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SCH.CORPOREO

1. IMMAGINE CORPOREA

2. PERCEZIONE E AUTOVALUTAZIONE DELLA PROPRIA ENTITA’ PSICHICA

3. VALUTAZIONE INTERIORI DEI GIUDIZI DATI DAGLI ALTRI SUL NOSTRO

4. CONTO.

Per SCH.CORPOREO – IMMAGINE CORPOREA ci si riferisce alla stessa cosa, cioè

all’integrazione delle esperienze fisiologiche – psicologiche. In altre parole intendiamo

l’immagine tridimensionale che ci facciamo del nostro corpo nella mente, attraverso

tutte le info raccolte dagli organi di senso (propriocettive, termiche,

dolorifiche,tattili, viscerali); queste info permettono di distinguere noi stessi da ciò

che è fuori. Le Boulch definisce lo SCH.CORPOREO come “la conoscenza immediata

del proprio corpo in posizione statica o dinamica, in rapporto alle diverse parti fra

loro e, soprattutto, nei rapporti con lo spazio e gli oggetti che lo circondano”.

Da un punto di vista neuro anatomico ..> Le aree sens.tattile (AREE PARIETALI) – udito

(AREE TEMPORALI) – visive (AREE OCCIPITALI), sono collegate ad una regione

dell’emisfero situata in corrispondenza alle circonvoluzioni che circondano

l’estremità posteriore della scissura di Silvio – primo solco temporale, questa è

l’AREA DELLO SCH.CORPOREO.

Gli ultimi 2 punti (3 – 4) sono fondamentali nella strutturazione della nostra

IMM.CORPOREA; essa infatti è correlata alla nostra storia personale e a quello che il

mondo esterno dice su di noi: “ognuno di noi si sente e si pensa x come è stato sentito

e pensato” (Crocetti).

Trasformazioni dell’IMM.CORPOREA

L’IMM.CORPOREA non è però un qualcosa di stabile e unico, ma è continuamente

soggetta a modifiche a seconda delle condizioni in cui ci troviamo. Queste modifiche

avvengono in seguito alle esperienze che continuamente facciamo e in base alle azioni

del mondo esterno. L’idea che abbiamo del nostro corpo ( corpo reale e

immaginato) si modifica per tutta la vita e varia nelle condizioni di salute e malattia.

Esiste un continuo interscambio tra la nostra imm.corporea e quella altrui, possiamo

infatti introiettare parti dell’imm.corporea altrui, così come possiamo introiettare la

nostra, in parte o x intero. Tale processo secondo Schilder avviene continuamente.

Anche le COSE possono entrare a far parte della nostra imm.corporea, contribuendo

a modificarla (abiti, tatuaggi, trucco, pettinature, ecc).

Le trasformazioni dell’IMM.CORPOREA nell’adolescenza  Il CORPO non è solo un

fenomeno biologico ma anche una costruzione mentale graduale e complessa

(CORPO IMMAGINATO) che si sviluppa soprattutto all’interno della relazione con la

madre.

Con l’ arrivo dell’adolescenza avviene la rottura delle relazioni e scambi corporei fra

madre e figlio, in quanto il corpo di cui l’adolescente gode è capace di svolgere le

stesse funzioni di quello dei genitori (procreare, provare piacere); la fine delle relazioni-

scambi materni è data proprio dalla consapevolezza di avere un proprio corpo da poter

usare liberamente.

In questa fase l’adolescente è costretto ad accettare un corpo che non ha scelto ma

che è x lui un dono. La conflittualità tipica di questa età verso le figure genitoriali e adulte

può ricadere sul corpo, un corpo che non piace e che non si accetta perché esprime

le somiglianze con adulti e genitori considerati come nemici.

L’adolescente va a scindere il proprio corpo che non è più a disposizione della

mente, il CORPO DESIDERATO è altrove. Il PROPRIO CORPO diventa dunque un

oggetto da plasmare, aggredire, deturpare, deformare con un look provocatorio 

CORPO OGGETTO.

Con l’adolescenza x molti giovani il corpo si trasforma in un rivale, in un luogo di

complessi (dismorfofobie), il corpo viene vissuto non più come qualcosa da scoprire e

valorizzare, ma come oggetto estraneo a cui ci si deve adattare.

Il fatto di possedere, abitare un corpo e trattarlo come un oggetto da parte dell’atleta

adolescente, rappresenta motivo di preoccupazione (palestra rappresenta il luogo del

corpo plastico, scolpito e x questo considerato come laboratorio nel quale manipolare il

proprio corpo a seconda di quei canoni proposti dalla società).

Corpo dismorfofobico

“C’è una specie di orco dentro di me che sa sempre cosa vuole e non è mai contento, è

insaziabile” – Filippo, 17 anni soffre di DISMORFOFOBIA  “è la paura di essere brutto, di

esporsi sempre allo

sguardo degli altri come se si trovasse sempre in un tribunale; in altre parole è una

sensazione soggettiva di deformità o di difetto fisico, per la quale il soggetto ritiene

di essere notato dagli altri, nonostante il suo aspetto rientri nei limiti della norma.

È la malattia generata dalla società dei consumi e dell’immagine. Chi non ha la fortuna

di nascere bello o almeno di sentirsi in pace con il proprio narcisismo ha il diritto/dovere di

fare qualcosa per migliorarsi. Una volta si chiamava costruzione di sé ed era un lungo,

faticoso processo di crescita personale. Oggi si chiama più materialisticamente

RICOSTRUZIONE. E i sacerdoti di questa transustanzazione del corpo in immagine sono

i chirurghi estetici. Lo dicono i dati della società italiana di di chirurgia plastica, ricostruttiva

ed estetica: in Italia c’è un intervento ogni due minuti circa (297 mila nel 2009).

Il soggetto dismorfofobico passa intere ore a controllare il proprio aspetto fisico allo

specchio (molti lo evitano x diminuire la loro angoscia), mettendo in atto comportamenti

esagerati e al limite compulsivi (pettinarsi in continuazione, eliminare peli superflui,

camuffare il proprio difetto, richiedere interventi chirurgia estetica,ecc).

L’insorgenza della DISMORFOFOBIA avviene generalmente nell’adolescenza, fase in cui

al profondo mutamento del corpo si associa la disperata ricerca di una propria identità.

Lo sviluppo e mantenimento di un DIS.DI DISMORFISMO CORPOREO è favorito da:

personalità premorbosa con tratti ossessivi – schizoidi o narcisistici – fattori

socioculturali (cultura del “bello” presente nella società moderna).

Molte persone sono insoddisfatte del loro aspetto fisico e ovviamente questo di x sé non

rappresenta un sintomo di interesse psichiatrico. La semplice insoddisfazione x il

proprio aspetto diviene patologica quando i pazienti dismorfofobici ritengono che gli altri

siano consapevoli della loro deformità fino al punto che l’ansia e la preoccupazione

portano ad un disturbo della funzionalità sociale. L’intera vita del paziente può essere

sconvolta fino ad arrivare ad un isolamento sociale estremo e in rari casi al suicidio. In

questi casi la preoccupazione è così esclusivamente concentrata su un aspetto del

corpo, vissuto come deformato, ripugnante, ridicolo che l’intera esistenza di un

individuo è dominata da questa preoccupazione e nient’altro ha più significato

(CORPO COMPLESSATO). Il difetto fisico in questione può essere immaginario o reale.

Decorso della dismorfofobia:

Frequente controllo giornaliero del difetto o direttamente o in una superficie

 riflettente

(specchi, vetrine dei negozi, paraurti delle macchine, vetri degli orologi)ù

Esagerati comportamenti di pulizia (eliminazione di peli, applicazione di cosmetici,

 manipolazione della pelle)

Sebbene il fine del controllo e della pulizia sia di diminuire l’ansia, questi

 comportamenti finiscono con l’aumentare la preoccupazione e l’ansia connessa.

Possibile eliminazione di specchi o loro copertura, o altre modalità per camuffare il

difetto

Alcuni soggetti possono essere esageratamente preoccupati che la parte “brutta”

 del loro corpo funzioni male o sia estremamente fragile e in costante pericolo di

venire danneggiata

La consapevolezza del difetto è scarsa e alcuni soggetti sono deliranti. Sono

 convinti che la loro visione del difetto è certa e non distorta e non possono essere

convinti altrimenti

Aspetti paranoidi correlati: i soggetti pensano che altri possano fare o stiano

 facendo attenzione al loro supposto difetto, magari parlandone o deridendola.

L’esperienza di ESSERE CORPO e di AVERE UN CORPO  L’atleta, soprattutto in

adolescenza, è incerto tra l’ESSERE un corpo – AVERE un corpo. L’esperienza che

hanno di loro stessi oscilla sempre da ESSERE – AVERE un corpo, e questo equilibrio

va continuamente ristabilito.

AVERE UN CORPO (CORPO CHE HO)  possiedo il corpo, abito un corpo. Corpo che

posso trattare come un OGGETTO da modellare, manipolare.

ESSERE UN CORPO (CORPO CHE SONO)  esperienza di sentirsi vivi, appartenere al

mondo, identificarsi nel proprio corpo. Tale dimensione corporea si percepisce nel fare

att.fisica, esercitando il proprio corpo ci si sente vivi, soprattutto quando si è in forma ..> in

questo caso la palestra è il luogo in cui il CORPO recupera il suo equilibrio, armonia.

L’atleta è impegnato in un lavoro fisico e mentale sul proprio CORPO REALE x far si che

aderisca il più possibile al CORPO IMMAGINATO (movimento psichico), che rimane il

principale oggetto di investimento, piacere, prestigio. Ad oggi il corpo perfetto, levigato,

privo di difetti è diventato il modello da perseguire.

Per gli atleti adolescenti il corpo è il metro su cui misurarsi: la cura del corpo esprime

bene il senso di abilità che l’atleta si attribuisce (un corpo curato è un corpo più abile).

Per cura di sé non si intende l’orientamento alla salute, ma piuttosto va intesa come

attenzione x come il corpo appare allo specchio e al giudizio degli altri.

Perseguire il CORPO IMMAGINATO attraverso: pratiche sportive, frequentazioni di

palestre, ossessioni dietetiche, attenzioni igieniche, culto della forma, autocompiacimento,

trasmette all’atleta un senso di onnipotenza (che è illusoria).

Quel corpo FORTE che si persegue nelle palestre è una corazza che serve a equilibrare

quel senso di vulnerabilità, fragilità e vuoto che si ha dentro. Molti atleti scoprono di

non accettarsi e di non essere accettati, vivono un disagio che corrisponde ad un senso di

inadeguatezza, scarsa autostima e disperato senso di inferiorità ..> sono come

giganti con piedi di argilla, corpi alla ricerca di una chiara identità.

CAP. IV

IL PERCORSO EVOLUTIVO DEL SE’ E DELL’IO: L’INCONTRO CON

LA DISABILITA’

ALTO – BASSO LIVELLO DI AUTOEFFICIENZA

Se il proprio corpo viene percepito forte, agile, efficiente, capace di fronteggiare le

situazioni difficili e di affrontare con successo le sfide dell’ambiente, si avrà gi

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
33 pagine
19 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/04 Psicologia dello sviluppo e psicologia dell'educazione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher AndriMariot di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia dell'handicap e della riabilitazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Tavella Sofia.