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RETRIBUZIONI BASATE SULL’APPARTENENZA ALL’ORGANIZZAZIONE E SULL’ANZIANITA’

In Italia si differiscono lavoratori a tempo indeterminato e lavoratori a contratto, questi ultimi “non

appartengono” all’organizzazione. Il sistema di appartenenza dei lavoratori è imperniato sulla

graduatoria dei lavori svolti all’interno dell’azienda; esistono mansioni classificate come A,B,C,D ecc a

cui si accede con un certo titolo di studio. Ogni livello poi ha certe fasce al suo interno e il passaggio tra

queste fasce può avvenire automaticamente nel tempo o sulla base di valutazioni e comporta

incremento di salario. È un sistema equo (stessa fascia stesso salario). Tra gli svantaggi c’è la non

motivazione dell’operaio a cambiare la sua condizione e rischio di tenersi operai meno

capaci/intraprendenti.

RETRIBUZIONI BASATE SU ABILITA’ E COMPENZE

Pagare non sull’effettivo lavoro ma sulla persona. Questi sistemi sono basati su abilità e competenze,

azienda compensa i lavoratori per ampiezza e capacit{ che risultano utili per l’organizzazione. Questo

permette di avere maggiore flessibilit{ aziendale. È usato anche quando c’è molto assenteismo, per

incrementare il senso di appartenenza all’organizzazione. Tra i vantaggi quello di incentivare la forza

lavoro ad arricchire il proprio profilo professionale e quindi anche le prestazioni dell’azienda. Inoltre

stimolare le prospettive di lavoro dei lavoratori e aumentarne la loro soddisfazione. Tra i principali

svantaggi i costi legati alla formazione, e il problema di verificare le effettive competenze avute e

acquisite.

RETRIBUZIONI BASATE SULLE PRESTAZIONI

Lega il salario alla produttività individuale, di gruppo o dell’intera organizzazione. L’elemento chiave

di questo sistema è che i lavoratori vedano un chiaro legame tra la loro prestazione lavorative e il

raggiungimento di ricompense. Prende in esame non solo le prestazioni relative a un risultato ma

anche le prestazioni legate all’effettivo comportamento del lavoratore (meriti dei lavoratori). Tuttavia

le misure sul comportamento sono soggettive e non tutti i sistemi di misurazione delle prestazioni

sono validi. Le misure di prestazione legate ai risultati come la produttività, i volumi di vendita e così

via, anche se risolvono alcuni dei problemi , restano cmq non facilmente disponibili per molti

lavoratori. Inoltre c’è più rischio per i lavoratori che vorranno così una paga fissa. Esistono differenti

meccanismi a seconda della prestazione che si vuole incentivare.

-ricompense individuali: lavoro a cottimo: Il lavoratore è pagato in base al numero di unità prodotto o

alle commissioni sulle vendite. Il rischio è di aumentare la quantità a discapito della qualità e

abbassare i livelli di sicurezza.

-ricompense a livello di gruppo, divisione o stabilimento. È emersa la tendenza a ricompensare le

buone prestazioni sulla base di quanto realizzato a livello di squadra o di filiale. I limite è che si

considera il proprio sforzo maggiore di quello dei colleghi e non è giusto che tutti vengano pagati con

lo stesso salario. Il bonus consiste nell’aggiunta di retribuzione a seguito di una buona prestazione. Il

gainsharing si ha quando l’azienda divide tra i lavoratori parte dei guadagni aggiuntivi ottenuti.

-ricompense organizzative. Si segnalano due strategie: il profit saring (distribuzione di una

percentuale dei profitti ai dipendenti che hanno raggiungo un obiettivo) e i piani di acquisto azionari

(offrire ai lavoratori la possibilit{ di acquistare azioni dell’azienda, diventandone proprietari in piccola

parte. L’idea alla base è far sentire l’azienda propria). Gli operai devono essere regolarmente informati

e devono prendere parte alle decisioni.

Teorie motivazionali sulla paga

Il salario è anche usato per la motivazione del lavoratore.

-teoria dell’equit{: sostiene che le persone prendono in considerazione la relazione tra i loro output

(risultati ricavati dal lavoro)e gli input (contributi all’organizzazione). C’è il confronto poi con gli input

e gli output di altri colleghi alla pari, confronto con il quale si stabilisce se il rapporto è equo o no. Se il

rapporto non è equo c’è tensione e il lavoratore o modifica i propri i/o o il gruppo di riferimento

-teoria dell’aspettativa-valenza: la motivazione di un lavoratore dipende da a) quanto si ritiene in

grado di eseguire un certo compito raggiungendo un compito desiderato (aspettativa), b) quanto la

persona ritiene che quella particolare prestazione sarà ricompensata (strumentalità), c) quanto la

ricompensa attesa è attrattiva per il soggetto stesso (valenza del risultato).

-goal setting theory: obiettivi difficili ma ben precisati conducono a un’elevata prestazione in quanto

focalizzano l’attenzione lo sforzo e la persistenza dei lavoratori verso la realizzazione del compito.

la teoria dell’aspettativa e quella della goal setting sono utili per spiegare l’incremento di sforzo

sollecitato da meccanismi retributivi basati sulla prestazione. Quanto detto fin’ora spinge a chiedersi

se la paga sia in grado di motivare adeguatamente il lavoratore. Esistono al riguardo posizione

contrastanti. Secondo Thierry la paga motiva il comportamento nella misura in cui coincide con i

particolari significati che le vengono attribuiti (soddisfare bisogni, confrontarsi con i colleghi,

acquistare beni e servizi, controllare i colleghi).

Soddisfazione verso la retribuzione e verso i benefit

Per “soddisfazione verso i sistemi di compensation” si intende l’atteggiamento di piacere o dispiacere

che si prova nei confronti della retribuzione in tutte le sue forme. Williams sviluppa un modello

composto da 4 aree: soddisfazione verso il livello della retribuzione e soddisfazione verso il livello del

benefit; soddisfazione verso la procedura di gestione/assegnazione della retribuzione e soddisfazione

verso la procedura di gestione/assegnazione dei benefit. Tradizionalmente i sistemi di benefit nelle

aziende sono stati sviluppati per attrarre e per trattenere persone professionalmente competenti. È

stato anche rilevato che retribuzioni e benefit possono anche modificare il comportamento dei

lavoratori. La ricerca ha anche evidenziato che il modo in cui si comunicano le informazioni sui benefit

e sui cambiamenti che possono riguardarli influenza sia la soddisfazione riguardo agli stessi sia le

percezioni di equità. Le percezioni di giustizia interattiva e il livello di partecipazione dei lavoratori

influenzano la soddisfazione sia verso il livello sia verso il sistema dei benefit; le percezioni di giustizia

distributiva che emergono dalla comparazione tra i benefit ricevuti dai dipendenti influenzano solo la

soddisfazione verso il livello dei benefit. Gli atteggiamenti verso i benefit possono variare in base a età,

sesso, economia familiare e in generale nel tempo (preferenze di tendenza in base agli anni).

CAP 9. EMPOWERMENT INDIVIDUALE E ORGANIZZATIVO

Empowerment vuol dire “accrescere il potere, potenziamento, autorealizzazione”. Tra la psicologia il

termine compare tra i primi anni ’80. È un concetto multidisciplinare e multilivello e non sono della

psicologia. Zimmermann individua tre concetti fondamentali attraverso cui definire l’EM: il controllo

(capacità di influenzare le decisioni), consapevolezza critica (sapere come funzionala struttura del

potere),la partecipazione (operare per ottenere risultati desiderati).

Le origini del costrutto

Il costrutto si sviluppa tra anni ’50 e ’60 negli USA in un ambiente di lotte civili e di emancipazione. Il

concetto richiama alla possibilità per i più emarginati di emanciparsi e di passare a una condizione di

protagonismo nel proprio contesto. Diviene così possibile aumentare il proprio margine di controllo e

di potere sulla propria vita e nella comunit{ di appartenenza. Negli anni ’70 il concetto appare nella

letteratura medica e psicoterapeutica in relazione al processo di riduzione della dipendenza dal

medico/terapeuta. Si ha così il passaggio dalla comunità al singolo. Anche nell’ambito della pedagogia

degli adulti cresce l’interesse per l’empowerment. In Italia il concetto di em nel campo della pedagogia

e della formazione degli adulti viene sviluppato da due autori: Bruscaglioni e Francescato. Negli

anni ’80 viene ripreso l’accento sul significato sociale dell’em. Em diventa così uno degli scopi

principali della psicologia di comunità, poiché permette i raggiungere una buona mediazione tra la

dimensione individuale e quella sociopolitica. La prospettiva dell’em contribuisce a una ridefinizione

della psicologia di comunità, la consulenza e la formazione offerta da psicologi di comunità includono il

riconoscimento non tanto dei limiti e dei rischi presenti in comunità, quanto le potenzialità delle

persone e dei gruppi che la compongono. L’em acquisisce rilievo anche nella psicologia del lavoro per

la leadership.

Empowerment e potere

“Il fenomeno del potere è semplice e universale, ma il concetto di potere è sfuggente e multiforme”.

Con questa definizione si vede la caratteristica duale del potere, lato oscuro o lato luminoso, termine di

oppressione o risorsa per la società. In questa ultima prospettiva empowerment significa distribuzione

di potere e anche qui possiamo vedere la dualità: un capo buono che distribuisce il potere o il capo

cattivo che ha troppo potere e gliene dobbiamo togliere. Con Weber si incontra il termine di potere

come “possibilit{ di far valere, entro una relazione sociale, anche di fronte a una opposizione, la

propria volontà quale che sia la base di questa possibilità. In questa accezione potere è influenza di

una persona sull’altra: A ha potere su B nella misura in cui ha il potere di costringere B a fare qualcosa

che altrimenti B non farebbe. B dipende da A ma anche viceversa (A non avrebbe potere se B non

facesse come vuole A). Le concezioni fin qui discusse rimandano al lato oscuro del potere: si tratta di

una prospettiva ancorata all’idea di un “potere su” piuttosto che di un “potere con”, quindi alla

situazione padrone-servo

La prospettiva dell’em invece ci aiuta a pensare al potere anche in termini positivi e processuali. La

parola potere richiama la dimensione dell’opportunit{ e della possibilit{, del “poter fare”. Si tratta di

un potere creativo che costruisce la realtà. Si tratta non tanto di avere potere, quanto di avere

potenzialità di farlo e la capacità di agire. In termini relazionali implica la condivisione e le solidarietà.

Il rischio di questa prospettiva sta nell’esaltazione del lato luminoso del potere elu

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
20 pagine
2 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/06 Psicologia del lavoro e delle organizzazioni

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Ivanunifi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Marocci Giovanni.