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CAPITOLO 2 – APOCALITTICI E INTEGRATI, OSSIA TECNOCRATI E POLITICI
Un approccio abbastanza radicato descrive i movimenti Lulu come formati individui interessati
solamente al loro particolare (il che significa che si oppongono alla costruzione di un’opera solo se
questa viene progettata entro i confini del loro territorio), ignoranti in materia, irrazionali ed
assoggettati alla “cultura del veto”, che li rende sospettosi ed avversi nei confronti di un qualsiasi
tipo di cambiamento. In quest’ottica, le opposizioni vengono definite Nimby, Noos (“Not On Our
Street”, cioè “Non sulla nostra via”), Banana (“Build Absolutely Nothing Anywhere Near Anyone”,
che significa “Non costruite assolutamente nulla da nessuna parte vicino a nessuno”) e Cave
(“Citizens Against Virtually Everything”, in italiano “Cittadini contrari praticamente a tutto”). Una
valutazione negativa può estendersi, anche, agli amministratori locali che si mostrano più sensibili
ed aperti al dialogo e che vengono, in conseguenza di ciò, accusati di offrire il loro supporto alle
opposizioni con l’unico scopo di accrescere il proprio potere politico ed etichettati come portatori
delle sindromi Nimey (“Not In My Electoral Yard”, che sta per “Non nel mio collegio elettorale”) e
Nimtoo (“Not In My Term Of Office”, traducibile in italiano come “Non finché governo”). Questa
è la chiave di lettura “apocalittica” o “tecnocratica”, secondo cui i rapporti tra proponenti e locali
possono essere gestiti solo con interventi “muscolari”, in quanto, per natura, conflittuali.
L’approccio tecnocratico ha fatto la sua comparsa negli anni ’70 ed è responsabile del paragone tra i
movimenti Lulu e malattie mentali che, se non “curate”, si renderanno responsabili del decadimento
dell’Occidente in ambito sia sociale sia economico. Alla base di questa visione, vi sono due idee
fondamentali:
- la convinzione che le infrastrutture vadano costruite sempre e comunque questa
concezione nasce in nome di un bene comune, da perseguire ad ogni costo, contrastando
aspramente l’ignoranza, la “cultura del veto”, l’irrazionalità e l’egoismo degli oppositori. In
realtà, il postulato di ignoranza non ha trovato alcun riscontro nelle ricerche empiriche, che
hanno, al contrario, dimostrato l’esistenza di una relazione di interdipendenza tra l’esattezza
delle conoscenze di cui dispongono i cittadini locali e la loro opposizione verso l’intervento
sgradito. Anche la “cultura del veto” non sembra trovare un riscontro effettivo, dal momento
che le opinioni dei cittadini non risultano essere legate alla loro zona di residenza ma
appaiono, al contrario, eterogenee. Lo stesso si può dire per quanto riguarda le accuse di
irrazionalità ed egoismo, poiché risulta difficile trovare delle persone di per sé favorevoli a
certi tipi di opere fintanto che queste non vengono costruite sul loro territorio e poiché, chi
vi si oppone, lo fa in quanto contrario tout court. Il fatto stesso di opporsi ha, del resto, dei
costi personali che possono essere anche molto importanti, in termini di stress, tempo, fatica
e stigmatizzazione, il che deve far pensare ad una maggiore complessità per quanto riguarda
il bilancio costi/benefici preso in considerazione. Non bisogna, inoltre, dimenticare che, in
diversi casi, la ricerca ha messo in luce come decise opposizioni locali siano riuscite a
bloccare la costruzione di infrastrutture in realtà pericolose o non sostenibili in termini
economici. L’approccio tecnocratico è, poi, debole già in partenza, per il semplice fatto che
ha un’opinione ambivalente circa i fenomeni Lulu, che considera da un lato irrazionali e,
dall’altro, abbastanza utilitaristi e razionali da poter reclamare la soluzione per loro più
conveniente. A questo si aggiunge l’accusa di “razzismo ambientale” che viene,
implicitamente, rivolta agli oppositori locali, a cui si rimprovera il fatto di non voler avere
nella loro zona, per esempio, delle opere di natura sociale atte ad offrire dei servizi alle fasce
deboli e maggiormente stigmatizzate della popolazione;
- la convinzione che gli esperti “ufficiali” non possano che avere ragione secondo questa
logica, tali esperti non sono passibili di fallimento per quanto riguarda la valutazione dei
rischi oggettiva che, in quanto tale, viene considerata l’unica corretta e degna di attenzione.
Questo paradigma oggettivista si contrappone a quello costruttivista dei locali, che si
basano, nei loro ragionamenti, sulla valutazione della relazione instaurata con i proponenti e
dei rischi che si corrono in termini di qualità di vita se non, addirittura, di sopravvivenza. E’
da dire che anche gli esperti non possono costituire un riferimento oggettivo, da un lato
poiché, come dimostrato dagli studi cognitivisti, tendono, analogamente a tutte le altre
persone, a valutare la realtà attraverso dei processi di semplificazione, più economici in
termini cognitivi ma che portano a risultati meno obiettivi ed affidabili, dall’altro perché
possono essere di parte. In Italia, infatti, non è infrequente che gli esperti “ufficiali” vengano
scelti facendo ricorso a criteri più politici che scientifici, così che si può arrivare a designare
come esperto di un determinato ambito una figura che, in vero, non ha nulla a che vedere o
quasi con la questione, ma che gode di una certa autorità derivatagli dalla notorietà. Questo
è quello che è successo, per esempio, quando è stato chiamato il Dott. Umberto Veronesi,
oncologo, a ricoprire il ruolo di Presidente dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, al posto di
chi ne avrebbe avuto più diritto, come un fisico od un ingegnere nucleare. Tale situazione si
inserisce, a pieno titolo, nel confermare il “principio di Peter”, secondo il quale, in
meritocrazia, si finisce per far carriera nel proprio settore in modo progressivo, fino anche
ad arrivare ad occupare una posizione per cui, in realtà, non si è adeguati: in altre parole, in
ogni gerarchia c’è chi riesce ad avanzare al punto da raggiungere il proprio livello di
incompetenza. Non di rado, comunque, i movimenti Lulu si servono di esperti indipendenti
e questo sia per dare credibilità alle loro rivendicazioni sia per politicizzare la controversia,
offrendo la possibilità di un dialogo tra due alternative ed evitando un passaggio, che sembra
inesorabile, dalla democrazia a quello che può essere definito un regime di “espertocrazia”.
Abbastanza frequentemente si verifica, in seno ai movimenti Lulu, un processo di “superamento
dell’etichetta Nimby”, caratterizzato ad un’estensione della propria area di interesse che va oltre
quelle che possono essere le preoccupazioni per il proprio spazio di vita e che finisce, infatti, per
allargarsi sia quantitativamente (cioè in senso geografico, andando a riguardare anche territori
diversi) sia qualitativamente (il che significa che cambia il focus delle proprie rivendicazioni, che si
fa via via più generale e basato sulla tutela degli interessi di una categoria più ampia di persone).
Questo fenomeno è oggetto di interesse dell’approccio integrato, affermatosi a partire dagli anni ’90
del secolo scorso e che ritiene che le motivazioni che spingono all’azione i movimenti Lulu siano
molteplici:
- la scarsa qualità del processo decisionale su cui si basa la scelta circa se e dove costruire
l’opera ne deriva che le opposizioni sono l’esito diretto di uno scarso dialogo tra gli
amministratori ed i cittadini, ove questi ultimi non godono di una sufficiente
rappresentatività;
- le diverse rappresentazioni del progetto che vengono formulate dai proponenti e dai locali
dal punto di vista soggettivo, i residenti tendono a guardare alla situazione da un livello di
scala inferiore, ponendo l’accento su quelle che sarebbero le conseguenze nell’ambito
ristretto della loro comunità, mentre i proponenti partono da un livello di scala più ampio,
che prende in considerazione interessi ed esigenze nazionali od internazionali). A causa di
questa incompatibilità di visioni, può svilupparsi, negli oppositori, un profondo senso di
ingiustizia, dovuto al timore di vedere il proprio territorio “invaso” e che diventa una forte
spinta motivazionale. Si tratta di un vissuto che può essere esperito, anche, dai proponenti,
qualora essi ragionino secondo l’approccio tecnocratico, i quali vedono così la controparte
come avversaria aprioristica di un progetto in realtà messo a punto con cura e finalizzato ad
un bene comune. Infine, non si deve trascurare la diversa posta morale: se gli oppositori
hanno come massimo interesse la tutela dei principi di giustizia ambientale e di equità
sociale, i proponenti pensano sulla base di una razionalità tecnica, volta a risolvere un
problema presente e futuro.
Da quanto detto fino ad ora, è possibile evincere fino a che punto sarebbe più edificante un rapporto
maggiormente paritario tra proponenti ed oppositori, come sostenuto dall’approccio integrato.
Questo, infatti, consentirebbe non solo di non violare i principi di giustizia sociale ed ambientale,
ma anche di evitare conflitti che possono arrivare, se non ad annullare la costruzione dell’opera in
questione, quanto meno ad ostacolarla ed a dilatarne i tempi.
CAPITOLO 3 – RAGIONI ED EFFETTI DELLA PROTESTA
Nella definizione dei fattori scatenanti che possono portare all’insorgenza di un movimento Lulu, è
possibile individuare tre grandi “canali” di motivazioni, che possono anche coesistere:
- la percezione di essere vittime di un’ingiustizia i residenti possono considerare il
processo decisionale in modo positivo o negativo a seconda dei criteri utilizzati (giustizia
procedurale) e degli effetti della decisione stessa, in termini di distribuzione sia dei costi sia
dei benefici connessi alla realizzazione del progetto (giustizia distributiva). In particolare,
tre criteri di allocazione delle risorse vengono giudicati corretti, e sono la contribuzione,
l’uguaglianza ed il bisogno. La contribuzione consiste in un’allocazione che sia
proporzionale al contributo offerto da ciascuna delle parti, l’uguaglianza è data da una
distribuzione di costi e benefici in modo equo per tutti ed il bisogno corrisponde in una
spartizione che si basi sulle necessità e sulle caratteristiche particolari delle singole parti.
Nel caso dei conflitti Lulu, il criterio che viene più spesso violato è quello dell’uguaglianza,
- Risolvere un problema di matematica
- Riassumere un testo
- Tradurre una frase
- E molto altro ancora...
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