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TEORIE COSTRUTTIVISTICHE:
Hanno origine dagli studi di HELMOTZ che riteneva che la percezione si fondasse su un processo di
INFERENZA cioè di deduzione. Questo processo è talmente rapido e senza apparente consapevolezza,
che egli descrive il processo come INCONSCIO. L’osservatore deve usare processi indiretti, top-down,
per INTERPRETARE L’INPUT SENSORIALE.
Ci sono dei punti di vista che i moderni [1955] costruttivisti condividono:
- la percezione è un processo attivo e costruttivo, che va oltre l’immediata registrazione di sensazioni
- essa emerge indirettamente come prodotto finale dell’interazione tra lo stimolo, le ipotesi e le
conoscenze dell’osservatore
- la percezione è influenzata da fattori individuali; quindi ci saranno anche errori e percezioni fallaci.
La teoria di GREGORY: egli riconosce l’importanza degli studi di Gibson ma non accetta la conclusione
per cui la percezione è un processo diretto, che non richiede l’intervento di processi cognitivi superiori.
‘gli organi di senso rispondono a configurazioni d’energia ma raramente noi vediamo semplici
configurazioni: vediamo oggetti. Una configurazione è un insieme di tratti insignificante mentre negli
oggetti c’è qualcosa di più delle semplici percezioni sensoriali’.
Per Gregory la percezione comporta una ricerca dinamica della migliore interpretazione dei dati
disponibili: il cosiddetto CONTROLLO DELLE IPOTESI. Secondo Gregory non c’è bisogno di molti dati
sensoriali per formulare un’ipotesi. Il cubo di Necker ci dimostra che spesso non è possibile risalire a
un’unica ipotesi (infatti il cubo non è collocato in un contesto) ma Gregory conclude che nella realtà
esistono abbastanza informazioni contestuali per eliminare ogni ambiguità.
Allport ha introdotto il concetto di set percettivo. La sua tesi era che l’attenzione fosse influenzata da
tendenze sistematiche (biases) all’opera nel sistema percettivo. Tali predisposizioni fanno sì che alcuni
stimoli risaltino sullo sfondo delle informazioni sensoriali. Il set percettivo è influenzato da emozioni,
motivazioni, esperienze e aspettative passate, e serve a rendere più efficiente la percezione. Infatti,
esso riduce il numero di alternative tra cui scegliere. [Le aspettative possono servire da scorciatoia per
interpretare gli stimoli e per facilitare la pianificazione e l’efficace funzionamento dell’ambiente].
Ovviamente le teorie costruttivistiche vanno incontro a diversi problemi: una difficoltà è spiegare
perché tutti tendenzialmente vediamo il mondo in modo simile, anche se ognuno costruisce il suo
modello percettivo. Un altro problema è che la maggior parte di noi percepisce correttamente il
mondo.
TEORIE SINTETICHE:
NEISSER [1976] ha cercato di conciliare le teorie della percezione diretta con quelle costruttivistiche.
Egli si è basato su un concetto di ciclo percettivo. La percezione non è un processo lineare bensì un
processo attivo, ciclico, nel quale l’osservatore deve controllare e ricontrollare l’input rispetto alle
aspettative. Quindi implica una serie di processi:
- Selezione preliminare : ci sono dei processi preattentivi, che avvengono inconsciamente, che
producono una rappresentazione preliminare dei dati sensoriali [elaborazione tipo bottom-up].
- Direzione : se lo stadio preliminare rivela uno stimolo importante, l’attenzione viene diretta verso di
esso. A questo punto l’osservatore intraprende la costruzione di un modello percettivo (una
rappresentazione mentale di oggetti o eventi probabili) attingendo a schemi (riguardanti
esperienze passate). Rappresentazione intermedia [interazione di processi bottom-up e top-down]
- Modificazione : se dal confronto tra dati sensoriali e modello percettivo risulta una corrispondenza
allora questo modello è il risultato definitivo della percezione, altrimenti esso dovrà essere riveduto
finché non sia trovata una corrispondenza perfetta.
Il modello di Neisser è particolarmente attraente e si fonda sull’interazione tra elaborazione bottom-up
e top-down, ma anche questa teoria non è priva di problemi. Una critica di fondo è che essa risulta
troppo vaga, non spiega in fondo come avviene l’interazione tra gli stimoli.
TEORIE COMPUTAZIONALI
L’approccio computazionale è un’applicazione dell’intelligenza artificiale che mira a progettare sistemi
computazionali in grado di svolgere compiti cognitivi. Da questo punto di vista, la percezione visiva è un
problema e bisogna trovare una soluzione ad esso. Viene compiuta un’analisi teoretica della soluzione,
descritti algoritmi che calcolano la soluzione. Di solito poi viene sviluppato un programma che di
elaborazione di questi algoritmi.
Il modello della percezione visiva di MARR: afferma che in una teoria generale della percezione visiva si
possono distinguere almeno tre livelli esplicativi:
1. Livello computazionale specifica il compito che il sistema visivo deve svolgere
2. Livello algoritmico riguarda i particolari processi implicati nella percezione
3. Livello dell’hardware riguarda i meccanismi neuronali sottostanti all’elaborazione percettiva.
L’approccio di Marr è di tipo bottom-up, benché negli stadi più avanzati vi sia un certo spazio per
l’elaborazione top-down. Marr sostiene che il riconoscimento degli oggetti sia un aspetto centrale della
visione. Nella sua teoria, la percezione ha inizio nell’immagine retinica e prosegue attraverso una serie
di stadi che trasformano l’immagine in una rappresentazione dell’input, mano a mano più complessa.
Gli stadi principali sono 4:
1. Descrizione dei livelli di grigio : l’intensità della luce è misurata in ciascun punto dell’immagine
2. Abbozzo primario : prima che la percezione possa emergere, i primitivi che hanno grandezza e forma
simili sono raggruppati insieme in modo da comporre strutture e delineare forme
3. Abbozzo a due dimensioni (2D): comincia ad emergere un quadro del mondo; questa fase va oltre
l’immagine, contiene già informazioni come l’ombreggiatura, il gradiente di tessitura e il
movimento. Questa rappresentazione è dettata dal punto di vista.
4. Rappresentazione dei modelli 3D
: le descrizioni dipendenti dai punti di vista sono convertite in
descrizioni centrate sull’oggetto. In questa fase vengono percepite le forme tridimensionali e sono
rappresentati anche gli oggetti fuori vista, le conoscenze già possedute possono influenzare la
percezione.
L’ORGANIZZAZIONE PERCETTIVA
3)
Noi siamo costantemente alle prese con una massa di informazioni sensoriali varia e sempre mutevole
e, quando siamo in movimento, anche le configurazioni di radiazioni ottiche che colpiscono la retina
cambiano e si modificano. Le nostre percezioni sono organizzate in modo assai complesso.
L’organizzazione della percezione fu al centro degli interessi della scuola psicologica della Gestalt. Gli
psicologi della Gestalt elaborarono un insieme di principi, che possono essere considerati una “teoria”
della percezione.
Un fatto che ha dato da pensare agli psicologi è la nostra capacità di mantenere stabili le percezioni
nonostante l’immagine retinica sia in continuo mutamento. (le persone non sembrano rimpicciolirsi
quando si allontanano e l’orologio appeso alla parete continua a sembrare rotondo nonostante
l’immagine che si forma sulla retina sia di forma ellittica) costanze percettive. Diciamo quindi che noi
“COSTRUIAMO” IL MONDO a partire DALL’INPUT VISIVO, piuttosto che “ vederlo” direttamente. Ciò
sembra dipendere dall’uso di determinati “indizi” che ci danno informazioni su profondità e distanza.
La percezione umana è solitamente fedele, ma a volte il sistema percettivo può ingannarsi, come
alcune ben note illusioni visive sembrano dimostrare.
LA PSICOLOGIA DELLA GESTALT:
La maggior parte delle configurazioni visive sono formate da tanta elementi distinti, percepiti in modo
organizzato in oggetti e figure. Il temine Gestalt vuol dire “forma” e questa scuola di psicologi mirava a
comprendere in che modo vediamo gli oggetti come totalità che emergono, distaccandosi da ciò che li
circonda. Parliamo a proposito di articolazione figura-sfondo. I Gestaltisti si servirono, per questo
studio, anche di immagini reversibili come il vaso di Rubin (l’immagine può essere interpretata in due
modi: un vado bianco su fondo nero o due volti umani neri di profilo che si fronteggiano su sfondo
bianco). I gestaltisti enunciarono alcune proprietà della figura e dello sfondo: la figura più “oggettuale”
attrae maggiormente l’attenzione rispetto allo sfondo; lo sfondo sembra essere un materiale senza
forma che continua dietro la figura; il margine (contorno) che separa la figura dallo sfondo pare esser
parte di essa. È pressoché impossibile vedere nello stesso tempo il vaso e i volti, questo perché , come
affermano Baylis e Driver, ciò riflette la nostra esperienza nella vita reale. Secondo loro il nostro
sistema visivo è modellato sulla regolarità dell’ambiente.
I gestaltisti formularono princìpi di organizzazione percettiva per descrivere il modo in cui unifichiamo
gli elementi di una totalità percettiva. Essi enunciarono una legge che comprende tutti gli atri princìpi:
la legge della pregnanza (o della buona forma) che Koffka nel 1935 enunciò nei termini seguenti:
“Delle diverse organizzazioni geometricamente possibili, si realizzerà effettivamente quella che ha la
forma migliore, più semplice e più stabile”.
Altri principi di unificazione percettiva della scuola Gestalt sono:
VICINANZA – SOMIGLIANZA – BUONA DIREZIONE- CHIUSURA – DESTINO COMUNE .
Le leggi della Gestalt, a dispetto della loro semplicità, mostrano come le nostre percezioni si accordino
con le nostre aspettative sul mondo. Comunque anche queste leggi vanno incontro a parecchi
problemi: infatti i gestaltisti non hanno spiegato i meccanismi sottostanti l’organizzazione percettiva.
Essi hanno proposto una spiegazione innatista, neurologica, ma questa non è stata ben sviluppata e
non ha trovato conferma empirica.
COSTANZE PERCETTIVE:
la costanza è la tendenza delle PROPRIETA’ degli oggetti a RESTARE IMMUTATE AL VARIARE DELLE
CONDIZIONI DI OSSERVAZIONE. Per fortuna, infatti, non basiamo le nostre percezioni solo
sull’immagine proiettata sulla retina (lo stimolo prossimale) ma anche sullo stimolo distale, ovvero la
nostra esperienza percettiva degli oggetti “là fuori”.
- Costanza di grandezza : quando ci avviciniamo a un oggetto o ce ne allontani