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RM.

Attualmente si stima che il livello di funzionamento cognitivo degli individui con Disturbi

generalizzati dello sviluppo – categoria di cui fa parte anche l’autismo – copra tutta la gamma del

funzionamento intellettivo dal ritardo mentale profondo a livelli di intelligenza sopra la media.

Per quanto riguarda il profilo delle abilità cognitive, si ritiene che le abilità basate sull’elaborazione

visuo-spaziale siano migliori di quelle basate sul ragionamento verbale.

Lo stesso Kanner riscontrò dei profili cognitivi discontinui, che si manifestavano talvolta con aree

preservate di capacità, ossia con abilità relativamente conservate rispetto al livello generale di

funzionamento mentale o, in rari casi, con abilità addirittura eccezionali (oltre alle già citate

capacità visuo-spaziali, anche capacità di memoria, artistiche, musicali ecc.). La loro presenza ci

mette in guardia dal valutare le persone autistiche solo in termini di deficit e ci spinge a scoprire,

oltre l’apparenza, alcune abilità e potenzialità cognitive, nel quadro di una mente “diversa” da

quella tipica, in cui alcune funzioni sono carenti, ma non tutte.

Ancora oggi non c’è accordo tra gli studiosi nell’individuazione delle cause né nella definizione

della natura del deficit.

Diverse teorie hanno, infatti, tentato di ricondurre a un deficit specifico i problemi socio-cognitivi

dell’autismo. In particolare s’ipotizzano:

1. Carenze nella teoria della mente ovvero l’incapacità di rappresentare gli stati mentali propri e

altrui.

2. Carenze nella coerenza centrale, ossia inabilità nell’interagire le informazioni quando un

insieme rappresenta + della semplice somma delle parti. Gli autistici hanno una forte tendenza alla

frammentarietà, a un’attenzione ossessiva nei confronti dei particolari, che non riesce a

convergere in un significato unitario. 51

3. Carenze nelle funzioni esecutive, ossia nell’abilità di pianificare e organizzare l’azione,

nell’inibire risposte automatiche e nell’anticipare la progressione di un evento.

Tali prospettive partono dal comune obiettivo di trovare un’interpretazione univoca del disturbo

autistico. Recentemente, le scoperte neurologiche relative ai neuroni specchio e alla loro carente

attivazione nelle persone con autismo, hanno rappresentato un importante passo avanti nella

descrizione delle basi biologiche della sindrome e hanno prospettato una nuova cornice

interpretativa, centrando l’attenzione sulle difficoltà nella condivisione immediata di uno spazio

interpersonale. La soluzione dell’enigma, tuttavia, è ancora lontana. Il mondo cognitivo degli

autistici è sicuramente diverso, sicuramente lacunoso per tanti aspetti, ma riserva sorprese, a chi

lo conosce da vicino, che inducono ad andare oltre rispetto a stereotipi che prospettano una realtà

solo al negativo.

4.4. La malattia di Alzheimer

La malattia di Alzheimer è una patologia degenerativa del cervello, la cui forma + comune

insorge nel corso dell’invecchiamento. E’ caratterizzata da morte dei neuroni, perdita di sinapsi,

formazione di ammassi neuro fibrillari (fasci anomali di filamenti aggrovigliati nel corpo cellulare del

neurone) e di placche amiloidi (aggregati di cellule gliali, neuroni o pezzi di neuroni morti, proteine

amiloidi). A livello + macroscopico si registra un progressivo assottigliamento e atrofia di diverse

aree della corteccia cerebrale. Il processo colpisce anzitutto la corteccia entorinale e l’ippocampo e

poi si diffonde al lobo temporale, a quello frontale e spesso anche a quello parietale. Tuttavia non

sono ancora chiare le cause di tale processo. Vi sono ipotesi relative a fattori genetici e a diverse

possibili cause di alterazioni della fisiologia. E’ probabile che la malattia possa essere scatenata da

una pluralità di fattori, in cui anche le variabili socio-culturali giocano un ruolo.

I primi sintomi della malattia di solito non sono invadenti: consistono in genere in occasionali

manifestazioni di amnesia anterograda e una diminuita abilità spaziale. Col progredire del

processo degenerativo tuttavia si manifestano sintomi + gravi: amnesia, anomia, agnosia,

incapacità di pianificazione, deficit di attenzione selettiva o di memoria di lavoro, aprassie, disgrafia

e discalculia, deficit intellettivi generali, disorientamento nello spazio e nel tempo. Spesso il

paziente manifesta anche depressione, ansia, sbalzi d’umore. Purtroppo non è stata ancora

trovata una cura in grado di bloccare il processo degenerativo. Le terapie farmacologiche esistenti

sono in grado soltanto di rallentarne il decorso.

Il decorso della malattia è influenzato anche dalle caratteristiche cognitive e socio-culturali del

paziente: il declino è meno rapido nei pazienti con livelli d’istruzione + elevati e in quelli dotati di

maggiore velocità percettiva o di maggiore capacità della memoria di lavoro. In altri termini, una

buona capacità residua di queste funzioni cognitive aiuta a rallentare o compensare il declino delle

altre.

Nel corso del processo degenerativo alcune funzioni decadono prima di altre e certi processi molto

elementari rimangono intatti fino alla fine. Pertanto Moscovitch e Umiltà propongono che

l’architettura del sistema cognitivo sia costituita da 4 tipi di componenti.

1. Moduli di tipo 1, o moduli di base, innati e specializzati ciascuno x analizzare un imput molto

specifico: colori, frequenze acustiche, posizione nel campo visivo, profondità, movimento,

percezione dai volti umani. 52

2. Moduli di tipo 2, assemblati su base innata, che si costituiscono nel corso della prima infanzia;

ognuno di essi è costituito da uno specifico processore predisposto a ricevere e integrare l’imput di

diversi moduli di tipo 1.

3. Moduli di tipo 3, assemblati su base esperienziale, che si costituiscono in fasi successive dello

sviluppo e ricevono l’imput di vari moduli di tipo 1 e 2. Questi riguardano attività + complesse,

come la lettura o andare in bicicletta.

4. Processi centrali non modulari: integrare le informazioni fornite dai moduli con le conoscenze

+ generali (memoria semantica).

Secondo i 2 autori, nella malattia di Alzheimer inizierebbero a deteriorarsi le funzioni modulari

dell’ippocampo e quelle centrali non modulari; quindi i moduli del tipo 3 e solo a uno stadio

avanzato della malattia i moduli di tipo 2, mentre i moduli di tipo 1 resisterebbero al processo

degenerativo.

Il modello di Moscovitch e Umiltà è importante non sono x comprendere i deficit funzionali nella

malattia di Alzheimer, ma offre un quadro d’insieme alla neuropsicologia. Vi sono importanti affinità

e convergenze fra questo modello e l’ipotesi di modularizzazione di Karmiloff-Smith e dei

neurocostruttivisti.

Vi è un forte accordo fra questi autori nel presentare una visione della mente umana in cui i moduli

non sono innati, separati e incapsulati, ma si costituiscono nel corso dello sviluppo.

Gli esempi di sviluppo atipico e d’invecchiamenti patologici sono utili anche x illustrare come non

solo la conoscenza dello sviluppo tipico sia indispensabile come termine di paragone x lo sviluppo

atipico, ma a sua volta anche lo studio dello sviluppo atipico ci permetta di comprendere meglio i

processi dello sviluppo tipico.

6. Lo sviluppo della memoria

1. Processi e modelli della memoria

La memoria, la capacità di ricordare le informazioni a breve o lungo termine, è una funzione

fondamentale nella vita quotidiana e nessun processo di apprendimento sarebbe possibile senza il

funzionamento dei processi di memorizzazione. Compiti di memoria a breve termine consistono

ad esempio nel ricordare un numero telefonico appena sentito o ricordare l’aspetto di un volto

appena visto, mentre compiti di memoria a lungo termine consistono nel ricordare un numero di

telefono familiare senza aver bisogno di leggerlo sull’agenda.

La memoria non è un processo unitario, ma è costituita da molteplici processi. L’idea che essa

potesse essere costituita da 2 o + componenti non è nuova, ma è stata dimostrata

sperimentalmente a partire dagli anni 50, grazie allo sviluppo di rigorose tecniche di indagine.

Altri studi misero in luce che la capienza della memoria a breve termine è limitata. Miller pubblicò il

famoso lavoro sul magico numero 7, in cui si dimostra che nel magazzino di memoria è possibile

mantenere 7 unità di informazione. La quantità di elementi che si possono ritenere può però

aumentare se si adottano strategie adeguate, fra le quali quelle di raggruppamento delle

informazioni. 53

Verso gli anni 60 il modello “classico” e + noto di memoria a breve termine è quello modale

(Atkinson e Shiffrin). Il modello è costituito da 3 componenti: la prima comprende i magazzini

sensoriali tampone, che conservano x un breve lasso di tempo l’informazione proveniente dai

diversi canali sensoriali; successivamente l’informazione sensoriale passa ad una seconda

componente, il magazzino a breve termine (MBT), dove può essere ricodificata e mantenuta

attraverso la reiterazione; infine una parte del materiale rielaborato può raggiungere la memoria a

lungo termine (MLT) dove viene conservata + a lungo. Gli autori ipotizzavano, la sequenzialità tra

i due sistemi in quanto l’informazione non poteva pervenire nella memoria a lungo termine se

prima non era passata x la memoria a breve termine. Il ruolo del magazzino a breve termine è

quindi centrale nel modello modale. L’apprendimento a lungo termine dipende dalla capacità

d’immagazzinamento in questo sistema temporaneo e si suppone una relazione diretta tra la

quantità di tempo in cui l’informazione viene codificata, e risiede nel MBT, e la probabilità che

questa venga trasferita nella MLT. A partire da questo modello sono state proposte negli anni a

seguire varie versioni alternative. Il modello attualmente + conosciuto è quello della memoria di

lavoro di Alan Baddeley, in cui viene ipotizzata una specifica suddivisione del magazzino a breve

termine.

1.1.La memoria di lavoro (ML)

Baddeley definisce la memoria di lavoro come un sistema atto a mantenere temporaneamente e a

manipolare l’informazione durante l’esecuzione di differenti compiti cognitivi, come ad esempio la

comprensione, l’apprendimento e il ragionamento. Baddeley e Hitch hanno ipotizzato un sistema

multi-componenziale che prevede 3 diverse componenti: l’esecutivo centrale e 2 sistemi

subordinati dominio-specifici: il loop articolatorio e il taccuino visuo-spaziale.

L’esecutivo centrale è un sistema supervisore di controllo che possiede capacità attentive e

opera sui dati provenienti dai 2 sistemi subord

Dettagli
A.A. 2014-2015
116 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/04 Psicologia dello sviluppo e psicologia dell'educazione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher erika.ristuccia di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia dello sviluppo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Larcan Rosalba.