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TERZA PARTE: GLI ERRORI DI RAGIONAMENTO
Capitolo 9: LA VARIA NATURA DEGLI ERRORI DI RAGIONAMENTO
Vi sono condizioni che rendono difficile seguire o produrre un ragionamento: infatti, a volte il pensiero produce ragionamenti sbagliati che contengono, cioè, degli errori.
Il problema degli errori di ragionamento può presentarsi in 2 forme fondamentali:
- la prima riguarda una lettura non corretta della realtà (per esempio, per un bambino di 2 anni che veda la propria immagine riflessa in uno specchio, un errore potrebbe essere quello di andare dietro lo specchio per incontrare il bambino che sta al di là);
- la seconda riguarda l'incapacità di utilizzare in modo corretto i rapporti spaziali, temporali, logici e causali (per esempio, per un bambino di 5 anni, un errore potrebbe essere la tendenza a valutare l'età delle persone sulla base della loro altezza).
La maggior parte degli errori di questo tipo, che rendono inefficace il ragionamento, vengono
superati con il crescere dell'età, grazie allo sviluppo intellettuale e all'insegnamento scolastico che permettono di affinare e potenziare la capacità di leggere in modo adeguato la realtà e di utilizzare in modo corretto i vari rapporti che collegano le varie affermazioni. Tuttavia, gli errori di ragionamento di questo tipo possono permanere anche nell'età adulta, soprattutto quando i ragionamenti presentano un certo grado di complessità oppure quando nel ragionamento si inseriscono elementi emotivi (per esempio resistenze, speranze, attese) o caratteriali (per esempio la tendenza ad un'eccessiva schematizzazione). Capitolo 10: CREDENZE ERRONEE Anche coloro i quali hanno accolto le credenze diffuse ma prive di fondamento, non solo per suggestione o pressione di gruppo, ma avendo meditato sulla loro credibilità, compiono con frequenza degli errori di ragionamento fondati su una lettura incompleta dei fatti. Petter in una ricerca haStudiato una credenza abbastanza diffusa, quella relativa allatelepatia, cioè alla possibilità di conoscere a distanza un certo avvenimento nelmomento stesso in cui esso si sta verificando.
Nella 1° fase della ricerca ha stabilito, tra gli studenti della Facoltà di Psicologia, che:
- il 60% ritenevano che il fenomeno della telepatia fosse un fenomeno reale;
- il 10% pensavano che non avesse alcun fondamento;
- il 30% non avevano un'opinione definita.
Nella 2° fase ha chiesto sia a coloro che credevano nella realtà del fenomeno, sia a coloro che dichiaravano di non credervi, di esplicitare le ragioni sulle quali erano fondati la loro credenza o il loro scetticismo:
- il 10% faceva riferimento a qualche libro letto, a qualche esperimento di cui si era sentito parlare;
- il 25% faceva riferimento a qualche esperienza personale;
- il 65% faceva riferimento ad esperienze compiute da altri.
Analizzando questi dati, Petter ha rilevato 3 cose:
- rarità dell'evento gli esempi del manifestarsi della telepatia erano rari: infatti, molti soggetti riuscivano a portare solo uno o due esempi di esperienze personali, mentre altri non erano in grado di raccontare esperienze compiute di persona e dovevano ricorrere alle testimonianze, anch'esse rare; 192. tendenza a tener conto solo delle prove a favore infatti vi è la mancanza di consapevolezza degli innumerevoli casi in cui la telepatia non c'è stata, per cui vi è un'incompleta lettura dei fatti; 3. presenza di eventi emotivamente molto connotati infatti, si ha la tendenza a ricordare esperienze con una connotazione emotiva molto alta, soprattutto esperienze negative: il motivo è la persistenza di un determinato pensiero, costante, che riguarda parenti o amici ai quali si pensa spesso (soprattutto quando si è preoccupati per loro) che a un certo punto viene soddisfatto: in pratica, è una credenza che si auto-alimenta. Tuttavia,
Petter ha notato che vi era, in una parte di questi studenti, una certa resistenza di fronte alle sue osservazioni, un rifiuto di accettarle e di mutare opinione. Comunque, a ciò contrapponevano anche l'idea che proprio la situazione di parentela o di amicizia, e la tensione emotiva che caratterizzava l'evento, facilitassero questa telepatia, fornendo l'energia necessaria per realizzare questa sorta di sintonia.
Capitolo 11: RICORDI SELETTIVI
Una credenza che tende a permanere, che si auto-alimenta si ha quando coloro che la condividono sono inclini a trovare sempre e comunque nella realtà dati di fatto che sembrano sostenerla, senza giungere a vedere anche i dati che la contraddicono.
Una credenza erronea che si auto-alimenta e che è uno dei contributi più interessanti, è quella di Kanizsa sulla validazione delle diagnosi di personalità. Tale ricerca mette in luce un errore che deriva da un'inadeguata lettura della realtà.
eche consiste nel dare, di volta in volta, e a seconda delle circostanze e delle attese, il carattere di figura dominante a certi ricordi che confermano le proprie convinzioni o previsioni, mentre altri vengono temporaneamente ignorati.Kanizsa voleva dimostrare che, quando si utilizza un test di personalità, come prova della validità del test non è corretto ricorrere alla testimonianza dei soggetti ai quali è stato applicato: infatti, il modo corretto per valicare un test di personalità consiste per ex. nel vedere se i risultati correlano con quelli di altri test la cui validità sia già stata controllata.
Tuttavia, i risultati da lui ottenuti permettono di cogliere i meccanismi psicologici che sono in gioco anche nel caso di pratiche piuttosto diffuse (per ex. la lettura della mano o delle carte, l'interpretazione mattutina dei propri sogni, la consultazione dell'oroscopo).
L'esperimento consisteva nel comunicare al soggetto che
dall'America era giunto dapoco un nuovo test di personalità molto interessante e soprattutto di facile applicazione: infatti, si trattava di tracciare su un foglio uno scarabocchio muovendo la mano per un minuto senza staccare mai la matita dal foglio. Ottenuto lo scarabocchio, egli congedava il soggetto dicendogli che avrebbe studiato quel suo tracciato e invitandolo a tornare il giorno dopo per conoscere i risultati. Il giorno dopo, quando il soggetto ritornava, Kanizsa gli presentava una lista di affermazioni (composte da una o più parti) relative ai vari aspetti della personalità, invitandolo a leggerla, a riflettere un momento, e a dire se era d'accordo o meno con la diagnosi effettuata. I risultati furono sorprendenti, in quanto circa il 79% accettava le affermazioni, circa il 10% aveva dei dubbi su una parte delle affermazioni e circa l'11% non accettava le affermazioni. Questi risultati sono così sorprendenti per due motivi principali: 1. ilprima motivo riguarda il modo in cui erano formulati i tratti: in alcuni casi, infatti, la formulazione era generica, sfumata, fondata su espressioni come "in prevalenza" o "spesso"; in altri casi, nella stessa frase, ad un'affermazione in un senso si accompagna un'affermazione di senso contrario; in altri casi ancora, vengono presentati tratti interamente positivi o che sarebbero potenzialmente positivi se non fossero ostacolati da condizioni poco favorevoli. 2. il secondo motivo riguarda il processo messo in moto dalla lettura della diagnosi: questo processo viene favorito dal modo generico, o ambiguo, o positivo con cui i vari tratti sono formulati. Infatti, il fatto di vedersi attribuire da una diagnosi autorevole una certa qualità fa sì che emerga nella nostra coscienza la rappresentazione delle varie situazioni in cui abbiamo dato prova di possederla e lascia sullo sfondo i ricordi di quelle situazioni in cui abbiamo mostrato una.qualità opposta; inoltre, soprattutto se la qualità che ci viene attribuita è positiva, siamo disposti ad accettarla o perché pensavamo già di averla, o perché siamo lieti che una diagnosi autorevole ci riveli aspetti positivi di noi stessi che non pensavamo di avere, mentre lasciamo sullo sfondo le qualità che pensiamo non ci si addicono. Quindi, la vaghezza delle affermazioni e la bipolarità della nostra personalità, unite ad un atteggiamento di fiducia, danno avvio ad un meccanismo di organizzazione delle rappresentazioni in figura-sfondo che ci porta a notare con più facilità gli aspetti positivi di noi stessi, tralasciando sullo sfondo le qualità che pensiamo non ci si addicono. Capitolo 12: IPOTESI PARZIALI Vi sono errori che derivano dalla difficoltà a muoversi facilmente sul piano della realtà possibile, quella che può essere rappresentata mediante ipotesi anche senza essere mai stata.direttamente vissuta: questi errori derivano da uno sviluppo incompleto del pensiero ipotetico-deduttivo che, per completarsi e consolidarsi, richiede un addestramento che non tutti hanno la possibilità di compiere in modo approfondito. Il pensiero ipotetico-deduttivo è un pensiero che sa utilizzare con facilità delle ipotesi, ovvero delle rappresentazioni di certe realtà o di certi eventi che possono essere solo immaginati; inoltre, è un pensiero che sa mettere in rapporto fra loro due o più di tali situazioni ipotetiche, sia per formulare una previsione, sia per svolgere una dimostrazione: in pratica, è un pensiero col "doppio se" in cui i due "se" introducono due eventi ipotetici che, collegandosi tra loro, danno origine ad un certo risultato. Tuttavia vi possono essere vari tipi di difficoltà: 1. difficoltà a coordinare più ipotesi (errore di Simplicio) → Simplicio sostiene che la Terra è ferma,nel non considerare le altre ipotesi e nel non coordinarle adeguatamente.nel formulare solo in modo parziale la seconda