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Processi di conoscenza e schemi nella teoria cognitiva

Il bisogno in questo caso è la cognizione stessa, quindi l'elaborazione dei dati. Un altro bisogno è la chiusura cognitiva, ovvero l'esigenza di avere una risposta chiara. A seconda dello scopo possiamo seguire due processi di conoscenza:

  1. Processi Top-Down: in questo caso si elaborano i "dati" contenuti in memoria.
  2. Processi Bottom-Up: mentre in questo caso facciamo affidamento sugli stimoli esterni che raccogliamo coi nostri sensi.

Importanti per la teoria cognitiva sono gli schemi, strutture di dati che servono a rappresentare conoscenze. Gli schemi possono essere considerati come elemento strutturale, hanno una struttura piramidale e la loro funzione è quella di prendere le informazioni e organizzarle, attribuendone un nuovo senso.

Esistono diversi tipi di schema:

  • Schema di persona: insieme di conoscenze che classificano le persone in base a diverse caratteristiche.
  • Schemi di sé: contengono le informazioni relative a se stessi.
  • Schemi...

DI RUOLO: organizzano le conoscenze relative ai comportamenti attesi da una persona con un dato ruolo all'interno della società. Esistono ruoli acquisiti (medico, professore) e ruoli ascritti (genere sessuale, etnia).

SCHEMI DI EVENTI: vengono definiti script, e sono una sorta di copione che indica una sequenza di azioni che vengono compiute abitualmente; all'interno di questo copione sono comprese le aspettative che abbiamo sul modo in cui si comporteranno gli (es. le persone conoscono il "copione" di comportamento da seguire al ristorante, ed hanno aspettative precise rispetto al comportamento del cameriere ed alle regole da seguire).

Atteggiamenti e rappresentazioni sociali: Gli atteggiamenti sono una forma valutativa della conoscenza che oscilla tra il positivo e il negativo e sono più profondi di un'opinione in quanto rimandano ad uno stato interno della persona al quale partecipano anche le emozioni.

Psicologia sociale 13: Il comportamento umano

è influenzato dagli atteggiamenti, per questo per modificare il comportamento di una persona dobbiamo partire dagli atteggiamenti. L’espressione “atteggiamento sociale” fu introdotta da Thomas e Znaniecki, divisero il campo di studio in due ambiti, quello SOCIALE e quello SOGGETTIVO, ritenendo inscindibile lo studio dell’atteggiamento dalla dimensione sociale. Questa impostazione, però, venne subito eclissata dagli studi focalizzati sulle determinanti soggettive degli atteggiamenti. In tal senso, Rosenberg e Hovland, proposero un modello tripartito nel quale venivano introdotti i tre componenti dell’atteggiamento: La DIMENSIONE CONOSCITIVA che prevedeva ordini di tipo cognitivo La DIMENSIONE AFFETTIVA, che comprende emozioni e sentimenti E infine la TENDENZA AD AGIRE, vista come una “disponibilità” che impegna l’individuo. Misurare gli atteggiamenti L’analisi di questi atteggiamenti fin da subito ha costituito uncome una componente fondamentale del comportamento umano. Gli atteggiamenti sono le nostre valutazioni, opinioni e predisposizioni verso persone, oggetti, eventi o idee. Possono influenzare le nostre reazioni e le nostre decisioni. La formazione degli atteggiamenti avviene attraverso un processo complesso che coinvolge l'apprendimento, l'esperienza personale, l'influenza sociale e culturale. I nostri atteggiamenti possono essere influenzati da fattori come l'educazione, la famiglia, i media e le interazioni sociali. I cambiamenti degli atteggiamenti possono avvenire attraverso diverse strategie. Una di queste è l'esposizione ripetuta a un determinato oggetto o idea, che può portare a una familiarità e accettazione progressiva. Un altro metodo è l'influenza sociale, in cui le opinioni e i comportamenti degli altri possono influenzare i nostri atteggiamenti. La persuasione è un'altra strategia comune, che coinvolge l'utilizzo di argomenti e tecniche persuasive per modificare le opinioni delle persone. In conclusione, gli atteggiamenti sono una parte importante della nostra vita e possono influenzare il nostro comportamento e le nostre decisioni. La comprensione della formazione e del cambiamento degli atteggiamenti è fondamentale per la Psicologia Sociale.come derivantidall’esperienza. Da questa base si sono sviluppate varie teorie sulla modalità diformazione dell’atteggiamento:

Psicologia sociale

ESPERIENZA DIRETTA: Per esempio un atteggiamento verso un partito politicopuò formarsi se si fa parte in quello stesso partito. Questi tipi di atteggiamentosono quelli più resistenti al cambiamento.

ESPERIENZA MEDIATA: È quella che può nascere ogni qual volta che siosserva il comportamento di un’altra persona. Riprendendo l’esempio di prima,l’atteggiamento verso quel partito può formarsi in base alle valutazioni dei suoimembri.

PROCESSI DI MERA ESPOSIZIONE: La formazione degli atteggiamenti puòavvenire anche attraverso l’esposizione visiva di uno stimolo ripetuto. Questoprocesso è altamente sfruttato dalle pubblicità.

Il problema della formazione degli atteggiamenti è strettamente legato a quello delloro cambiamento. Nonostante molte

ricerche hanno affermato la tendenza di una persona al "conservatorismo cognitivo", che porta gli individui a mantenere costanti i propri atteggiamenti, possono esservi comunque delle situazioni in cui cambiano. Un atteggiamento infatti può cambiare per osservazione degli altri, per esperienze dirette o attraverso la comunicazione persuasiva. Gli atteggiamenti possono essere modificati anche attraverso un'altra via, attraverso la già citata teoria della Dissonanza Cognitiva. In questo caso è la discrepanza tra un atteggiamento precedentemente tenuto e la nuova situazione che, provocando un disagio cognitivo, spinge l'individuo al cambiamento del suo atteggiamento. Pregiudizi e stereotipi Il pregiudizio è un'opinione aprioristica (ho un'opinione prima di relazionarmi con quella persona) con connotazione quasi sempre negativa. Il pregiudizio si differenzia dallo stereotipo perché il secondo descrive un'immagine

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Il pregiudizio è una semplificazione di una categoria di persone o un evento, condivisa da più persone. Nonostante questa differenza, lo stereotipo, in genere, accompagna il pregiudizio.

La discriminazione

I pregiudizi, talvolta, si traducono in forme di discriminazione. L'idea di discriminazione si basa sulla stereotipizzazione. Negli stereotipi creiamo delle immagini iper-semplificate di una categoria sociale, che permettono la differenziazione positiva del proprio gruppo (ingroup) rispetto ad altri gruppi (outgroup).

Il razzismo

Una delle derive del pregiudizio è il razzismo. Il razzismo si può dividere in:

RAZZISMO PRIMARIO: che riguarda il semplice senso di antipatia verso l'estraneo.

RAZZISMO SECONDARIO: nel quale si formula una teoria esplicativa la quale fornisce delle basi logico-razionali alla discriminazione (gli immigrati rubano i posti di lavoro, dunque l'immigrazione è sbagliata).

RAZZISMO TERZIARIO: è un tipo di razzismo che si basa su

del risultato. Quando le persone percepiscono che il raggiungimento dei loro obiettivi dipende dal successo del gruppo nel suo complesso, si sviluppa un senso di coesione e di identità di gruppo. Nel corso della storia, i fattori biologici hanno influenzato le relazioni tra gruppi e i conflitti che ne sono derivati. Un esempio noto è quello di Adolf Hitler e la sua ideologia razziale. Hitler credeva nella superiorità della razza ariana e promosse politiche di discriminazione e persecuzione nei confronti di gruppi considerati inferiori, come gli ebrei. Sherif fu il primo psicologo a studiare in modo approfondito le dinamiche dei gruppi e i conflitti che possono sorgere tra di essi. La sua ricerca sul "conflitto intergruppo" fu condotta nel contesto di un esperimento noto come "Esperimento della grotta di Robbers". Sherif dimostrò come la competizione per risorse limitate può portare a conflitti tra gruppi, ma anche come la cooperazione e la collaborazione possono ridurre i conflitti e promuovere la pace. L'interdipendenza del compito è un elemento fondamentale per l'esistenza dei gruppi. Quando le persone condividono obiettivi comuni e lavorano insieme per raggiungerli, si sviluppa un senso di appartenenza al gruppo. Questo porta alla necessità di organizzarsi, assegnare ruoli e stabilire norme all'interno del gruppo. Il raggiungimento degli obiettivi da parte dei gruppi può generare situazioni conflittuali, soprattutto quando le risorse disponibili sono limitate. Da un punto di vista psicosociale, il conflitto può portare alla formazione di stereotipi negativi e alla discriminazione verso il gruppo avversario. Oltre all'interdipendenza del compito, l'interdipendenza del risultato gioca un ruolo importante nella formazione dei gruppi. Quando le persone percepiscono che il loro successo dipende dal successo del gruppo nel suo insieme, si sviluppa un senso di coesione e di identità di gruppo. Questo può favorire la collaborazione e la cooperazione tra i membri del gruppo.

Del destino. Henri Tajfel, intergroup bias e identità sociale

Un altro Psicologo che studiò la relazione tra i gruppi fu Henri Tajfel. Egli affermava che il favoritismo verso il proprio gruppo è una conseguenza dei processi cognitivi di categorizzazione che accentuano le differenze con l'outgroup e minimizzano quelle con l'ingroup.

L'interesse di Tajfel per lo studio dei gruppi sociali e dei conflitti si deve alla sua storia personale. Tajfel, infatti, dopo essersi arruolato nell'esercito francese, venne rapito e dovette mantenere nascosta la sua identità ebrea. Questi episodi spinsero lo Psicologo ad interessarsi all'analisi delle categorie sociali.

Gli studi di Tajfel ruotavano attorno al paradigma dei gruppi minimi. Nei suoi esperimenti i soggetti non interagiscono tra di loro, dunque aveva totalmente eliminato il processo di interdipendenza lewiniano per evidenziare solamente il fattore "psicologico".

alla base della creazione di un gruppo. L'appartenenza ad un gruppo, inoltre, diviene un fattore importante quando permette il promuovere di un'identità sociale, grazie alla valorizzazione del proprio ingroup a discapito dell'outgroup. Questa tendenza prende il nome di ingroup bias.

L'identità sociale, per lo Psicologo, oltre a fondarsi su di un'identità personale, si fonda anche sull'appartenenza a uno o più gruppi. Ovviamente non tutti i gruppi sono così significativi da permettere la creazione di un'identità sociale.

Alla base dell'ingroup bias troviamo due processi psicologici principali:

La CATEGORIZZAZIONE SOCIALE, che prevede l'accentuazione delle differenze con gli altri gruppi e la minimizzazione delle differenze con l'ingroup.

Il processo di IDENTIFICAZIONE SOCIALE, che si rifà alla teoria del confronto sociale di Festinger, secondo cui gli individui valutano le proprie

Formattazione del testo

Abilità confrontandosi con individui di caratteristiche simili. Tajfel afferma che ciò accade anche nei gruppi, dove però la finalità del confronto è l'autoaccrescimento.

LA TEORIA DELLA CATEGORIZZAZIONE DEL SE'

Turner, dopo la morte di Tajfel, sviluppa quella che è la categorizzazione del sé, una teoria più cognitiva che afferma che il comportamento individuale e quello di gruppo possono essere entrambi fondati sullo stesso processo di categorizzazione che applichiamo a noi stessi e alle altre persone. Questo processo di categorizzazione si poggia su tre livelli:

  1. LIVELLO SOVRAORDINATO: l'individuo si vede come un essere umano (identità umana).
  2. LIVELLO INTERMEDIO: l'individuo si vede come un membro del gruppo (identità sociale).
  3. LIVELLO SUBORDINATO: l'individuo si vede come un'unità unica rispetto ai membri dell'ingroup (identità personale).
Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
19 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/05 Psicologia sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher rosscom di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia sociale dei gruppi e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Fasanelli Roberto.