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Lo studio dello stigma tra i professionisti sanitari risulta poco vasto (Royal College of Psychiatrists,
2001): gli operatori sanitari dovrebbero invece rappresentare uno dei principali target delle campagne
anti-stigma in quanto grazie al loro lavoro potrebbero avere una maggiore utilità nella lotta allo stigma
(Warner, 1999). Nel 2004 Halter ha infatti dimostrato come la figura dell’infermiere giochi un ruolo
comunicativo fondamentale per l’accettazione da parte del paziente della diagnosi medica di disturbo
mentale e per la necessaria aderenza al trattamento. Anche tornando all’importante figura dei medici
di medicina generale, è stato dimostrato come anche loro spesso discriminino le persone con problemi
psichiatrici (Chadda, 2000), e questa discriminazione potrebbe essere uno dei fattori responsabili delle
eccessive morti premature tra i malati mentali, sottovalutandone i problemi internistici o considerando
i sintomi riferiti come lamentele fittizie di origine psicologica (Coglan et al., 2001). Anche per i medici
di famiglia persistono gli stereotipi negativi verso i malati mentali, considerati come imprevedibili,
pericolosi e violenti (Carpiniello e Mura, 2003), e verso le malattie mentali, considerate incurabili e con
terapie che causano dipendenza. Gli stessi studenti di medicina risultano essere favorevoli ad
un’assistenza psichiatrica di tipo custodialistico e condividono la visione pericolosa dei pazienti
psichiatrici. Una maggiore conoscenza del tema e una conoscenza diretta di persone affette da disturbi
mentali sembrerebbero favorire una visione meno stereotipata (Carpiniello e Tocco, 2003). La
psichiatria stessa tra gli studenti di medicina è vista come una pratica non scientifica e inefficace, e gli
psichiatri come emotivamente instabili; queste credenze pregiudizievoli rendono meno probabile un
invio dei pazienti ai servizi di salute mentale da parte dei futuri medici (Buchanan e Bhugra, 1992).
Stigma e televisione
• In molti casi l’opinione pubblica entra in contatto con la malattia mentale attraverso i
media, principalmente la televisione ma anche i giornali. Alcuni studi indicano questi
mezzi di comunicazione di massa come i principali responsabili della diffusione di
stereotipi negativi che generano paure infondate e condotte di evitamento (Arboleda-
Flòrez, 2003), in parte anche mediante gli stereotipi presentati nei film (Wahl, 1989), che
i familiari dei pazienti indicano essere il principale strumento di stigmatizzazione. Mayer
e Barry (1992) indicano tre principali categorie di malati mentali presentati dai media:
maniaci omicidi (psico-killer), persone con una visione infantile del mondo e persone
responsabili della propria malattia a causa del loro carattere debole. Questi stereotipi
vengono vissuti con gravi limitazioni soprattutto dai pazienti schizofrenici, che si sentono
percepiti dagli altri in maniera ancora più sgradevole e si ritrovano delle barriere che
riducono le possibilità di contatto sociale e in generale la qualità della vita (Stuart, 2003).
Gabbard (1992) inoltre sottolinea che nel cinema la stigmatizzazione riguarda anche gli
psichiatri stessi, con stereotipi negativi che li identificano come buffoni, eccentrici,
libidinosi, diabolici, vendicativi o come controllori sociali, mentre le donne come incapaci
di amare e inappagate sessualmente.
Pregiudizio e ignoranza
• Il concetto di stigma è strettamente legato a quello di pregiudizio e alla discriminazione
che ne consegue. Numerosi studi hanno dimostrato che nell’origine del pregiudizio
gioca un ruolo fondamentale l’ignoranza, unita alla mancanza di volontà nel cercare la
vera causa dei problemi. L’Associazione Medica Canadese (Canadian Mental Health
Association, 1994) ha condotto una ricerca dei luoghi comuni sulla malattia mentale ed
è emerso che la credenza più frequente (88%) era che i malati mentali fossero violenti e
pericolosi, seguita da quella che avessero un Q.I. più basso fino ad essere handicappati
(40%), che non potessero socialmente contribuire a niente (buoni a nulla 24%), che
fossero imprevedibili (20%) e da biasimare per la loro condizione, vista come una colpa
di chi si da poco da fare per uscirne (20%).
• Gli atteggiamenti discriminanti sono generalmente accompagnati da una
disinformazione notevole sui disturbi mentali e sulle possibilità terapeutiche (O’Grady,
1996); alcuni studi dimostrano che una maggiore conoscenza e una maggiore quantità
di informazioni corrette sono in grado di modificare le convinzioni sbagliate e in parte gli
stereotipi (Pruegger e Rogers, 1994). Dalla fine degli anni ’90 gli interventi di educazione
pubblica e in particolare quelli rivolti a specifici gruppi (studenti, insegnanti, operatori
sanitari) sono diventati un passo fondamentale nelle campagne della lotta allo stigma
(Sartorius, 1998). In particolare gli operatori sanitari grazie al loro lavoro potrebbero
svolgere un ruolo fondamentale nella lotta allo stigma se adeguatamente formati.
Formazione del personale sanitario
• In alcune nazioni europee società scientifiche psichiatriche nazionali hanno affermato
ufficialmente l’utilità di una politica fondata sulla riduzione dello stigma mediante
l’esperienza e una diversa educazione, puntando anche ad esami degli atteggiamenti
degli studenti durante il training medico (Royal College of Psychiatrists, 2001). Sono stati
condotti diversi studi per valutare l’utilità di percorsi educativi anti-stigma durante il
conseguimento della laurea e dei diplomi per le professioni inerenti l’aiuto in psichiatria
(medici, psicologi, tecnici di riabilitazione psichiatrica, assistenti sociali e infermieri).
Anche se i primi studi negli anni ’80 avevano dimostrato un’estinzione precoce degli
atteggiamenti positivi dopo un solo anno dalla preparazione specialistica non
psichiatrica (Sivakumar, 1986), studi successivi hanno dimostrato che buoni metodi
educazionali possono portare ad un’attenuazione duratura dei pregiudizi (Singh, 1998;
Yen, 1998), soprattutto favorendo l’esperienza diretta dei medici in formazione con i
pazienti psichiatrici.
• Un buon lavoro viene anche svolto con l’educazione continua in psichiatria per i medici
di medicina generale interessati: esiste una discreta esperienza sullo stigma in psichiatria
relativa a corsi fondati su metodi educazionali e forme di valutazione (Hodges, 2001),
con obiettivi basati sugli effettivi bisogni dei medici non specialisti.
Formazione del personale sanitario (2)
• Da una parte è utile una formazione che si concentri sull’acquisizione di capacità diagnostiche e
terapeutiche ma è anche indispensabile lo sviluppo di abilità utili per instaurare e mantenere
un’efficace relazione terapeutica con questo tipo di pazienti. Il programma formativo dovrebbe
permettere di discutere le opinioni dei medici sulla psichiatria e sulla malattia mentale, nonché di
poter porre domande riguardanti i problemi riscontrati nella reale pratica clinica. Nonostante questi
punti fermi, data comunque l’eterogeneità dei metodi educazionali utilizzati nella formazione
continua, è comunque difficile dimostrare la maggiore efficacia di alcuni interventi rispetto ad altri
(Kroenke, 2000). Questi eventi di educazione continua hanno durata variabile da poche ore a vari
anni, ma la forma più diffusa è rappresentata da conferenze di pochi giorni. E’ però dimostrato come
cambiamenti significativi della pratica clinica per quanto riguarda lo stigma si ottengano soltanto
con programmi educazionali di lunga durata, longitudinali (Davis, 1999) e interattivi: il
coinvolgimento e la partecipazione attiva è indispensabile per raggiungere risultati tangibili di
cambiamento (Gallagher, 1981; David, 1995). Alcuni programmi anti-stigma hanno anche utilizzato
pazienti psichiatrici stabilizzati o loro familiari come esperti/docenti sul disturbo psichiatrico (Carta e
Mannu, 2006).
• I sistemi di valutazione alla fine dell’evento formativo rappresentano un metodo efficace per
misurare l’utilità del programma e dovrebbero includere modalità valutative della conoscenza, delle
abilità e degli atteggiamenti, ma anche della soddisfazione del medico stesso che ha partecipato al
corso. La migliore misura di esito è comunque rappresentata dagli eventuali cambiamenti nella
pratica clinica reale: mediante questionari o interviste viene valutato un eventuale miglioramento
della percezione dei pazienti riguardo agli atteggiamenti del personale sanitario che ha partecipato
al corso di formazione. Bibliografia (1)
• Ahmed, S.M., Viswanathan, P. (1984). Factor analytical study of Nunnally’s scale of popular concepts of mental health. Psychol Rep 54, 455-61.
• An der Heiden, W., Hafner, H., (2000). The epidemiology of onset and course of schizophrenia. Eur Arch Psychiatry Clin Neurosci 250, 292-303.
• Angermeyer, M.C., Schulze B., (2001). Reducing the stigma of schizophrenia: understanding the process and options for interventions. Epidemiol
Psychiatr Soc 10, 1-5.
• Arboleda-Flòrez, J., (2003). Considerations on the Stigma of Mental Illness. Can J Psychiatry 48, 645-650.
• Asioli F, Bassi M, Fioriti A, Tarricone I. (2000). Stigma e malattie mentali: dalle campagne internazionali al programma di Bologna, pp.85-105. In
Lotta allo stigma, Bologna: Editrice Compositori.
• Bagnasco A. Tracce di comunità. Bologna: Il Mulino; 1999.
• Berardi D, Berti Ceroni G, Leggieri G Rucci P, Üstün B, Ferrari G. Mental, Physical and Functional Status in Primary Care Attenders. International
Journal of Psychiatry in Medicine 1999, 29:133-148.
• Brohan E, Slade M, Clement S, Thornicroft G. Experiences of mental illness stigma, prejudice and discrimination: a review of measures. BMC Health
Services Research 2010, 10:80
• Buchanan A, Bhugra D (1992). Attitude of the medical profession to psychiatry. Acta Psychiatrica Scandinavica 85, 1-5.
• Caltaux D: Internalized stigma: a barrier to employment for people with mental illness. International journal of therapy and rehabilitation 2003,
10:539-543.
• Canadian Mental Health Association, Ontario Diviion. (1994). Final report. Mental health anti-stigma campaign public education strategy.
Canadian Mental Health Association, Ontario Division, Toronto, Canada.
• Carpiniello B, Mura D (2003). Il problema dello stigma. Risultati di uno studio sui medici di famiglia. Psichiatria di consultazione 6, 76-79.
• Carpiniello B, Tocco E (2003). The stigma because of mental disorders. Results from a study of opinions and attitudes of medicine students. Studi di
psichiatria 5, 1.
• Carta MG, Mannu FA. Lo stigma e la formazione degli operatori sanitari. In Il primo libro dello stigma, Roma: Giovanni Fioriti Editore; 2006. pp.85.
Bibliografia (2)
• Cazzullo, C.L. Attacco allo stigma. Atti del convegno “La restituzione della differenza” Gallar