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LA VALUTAZIONE DELLO SVILUPPO
La valutazione dello sviluppo è un processo attraverso cui si descrive, ed eventualmente si misura,
il cambiamento nel tempo di un individuo rispetto a una dimensione evolutiva.
Innanzitutto occorre distinguere la valutazione dalla più specifica misurazione dello sviluppo;
quest’ultima si riferisce più precisamente a un tentativo di quatificazione di un comportamento
mediante l’utilizzo di test e di strumenti standardizzati. Una valutazione complessa dell’evoluzione
di un individuo rispetto a una determinata funzione richiede spesso un’analisi più approfondita di
tipo qualitativo, di tutto il percorso effettuato (Moderato – Rovetto, 2001, 501).
Il punto di partenza di ogni processo valutativo non può che essere costituito dalla definizione
precisa degli obiettivi da perseguire. Da questo punto di vista la valutazione dello sviluppo può
essere guidata da obiettivi di tipo normativo e soprattutto di tipo applicativo.
Nel primo caso si tratta di stabilire,per ogni dimensione evolutiva la normale progressione dei
cambiamenti nel tempo, il focus della psicologia dello sviluppo è centrato sul concetto di
“mutamento” (Moderato – Rovetto, 2001, 501).
L’oggetto stesso di studio di tale metodologia è costituito da un processo che si svolge nel tempo.
A livello metodologico tale peculiarità offre al ricercatore: da un lato, la ricerca longitudinale
permette di seguire sempre lo stesso soggetto, o un piccolo gruppo di soggetti, durante la crescita,
mentre dall’altro la ricerca trasversale confronta gruppi di soggetti di età diverse ma equivalenti per
altre variabili.
Una ricerca longitudinale implica osservazioni ripetute sugli stessi individui per un determinato
periodo di tempo; ha controlli intrinseci, poiché i medesimi soggetti vengono confrontati in
momenti differenti e non pone perciò la necessità di selezionare e bilanciare il campione.
Il problema più importante che deve affrontare, però, un ricercatore che progetti uno studio
longitudinale, consiste nella scelta di strumenti diversi ma anche che misurano la stessa abilità in
soggetti che cambiano con l’età.
Il metodo trasversale, più rapido ed economico, pone maggiori difficoltà di campionamento, poiché
occorre eliminare quelle differenze che non sono associate all’età cronologica.
E’ tuttavia l’ambito applicativo, in particolare clinico, quello entro cui la valutazione dello sviluppo
trova una maggiore diffusione.
In ambito applicativo la valutazione dello sviluppo potrà avvalersi di metodologie collaudate quali
per esempio l’osservazione diretta e indiretta, i test e gli strumenti standardizzati.
Una volta definiti gli obiettivi della valutazione occorre individuare gli strumenti più adeguati.
Qualunque processo di valutazione di un cambiamento richiede di esplicitare il modello di sviluppo
a cui ci riferisce. Si tratta di un problema di prospettiva teorica, ma di ovvia ricaduta empirica.
Conseguentemente occorre considerare l’adeguatezza tra costrutto teorico, valutazione e strumenti
di misura adottati (Moderato – Rovetto, 2001, 502).
Lo sviluppo è un processo interattivo e multifattoriale che si svolge nel tempo e che si estende dalla
nascita fino alla morte. Come è noto la recente teoria life-span ha notevolmente ampliato le
dimensioni dell’evoluzione della persona, individuando in ogni fase del ciclo di vita la possibilità di
sperimentare cambiamenti positivi (Moderato – Rovetto, 2001, 503).
Il radicale cambiamento di prospettiva, avvenuto in questi ultimi anni nella concettualizzazione
della vita psichica del neonato ha fatto emergere la necessità della valutazione psicologica dello
stesso, con la conseguente costruzione di strumenti standardizzati (Moderato – Rovetto, 2001, 504).
Attualmente si dispone di strumenti di valutazione clinica, neurologica e
neuro-comportamentale.
Nel caso degli strumenti di valutazione clinica ci si riferisce a tutte quelle procedure che vengono
effettuate di “routine” subito dopo la nascita e che sono finalizzate a una valutazione del generale
stato di salute del bambino. Lo strumento più diffuso è senza dubbio l’indice di Apgar che si
caratterizza anche per la sua facile applicazione.
Si tratta di una scala comprendente 5 valori di riferimento, relativi al colorito del neonato, al tono
muscolare, allo sforzo respiratorio, alla reflettività e infine al battito cardiaco.
A un minuto dalla nascita e poi a intervelli brevi (in genere a 5 e a 10 minuti) ognuno di questi
apsetti viene valutato assegnando un punteggio compreso tra 0 e 2.
Il valore ottimale dovrebbe essere intorno a 10, mentre al di sotto del 6/7 si individuano
generalmente dei problemi, spesso connessi al parto. Se da un lato l’indice Apgar è estremamente
semplice da applicare, dall’altro esso possiede uno scarso valore predittivo, individuando
soprattutto disfunzioni relative al periodo perinatale.
La valutazione neurologica è finalizzata all’individuazione di danni del sistema nervosi, provocati
sia da condizioni patologiche della gravidanza sia da eventi infausti occorsi durante il parto. Lo
strumento più noto è l’esame di Prechtl e Beintema applicabile secondo modalità differenti: una più
breve e una più semplificata.
In quest’ultima versione lo stato neurologico del bambino viene valutato attraverso due momenti: il
primo prevede una raccolta di informazioni sulle abitudini alimentari del piccolo, sul sonno, su
eventuali episodi di vomito, sulla frequenza del pianto. Segue poi un’accurata osservazione del
bambino in posizioni diverse, supina, prona ed eretta durante la quale vengono controllati i riflessi
fondamentali, il tono muscolare,la fissazione di oggetti (Moderato – Rovetto, 2001, 505).
Le scale neurocomportamentali comprendono prove sia neurologiche sia comportamentali.
La più utilizzata è la scala di Brazelton che viene somministrata ai bambini nati a termine durante il
primo mese di vita. Si tratta di uno strumento centrato sulla valutazione delle abilità interattive del
neonato, del suo comportamento sociale e, in particolare, della sua capacità di sollecitare in chi si
prende cura di lui un’interazione adeguata.
Si compone di 46 prove raggruppate in 7 clusters, ognuno dei quali rappresenterebbe un fattore
corrispondente a una funzione globale del bambino.
Tali raggruppamenti sono l’abituazione, l’orientamento, le capacità motorie, il rango e la
regolazione degli stati, la regolazione autonomia e i riflessi.
Nel suo complesso la scala di Brazelton permette di valutare lo stato neurologico del neonato, le sue
competenze sensoriali e motorie e, in particolare, la sua capacità di interagire (Moderato – Rovetto,
2001, 506).
Il problema non si pone soltanto per quanto riguarda le diverse concezioni dello sviluppo, ma
soprattutto relativamente alla definizione di intelligenza.
La pratica dei test deve perciò inquadrarsi nella prospettiva di una psicologia attiva, in cui i
punteggi ottenuti costituiscono un rilevamento che non è una spiegazione, ma che deve essere
spiegato a sua volta. Binet e Simon
Sono molti i test che si sono costruiti a partire dalla storica scala di , essi vengono
solitamente classificati in due gruppi, a seconda che intendano misurare una sorta di abilità mentale
generale, oppure una serie di abilità specifiche individuate mediante l’analisi fattoriale.
Il reattivo mentale più utilizzato è costituito dalle scale di Wechsler.
Ne esistono tre versioni: la WAIS destinata alla misurazione dell’intelligenza dell’adulto, la WISC,
rivolta ai soggetti di età compresa tra i 7 e i 15 anni e infine la WIPPSI applicabile ai bambini in età
prescolare.
In tutti i casi il test si compone di due parti: una detta verbale in quanto comprende alcune prove
che richiedono il linguaggio e il ragionamento verbale e l’altra definita di performance in quanto è
costituita da item di manipolazione di oggetti e figure (Moderato – Rovetto, 2001, 507).
All’estremo opposto, le prove di valutazione che si richiamano alla teoria Piagetiana
dell’intelligenza si riferiscono a un concetto di sviluppo in contrasto con l’approccio psicometrico.
Tra gli strumenti di valutazione che si ispirano a Piaget uno dei più noti è costituito dalle Scale
ordinali di Uzgiris e Hunt.
Si tratta di 6 scale distinte che hanno lo scopo di valutare lo stadio di sviluppo raggiunto da un
bambino rispetto ad alcune aree, espresse da 6 specifiche situazioni critiche, tipiche della prima
infanzia: la capacità di seguire con lo sguardo oggetti in movimento e permanenza dell’oggetto;
l’utilizzo di strumenti per ottenere eventi ambientali desiderati; l’imitazione vocale e gestuale; lo
sviluppo della casualità a livello pratico; la costruzione di relazioni causali tra gli oggetti; la
capacità di interagire con oggetti di uso comune.
Ciascuna scala è indipendente dalle altre e viene somministrata utilizzando oggetti diversi più o
meno conosciuti dal bambino: quest’ultimo viene osservato nelle differenti situazioni-stimolo e il
suo comportamento descritto rispetto agli item caratteristici di ogni situazione.
L’obiettivo fondamentale di queste scale consiste nella valutazione dello sviluppo del bambino
rispetto a varie aree, ma comunque nell’ambito dello stadio sensomotorio. Esse consentono di
rilevare differenze, nello sviluppo dell’intelligenza, non solo interindividuali, ma anche
intraindividuali.
Altre prove di valutazione dello sviluppo cognitivo sono la EPL e la BAS .
Al di la della dicotomia tra approccio psicometrico e approccio piagetiano si vuole segnalare
Stenberg Robert
l’apporto fornito allo studio della valutazione dell’intelligenza di , autore del
modello triarchico dell’intelligenza.
Nella sua ipotesi di funzionamento mentale egli focalizza l’attenzione non solo sugli aspetti di
“architettura interna” dell’intelligenza, ma anche su quelli relativi alle prestazioni, cioè alle
applicazioni pratiche nel contesto quotidiano. I tre distinti processi che caratterizzano il
funzionamento mentale possono essere valutati mediante un test, in parte simili a quelli utilizzati
mediante l’approccio psicometrico e in partediversi in quanto valutano le prestazioni dei soggetti in
relazione al contesto e alla precisa situazione in cui l’individuo si trova (Moderato – Rovetto, 2001,
508).
Come si è detto, se confrontata con quella cognitiva, l’area dello sviluppo socioaffettivo e della
formazione della personalità appare ancora marginale nell’ambito degli studi sulla valutazione.
Al di fuori dell’ambito psican