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SPECIALIZZAZIONE DEI RUOLI DI GRUPPO

Parliamo della : ci sono due definizioni di ruolo, la prima è “le

aspettative condivise circa il modo in cui dovrebbe comportarsi una persona che occupa la posizione nel

gruppo”, questa è una delle due definizioni di ruolo (che riprende la definizione di “norma”, poi vedremo).

Una seconda definizione è di Bronfenbrenner: “l’insieme di attività e relazioni che ci si aspetta da parte di

una persona che occupa una particolare posizione all’interno della società e da parte di altri nei confronti

della persona in questione”. L’elemento che viene introdotto è “gli altri”, la reciprocità. Chi sono questi altri?

Sono i nostri partner di ruolo: se sono mamma, i partner sono i figli. La reciprocità e i partner di ruolo

completano la definizione di ruolo. La dimensione non è individuale, ma interattiva in cui l’altro è coinvolto.

C’è un esperimento di Zimbardo, quello della prigione di Stanford. I soggetti rispondono ai ruoli culturalmente

ascritti, rispondono alle caratteristiche del ruolo e si addentrano poi nella seconda interazione incassata, del

contesto carcerario, adeguandosi ai ruoli che in quel contesto si possono esercitare. c’è una risposta

personale a ruoli culturalmente ascritti. I comportamenti che ci aspettiamo all’interno del gruppo

appartengono alla cornice culturale, è la cornice culturale che ascrive. C’è una base culturale che crea delle

aspettative condivise che si fanno su un tessuto che è di tipo culturale. Abbiamo che è possibile distinguere

tra ruoli formali e informali. Nei ruoli formali abbiamo componente cultura di appartenenza a cui

aggiungiamo caratteristiche individuali. Ci sono degli studi di tipo psicosociale molto interessanti per esempio

sul ruolo dei docenti, sulla doppia anima che li dovrebbe istruire nell’arco della loro professione. I docenti

sono degli istruttori, perché trasmettono nozioni e degli stili di vita. Questo doppio stile risponde a questa

doppia componente dei ruoli formali, una componente culturale e una di tipo personale. C’è un romanzo

autobiografico in cui il ruolo del docente viene spiegato secondo questa doppia lettura: “diversità degli

insegnanti è sorprendente. Il fatto che ci stiano avanti così a lungo, osservati sempre, oggetti dell’unico vero

interesse della classe, presenti in essa per un lungo tempo, la loro superiorità, il segreto in cui rimane avvolto

il resto della loro vita, il loro susseguirsi uno dopo l’altro, questa è un’altra scuola, che ci insegna la

molteplicità umana” (Canniti). La non diversità pure nella comparabilità della situazione, emerge fortemente,

emerge anche nell’esercizio di quel ruolo. Questo si riflette nel doppio stile che appartiene all’insegnante,

quello di istruttore ed educatore. (…)

Si va a creare una necessità di ordine esecutivo o espressivo e il soggetto a seconda delle sue caratteristiche

va a ricoprire il ruolo in quella nicchia: il gruppo va a creare la necessità del ruolo nel gruppo stesso. Questo

crea un rapporto di complementarietà tra l’esigenza del ruolo specifico e di ricoprire certi ruoli. Ci viene facile

pensare che + utili sono i ruoli strumentali perché portano allo scopo, ma i ruoli espressivi sono fondamentali

perché si occupano di gestire le relazioni sociali, e sono indispensabili perché si compi a compimento il

compito. Sul libro è presente il caso del collegio docenti. Il ruolo del membro invisibile e il ruolo del leader di

opposizione. Quest’utlimo che fa? Si contrappone al leader catalizzando area di dissenso, dà voce a questo

dissenso. Chi ricopre questo ruolo? I membri + assertivi, i membri che ricevono l’ascolto del gruppo, sono

quelli in grado di aggregare il dissenso. Non sono però dei leader. (…)

Identifichiamo tre funzioni della specializzazione di ruoli, che sono simili per quelle viste nel sistema di status.

Arriviamo alle NORME: “ASPETTATIVE CONDIVISE CIRCA IL MODO CON CUI DOVREBBERO COMPORTARSI I

MEMBRI DI UN GRUPPO”. Cambiano le parole finali ma riprende la prima definizione di ruolo. Cosa cambia?

Lì era solo una persona che occupa una posizione, qui è i membri del gruppo. Anche qui parliamo di

aspettative comuni, ma parliamo di tutti i membri del gruppo. La norma è quello che mi aspetto da tutti i

membri del gruppo. Quindi il sistema normativo definisce i comportamenti di tutti i membri di un gruppo. La

definizione che dà Sherif anche è bella: dice che la norma definisce la latitudine delle differenze, definisce un

ventaglio di valori comportamentali e questo repertorio è quello che si può coprire appartenendo ad un

gruppo. “una norma definisce la norma o la gamma della latitudine delle differenze individuali che i membri

del gruppo ritengono accettabile, nonché i limiti al di là del quale un certo comportamento può essere

biasimato tramite la disapprovazione o altre sanzioni a seconda della gravità della violazione.” Ci sono dei

comportamenti che il gruppo ritiene accettabili, dice Sherif: se io esco da questo repertorio, quella è una

deviazione dalla norma e va sanzionata. Se non c’è sistema normativo non c’è gruppo, dice Sherif. Quali sono

i comportamenti accettabili? (…)

Distinzione tra norme esplicite ed implicite, quelle implicite che non hanno un grado di formalizzazione sono

comunque forti. Ci sono norme che non possono essere derogate: se un partito dà indicazioni e qualche

parlamentare decide di votare di coscienza, il rischio è che cada la coalizione, che cada il governo. Le norme

periferiche sono le “zone grigie” del gruppo, zone che non vanno derogate e che sono sempre oltre quella

latitudine delle differenze, ma sono derogabili proporzionalmente al sistema di status: + alta è la mia

posizione + è possibile che io deroghi alle norme periferiche: se io ho questo alto status possono permettermi

di derogare norme. Se siamo per esempio in un gruppo e i membri arrivano in ritardo è un comportamento

che viene biasimato: fatta da posizioni basse il comportamento viene biasimato se fatto da quelli alti no.

Quindi zone grigie sono derogabili, non hanno una evidenza cromatica chiara (per questo dette “grigie” da

Sherif). Ma come si producono le norme? Le norme sono un prodotto collettivo. Se sono un prodotto, quali

processi sovrintendono? Facciamo 4 ipotesi: la prima è che esistono processi diversi per tipi di norme diverse.

Op ? dice che a seconda della tipologia di norme abbiamo un processo specifico. Esistono norme istituzionali,

volontarie, evolutive e a seconda di questo abbiamo un processo diverso. Le norme istituzionali sono diffuse

istituzionalmente, diverse sono quelle volontarie, che dicono quelli del gruppo.

Una seconda ipotesi è prodotta da Ferman (?) che parla di schemi iniziali di comportamento: entrati in un

gruppo i nostri membri hanno modalità di comportamento che sono modalità iniziali. Diventa uno schema di

comportamento che si stabilizza per l’intero gruppo. Terza ipotesi è la matrice cognitiva. Gli individui

funzionano con questi script, e ognuno ne ha dei propri: il gruppo va via via negoziando le varie possibilità di

categorizzazione cognitiva, confrontando script fino ad arrivare a degli script condivisi. Alla fine si generano

degli script condivisi che permettano a tutti i membri di categorizzare situazioni e gli permettono quindi di

comportarsi in maniera omogenea. La quarta ipotesi è quella + complessa ma + affascinante ed è l’ipotesi di

Sherif che parla di meccanismo sociale di formazione delle norme. Fa riferimento all’esperimento dell’effetto

autocinetico dicendo che le norme sono solo socialmente costruite o quanto meno, creando una situazione

sperimentale in cui il gruppo non ha interessi personali, non ha scopi di gruppo, in una situazione senza questi

elementi il gruppo consolida una norma. Perché il gruppo consolida una norma socialmente costruita? Il

punto di partenza è l’ambiente buio con un punto luminoso al suo interno. Se il soggetto non conosce

distanza tra sé e punto luminoso, stima difficilmente lo spostamento del punto luminoso. Questo effetto

Sherif lo sperimenta in una ricerca di laboratorio: il compito è di giudicare la variazione del movimento del

punto luminoso. Le condizioni sperimentali dell’esecuzione di questo compito sono una individuale e l’altra

di gruppo. Nella condizione di gruppo sherif identifica due condizioni, una prevede prima la stima individuale

e poi quella di gruppo, nell’altra è il contrario. Nella condizione individuale i soggetti stimano secondo quello

che credono. Nelle due sottocondizioni di gruppo succedono queste cose: nella prima condizione valutano

come ritengono e poi stimando insieme agli altri si lasciano influenzare dalla stima degli altri e quindi

spostano il punto di riferimento acquisendo quello degli altri e stimando in base a questo nuovo punto di

riferimento la variazione. La presenza degli altri ha portato ad una differenza nella mia stima. Nella seconda

sottocondizione è ancora peggio. Sherif ci ha detto che le norme sono costruite socialmente e che ci

atteniamo a quelle norme anche quando siamo da soli, infatti quando dopo i membri venivano lasciati soli

continuavano a dare i risultati a cui erano giunti in gruppo.

GRUPPI LEZIONE 9 (14/4/14)

Analizziamo le dinamiche della vita di gruppo, dinamiche che includono tutti i processi di specializzazione di

ruolo, sistema di status, norme ma anche quella leadership che per comodità di studio ho staccato in un

ulteriore nucleo tematico. Alcuni manuali illustrano aspetti della vita del gruppo come spetti strutturali

stabili, altri parlano di aspetti processuali. Gli elementi dell’architettura del gruppo sono tratti stabili o che si

evolvono? Sono entrambi: il gruppo è una struttura e questa struttura ha bisogno di tratti che la identifichino,

ma è necessario che questi aspetti vengano rimodellati dal gruppo. Quindi parleremo degli aspetti della vita

del gruppo come prodotti ma anche come processi. Gli aspetti della vita del gruppo configurati come

prodotto e come processo rendono il gruppo un organismo vivo. Il gruppo si concettualizza come un

organismo vivente grazie a questi fenomeni che sono prodotto e processo. Il primo di questi fenomeni che

SISTEMA DI STATUS

analizzeremo è il : ci sono dei comportamenti che mettono in evidenza le posizioni che

i membri ricoprono all’interno del gruppo. Quando osserviamo un gruppo notiamo che i comportamenti

verbali o non verbali dei membri ci diano indicazioni sulla loro posizione. Ci sono delle evidenze empiriche di

tipo verbale e non verbale che ci dicono che esiste un sistema di posizioni sociali nel gruppo. Lo status è la

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Dettagli
A.A. 2014-2015
43 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/05 Psicologia sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher liliana.dassisti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia sociale dei gruppi e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Annese Susanna.