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REGOLAZIONE
Il processo di regolazione rappresenta l’elemento che spiega dialetticamente la dinamica
costruttiva che si instaura tra l’equilibrazione e la riequilibrazione.
In generale si parla di regolazione quando la ripetizione di A’ di un’azione A è modificata dal
risultato di quest’ultima, cioè quando si ha una ripercussione dei risultati di A sulla sua nuova
esecuzione A’. la regolazione può manifestarsi tramite una correzione di A (feedback negativo) o
mediante il suo rinforzo (feedback positivo), ma in questo caso con una possibilità di
accrescimento dell’errore o del successo.
Regolazione presupposto dell’equilibrazione – il processo di regolaz rappresenta l’elemento che
spiega la dinamica che si instaura tra equilibrazione e riequilibrazione.
La regolazione non si aggiunge alla costruzione delle forme cognitive ma partecipa a queste
costruzioni come principale strumento (questa costruzione è di per se stessa un’autoregolazione)
Le proprietà specifiche della regolazione non dipendono esclusivamente dalle proprietà degli
oggetti, per il fatto che intervengono quadri assimilativi, strumenti logico-matematici, che derivano
a loro volta dalle correlazioni della azioni che un soggetto compie.
P. proporrà una suddivisione della regolazione: 6
• quasi-automatiche. Specifiche nello stadio senso-motorio, il soggetto può fare variazioni e
aggiustamenti limitati
• attive. Compaiono in età successiva, implicano la necessità che il soggetto compia una
scelta tra i vari mezzi di cui può fare uso durante il suo agire.
SCHEMI
Attraverso l’analisi degli schemi si può osservare il raggiungimento di una stabilità tra gli invarianti
funzionali, che portano all’evoluzione del soggetto.
È un programma, prodotto dal soggetto, che permette la costruzione di azioni ed operazioni.
Lo schema di un’azione è l’insieme strutturato dei caratteri che la costituiscono, ossia ciò che
consente di ripeterla o adattarla ad un nuovo contesto. È la struttura generale dell’azione, che si
conserva durante le sue ripetizioni, che si consolida con l’esercizio a si applica a situazioni variabili
in funzione dell’ambiente.
Gli schemi possono essere:
• semplici (riflessi neonatali)
• di abitudini motrici (schemi d’azione)
• di operazioni (dapprima intuitive e poi concrete)
• formali (logici)
la caratteristica principale di uno schema è quella di conservarsi nel senso psicologico della
conservazione del passato: ogni schema è il risultato di un’attività assimilatrice che ha la proprietà
di incorporare il nuovo al già noto o di riprodurre e, prima o poi, di generalizzare ciò che è appena
stato scoperto.
Operazioni: coordinazione di schemi d’azione sempre più puntuali e precise. Sono il risultato
dell’interiorizzazione di azioni precedentemente compiute.
Dalle azioni alle operazioni si assiste a una coordinazione di schemi sempre più complessa.
Queste coordinazioni si suddividono in:
a) interne. Sono il prodotto di assimilazioni cumulative. Hanno il compito di sintetizzare una
serie di azioni incomplete o parziali in atto compiuto o completo.
b) Esterne. Sono il prodotto di assimilazioni reciproche e compaiono nel momento in cui due
schemi d’azione già coordinati tra loro generano un nuovo schema comprensivo di
entrambi.
Uno schema non è un’unità cognitiva primaria, deve essere inteso come qualcosa di attivo e
dinamico. Schema: struttura mentale che il soggetto inizia ad acquisire già attraverso un ciclo di
movimenti causati dai meccanismi riflessi e che si amplia progressivamente.
In virtù della funzione adattiva si ha che l’organismo può essere inteso come un sistema aperto,
ovvero che necessita di rapporti con l’ambiente per attivarsi. Quando questa correlazione
organismo-ambiente si esplica a livello chimico-fisico si parla di cicli, mentre si parla di schemi
quanto tale correlazione produrrà azioni dell’organismo sull’ambiente, costituendo delle forme
funzionali (ex la ricerca del cibo, la sua manipolazione…rappresentano schemi comportamentali)
Rispetto alla suddivisione degli schemi presentata, P. ha provveduto ad una nuova classificazione:
a) schemi presentativi. Sono simultanei e permanenti e sono di tipo rappresentativo e
concettuale. Sono facilmente generalizzabili e estraibili dal contesto. 7
b) Schemi procedurali. Riguardano una successione di azioni, come mezzi per raggiungere
uno scopo. Quindi sono sempre collegati ad un contesto, non sono estraibili. Non si
conservano a lungo, in quanto gli schemi successivi eliminano i precedenti.
c) Schemi operatori. Sono la sintesi dei precedenti: sono procedurali ma coordinati in
strutture.
Altre considerazioni al concetto di schema:
• differenziazione tra schema e memoria. Il primo traduce l’organizzazione interna e il
dinamismo del comportamento, la seconda è sia una lettura rappresentativa sia una
ricostruzione dei risultati di tale attività senza che possa arrivare a riferirsi ad essa. Lo
schema si conserva in quanto meccanismo autoregolatore, nella memoria ciò non avviene
perché gli elementi rappresentativi sono passibili di variazioni e mutamenti.
• La nozione di schema consente di collegare l’autoregolazione organica e l’autoregolazione
cognitiva
• Schema può essere inteso in due modi: come rilevatore delle sequenze poste tra un’attività
del soggetto e gli stimoli che la producono e come strumento esplicativo rispetto agli
specifici accadimenti nei quali il soggetto si imbatte
• Siccome l’evoluzione cognitiva del soggetto prende il via dalle azioni e siccome la
schematizzazione è essenzialmente un processo intrinseco al soggetto, qualsiasi schema
comporta un processo di interiorizzazione. È quindi una costruzione astratta che tende a
stabilizzare le progressive strutture cognitive che ogni soggetto raggiunge nel suo sviluppo:
tale caratteristica conferisce allo schema una funzione normativa, o carica di teoria.
Cap. 3 UN PROBLEMA MAI DEL TUTTO RISOLTO
l’incontro con la psicoanalisi
P. è d’accordo sulla verità del freudismo ma pensa che sia ancora tutta da elaborare e
riconsiderare alla luce della psicologia contemporanea.
P. intrattenne un rapporto ambiguo con la psicoanalisi.
P. elaborò teorie costruttiviste (la conoscenza è un processo di continue produzioni, in interazioni
con tutte le altre discipline); ma queste aperture lo posero nella necessità di considerare anche le
componenti del vissuto affettivo, rilevanti sia in ambito evolutivo che cognitivo.
Non si tratta per P. di unire due discipline ma di pensare ad un approccio globale al problema della
formazione e allo sviluppo delle conoscenze. Questo presupposto di natura epistemologica è la
chiave di lettura di tutto il suo lavoro.
4 fasi di rapporto con la psicoanalisi da parte di P.
Prima fase (1920-1923)
In cui scrisse “la psychanalyse et ses rapport avec la psychologie de l’enfant”.
In alcune prime opere compaiono i frammenti delle interpretazioni dei sogni di un ventiduenne e di
una donna di 30 anni elaborate dallo stesso P.
Si proponeva di far emergere i punti critici di questa nuova scienza.
Introduce il concetto di equilibrazione ritenendolo adatto per unire psicologia e psicanalisi.
Secondo P. la dottrina di Freud presentava limiti evidenti: c’era qualcosa di maniacale nel voler
ricondurre all’istinto sessuale certe tendenze che sembravano invece più primitive, come la rivolta
di un figlio verso il padre, spesso come istinto di conservazione.
La psicoanalisi fa del concetto di inconscio il suo punto di partenza, i problemi iniziano quando si
tratta di stabilirne la natura, o almeno la genesi, e coglierne i rapporti con la coscienza. 8
In Freud è sempre presente un antagonismo fra conscio ed inconscio, questi due aspetti del
vissuto psichico sono separati in modo rigoroso. Per P. questa netta distinzione non ha ragione
d’essere e stabilisce che solo studi sperimentali, e non semplici opinioni, dovevano essere utilizzati
come strumenti d’indagine e che l’opposizione conscio/inconscio fosse da ritenersi fittizia.
La psicoanalisi necessita secondo P. di trasformarsi in scienza dell’uomo, di adottare opportune
metodologie per far ciò e non limitarsi ad essere scienza della natura, evitando così la
personificazione dell’uomo.
Egli riteneva positivo il metodo d’approccio con il paziente che consisteva nell’avvicinarsi e
relazionarsi con lui. Comunque Piaget, rilevando la troppo marcata opposizione concio/inconscio,
osservava come gli schemi esplicativi della psicoanalisi (tra cui la libido, la rimozione, la
sublimazione e il simbolismo) fossero equivoci e limitati: per questo sosteneva che nel Freudismo
le concezioni teoriche richiedevano una messa a punto generale. Questa imprecisione del
freudismo non era per P. un male, per lui era un privilegio per una dottrina debuttare nel caos; per
P. significa “saper cogliere nel disordine, creato dalle nuove conoscenze, gli spunti per
amplificarle, correggerle e produrre nuovo sapere.”
Seconda fase (1923-1933)
In questi lavori di p. l’intento è di adattare, tramite correzioni, adeguamenti e ampliamenti, alcuni
concetti psicanalitici alle proprie costruzioni.
Emerge il metodo clinico (preso dalla psicanalisi ed approvato dal suo maestro Claparède) di
Piaget, che consiste nel lasciar parlare liberamente il bambino, seguendolo in ognuna delle sue
risposte, anche se contraddittorie o incomprensibili.
Questo metodo secondo P. acquisiva valore particolare anche perché non presentava:
a) i limiti della somministrazione dei reattivi, o test. Con il rischio di operare sempre in
condizioni identiche e di non tener conto del contesto ambientale proponendo
inoltre sempre le stesse domande si correva il rischio di falsare l’orientamento
mentale del soggetto.
b) i limiti dell’osservazione pura. Che non avrebbe permesso la possibilità di
interrogare in bambino e di cogliere i suoi possibili condizionamenti; non avrebbe
permesso inoltre di distinguere tra attività ludica e attività non ludica del bambino.
Sinteticamente, il metodo clinico consiste nel formulare una domanda, mai rivolta casualmente,
che rimanda a quello che il bambino spontaneamente pensa a proposito di un dato argomento. Le
successive questioni si focalizzano sulla risposta del soggetto, per consentire la prosecuzione del
dialogo e poterlo condurre sino al punto prestabilito dallo sperimentatore, esige inoltre una ben
controllata formulazione delle domande, un attento e continuo sforzo di analisi del contenuto e
significato di ogni rispo