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Si possono distinguere tre forme di traduzione:
la traduzione intralinguistica (parafrasi)
a) la traduzione interlinguistica (da una lingua all’altra)
b) la traduzione intersemiotica (da un sistema simbolico all’altro)
c)
La traducibilità non consiste in una semplice operazione di commutazione meccanica. La possibilità
di traduzione si fonda sulla comprensione delle categorie semantiche del testo della “lingua-fonte” e
sulla ricerca di categorie analoghe (o simili) nella “lingua-bersaglio” prima di tradurre. In questo
senso qualsiasi traduzione non è mai letterale ma sempre approssimativa, poiché si avvicina al
significato originario, senza però mai raggiungerlo. In questa prospettiva occorre precisare che
l’unità di traduzione non è la singola parola ma il testo, e che l’oggetto della traduzione è il senso
del testo, non i suoi aspetti letterali.
V. Lo sviluppo della comunicazione nel bambino
Introduzione
L’ontogenesi della comunicazione è lo sviluppo della comunicazione nel corso dell’infanzia.
Il linguaggio è solo uno dei diversi sistemi di comunicazione a disposizione del bambino, e ben
presto diventa quello privilegiato. La dotazione di partenza riguarda però altre funzioni psichiche,
dall’ambito percettivo a quello cognitivo, a quello emotivo e a quello sociale.
La competenza percettiva
Le competenze percettive sono i dispositivi per acquisire in via diretta e immediata informazioni
sull’ambiente. In questa sede ci limiteremo alla percezione uditiva.
La percezione fetale: fin dalle prime ore di vita i neonati discriminano la voce materna da quella di
altre donne.
La percezione fonetica di una lingua: i neonati, indipendentemente dal contesto linguistico di
appartenenza, sono in grado di discriminare le diverse categorie di fonemi, pur se non sono
utilizzate dal loro ambito linguistico. Questa abilità preesiste all’influenza esercitata dalla lingua
materna; quest’ultima produrrà un progressivo adattamento e affinamento delle capacità
discriminative del neonato. L’ambiente linguistico pertanto orienta in modo selettivo le disposizioni
innate del neonato.
La competenza sociale
Al pari della competenza percettiva, anche la competenza sociale risulta essere particolarmente
consistente nel neonato e rappresenta una componente essenziale nello sviluppo delle sue
competenze comunicative. Il bambino piccolo presenta una predisposizione innata al
comportamento sociale, poiché interagisce e si pone in relazione con altri soggetti, in particolare
con le figure di allevamento. Ben presto dunque il neonato tratta l’adulto come un soggetto animato
in grado di rispondere alle sue esigenze. Ci sono vari fenomeno riguardanti il comportamento
sociale del neonato.
La preferenza per il volto: il volto umano è veicolo di un grande numero di informazioni, e i tratti
più salienti per un neonato sono i capelli, gli occhi, la bocca e il contorno globale. Già a tre o
quattro giorni i neonati preferiscono il volto della propria madre rispetto a quello di altre persone, e
bastano dodici ore di esposizione a tale volto poiché essi siano in grado di riconoscerlo.
Il sorriso sociale: verso la fine del secondo mese compare il sorriso esogeno, associato a un contatto
oculare con l’adulto. Attorno ai tre/quattro mesi il sorriso diventa progressivamente una risposta
sociale selettiva, per cui un vero e proprio sorriso sociale.
La condivisione dell’attenzione: durante il primo semestre di vita il lattante trascorre buona parte
del tempo impegnato o in interazioni con l’adulto o in attività con altri oggetti, in relazioni
esclusive. Verso i sei mesi comprare un processo nuovo per cui c’è un alternanza fra l’adulto e
l’oggetto o evento esterno. Questo processo è molto importante perché conduce alla condivisione
dell’attenzione grazie alla quale bambino e adulto orientano il loro interesse sul medesimo
oggetto/evento: inizia in tal modo a svilupparsi una sorta di teoria della mente del mondo.
Il sistema «adulto-bambino»
Ben presto fra il bambino e l’adulto di riferimento si viene a creare un sistema interattivo aperto.
Il bambino e l’adulto contribuiscono entrambi, sia pure in maniera diversa, a costruire modelli di
comunicazione organizzati secondo flussi e sequenze prevedibili e regolari. È in atto un processo di
appropriazione culturale, nonché di condivisione.
L’imitazione nell’adulto e nel bambino: l’adulto assume la funzione di struttura di supporto, il che
porta il bambino ad imitarlo, così come l’adulto imita il bambino in alcuni gesti caratteristici (come
spalancare gli occhi e la bocca, ecc.). All’inizio si tratta di semplice riproduzione mimetica ed
emulazione, senza una valutazione dell’efficacia strumentale dei movimenti e senza una
comprensione del loro scopo. Tuttavia, tale tendenza del neonato proseguirà poi nel corso del tempo
e assumerà la forma di un vero e proprio apprendimento imitativo, che implica la riproduzione
consapevole di un’azione dell’adulto per raggiungere il medesimo scopo perseguito da
quest’ultimo.
L’adulto come «cornice di riferimento»: attraverso alcune azioni convenzionali, il bambino si
appropria di convenzioni e pratiche che caratterizzano la sua cultura e che costituiscono i pre-
requisiti fondamentali per la formazione di schemi mentale e di concetti per l’elaborazione di
modelli di comunicazione.
La comparsa dell’interazione comunicativa
La dotazione di partenza ottiene grande impulso come la comparsa e lo sviluppo dell’intenzionalità,
intesa come la capacità di manifestare in modo consapevole le proprie intenzioni, sia come abilità di
percepire le azioni intenzionali degli interlocutori distinguendole da quelle accidentali o
involontarie. In tal modo il bambino passa dal trattare l’adulto come un soggetto animato, al
trattarlo come un soggetto intenzionale, in quanto dotato di intenzioni che servono per il
raggiungimento di determinati scopi e desideri.
Principali punti di vista
L’intenzionalità è stata oggetto di diversi punti di vista.
• Secondo l’approccio cognitivista che segue la concezione della comunicazione come
scambio di un messaggio fra i partner, l’intenzionalità compare nel bambino quando egli ha
una rappresentazione mentale dell’interlocutore come capace di avere intenzioni e di
comprendere le intenzioni degli altri. Secondo questo approccio la comparsa
dell’intenzionalità sarebbe contrassegnata dal passaggio dalle sequenze proto-richiestive alle
sequenze proto-dichiarative
• Secondo l’approccio sociale-costruzionista la comunicazione è considerata come
un’interazione da cui emerge l’intenzionalità. A una fase “precomunicativa” (0-9 mesi) nella
quale la comunicazione è soltanto nella mente dell’adulto, segue la fase comunicativa
intenzionale, nella quale il bambino scopre i significati delle sue attività
• Infine, secondo l’approccio innatista, il neonato già al momento della nascita presenta un
repertorio di azioni intenzionali con cui comunica con gli altri, per cui l’intenzionalità
sarebbe un dato di partenza.
La «svolta» dei nove mesi
Attorno ai nove mesi si osservano nel bambino un insieme di condotte in base a cui si può sostenere
che a quest’età egli ha sviluppato una sufficiente capacità intenzionale. Ci sono vari fenomeni che
caratterizzano questa svolta.
La dissociazione fra mezzi e scopi: nei primi mesi di vita i neonati capiscono che le loro azioni
hanno degli effetti sull’ambiente ma non sembrano capire in che modo ottengano questi risultati.
Verso gli otto mesi però i bambini sviluppano una diversa comprensione del rapporto fra azione e
risultato e dimostrano anche una maggiore flessibilità nell’impiegare mezzi diversi per ottenere il
medesimo scopo. Questa dissociazione fra mezzi e scopi costituisce un indicatore importante
dell’intenzionalità dell’infante a quest’età, poiché implica che egli abbia uno scopo in mente prima
di tradurlo in azione e che riesca a distinguere tale scopo dai mezzi per raggiungerlo.
L’apprendimento imitativo: verso i nove mesi tale apprendimento per emulazione diventa una vero
e proprio apprendimento per imitazione, nel quale il bambino impara in modo volontario
determinati comportamenti intenzionali, orientati a uno scopo, messi in atto da un adulto. Tale
apprendimento implica la tendenza del bambino a identificarsi con l’adulto e la capacità di
distinguere nella condotta altrui le azioni che fungono da mezzi e quelle che costituiscono lo scopo.
Si passa così dall’imitare ciò che gli adulti fanno a ciò che intendono fare, e così l’imitazione si
rivolte alle condotte intenzionali dell’adulto.
La segmentazione del flusso delle azioni: la segmentazione del comportamento in unità di azione è
regolata dal riconoscimento e dell’attribuzione di una determinata intenzione a ciascuna di queste
unità comportamentali, attraverso processi bottom-up (individuare regolarità statistica di azioni a
livello fisico e temporale, routine dei format) o top-down (attribuzione di uno stato motivazionale e
uno scopo da raggiungere).
La ricorsività intenzionale: in questa fase il neonato si accorge che gli adulti si rivolgono a lui non
come un soggetto inanimato, ma come un soggetto intenzionale.
Gesti deittici e gesti referenziali
Verso i nove mesi l’infante comincia a impiegare in modo consapevole i gesti deittici, gesti
pressoché universali che comportano un’interazione triadica fra il bambino, l’adulto e l’oggetto.
Tali gesti possono sorgere in modo spontaneo, anche se ad esempio il gesto dell’indicare è spesso il
risultato di un processo imitativo dell’adulto. Essi possono essere richiestivi (se intendono
influenzare il comportamento dell’adulto per raggiungere uno scopo), dichiarativi (se intendono
condividere con l’adulto un punto di vista).
Insieme ai gesti deittici, il bambino, attorno all’anno di età, inizia a produrre i cosiddetti gesti
referenziali, di natura strettamente convenzionale e appresi per imitazione (risultano più frequenti
quando compaiono le prime parole).
La teoria della mente
Un’altra tappa fondamentale per l’acquisizione delle competenze comunicative è la cosiddetta
teoria della mente da parte del bambino, vale a dire la sua capacità di attribuire stati mentali alle
altre persone. Se nei primi mesi di vita egli si comporta con l’adulto come soggetto animato e se
verso un anno di vita egli lo considera