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Estratto del documento

Nel secolo scorso, Gall, sulla base dello studio di alcuni soggetti, era arrivato alla conclusione che il cervello fosse diviso in diverse

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aree, ognuna adibita a una diversa funzione. La scienza moderna ha smontato questa teoria, pur ammettendo che diverse aree

della corteccia cerebrale sono destinate all’analisi di funzioni diverse. Parentesi necessaria sulle cellule nervose e sul loro

funzionamento. Il sistema nervoso centrale è composto da circa 10miliardi di neuroni che costituiscono le unità anatomiche e

funzionali.pur essendo diverse hanno delle caratteristiche comuni: l’eccitabilità e la capacità di condurre impulsi nervosi. La

struttura del neurone è sempre la stessa: un corpo cellulare, una lunga fibra detta assone, la quale è attaccata al corpo cellulare e

molteplici fibre più corte dette dendriti. I dendriti sono il canale d’entrata del neurone, mentre l’assone è l’uscita. L’assone si

suddivide in tante piccole diramazioni che entrano in contatto con i dendriti o con i corpi cellulari vicini. Questi contatti tra un

neurone e l’altro si chiamano sinapsi. Gli assoni possono essere molto lunghi (addirittura un metro) e conducono gli impulsi nervosi

da un neurone all’altro. L’impulso nervoso è un cambiamento temporaneo del potenziale elettrico, ed esiste anche in condizione di

riposo tra l’interno e l’esterno del neurone. Un impulso nervoso dura circa un millisecondo e viaggia sino a velocità molto alte, fino a

100 metri al secondo. Alla fine delle terminazioni assoniche l’impulso nervoso causa il rilascio di una piccola quantità di

trasmettitore chimico detto neurotrasmettitore che agisce sulla membrana cellulare del neurone vicino. Il neurotrasmettitore può

causare un effetto: a) eccitatorio, che stimola nel neurone ricevente la produzione di impulsi nervosi b) inibitorio, che reprime

l’attività presente nel neurone. Gli impulsi nervosi generati da un neurone hanno tutti la stessa ampiezza e durata, ma possono

succedersi nel tempo a intervalli più o meno ravvicinati, dunque a frequenza più o meno alta. I neuroni comunicano tra loro tramite

la variazione di frequenza degli impulsi nervosi.

L’occhio umano ha un sistema ottico di grande potenza (60 diottrie) ed è così formato: una lente esterna detta cornea, in contatto

internamente con un liquido trasparente simile all’acqua, una lente biconvessa detta cristallino e un liquido gelatinoso che riempie

tutto il resto del bulbo. 2/3 della potenza dell’occhio sono dovuti al liquido gelatinoso e alla cornea, 1/3 è da attribuire alle lenti. La

distanza focale del sistema è di circa 22 mm. Un punto luminoso e lontano, come una stella, da luogo a un’immagin reale in un

punto della superficie interna dell’occhio, mentre uno stimolo vicino comporta la modificazione della lente in modo da consentire la

messa a fuoco sul fondo dell’occhio (fenomeno dell’accomodazione). Le immagini di oggetti del mondo esterno sono capovolte e

rimpicciolite nel sistema ottico. Le immagini si formano nella retina, una sottile membrana nervosa che è propaggine del cervello e

che riveste la superficie interna dell’occhio. La retina contiene le cellule sensibili, i fotoricettori e ve ne sono di due tipi: i coni e i

bastoncelli, detti così per la loro forma. I coni sono responsabili della visione con l’illuminazione alta (diurna) e della visione dei

colori. I bastoncelli invece si occupano di una visione a livelli di illuminazione più bassi. Nela retina sono presenti altre cellule che

collegano i neuroni allo strato più interno dell’occhio, le cellule gangliari. Da queste partono gli assoni che costituiscono il nervo

ottico e che portano l’informazione visiva verso le stazioni centrali del cervello. Il numero di questi assoni nell’uomo supera il

milione per occhio. 5

I nervi ottici dei due cchi convergono nel chiasmo ottico e da qui gli assoni si ridistribuiscono fino a formare i tratti ottici. Il tratto

ottico sx contiene gli assoni che provengono dalle due metà sinistre delle retine e il tratto dx quelli che provengono dalle due

semiretine dx. visto che sulle semiretine sx si formano le immagini della metà dx del campo visivo e viceversa, ogni tratto ottico

porta l’informazione relativa al campo visivo controlaterale. Tali informazioni sono separate rispettivamente negli emisferi dx e sx

del cervello, sia nelle stazioni in cui terminano i tratti ottici (nuclei) sia nelle successive stazioni della corteccia visiva. Ne deriva che

la corteccia visiva dx vede il mondo del semicampo sx e viceversa. a ogni punto del mondo esterno corrisponde una ppiccola ma

ben delimitata porzione della corteccia visiva, nella quale si ha una rappresentazione ordinata della retina. Tale rappresentazione

non è isomorfa, cioè non rispetta l’estensione relativa alle varie aree dell’organo periferico: c’è una distorsione che favorisce le aree

sensoriali con maggiore densità di ricettori. Vedi la sensibilità tattile: tale sensibilità è maggiore sui polpastrelli, sulle labbra e sulla

lingua.

Nell’occhio c’è una zona centrale della retina, la fovea, che come le dita nel caso del tatto ha il maggior numero di recettori. In

quest’area c’è la maggiore capacità di distinguere i fini dettagli dell’immagine, dove è dunque massima l’acuità visiva. Qui i

fotorecettori sono solo coni. Nelle zone retiniche più eccentriche l’acuità visiva diminuisce progressivamente. Nelle immagini che si

formano sulla fovea si distinguono i particolari più fini e si possono leggere anche lettere di piccole dimensioni, mentre nelle

immagini che si formano a distanza crescente della fovea i dettagli fini non sono più visibili. Le lettere devono essere più grandi per

essere lette. Nella corteccia visiva la proiezione della fovea è ingigantita rispetto a quella delle periferiche. Es. pag. 29. Quando

fissiamo un punto su un oggetto (l’immagine del punto di fissazione cade sulla fovea) l’area di corteccia attivata è deformata

rispetto all’immagine retinica. Si chiama questo fattore di ingrandimento corticale della fovea ed è importante per capire la

grandezza di dettagli visibili della piccola area che noi fissiamo, che corrisponde a un angolo visivo di circa un grado, in confronto

alla visione molto meno definita nelle aree più periferiche del campo visivo. Già dalla retina l’informazione dell’immagine ottica

viene codificata in impulsi nervosi. I successivi gradi di codificazione non sono noti.

Il fatto che vediamo una cosa come chiara o scura non dipende solo dall’intensità dello stimolo fisico, ma anche dal contesto. Due

aree uguali infatti possono sembrare una più chiara e l’altra più scura, se circondate da uno sfondo più chiaro e uno più scuro.

Questi fenomeni sono fondamentali nella visione in ambienti naturali. Infatti una cosa è chiara o scura a seconda dei valori relativi

degli stimoli fisici provenienti da diverse zone del campo visivo. Se ad es. guardiamo un mucchio di carbone sulla neve illuminata

dal sole del mezzogiorno riceveremo uno stimolo più intenso di quanto non riceveremmo dalla stessa visione se guardassimo la

stessa scena di notte con la luce delle stelle. Il carbone ci apparirà comunque nero e la neve bianca, in quanto sono lo stimolo più

debole tra quelli presenti alla luce del sole e lo stimolo più intenso tra quelli visibili nella notte. È dall’accostamento di due oggetti o

superfici riflettenti quantità di luce mollto ddiversa che si accentuano le differenze di luminosità apparente e si esaltano i contrasti.

Questi fenomeni di contrasto riflettono le proprietà basilari del sistema visivo. Nel processo di codificazione dell’immagine retinica in

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impulsi nervosi vengono privilegiate ed esaltate le informazioni relative alle differenze tra chiaro e scuro piuttosto che il valore

assoluto dello stimolo. Lo stimolo è mandato al cervello dalle cellule gangliari tramite il nervo ottico. Oguna di queste cellule vede lo

stimolo che concerne il suo solo campo visivo, codifica cioè stimoli che cadono dentro quell’area detta ilcampo recettivo della cellula

nervosa.tale campo non è uniforme, ma è organizzato in modo che il neurone risponda in misura ottimale a stimoli luminosi limitati

alla porzione più centrale del campo stesso e circondati da uno sfondo più scuro o viceversa. gli stimoli che illuminano

uniformemente il campo visivo risultano meno efficaci. Le distribuzioni del chiaro scuro atte a esaltarele risposte visive del contrasto

erano state intuite da Paul Klee nel 1924. La percezione del contrasto dipende anche da quanto è netto il contorno tra un’area

chiara e una scura. Contori sfumati come quelli delle penombre possono rendere meno vistoso il contrasto. A compensare la

mancanza di nettezza si verificano le righe di Mach, righe chiare e scure che si percepiscono lungo i contorni di una penombra.

Queste righe rendono più appariscente la separazione tra chiaro e scuro creando un contorno laddove questo contorno non esiste.

Si può creare anche un’illusione di contrasto segnando un leggero confine che simuli le righe di Mach; anche queste righe possono

essere spiegate nell’organizzazione funzionale dei campi recettivi visivi. Già Leonardo era consapevole dell’efficacia di usare il

contrasto di sfondo per far risaltare una figura. Espediente usato da più o meno tutti i pittori per creare zone di luminosità illusoria.

Grazie a questi effetti di luminosità illusoria il pittore può creare l’illusione di una sorgente luminosa: il sole o una lampada. Geniale

l’intuizione dell’artista che dipinge il vaso nel XVIII secolo: rende l’effetto di un disco della luna più luminoso dello

sfondo aggiungendo un sottile bordo scuro che lo separa dal cielo.se si maschera questo bordo scompare ogni differenza di

luminosità tra la luna e il cielo. Le ombreggiature invece, con la sottile differenza di luminosità, danno l’impressione di far nascere

una forma solida. Il trucco di creare la forma con l’ombreggiatura è noto ai pittori. Un cerchio così diventa una sfera, grazie alle

illuminazioni poste nella parte superiore del cerchio. Quando la luminosità avviene in verticale si ha sempre lostesso effetto, cioè la

parte più chiara in alto da luogo alla convessità. Se l’ombreggiatura avviene in orizzontale la convessità/concavità diventa ambigua.

Vedi l’imm. A pag. 36: i cerchi possono sembrare ora concavi ora convessi, ma mai tutte concave o tutte convesse nello stesso

momento. Forse questo è dovuto al fatto che il cervello concepisce un’unica fonte di luce, debitore del sistema in cui vi è un unico

sole. Anche il passaggio netto dal chiaro al scuro pu&ograv

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Publisher
A.A. 2013-2014
48 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/01 Psicologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Darcy di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia della percezione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Caterina Roberto.