata
e l’allontanamento di 1 anno abbiamo portato Anthony a sviluppare distacco verso il padre.
Maria<