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LA SALIENZA DEL GENERE E DELL'ETNIA NELL'ETA' EVOLUTIVA
L'utilizzazione di una categoria sociale dipende dalla sua salienza e dalla sua accessibilità.
La SALIENZA rappresenta la caratteristica propria di quegli aspetti immediatamente identificabili per la loro
elevata disponibilità e per la rapidità di accesso nella nostra memoria (ad es. il genere o l'etnia).
L'ACCESSIBILITA' è la prontezza con la quale un'input con determinate proprietà o caratteristiche viene
identificato. Il concetto di accessibilità, a sua volta, va articolato in accessibilità CRONICA e SITUAZIONALE.
La prima riguarda soprattutto i fattori personali, la seconda i fattori contestuali.
Il genere e l'etnia sono gli indicatori che i bambini riescono ad utilizzare più precocemente (già a 4 anni) nel
processo di categorizzazione sociale.
GENERE. Relativamente al genere è emerso che i bambini sono in grado, anche in età molto precoce, di
identificare se stessi per genere e che la differenziazione di genere aumenta con l'età. Questo processo è
stato spiegato nei termini della GENDER SEGREGATION, che compare già a tre anni, permane sino
all'adolescenza ed è presente soprattutto nelle femmine. La maggiore consapevolezza femminile di
un'identità di genere è stata spiegata nei termini di una specie di reazione delle femmine al modo molto
assertivo con cui i maschi si relazionano con loro. Inoltre è emerso che il genere rappresenta una categoria
sempre saliente nella classificazione degli stimoli sociali, sebbene il suo utilizzo venga progressivamente
ridotto intorno ai 9 anni, probabilmente per l'utilizzo di criteri più complessi di ragionamento.
Secondo KOHLBERG una volta che l'identità di genere, che rappresenta una forma di categorizzazione del
sé, è costituita, essa spinge i bambini ad adottare comportamenti adeguati al loro sesso. Kohlberg ritiene
che tanto l'approccio comportamentista quanto quello biologico-maturazionale siano inadeguati. Il primo,
infatti, ritene che l'acquisizione dell'identità di genere sia resa possibile dalle ricompense ambientali
ricevute quando vengono messi in atto comportamenti coerenti al sesso. In quest'ottica, quindi, il
comportamento precede la cognizione ("sono stato premiato per aver fatto cose da maschi, devo essere un
maschio"). Kohlberg, invece, oppone a questa ipotesi la tesi contraria e cioè che la cognizione precede il
comportamento ("sono maschio, quindi faccio cose da maschi"). L'approccio biologico-maturazionale,
invece, ritiene che gli individui siano dotati di un determinato patrimonio genetico e ormonale che
predispone l'organismo a produrre risposte sessualmente diverse. KOHLBERG propone una spiegazione
diversa, di tipo cognitivista, secondo cui dall'acquisizione dei concetti "maschio" e "femmina" deriva
l'evoluzione dell'identità di genere, sulla base della quale, a loro volta, vengono organizzati i comportamenti
adeguatamente al sesso.
Una nota modalità utilizzata per studiare l'identità di genere in termini categoriali è quella utilizzata da
Weinraub, che ha sottoposto a bambini di età compresa tra i 26 e i 36 mesi una serie di prove finalizzate ad
individuare l'inizio e lo sviluppo della consapevolezza degli stereotipi di ruolo, l'etichettamento del genere,
l'identità di genere e le preferenze per i giocattoli tipici per sesso. Relativamente all'etichettamento del
genere gli studiosi hanno indagato l'etichettamento di genere non verbale, nonverbal gender labelling,
chiedendo ai bambini di inserire foto di maschi e femmine in scatole sulle quali erano raffigurati un uomo o
una donna, e l'etichettamento di genere verbale, verbal gender labelling, chiedendo ai soggetti esaminati di
indicare correttamente il sesso di una figura rappresentata. In riferimento all'identità di genere, sono state
esplorate rispettivamente la dimensione dell'identità di genere non verbale, nonverbal gender identity e la
dimensione dell'identità di genere verbale, verbal gender identity, proponendo ai bambini tre foto: un
maschio, una femmina ed il soggetto intervistato. Dai risultati è emerso che i bambini riuscivano prima
(intorno ai 26 mesi) nelle prove di etichettamento verbale e di identità verbale di genere, mentre
l'etichettamento non verbale si è rivelato più tardivo (31 mesi circa).
Ricerche successive hanno rivelato che a soli 2 anni i bambini sono capaci di identificare i due sessi ma
mostrano difficoltà ad indicare il proprio, e che a 3 anni appaiono, invece, capaci di autoetichettamento. In
realtà sembra che, in età così precoci, la discriminazione tra i sessi avvenga prima sulla base di dati di tipo
ambientale (ad es., i vestiti e la capigliatura) e solo successivamente sulla base di dati di tipo biologico.
Ciò consente di individuare, all'interno della costruzione dell'identità di genere, uno STADIO DELLA
CLASSIFICAZIONE DI GENERE (fondato sulle informazioni ambientali) ed uno STADIO DELLA COSTANZA DI
GENERE (fondato sulla consapevolezza della diversità biologica, e quindi "resistente" alle informazioni
ambientali incoerenti; in altri termini, è la consapevolezza che il genere si "conserva" a prescindere dalle
circostanze e dalle apparenze).
Sulla base di queste ipotesi sono state condotte diverse ricerche presentando ai soggetti foto o disegni di
bambini vestiti con abiti appartenenti all'altro sesso. Dai risultati è emerso che i bambini raggiungono la
costanza di genere dopo i 7 anni.
Pressoché nello stesso periodo sembra emergere la COSTANZA DI IDENTITA', definita dalla Aboud come la
stabile categorizzazione di un soggetto nei termini della sua appartenenza etnica nonostante i cambiamenti
dell'abbigliamento. Secondo l'autrice tale costanza, raggiunta intorno agli 8 anni, richiede il raggiungimento
del pensiero operatorio concreto.
Collegata a questo tipo di costanza vi è la cd. CHARACTER COSTANCY, che consiste nel considerare stabili e
non soggette a mutamento le caratteristiche personologiche sebbene cambino le caratteristiche esterne del
soggetto. Rotenberg ha esplorato, in bambini di età compresa tra i 5 e i 9 anni, la character costancy rispetto
a sé stessi e agli altri, ed è emerso che essa aumenta progressivamente con l'età.
In definitiva, la costanza di genere sembra articolarsi in più dimensioni: identità (ad es. individuare il sesso
di un soggetto presentato in foto), stabilità (ad es. rispondere correttamente a domande quali "quando
sarai grande diventerai una mamma o un papà?") e coerenza di genere (ad es. indicare il tipo di oggetto con
cui un maschio o una femmina vorrebbero giocare).
ETNIA. Non si sa ancora se l'etnia sia una categoria saliente nel processo di elaborazione delle informazioni
sociali al pari del genere, perché i risultati delle ricerche forniscono indicazioni diverse. Allo stesso modo,
non è chiaro se la sua salienza sia presente soprattutto in età precoce, per diminuire con l'aumentare
dell'età, o viceversa.
Davey e Norburn hanno centrato la loro attenzione sulle preferenze mostrate dai bambini quando
categorizzano stimoli costituiti da immagini di persone. A bambini di età compresa tra i 7 e i 10 anni
proposero 24 fotografie di soggetti opportunamente suddivisi per etnia, per sesso, per età e per
abbigliamento, chiedendo loro di dividerle in due gruppi di uguale dimensione ed eliminando, di volta in
volta, uno dei gruppi di foto fino a quando questa operazione risultava possibile. Mediante questa
procedura si poteva comprendere quale categoria fosse più salientemente utilizzata.
La critica di Bennett a questo lavoro riguarda prevalentemente l'utilizzo dei due raggruppamenti che,
secondo l'autore, consente la valutazione della salienza dei soli fattori manipolati dagli studiosi. Sulla base di
tale rilevazione, per verificare l'ipotesi del decadimento della salienza dell'etnia dopo gli 8 anni, Bennett e
collaboratori hanno mostrato a bambini inglesi di età compresa tra gli 8 e gli 11 anni 16 foto di coetanei di
diversa etnia, chiedendo loro di dividerli a seconda del fatto che li preferissero o meno e di motivare tale
scelta. Nel contempo, gli autori ipotizzavano anche un atteggiamento preferenziale verso l'ingroup e
negativo verso l'outgroup, che si attendevano diminuisse con l'aumentare dell'età. I risultati hanno
confermato l'ipotesi solo in parte, perché la categoria "etnia" risultava essere quella più salientemente
utilizzata dai bambini più piccoli ma, in generale, anche quella meno usata. La categoria che, soprattutto tra
i grandi, viene utilizzata come criterio più importante è, invece, l'espressione facciale. Relativamente
all'atteggiamento verso ingroup e outgroup sono emerse, invece, preferenze per i bianchi ma non il rifiuto
verso l'outgroup.
Anni dopo Bennett è ritornato sul problema, utilizzando, però, uno strumento diverso. L'autore ha scelto un
campione di soggetti appartenenti a tre fasce d'età (5, 8 e 11 anni) cui ha somministrato il "Who said
What?". Dai risultati è emerso che, senza differenze legate all'età, i soggetti producevano un maggior
numero di errori intra-etnici rispetto agli inter-etnici.
La salienza dell'etnia è stata studiata anche in riferimento alle caratteristiche di composizione del gruppo.
Ricerche recenti hanno rilevato la salienza di tale categoria non solo in riferimento alla composizione etnica
del gruppo, ma anche in relazione al fatto che si tratti del gruppo di minoranza o di maggioranza. Già
McGuire aveva rilevato, nella sua teoria nota come DISTINCTIVENESS THEORY, come gli individui che
risultano atipici per certe caratteristiche rispetto al gruppo dei coetanei, individuano spontaneamente
questi attributi più spesso di quanto non facciano i soggetti che presentano caratteristiche tipiche. Sulla
base di questa ipotesi l'autore ha condotto una ricerca su soggetti di 6, 8, 12 e 16 anni, dalla quale è emersa
la salienza dell'etnia nei gruppi di minoranza, nel senso che nelle descrizioni di sé i soggetti appartanenti al
gruppo etnico di maggioranza hanno fatto riferimento all'etnia solo nell'1%, contro il 14% dei soggetti
spagnoli ed il 17% di quelli di colore.
Questi risultati sono riconducibili al fenomeno studiato e definito dalla Kanter TOKENISM, la quale lo ha
introdotto relativamente alle donne che lavorano in contesti lavorativi in cui il sesso femminile è poco
presente (meno del 15%). E' emerso, infatti, che le donne token (ovvero simbolo, emblema) si avvertono
come molto visibili, stereotipate