CAPITOLO 2: LA RESILIENZA PSICOLOGICA
1. Definizioni generali
RESILIENZA = condizione degli individui che riescono a resistere all’impatto psicologico di
situazioni negative e potenzialmente traumatiche rivelando un buon adattamento psicosociale.
Sin dalla sua comparsa nella letteratura psicologica, la parola resilienza viene associata ai
concetti di invulnerabilità e invincibilità, diventandone subito sinonimo. In una tale accezione,
la capacità di affrontare con successo le avversità descrive una caratteristica interna di alcuni
soggetti predestinati sin dalla nascita, come piccoli supereroi, a poter sopportare qualsiasi
evento negativo.
Mentre il concetto di rischio si basa sull’epidemiologia e sulla medicina, la resilienza ha i suoi
fondamenti nel dramma, nel sogno americano, che si basa sul principio che tutto può succedere,
basta volerlo e lavorare duro per ottenerlo. Tuttavia, nella vita reale la sorte può sottoporre gli
individui a prove molto ardue il cui superamento implica un grosso dispendio di energie fisiche
e psicologiche, che lascia tracce indelebili.
Masten identifica, all’interno della letteratura, tre diverse accezioni del concetto di resilienza:
• come tratto resilienza intesa come caratteristica individuale o tratto di personalità che
à
rende gli individui che lo posseggono invulnerabili alle circostanze avverse;
• come processo resilienza concepita come un processo evolutivo che porta a un buon
à
adattamento psicosociale anche in seguito a condizioni altamente stressanti o
traumatiche;
• come esito resilienza come risultato di tale processo, in termini di esiti adattivi.
à
Il termine resilienza viene utilizzato per far riferimento a tre tipi differenti di situazioni:
1. quando bambini che nascono in condizioni di alto rischio vanno incontro a un
adattamento positivo nel corso del loro sviluppo futuro;
2. quando bambini che, in momenti successivi della loro vita, vivono situazioni stressanti
acute mostrano un alto livello di competenza;
3. quando bambini che sono esposti a grossi eventi traumatici mostrano segni di recupero
psicologico.
Masten e Coatsworth definiscono la resilienza come un processo evolutivo che porta a una
competenza osservabile all’interno di un contesto altamente problematico per l’adattamento e
lo sviluppo. Secondo gli autori, due condizioni sono necessarie e indispensabili affinché si possa
parlare di resilienza:
deve essersi verificata una reale condizione di pericolo per la salute dell’individuo;
à l’adattamento psicologico dei soggetti deve poter essere definito funzionalmente
à adeguato.
2. La natura della resilienza: tra fattori individuali e ambientali
I coniugi Block definiscono cinque tipologie diverse di personalità, relativamente stabili nel
tempo:
ego-resilients individui ben inseriti e molto competenti nei rapporti interpersonali;
¢ à
unsettled undercontrollers soggetti molto impulsivi e antisociali;
¢ à
vulnerable overcontrollers soggetti controllati, rigidi e disadattati;
¢ à
belated adjusters soggetti che vanno incontro all’adattamento solo nell’età adulta dopo
¢ à
un’infanzia e un’adolescenza problematiche;
anomic extraverts soggetti ben adattati nell’adolescenza ma disadattati nell’età adulta.
¢ à
RESILIENZA DELL’IO = capacità di adattarsi con successo e in maniera flessibile agli eventi
stressanti interni ed esterni; è un tratto di personalità che consente all’individuo di modificare
il suo modo abituale di espressione dell’Io, per andare incontro in maniera adattiva alle richieste
dell’ambiente.
FRAGILITÀ DELL’IO = bassa flessibilità e poca adattabilità, incapacità di rispondere in maniera
dinamica agli eventi, tendenza a persistere nello stesso comportamento oppure andare incontro
a disorganizzazione quando cambiano le circostanze ambientali o si è sottoposti ad alti livelli di
stress, difficoltà a recuperare dopo esperienze traumatiche.
Grotberg individua tre tipologie di fattori utili per categorizzare le diverse fonti di resilienza e
per la descrizione di questo costrutto:
I AM risorse individuali, come autostima, autonomia o senso di identità;
w à 3
I HAVE fonti di supporto esterne e influenze che il soggetto riceve dalla famiglia, dalla
w à
scuola, dalla società e, più in generale, dalla cultura di appartenenza;
I CAN abilità e competenze che si riferiscono alla sfera delle relazioni interpersonali,
w à
come la competenza comunicativa o l’abilità di problem-solving sociale.
Constantine, Benard e Diaz descrivono la resilienza come un costrutto globale e
multidimensionale, che deriva dall’interazione di due gruppi di fattori: i tratti resilienti,
caratteristiche interne all’individuo , e le risorse esterne, ossia il
(es: autostima, abilità sociali…)
supporto fornito dai contesti sociali di riferimento.
3. Fattori individuali associati alla resilienza
Benard individua le dimensioni che compongono il profilo del bambino resiliente:
1) competenza sociale molte ricerche mostrano una correlazione positiva tra competenza
à
sociale e capacità di affrontare le situazioni avverse;
2) abilità di problem-solving;
3) senso di autonomia immagine positiva del Sé, alta autostima, senso di autoefficacia,
à
senso di identità;
4) senso del futuro insieme di credenze relative al grado di controllo che si può avere
à
sulla propria vita e sul proprio ambiente.
Klohnen propone un profilo simile a quello di Benard, composto da quattro caratteristiche:
1) alti livelli di ottimismo e fiducia in se stessi;
2) forte senso di autonomia e di iniziativa;
3) alta competenza relazionale;
4) ABILITÀ ESPRESSIVA = capacità di esprimersi nelle interazioni sociali, di entrare
facilmente in contatto con gli altri in ambienti sociali diversi.
Constantine, Benard e Diaz identificano otto fattori individuali associati alla resilienza,
suddividendoli in tre clusters:
• competenza sociale: - abilità di cooperazione e di comunicazione;
- empatia;
- abilità di problem-solving;
• autonomia e senso di Sé: - convinzione personale;
- self-efficacy;
- conoscenza e consapevolezza di sé;
• senso di significato: - ottimismo;
- avere obiettivi e aspirazioni.
4. Risorse esterne associate alla resilienza
Lo sviluppo della resilienza non è influenzato soltanto dal possesso di alcune caratteristiche
individuali, ma anche dall’azione di fattori ambientali, quali la famiglia, la scuola e la comunità.
Per quanto riguarda la famiglia, le caratteristiche che la rendono un ambiente capace di
facilitare la crescita individuale e di far fronte alle circostanze stressanti possono essere
raggruppate lungo tre dimensioni: fornire relazioni affettuose e supporto sociale; avere
aspettative ambiziose ma realistiche nei confronti dei figli; offrire loro l’opportunità di sentirsi
membri della famiglia e di contribuire alla quotidianità della vita domestica.
Invece, la tipologia di scuola collegata a un miglior adattamento degli studenti è caratterizzata
da un livello elevato di preparazione degli insegnanti, da una buona capacità di pianificare le
attività didattiche, dall’enfasi posta sull’importanza dei compiti a casa e delle interrogazioni a
scuola, da messaggi tesi a valorizzare la responsabilità dei bambini per le loro azioni e dal
mantenimento di un clima sereno. Benard propone che i processi protettivi all’interno della
scuola vengano descritti lungo tre dimensioni: relazioni affettuose; alte aspettative; senso del
futuro.
Infine, la capacità di una comunità di promuovere la resilienza può essere definita come
competenza di comunità. Secondo Benard, la competenza di una comunità può essere
classificata lungo tre dimensioni: il supporto sociale fornito a tutti i suoi membri; la presenza
di alte aspettative e regole chiare verso di loro; l’incoraggiamento della partecipazione attiva e
della collaborazione.
4
5. Il modello organizzativo-evolutivo della resilienza
In questo modello, teorizzato da Wyman, lo sviluppo della resilienza è considerato il prodotto
delle transazioni evolutive tra i sistemi biologici e psicosociali che caratterizzano l’esperienza di
accudimento del bambino.
Grande importanza viene data al superamento dei compiti specifici della prima infanzia, legati
al raggiungimento dell’equilibrio biologico, della capacità di regolazione emotivo-affettiva e di
uno stile sicuro di attaccamento con il caregiver. Un ruolo centrale è giocato dalla qualità della
relazione con la figura di accudimento nei primi anni di vita, che dipende dall’interazione di due
gruppi di fattori:
le risorse del bambino le sue caratteristiche fisiche e comportamentali (es:
§ à ;
temperamento, stato di salute…)
le risorse del sistema di caregiving distinte in caratteristiche dello stile educativo delle
§ à
figure di accudimento e risorse dei caregivers.
L’adattamento, quindi, è un compito che deve essere affrontato in maniera congiunta dal
sistema bambino-caregiver. 5
CAPITOLO 3: VALUTARE LA RESILIENZA
È possibile distinguere due maniere di misurare la resilienza. Da un lato, vengono utilizzati
strumenti specifici, come le scale che mirano a fornire un indice complessivo della capacità di
fronteggiare eventi avversi. Dall’altro lato, gli studi che non impiegano misure dirette della
resilienza tendono a operare una valutazione combinata delle due condizioni che definiscono la
capacità di resistere allo stress: l’esposizione a eventi avversi e la manifestazione di un
adattamento positivo.
1. La misurazione della resilienza nel corso dello sviluppo
Misure specifiche della resilienza
La Resilience Scale di Wagnild e Young rappresenta lo strumento più conosciuto e usato per
valutare la resilienza, e viene utilizzata con adolescenti a partire dai 16 anni. Secondo gli autori,
la resilienza si articola in quattro componenti:
serenità capacità di guardare alla propria vita in maniera equilibrata;
¢ à
significatività sensazione di avere uno scopo nella vita;
¢ à
perseveranza capacità di non arrendersi di fronte agli ostacoli;
¢ à
unicità esistenziale riconoscimento della propria unicità e capacità di accettarsi per
¢ à
come si è.
Esistono, invece, misure della resilienza destinate appositamente a bambini e adolescenti,
quali
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