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4. IMPLICAZIONI PRATICHE DEL CONCETTO DI
RESILIENZA
L’avvento della scienza della resilienza ha permesso di raggiungere due
obiettivi. Il primo riguarda la maggiore chiarezza che si è fatta circa i
meccanismi e i fattori che proteggono gli individui dall’impatto di
circostanze stressanti. Il secondo è diretta conseguenza del primo e
concerne le indicazioni per la progettazione di azioni preventive e la
riformulazione degli obiettivi, dei modelli teorici, degli strumenti di
misurazione e delle metodologie adottate. La tendenza attuale degli studi
sulla resilienza guarda soprattutto a valorizzare la dimensione positiva
della persona, enfatizzando gli aspetti legati allo sviluppo delle capacità o
alla qualità del benessere, per sostenere i punti di forza individuali e
potenziare il sistema delle risorse. I programmi di intervento, organizzati
intorno a queste finalità, hanno un ulteriore merito che è quello di essere
più coinvolgenti verso genitori o insegnanti. I primi studi sulla resilienza
erano focalizzati esclusivamente sulla rilevazione del disagio, la cui
assenza era considerata un indicatore di adattamento. Col passare del
tempo ci si è resi conto dell’importanza di valutare la competenza, intesa
come l’acquisizione dei compiti evolutivi tipici di una determinata fase
dello sviluppo, così come la qualità dei contesti sociali in cui è inserito il
bambino o l’adolescente. I risultati delle ricerche sulla resilienza indicano
diverse strategie di intervento che possono essere vagliate dai progettisti
per prevenire i problemi psicologici e favorire il benessere psicosociale.
Esse possono essere suddivise in tre grandi categorie.
La prima è focalizzata sul rischio (risk-focused) e include gli interventi
che tentano di eliminare o ridurre il livello di esposizione alle avversità nel
corso dello sviluppo.
La seconda comprende le strategie che mirano ad accrescere la quantità e
la qualità delle risorse protettive (asset-focused) a disposizione di bambini
o di adolescenti.
La terza è orientata al processo (process-oriented) e include strategie che
cercano di mobilitare o di potenziare il funzionamento dei processi adattivi
più importanti per i bambini.
Alcuni tipi di intervento possono rientrare in più di una categoria perché
fanno parte di programmi complessi che si pongono più obiettivi da
raggiungere. CAPITOLO 2
LA RESILIENZA PSICOLOGICA
1. DEFINIZIONI GENERALI
L’obiettivo iniziale del capitolo è quello di fare chiarezza sul termine,
illustrandone le principali accezioni con cui è stato utilizzato nell’ambito
della psicologia dello sviluppo ed evidenziandone i cambiamenti
intervenuti nel corso degli anni.
L’origine del vocabolo deriva dal latino resalio. Storicamente, questo
termine è stato impiegato soprattutto nel campo della fisica, per indicare la
capacità di un corpo di resistere a urti violenti, o nell’ambito
dell’ingegneria, per descrivere la proprietà di un materiale che recupera la
sua forma originale dopo essere stato deformato sotto pressione. A partire
dagli ultimi decenni del XX secolo il concetto di resilienza viene adottato
dalle scienze sociali e umane per denotare la condizione degli individui
che riescono a resistere all’impatto psicologico di situazioni negative
rivelando un buon adattamento psicosociale. All’interno della letteratura
psicologica il termine resilienza viene utilizzato, per la prima volta, dagli
studiosi di due aree scientifico-disciplinari ben distinte: la psicologia della
personalità e la psicopatologia dello sviluppo. Sin dalla sua comparsa nella
letteratura psicologica, la parola resilienza viene associata ai concetti di
invulnerabilità e invincibilità, diventandone sinonimo e favorendone
l’interpretazione di “mito” . A partire dagli anni ’80 si avvia un processo di
riflessione scientifica sul costrutto nel tentativo di sottrarlo al dominio del
mito, definendo le basi teoriche e metodologiche da utilizzare in questo
campo di indagine. Secondo Rutter la pratica di utilizzare la resilienza
come un sinonimo di invulnerabilità si rivela inadeguata per vari motivi.
Innanzitutto, il termine invulnerabile rimanda a un’assoluta resistenza al
danno da parte dell’individuo, mentre è più appropriato considerare la
resilienza come un fenomeno graduale. In secondo luogo, una tale
definizione di resilienza corre il pericolo di essere applicata
indistintamente a tutte le situazioni; al contrario, i diversi fattori di rischio
mobilitano meccanismi protettivi diversi. Il concetto di invulnerabilità
sembra implicare che la resilienza sia una caratteristica interna
all’individuo ma ciò non corrisponde al vero. Infine, l’invincibilità si
riferisce a caratteristiche immutabili nel tempo, mentre la resilienza va
incontro a cambiamenti evolutivi, come qualsiasi altro aspetto del
funzionamento psicologico. Per Rutter la resilienza deve essere pensata
come un processo dinamico che consente agli individui di reagire in
maniera adattiva a situazioni stressanti. Nel corso degli anni ’90 l’interesse
verso la capacità di resistere allo stress si accresce e inizia un lavoro di
sistematizzazione delle definizioni del costrutto più ricorrenti nella ricerca
evolutiva. Masten e colleghi, ad esempio, identificano all’interno della
letteratura tre diverse accezioni: come tratto, come processo e come
esito. Nel primo caso ci si riferisce a una caratteristica individuale. Nel
secondo caso si concepisce la resilienza come un processo evolutivo che
porta a un buon adattamento. Nel terzo caso si utilizza il costrutto per
descrivere esclusivamente il risultato di tale processo. Secondo gli autori,
le ricerche dovrebbero focalizzarsi sugli ultimi due punti. In un’ulteriore
rassegna di ricerca, Masten, Best e Garmezy osservano come il termine
sia utilizzato dagli psicologi e dagli psichiatri per riferirsi a tre tipi di
situazioni:
1) quando bambini che nascono in condizioni di alto rischio vanno in
contro ad un adattamento positivo.
2) quando bambini che, in momenti successivi della loro vita, vivono
situazioni stressanti mostrano un alto livello di competenza.
3) quando bambini che sono esposti a grossi eventi traumatici mostrano
segni di recupero psicologico.
La confusione semantica legata al costrutto di resilienza persiste tutt’oggi,
anche se a partire dagli anni ’90 i ricercatori sembrano concordare sulla
definizione. Masten e Coatsworth definiscono la resilienza come un
processo evolutivo che porta a una competenza all’interno di un contesto
altamente problematico per l’adattamento e lo sviluppo. Secondo gli
autori, due condizioni sono necessarie affinchè si possa parlare di
resilienza:
1) deve essersi verificata una reale condizione di pericolo per la salute
dell’individuo (esposizione a condizioni avverse).
2) l’adattamento psicologico dei soggetti deve poter essere definito
funzionalmente adeguato (adattamento positivo).
DEFINIZIONE TERMINI UTILIZZATI
PER DESCRIVERE I
BAMBINI
Prime ricerche Attributo interno o tratto che - Invulnerabili
porta a invulnerabilità o - Invincibili
invincibilità - Resilienti (Ego-resilient)
Anni ’80 - inizi anni ‘90 Insieme di fattori individuali o - Resistenti allo stress
processo che porta a resistere - Resilienti
allo stress o a un trauma - Sopravvissuti
Ricerca attuale Processo dinamico che si
verifica quando: a) si è in una
condizione di rischio o trauma, Bambini che mostrano
b) si raggiunge un adattamento resilienza
positivo
2. LA NATURA DELLA RESILIENZA: TRA FATTORI
INDIVIDUALI E AMBIENTALI
Negli anni ’50 i coniugi Block introducono il costrutto di “Ego-
resiliency”. Gli autori, dopo una ricerca longitudinale sulla continuità e il
cambiamento della personalità in 84 soggetti adulti, arrivano a definire 5
tipologie diverse di personalità, relativamente stabili nel tempo:
1) Ego-resilients, individui ben inseriti e molto competenti nei rapporti
interpersonali.
2) Unsettled undercontrollers, soggetti molto impulsivi e antisociali.
3) Vulnerable overcontrollers, soggetti controllati, rigidi e disadattati.
4) Belated adjusters, soggetti che vanno incontro all’adattamento solo
nell’età adulta dopo un’infanzia e un’adolescenza problematiche.
5) Anomic extraverts, soggetti ben adattati nell’adolescenza ma
disadattati nell’età adulta.
Il concetto centrale nella teoria dei Block diventa quello di Ego-resiliency
o resilienza dell’Io. La resilienza dell’Io, in generale, è la capacità di
adattarsi con successo e in maniera flessibile agli eventi stressanti interni
ed esterni; è un tratto di personalità che consente all’individuo di
modificare il suo modo abituale di espressione dell’Io, per andare incontro
in maniera adattiva alle richieste dell’ambiente. L’opposto della resilienza
dell’Io è la fragilità dell’Io (Ego-brittleness) che implica bassa
flessibilità e poca adattabilità. Questo approccio teorico però ha fatto
correre il rischio di portare a concepire la resilienza come una caratteristica
individuale, facendo perdere di vista il significato dinamico e processuale
che il costrutto ha acquistato nella psicopatologia dello sviluppo. In
seguito lo studio si focalizza all’analisi dei fattori interni ed esterni che
contribuiscono al superamento degli eventi stressanti, invece delle qualità
individuali. Vengono così individuati almeno 3 tipi di fattori implicati
nella resistenza allo stress:
1) gli attributi individuali dei bambini.
2) la qualità dei legami familiari.
3) le caratteristiche del contesto sociale.
Grotberg vede la resilienza come il risultato dall’interazione tra risorse
interne ed esterne al bambino. L’autrice individua tre tipologie di fattori
utili per categorizzare le diverse fonti di resilienza e per la descrizione di
questo costrutto, che definisce I AM, I HAVE e I CAN (vedi schema
sotto) TIPOLOGIA DIMENSIONI INCLUSE NELLA
TIPOLOGIA
I AM Identità, autostima, autonomia, senso di
responsabilità
Fonti di supporto sociale, valori, modelli
I HAVE di identificazione
Abilità comunicative, nel problem
I CAN solving sociale e nella gestione delle
relazioni interpersonali
Constantine, Bernard e Diaz descrivono la resilienza come un costrutto
globale e multidimensionale, che deriva dall’interazione di due gruppi (o
clusters) di fattori: i tratti resilienti (resilient traits), caratteristiche interne
all’individuo,